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La formazione e le tecniche ad essa collegate

Gestione delle risorse umane e cambiamento

2.4 Strumenti di Human Resources Management nella gestione del cambiamento

2.4.2 La formazione e le tecniche ad essa collegate

Per raggiungere un aumento delle performance e perseguire un incremento delle responsabilità dei dipendenti a tutti i livelli, è spesso necessario un intervento mirato, quasi “chirurgico”, volto a sviluppare le competenze in alcuni ruoli chiave. Sarà utile, a tal fine, eseguire, ex ante, una valutazione delle capacità e condurre un’analisi del bisogno di formazione, per identificare il gap tra i requisiti presenti e futuri e le competenze base esistenti.

La formazione - e le tecniche di coaching in particolare - rendono inoltre consapevoli i dipendenti delle conoscenze e competenze che la nuova organizzazione chiede loro, evitando la nascita della frequente sensazione di inadeguatezza che segue una riorganizzazione.

Dopo un cambiamento, il training è necessario per i nuovi servizi e sistemi, per mettere i dipendenti nelle condizioni di poter lavorare in maniera

produttiva, di fornire informazioni esatte, di adattarsi al cambiamento dei metodi di lavoro e della cultura organizzativa.

Tecniche classiche di formazione, indispensabili nell’organizzazione a regime, spesso non sono efficaci per modificare i comportamenti e le percezioni immediatamente seguenti ad un cambiamento; occorre, quindi, usare metodi alternativi che abbiano maggiore impatto sui singoli individui e che siano più veloci e flessibili, come le tecniche di coaching, ossia un supporto one-to-one che sia in grado di aiutare ad accettare il cambiamento e trasformare i propri comportamenti in linea con i nuovi obiettivi, la nuova visione e la nuova cultura.

Tecniche di coaching possono, inoltre, risultare molto utili quando esiste la necessità di trasferire e condividere conoscenze e competenze fra soggetti, per lo svolgimento di nuovi compiti.

Si tratta di interventi dispendiosi in termini di tempo e che possono essere limitati a figure chiave. Il ritorno, tuttavia, può essere amplificato perché si sceglie di agire sui punti nevralgici dell’organizzazione, sui fulcri del cambiamento: l’intervento così articolato può risultare più utile rispetto a corsi intensivi di formazioni distribuiti su un’ampia fascia della popolazione aziendale.

Solo un’organizzazione capace di rilevare correttamente le proprie esigenze e tradurle in indirizzi e piani formativi coerenti, può essere in grado di misurare la rispondenza dei percorsi formativi proposti alle necessità rilevate e di valutare la coerenza con le finalità del sistema (valutazione ex

ante); di evidenziare, nella fase di attuazione, gli eventuali scostamenti

rispetto agli obiettivi e alle azioni previste e di applicare le opportune azioni correttive (monitoraggio e valutazione in itinere); di verificare, infine, al termine della realizzazione dell’impianto formativo, i risultati conseguiti (valutazione ex post). “La valutazione della formazione è un processo parallelo al processo formazione ed è di supporto a quest’ultimo perché mira a garantire, da un lato, la necessaria coerenza tra piano di formazione e piani aziendali, dall’altro controlla continuamente la corrispondenza tra gli obiettivi del piano di formazione e le prestazioni nelle singole fasi del processo di formazione”76.

La coerenza tra progetto formativo e strategia espressa dal management, nonché l’impatto della formazione sulla prestazione e sui risultati organizzativi sono difficili da misurare, a causa della loro intangibilità. Inoltre, la natura di processo di supporto, legato indirettamente al raggiungimento degli obiettivi istituzionali, genera difficoltà nel percepire immediatamente la formazione come leva strategica di sviluppo e l’utilità di un sistema di valutazione strutturato.

In realtà la valutazione è immanente (non si può non valutare) ed è sempre imprescindibile dalla strategia fissata dal vertice. È un “controllo”

76

P.L. Amietta, F. Amietta (a cura di), Valutare la formazione, Unicopli, Milano, 1996; Agenzia delle Entrate, Valutare l’efficacia dell’attività formativa. Un modello per l’Agenzia delle Entrate, Roma, 2010.

inevitabile: si valutano la manifestazione del bisogno formativo, la definizione della struttura progettuale, l’erogazione e, infine, i mutamenti intervenuti nel contesto organizzativo con i relativi risultati gestionali (fig. 8).

Fig. 8: Il processo di formazione. Fonte: Agenzia delle Entrate.

2.4.3 La comunicazione

Occorre avere ben presente che, anche in assenza di una comunicazione organizzata, si sviluppa comunque uno scambio di informazioni spesso basato su rumors, notizie incomplete o non ufficiali sul processo di riorganizzazione e cambiamento: il cosiddetto passaparola.

Il bisogno di comunicazione deriva, principalmente, dall’alto grado di incertezza conseguente all’annuncio di una riforma organizzativa. L’incertezza crea elevate condizioni di stress fra i dipendenti che non possono essere evitate completamente poiché molti cambiamenti non sono ancora conosciuti o prevedibili nella fase preliminare. Questa situazione deve, quindi, essere gestita nel modo migliore, affinché i dipendenti subiscano meno conseguenze possibili.

La gestione strategica della comunicazione organizzativa rappresenta un’opzione decisiva per il successo dei processi di cambiamento, che necessitano di un humus culturale fertile e di un clima organizzativo favorevole alla loro implementazione. La comunicazione organizzativa è, dunque, la naturale estensione della comunicazione interna che, con

strumenti e finalità ampliate, arriva ad investire la gestione e lo sviluppo dell’organizzazione nel suo complesso.

“La comunicazione organizzativa può essere definita come l’insieme dei processi di creazione, di scambio e di condivisione di messaggi informativi e valoriali all’interno delle diverse reti di relazioni che costituiscono l’essenza dell’organizzazione e della sua collocazione nell’ambiente. Essa coinvolge i membri interni, i collaboratori interno - esterni e tutti i soggetti esterni, effettivamente e potenzialmente interessati o coinvolti nella vita dell’organizzazione. Essa costituisce parte integrante dei processi - produttivi e decisionali - nonché dei rapporti con gli ambienti esterni; viene usata per definire e condividere la mission, la cultura, i valori e impiegata, inoltre, per sviluppare la qualità dei prodotti e dei servizi, favorendo la visibilità all’interno e all’esterno di tutta l’organizzazione, delle sue attività, delle sue politiche e dei cambiamenti”77. Nel concetto di comunicazione organizzativa entra, quindi, anche la comunicazione rivolta verso l’esterno. Se infatti le condizioni di incertezza non vengono gestite in modo adeguato, i fenomeni di stress e le tensioni che si vengono a creare contribuiscono ad intensificare le attività informali di comunicazione e di ricerca di informazioni, contemporaneamente al modificarsi del sistema di relazioni e di autorità generando, spesso, messaggi non coerenti con il reale processo di cambiamento in atto, distorti dalle paure e focalizzati sugli aspetti negativi.

Per tali motivi è fondamentale programmare azioni sistematiche e finalizzate di comunicazione interna, che siano in grado di esplicitare criteri di scelta, modalità e tempistica delle azioni, all’interno di un piano organico di comunicazione (communication plan). Quest’ultimo identificherà i diversi obiettivi della comunicazione in relazione ai destinatari degli stessi, individuando gli stili più idonei per le finalità prefissate. Si individuerà l’insieme di strumenti (communication mix) più efficace a comunicare, nel miglior modo possibile, il processo di cambiamento.

Gli strumenti di supporto al cambiamento possono essere individuati in:

• bacheche disposte all’ingresso dei luoghi di lavoro, che potrebbero accogliere manifesti e comunicazioni per focalizzare l’attenzione dei dipendenti sul processo di mutamento in atto;

newsletter, strumento spesso usato per mantenere informati i

dipendenti man mano che le varie informazioni diventano disponibili;

posta elettronica e intranet aziendale, per informare e rassicurare il personale attraverso comunicazioni periodiche; questi strumenti dovrebbero permettere ai dipendenti di porre domande e ottenere specifiche informazioni fornendo un feedback sui problemi maggiormente riscontrati;

convention, riunioni, incontri, videoconferenze finalizzate ad

illustrare i nuovi obiettivi e progetti;

survey sul clima interno, in grado di delineare, con chiarezza, il

grado di soddisfazione dei dipendenti ed i fattori critici;

brochure, per informare dei cambiamenti ed accrescere

l’accettazione della nuova organizzazione;

house organ, per fornire stabilmente risposte rassicuranti ai

principali timori del personale e stimolare il senso di appartenenza;

colloqui face-to-face, colloqui informali fra dirigenza e dipendenti, che facilitano il raggiungimento di due obiettivi: l’accettazione del cambiamento - discutendo della logica retrostante le nuove attività quotidiane - e il recupero della fiducia nell’organizzazione e nel

management.

L’utilizzo di tutti questi strumenti deve essere programmato il prima possibile affinché il top management e, a cascata, tutta la dirigenza, siano pronti a comunicare le decisioni e i cambiamenti nel minor tempo possibile e con il mezzo più efficace.

La comunicazione, in relazione alla sua finalità “valoriale-formativa”78, incide sui sentimenti e sui valori delle persone appartenenti all’ente come fattore di consolidamento e di cambiamento, facilitando la condivisione del processo di riforma.

Le iniziative di comunicazione dovrebbero essere verificate con opportune attività di audit e, dove ve ne fosse bisogno, riallineate e rese coerenti con i cambiamenti realmente implementati o in programma e con i nuovi obiettivi aziendali.

È fondamentale investire pesantemente sulla creazione di un flusso continuo e armonioso di comunicazione che, in occasione di un mutamento, sia capace di veicolare, alle persone coinvolte, messaggi chiari, ordinati secondo priorità, organizzati in modo da non generare sovraccarico nella comunicazione.

Soprattutto quando il cambiamento reca con sé fattori ansiogeni, le persone non sono tendenzialmente pienamente ricettive ma hanno bisogno di essere accompagnate, in modo graduale, al cuore del problema, partendo da quegli aspetti che assumono, per l’individuo, rilevanza maggiore.

2.4.4 La leadership

Gli strumenti fino ad ora analizzati hanno scarso effetto se non sono gestiti nel modo corretto e da persone che non sono in grado di sostenere e promuovere il cambiamento. Abilitatore fondamentale dell’efficacia di tutti gli strumenti di HRM utilizzati nel processo di cambiamento è, quindi, la

leadership del management dell’organizzazione79. Una guida in grado di

78 D. Boldizzoni, op. cit., 2003. 79

T. Gordon, Leader efficaci, La Meridiana, Bari, 1999; “L’efficiente funzionamento dell’organizzazione ed il buon andamento economico della gestione dipendono largamente dalla qualità dei capi. Si può

promuovere il cambiamento è indispensabile per sviluppare coinvolgimento e condivisione, due dimensioni che permettono ai dipendenti di sentirsi parte della nuova organizzazione e far propri i nuovi processi di lavoro e i nuovi sistemi.

La necessità di attuare cambiamenti gestionali, spesso radicali e in tempi brevi, con responsabilizzazione sugli obiettivi e sui risultati, richiede la presenza di figure in grado di guidare ed indirizzare il processo di cambiamento.

Nell’analisi dei fattori e degli errori che possono determinare il fallimento di un processo di trasformazione organizzativa, Kotter (1995) attribuisce diversi compiti e responsabilità ai vertici dell’organizzazione80.

Nelle prime fasi, è necessario fare in modo che si continui ad operare in modo efficiente e senza interruzioni durante il cambiamento.

Per guidare le trasformazioni spesso è indispensabile creare un team che sia in grado di lavorare congiuntamente per il successo dell’operazione, condividendo informazioni, esperienze e relazioni. Questo può anche significare la necessità di operare al di fuori delle normali relazioni e strutture gerarchiche attraverso gruppi di lavoro trasversali.

La leadership dovrebbe svolgere innanzitutto una funzione di attribuzione di senso al cambiamento - inteso nella doppia accezione di direzione e significato - sviluppando un quadro del futuro chiaro, relativamente facile da comunicare e attraente per dipendenti, cittadini e stakeholder. La definizione precisa della visione deve aiutare ad esplicitare la direzione in cui l’organizzazione si sta muovendo. In assenza di una vision condivisa, infatti, si crea il rischio che il cambiamento si dissolva in una lista di progetti, spesso incompatibili fra loro e non in grado di guidare l’ente verso gli obiettivi della riforma organizzativa.

Per la diffusione e la condivisione della vision il top management deve operare anche attraverso contatti personali con i diversi attori e gruppi che compongono l’organizzazione ai diversi livelli e, allo stesso tempo, agire per rimuovere con decisione e tempestività gli ostacoli ed i fattori che bloccano il mutamento.

L’utilizzo combinato degli strumenti analizzati può, quindi, agevolare la gestione del cambiamento, facilitarne l’accettazione e mettere più rapidamente in luce i vantaggi del processo.

affermare che il problema, per ogni azienda/ente, sia proprio quello di avere alla testa buoni capi. Il buon capo sa aprirsi la strada tra le difficoltà, per grandi che queste siano, riesce a plasmare nel miglior modo la materia umana e non umana che si offre alla sua azione…” in P. Onida, L’azienda. Primi principi di

gestione e organizzazione, Giuffré, Milano, 1954.

80

J.P. Kotter, “Leading change: why transformation efforts fail” Harvard Business Review, March-April, 1995.