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Gestione delle risorse umane e cambiamento

2.2 Dall’amministrazione del personale alla gestione delle risorse umane

2.2.2 Selezione e reclutamento

Le modalità di inserimento delle risorse umane rappresentano lo strumento attraverso cui le organizzazioni reperiscono le risorse necessarie per implementare le strategie, perseguire gli obiettivi e sviluppare i valori e la

vision.

Attraverso le politiche di acquisizione delle risorse le organizzazioni costruiscono il rapporto con il mercato del lavoro.

Per la definizione dei criteri di selezione occorre considerare le conoscenze, la personalità e le attitudini, le capacità, le competenze e il potenziale. Tutto ciò deve essere in linea con le esigenze e le caratteristiche dell’organizzazione e con gli altri strumenti di gestione del personale. Quando, ad esempio, un’organizzazione è più incline alla crescita e alla formazione interna delle proprie risorse, il processo di selezione sarà orientato maggiormente alla considerazione della personalità, delle attitudini e del potenziale. Se, al contrario, acquisisce personale già formato esternamente, nel processo di selezione sarà più orientata a valutare le conoscenze, le capacità e le competenze.

2.2.3 Valutazione

La valutazione sta assumendo una rilevanza cruciale nel processo di razionalizzazione della spesa e di miglioramento della qualità dei servizi, sia nel settore pubblico che in quello del no profit, ed è ormai comunemente riconosciuta come uno strumento irrinunciabile di un moderno sistema di governo e di intervento pubblico in campo economico e sociale50.

In senso lato possiamo intendere la valutazione come un processo di formulazione di giudizi, al quale ricorrere ogni qual volta ci sia qualcosa da decidere in merito ad una politica, un programma, un intervento, un’azione51.

49 R. Di Gregorio, Progetti di cambiamento nelle organizzazioni pubbliche e private, Guerini e Associati, Milano, 1998; L. Bifulco, O. de Leonardis, L’innovazione difficile. Studi sul cambiamento amministrativo

nella pubblica amministrazione, Franco Angeli, Milano, 1997.

50 Cfr. C. Weiss, Evaluation, Prentice Hall, Upper Saddle River, New York, 1998.

51 Bezzi considera la valutazione guida e supporto, ai fini della semplificazione del processo decisionale: la valutazione è principalmente (non esclusivamente) un’attività di ricerca sociale applicata, realizzata nell’ambito di un processo decisionale, in maniera integrata con le fasi di programmazione, progettazione e attivazione, avente come scopo la riduzione di complessità decisionale attraverso l’analisi degli effetti diretti e indiretti, attesi e non attesi, voluti o non voluti dell’azione, compresi quelli non riconducibili ad aspetti materiali; in questo contesto la valutazione assume il ruolo peculiare di strumento condiviso di giudizio di azioni socialmente rilevanti, assumendone necessariamente le conseguenze operative relative

In letteratura si definiscono tre fasi della valutazione:

valutazione ex ante: realizzata prima di approvare o avviare un intervento o una policy, cerca di prevedere quali sarebbero i risultati di azioni alternative, in modo da poter scegliere quella che offre migliori prospettive;

valutazione in itinere (o valutazione di processo): realizzata con intervento o policy in corso di attuazione, ha come finalità quella di tenere sotto controllo i principali indicatori di attuazione della politica a cui si affianca la funzione di segnalare anomalie per far scattare eventuali interventi correttivi52;

valutazione ex post: realizzata a conclusione di un intervento o di una

policy al fine di verificare il grado di raggiungimento degli obiettivi,

il rispetto degli standard di qualità, gli effetti previsti e non previsti sui destinatari53.

Dunque, in qualunque fase del ciclo Decisione - Programmazione - Implementazione si può ricorrere alla valutazione, attività che implica una raccolta sistematica di informazioni che consentono di aumentare la capacità di giudizio.

La Valutazione, come ambito teorico, tecnico e pratico, è un processo centrato sull’idea di ridurre, per quanto possibile, la complessità decisionale, negli ambiti in cui la decisione può essere intesa come risposta ad un interesse pubblico attraverso l’espressione di un giudizio argomentato54. Sostegno alla decisione, dunque, ma non solo: ogni scelta - qualsiasi sia il luogo nel quale nasce - ha dei risvolti, non trascurabili, sulle fasi di programmazione, progettazione ed implementazione dell’azione che ne è esito e la valutazione, sostenendo la decisione, interviene direttamente su tutte le fasi in cui essa si articola.

al rapporto fra decisori, operatori e fruitori dell’azione. Cfr. C. Bezzi, Il disegno della ricerca valutativa, Franco Angeli, Milano, 2001.

52

In gergo si parla di una finalità di “management control” corrispondente al concetto italiano di “controllo di gestione”. A. Martini e G. Cais classificano le finalità della valutazione nei seguenti termini:

management control (tenere sotto controllo l’organizzazione); compliance (far rispettare le regole);

accountability (rendere conto dei risultati);

learning (capire se e come gli interventi funzionano);

policy and program design (orientare le scelte tra politiche alternative).

Cfr. A. Martini, G. Cais, Controllo (di gestione) e valutazione (delle politiche): un (ennesimo ma non

ultimo) tentativo di sistemazione concettuale, in M. Palumbo (a cura di), Valutazione 2000: esperienze e riflessioni, Franco Angeli, Milano, 2000; M. Palumbo, Il processo di valutazione. Decidere, programmare, valutare, Franco Angeli, Milano, 2001.

53 G. Rebora, La valutazione dei risultati nelle amministrazioni pubbliche, Guerini, Milano, 1999. 54 Valutare significa analizzare se un’azione intrapresa per uno scopo corrispondente ad un interesse collettivo, abbia ottenuto gli effetti desiderati o altri; esprimendo un giudizio sullo scostamento che normalmente si verifica, per produrre eventuali modifiche che tengano conto delle potenzialità manifestatesi. La valutazione è, quindi, un’attività di ricerca sociale al servizio dell’interesse pubblico, in vista di un processo decisionale consapevole (…). La valutazione risponde ad un’esigenza di una società democratica che vuole conoscere le proprie capacità nel fornirsi dei beni e dei servizi di cui ha bisogno, e che affronta difficoltà e limiti, imparando dalla propria esperienza. Cfr. N. Stame, “L’apprendimento

Sintetizzando si può, allora, affermare che molto spesso la valutazione determina l’attivazione di un processo di apprendimento poiché è produttrice di conoscenza sia per gli attori dell’organizzazione pubblica che per tutte le istanze della realtà sociale su cui si riflette l’azione di quella organizzazione. In tal modo la valutazione contribuisce ad accrescere ed arricchire le conoscenze di tutti gli attori coinvolti e interessati, nonché a rafforzare le azioni pubbliche.

Il sistema di valutazione del personale55 è basato sullo schema delle “3 P”: posizioni56, prestazioni57 e potenziale58, nonché sul concetto di competenze59.

La valutazione delle posizioni valorizza le risorse, riconoscendo il peso di crescenti responsabilità attraverso un’indennità di funzione, di importo differenziato a secondo della posizione occupata e, dunque, risponde essenzialmente ad un’esigenza di equità interna delle retribuzioni60.

È evidente che essa, pur non riguardando la prestazione, consente di porre le basi per la definizione dei requisiti richiesti alle specifiche posizioni di responsabilità e, di conseguenza, gli esiti della valutazione potranno comportare l’assegnazione ad una diversa posizione (migliore o peggiore), e dunque incidere direttamente sulla retribuzione percepita.

L’obiettivo della valutazione delle posizioni è un’analisi del ruolo, della “collocazione organizzativa” e delle competenze al fine di chiarire il funzionamento della struttura, definire le responsabilità, le relazioni nell’ambito della struttura organizzativa e con l’esterno, migliorare la comunicazione.

55 Cfr. R. Mele, A. Storlazzi, op. cit., 2006; G. Valotti, La valutazione del personale negli enti locali:

principi e metodologie, Franco Angeli, Milano, 1996; G. Scognamiglio, Valutazioni, controlli interni e nuova organizzazione nella pubblica amministrazione locale, CEL, Bergamo, 1998; T. Hindle, Valutare con successo, Calderini, Bologna, 1998; L. Borgogni (a cura di), Valutazione e motivazione delle Risorse Umane nelle Organizzazioni, Franco Angeli, Milano, 1998.

56

La “pesatura” degli uffici, ai fini della corresponsione della retribuzione di posizione, è un atto di natura autoritativa in quanto implicante un giudizio di valore con cui viene modulata la dislocazione dei poteri e delle relative quantità tra i vari uffici dirigenziali. Cfr. F. Carinci, S. Mainardi (a cura di), La

dirigenza nelle Amministrazioni pubbliche, Giuffrè, Milano, 2004.

57

“Ogni comportamento agito nell’ambito organizzativo che produce un risultato osservabile e quindi valutabile in base a dei criteri di efficienza e di efficacia stabiliti rispetto ad un obiettivo da raggiungere”. Cfr. R. Mele, A. Storlazzi, op. cit., 2006; M. Fertonani, La valutazione delle prestazioni e del potenziale

manageriale, Franco Angeli, Milano, 1998.

58

“Insieme delle capacità di un individuo non ancora espresse ed utilizzate in quanto non richieste dal ruolo attualmente ricoperto”. Cfr. R. Mele, A. Storlazzi, op. cit, 2006; W. Levati, L’analisi e la

valutazione del potenziale delle risorse umane: teoria, metodi, strumenti, Franco Angeli, Milano, 1991.

59 W. Levati, V.M. Saraò, Il modello delle competenze, Franco Angeli, Milano, 1998. 60

La valutazione delle posizioni può essere effettuata tramite strumenti costruiti sulla singola realtà organizzativa o ricorrendo a metodi standard, utilizzati anche da altre organizzazioni. Nel primo caso si ha il vantaggio di incontrare meno resistenze all’interno e di cogliere tutte le specificità dell’organizzazione, di contro, nel secondo caso, si utilizzano metodi che hanno come punto di forza quello di un maggiore consolidamento e, se sufficientemente diffusi, la possibilità di raffronto con l’esterno. Tra questi ultimi è molto noto il metodo Hay, una comparazione per fattori basata su una guida semantica che ne definisce l’intensità e si avvale di una metrica che consente di esprimere quantitativamente il valore delle posizioni. Le posizioni, dirigenziali e di responsabilità, sono graduate per rispondere all’esigenza di ponderare, all’interno delle organizzazioni, i contenuti e le finalità delle singole posizioni.

L’analisi delle prestazioni, invece, serve a capire quanto una persona ha contribuito ai risultati determinando quanto vale ciò che ha fatto in quel ruolo/posizione. Valuta la prestazione lavorativa di un soggetto in un arco temporale definito (12 mesi) in termini di obiettivi raggiunti e comportamenti. Gli obiettivi devono essere misurabili, condivisi, realisti, coerenti, significativi61.

La valutazione del potenziale è un processo che individua le attitudini di un soggetto per orientare il suo sviluppo a livello personale e organizzativo. È relativa e qualitativa, porta alla determinazione delle capacità, delle conoscenze, delle qualità possedute dalle persone per ottimizzarne l’impiego e lo sviluppo.

Per l’importanza e la difficoltà del compito, la valutazione delle persone non può avvenire in maniera casuale o lasciata soltanto alla “esperienza” del valutatore, ma deve basarsi su metodologie e criteri professionali da validare e monitorare nel tempo in modo sistematico.

Le finalità pubbliche richiedono, spesso, competenze distintive proprie; tale specificità rende particolarmente importante la precisa individuazione delle competenze attraverso la realizzazione di un modello62 in grado di valutare,

61 La valutazione è rilevante ai fini del trattamento retributivo come emerge dal decreto legislativo n. 165/2001. I contratti collettivi disciplinano puntualmente le retribuzioni accessorie, prevedendo tutti la retribuzione di posizione e quella di risultato. La retribuzione di risultato dipende dal raggiungimento dell’obiettivo assegnato. La previsione di un trattamento economico legato agli obiettivi posti e ai risultati raggiunti è sicuramente una delle conferme del transito del lavoro pubblico verso la cosiddetta “privatizzazione”, sebbene non sia del tutto pacifica la capacità di tale istituto di produrre una spirale virtuosa. È bene precisare che è possibile distinguere, nell’ambito della retribuzione di risultato, tra una componente legata alla qualità della prestazione individuale ed un’altra connessa ai risultati conseguiti da ciascun lavoratore, dirigente o funzionario, in relazione agli obiettivi assegnati. Viene riservato, comunque, uno spazio diverso alle due componenti, assumendo maggior rilievo la retribuzione legata alla realizzazione dei compiti istituzionali rispetto alle retribuzione legata alle modalità di svolgimento della prestazione individuale, sicuramente ancorata a canoni valutativi difficilmente sindacabili e, dunque, molto più soggette a resistenze da parte delle organizzazioni sindacali. In verità è proprio la retribuzione di risultato, in tutte le sue componenti, ad aver incontrato una forte resistenza da parte sia della dirigenza, restia al cambiamento, sia degli organi politici, per la mancata definizione, in sede di conferimento degli incarichi dirigenziali, di obiettivi puntuali, ma inquadrati con il rinvio alle finalità istituzionali dell’Amministrazione di appartenenza. Tali resistenze, tuttavia, dovrebbero necessariamente cadere se si vuole creare una classe di manager maggiormente orientata al raggiungimento di obiettivi cosiddetti “sfidanti” ed una classe di funzionari realmente meritocratica.

62 Un modello delle competenze raffigura l’insieme delle caratteristiche che idealmente l’individuo dovrebbe possedere e spendere all’interno dell’organizzazione per poter produrre risultati. Si usa come parametro per selezionare le persone che potenzialmente dispongono di caratteristiche individuali predittive di successo, orientare le risorse verso i ruoli che meglio corrispondono alle loro caratteristiche, valutare come un dirigente copra il ruolo assegnato e incentivare lo sviluppo di più elevati livelli di competenza. Si possono utilizzare modelli generali di competenze che partono dall’assunto che qualsiasi ruolo organizzativo richiede al dirigente preposto un insieme predefinito di caratteristiche cognitive, relazionali o gestionali ma con pesi diversi per i diversi ruoli. Un modello generale ha il vantaggio della rapidità e della semplicità ma rischia di definire un manager generico che non può diventare un reale punto di riferimento verso cui indirizzare i dirigenti e gli interventi di sviluppo. Si perde cioè l’effetto sulla cultura organizzativa.

Tale criticità si può superare costruendo modelli specifici di competenze che consentono, attraverso un processo di apprendimento organizzativo basato sul riconoscimento dei comportamenti auspicati, di individuare le specifiche competenze di ciascuna posizione dirigenziale. La costruzione del modello richiede la segmentazione delle posizioni, la realizzazione del “dizionario” delle competenze contenente la definizione di ogni competenza e dei relativi livelli di intensità e l’individuazione delle competenze

ed eventualmente sviluppare, con azioni mirate, le abilità espresse rispetto a quanto richiesto “idealmente” dall’incarico ricoperto e potenzialmente possedute dal lavoratore

Normalmente gli aspetti più rilevanti di un sistema di valutazione formalizzato tendono a dare risposta alle seguenti domande:

1. cosa valutare (quali competenze e quali output dell’attività); 2. chi deve valutare;

3. chi valutare (tutte le categorie di personale o solo alcune); 4. come valutare (procedura, flusso e cadenza della valutazione); 5. perché valutare (effetti della valutazione).

La prima domanda attiene all’oggetto, agli obiettivi, la seconda ai valutatori, la terza al valutato, la quarta alla individuazione di metodologie e strumenti idonei al caso, la quinta al motivo della valutazione.

I metodi e l’oggetto della valutazione hanno un’importante influenza sia nella costruzione del rapporto fra organizzazione e persone, sia sulla percezione di equità e di riconoscimento degli sforzi profusi che i dipendenti sviluppano nei confronti dell’azienda.