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Per un apprendimento trasformativo

Di fronte a quella che alcuni definiscono una mutazione antropologica, appare urgente comprendere le direzioni di senso dell’individuo nella società contemporanea, e riflettere sulla necessità di reinterpretare il rapporto tra microcosmo individuale e macrocosmo sociale. Dal punto di vista di questa tesi si tratta di ricercare modalità efficaci per produrre “altre narrazioni”, tramite le quali analizzare, leggere e comprendere le dinamiche sociali attuali, a patto che si ricerchino “nuovi narratori” e diverse “forme narrative”.

Ciò è tanto più urgente per chi opera negli ambiti dell’educazione, dell’aiuto alla crescita, della prevenzione, dell’assistenza sociale. Per costoro è importante chiedersi se le narrazioni sulle quali si è costituita la propria formazione, e con le quali si costruiscono le proprie prassi professionali sono tuttora “sufficientemente buone” per aiutare altri nella formazione della propria identità plurale e molteplice, ed efficaci per leggere, comprendere e intervenire nelle svariate forme e modi in cui si presenta il disagio, la frammentazione dell’identità nella società del rischio e dell’incertezza.

L’illusione che si possa diventare più intensamente se stessi al di fuori della relazione con gli altri è l’inganno di un esasperato individualismo. È, altresì, più attendibile l’idea che la formazione della persona implichi lo sviluppo della coscienza civile e della partecipazione alla vita sociale e politica in una dimensione più ampia di qualsiasi sbandierato localismo. Ciò comporta l’assunzione di forme di responsabilità riguardo le conseguenze derivanti dalle nostre azioni e dalle nostre scelte, anche al di là di quanto sia possibile verificare direttamente. L’azione formativa rivendica, quindi, una dimensione ecologica e progettuale, lontana dal

proposito di un mero consumo culturale, verso cui il carattere prevalentemente consumistico dei nostri sistemi sociali rischia di orientarla. Infatti, più o meno esplicitamente, gli individui vengono formati o riformati per svolgere il ruolo di consumatori. Ciò determina, come afferma Bauman,140 una pericolosa conseguenza antropologica, in quanto,

come le merci, anche gli individui devono rendersi attraenti e desiderabili per potersi sentire parte della società in cui vivono. Sempre secondo il sociologo, assumere lo statuto delle merci significa per gli individui assumere anche quell'irreversibile tendenza verso l'obsolescenza che caratterizza le merci stesse. Così, gli individui sono costretti a essere sempre flessibili e disponibili come consumatori ma anche come merci. Pensare a se stessi come a merci implica il percepire come simili alle merci anche gli altri, i quali, se non corrispondono a ciò che si desidera, se smettono di essere soddisfacenti sono passibili di essere rapidamente sostituiti, esattamente come avviene per un prodotto difettoso oppure obsoleto.

In questo quadro sociale, l’azione formativa da dispiegare si configura come una vera e propria decostruzione dei modelli dominanti; e si caratterizza per la dimensione partecipativa e la valorizzazione della persona intesa nella sua molteplicità e nella sua capacità di costruire legami, alternativa all’idea di individuo frammentato e separato dagli altri.141

In una prospettiva di autoformazione occorrerà, allora, riesaminare i propri “quadri di riferimento”, in quanto spesso non è sufficiente interpretare le situazioni e gli eventi osservandoli da prospettive diverse e riflettendo su di essi; occorre modificare gli stessi paradigmi che modellano le nostre visioni della realtà.

A questo proposito, Mezirow 142 pone l’accento sull’individuazione,

attraverso l’analisi dell’apprendimento pregresso, dei cosiddetti “schemi di significato”. Questi, il più delle volte taciti e inconsapevoli, vengono                                                                                                                

140 Cfr.: Bauman Z., Consumo, dunque sono, Laterza Bari 2008. 141 vedi nota n 28 di p.

interiorizzati nel tempo e sostengono l'intelaiatura della conoscenza, così come l’abbiamo organizzata, agendo, potremmo dire, come degli impensati. È necessario che tali schemi siano scoperti e disambiguati per innestare una trasformazione intenzionale di quelle “prospettive di significato” connesse agli schemi stessi, per poter realizzare un apprendimento di tipo trasformativo.

Ciò che interessa Mezirow è proprio approfondire la dimensione del “significato dell’apprendimento” degli adulti; sviscerare il modo in cui tale significato viene costruito, validato e riformulato; individuare le condizioni sociali che influenzano i processi di elaborazione critica delle esperienze. Essendo prigionieri della nostra storia personale, per quanto possiamo essere abili a dare un significato alle nostre esperienze, tutti noi operiamo entro gli orizzonti fissati dal modo di vedere e di capire, che abbiamo acquisito attraverso il nostro “apprendimento pregresso”.

Il significato che diamo a ciò che apprendiamo è sempre il frutto di un’interpretazione dell’esperienza, e ne ricerchiamo la coerenza tramite la relazione e la comunicazione con gli altri. Rendiamo, così, accettabili le nostre interpretazioni utilizzando quegli schemi impliciti di significato che hanno funzionato fino ad allora. Il problema si pone nel momento in cui nuovi apprendimenti richiedono l’elaborazione di nuovi schemi, in quanto quelli che usiamo automaticamente per leggere le nuove conoscenze non sono consapevoli. Quindi, non riusciamo a decidere di cambiarli per adattarli al nuovo apprendimento, perché questi schemi sono funzionali alle nostre prospettive di significato.

Gli “schemi di significato” sono costituiti, secondo l’autore, dalle conoscenze, dalle credenze, dai giudizi di valore e dai sentimenti che si rivelano nell’interpretazione e consistono nelle manifestazioni concrete dei nostri orientamenti abituali. Essi sono alla base delle nostre attese, che costituiscono la molla su cui poggiano le “prospettive di significato”.143

                                                                                                               

143 Le prospettive di significato sono paragonabili ai paradigmi o schemi di riferimento

personale, con le quali Thomas Kuhn descrivele trasformazioni paradigmatiche che intervengono nelle conoscenze scientifiche.

La focalizzazione delle nostre aspettative ordina selettivamente ciò che apprendiamo e il modo in cui apprendiamo.

Per trasformare le proprie prospettive di significato in vista di nuovi apprendimenti, occorre attivare una riflessività intenzionale, sistematica e aperta al cambiamento, che non eluda l’incertezza che ci coglie di fronte a nuove esperienze conoscitive. Più spesso, purtroppo, siamo portati ad evitare la fatica di pensare, soprattutto quando la riflessione implica la necessità di affrontare la concezione che abbiamo di noi stessi; allora, per evitare di mettere in crisi la nostra identità preferiamo ricorrere all’autoinganno.

Le prospettive sono condizionate, limitate o distorte da diversi tipi di fattori. L’autore identifica tre tipi di prospettive di significato al cui interno formiamo l’esperienza:

- la “prospettiva epistemica” riguarda quelle immagini, teorie e rappresentazioni che ogni soggetto ha costruito sulla conoscenza e sul proprio processo conoscitivo. All’interno di tale prospettiva si costruiscono esperienze di attribuzione di senso e significato di tipo epistemico, cioè quell’insieme di schemi di significato e di presupposti che vincolano l’attività del soggetto nel conoscere e produrre conoscenza e nella rappresentazione del processo conoscitivo;

- La “prospettiva psicologica” determina quegli schemi di significato per mezzo dei quali percepiamo noi stessi all’interno di un contesto o in riferimento ad un compito. È interessante notare che secondo Mezirow questa prospettiva origina dalle proibizioni e vincoli imposti durante l’infanzia dai genitori. Per questo motivo può generare stati emotivamente rilevanti ogni qual volta la persona sperimenta l’incapacità di uscire dagli schemi di significato posseduti, e si trova nella condizione di accettare un’incongruenza di senso o tentare di risolverla;

- la “prospettiva sociolinguistica” concerne quelle premesse sociolinguistiche, che condizionano i modi di interpretare l’esperienza. Tali premesse si sviluppano nel corso del processo di

socializzazione in cui siamo immersi fin dalla nascita. In questa prospettiva, ritroviamo i segni dell’interiorizzazione di tutta una serie di schemi linguistici-interpretativi definiti sul piano sociale e culturale. La loro rielaborazione implica la possibilità di tramutarli in oggetto di conoscenza e di riflessione-critica.

Sono queste le variabili che influenzano buona parte delle persone poste di fronte al mutamento di paradigma culturale che caratterizza la nostra epoca. Le reazioni al passaggio dalla cultura della “linearità” alla cultura della “complessità” sono spesso improntate a meccanismi di difesa, quali la negazione, o l’evitamento delle nuove problematicità, oppure la loro rapida assimilazione ai vecchi schemi di significato, in modo che tutto rimanga immutato e non divenga minaccioso per il sé personale e professionale.

Secondo Mezirow, un apprendimento di tipo trasformativo è il solo in grado di consentire l’evoluzione dell’adulto verso una dinamica di cambiamento; ma non tutto l’apprendimento è trasformativo. Solitamente impariamo semplicemente aggiungendo altre conoscenze ai nostri schemi di significato, attraverso i quali interpretiamo le nostre esperienze.

L’autore individua quattro forme di apprendimento adulto:

- la prima forma riguarda l’apprendere attraverso gli schemi interpretativi già in nostro possesso, che possono essere rielaborati per adattarsi alla nuova situazione, oppure impiegati subito senza bisogno di alcun adattamento. In tal caso, a cambiare è solo la particolare risposta;

- la seconda forma d’apprendimento comporta la formazione di un nuovo schema interpretativo, cioè la creazione di nuovi significati, che siano sufficientemente compatibili con le prospettive di senso già possedute, per integrarle e in questo modo ampliarne le finalità;

- la terza forma d’apprendimento avviene attraverso la trasformazione di schemi di significato. Questo tipo d’apprendimento implica una riflessione attenta circa la qualità delle assunzioni, sulle quali essi si basano. Avviene quando i nostri particolari punti di vista e convinzioni

si rivelano poco funzionali o del tutto inadeguati di fronte a una nuova situazione. Di conseguenza avvertiamo un crescente senso d’inadeguatezza delle nostre vecchie abitudini di vedere e di comprendere;

- la quarta forma si ha quando la trasformazione riguarda la stessa prospettiva di significato. In tali contesti, si diventa consapevoli, attraverso la riflessione, della falsa natura dei presupposti sui quali si basava una distorta o parziale prospettiva di significato. È a partire da questa cognizione che è possibile impegnarsi per trasformare tale prospettiva per mezzo di una riorganizzazione dei significati.

Tutte le forme di apprendimento prevedono un’attività particolare di “problem solving”. L’Autore utilizza la distinzione di Habermas tra razionalità e interesse tecnico, o strumentale, e razionalità e interesse pratico, o comunicativo.

Nel caso dell’”apprendimento strumentale”, il procedimento risolutivo si basa su processi di pensiero di natura ipotetico-deduttiva: formulazione d’ipotetici percorsi d’azione, anticipazione degli effetti, messa in atto di quelli più plausibili e, infine, verifica dei risultati raggiunti. Nel caso dell’”apprendimento comunicativo”, sono coinvolti processi che si fondano in prevalenza sul consenso: giudizi provvisori aperti a nuove argomentazioni e a nuovi paradigmi di comprensione. La finalità dell’apprendimento comunicativo consiste nell’imparare a comprendere gli altri e a farci capire da loro quando cerchiamo di condividere le nostre idee attraverso il discorso, la parola scritta, l’arte, e il racconto. Riguarda, quindi, la comprensione, la descrizione e il chiarimento delle intenzioni, dei valori, degli ideali, così come delle concezioni sociali, politiche, filosofiche, educative, nonché dei sentimenti e delle ragioni.

Come le “ipotesi” sono gli strumenti di ragionamento dell’apprendimento strumentale, le “metafore” sono gli strumenti dell’apprendimento comunicativo.

L’”apprendimento trasformativo” implica tutte le condizioni previste per un efficace e significativo apprendimento comunicativo. Vi associa

specificamente un importante focus sulla critica delle premesse. Sono queste che richiedono un riesame per correggere quelle concezioni inadeguatamente sviluppate o distorte, di natura epistemologica, sociolinguistica o psicologica.

Possiamo considerare come uno dei fondamentali scopi e orientamenti dell’autoformazione aiutare a individuare e rendere più consapevoli le prospettive di significato, i sistemi di aspettative, come anche gli schemi di azione, che vincolano il nostro modo di apprendere e di affrontare le esperienze personali e professionali.

In tale prospettiva, si ritengono assai utili le narrazioni delle proprie esperienze, in quanto attraverso il racconto è possibile oggettivare i modelli impliciti dei nostri modi di affrontare le situazioni problematiche e decodificare le teorie tacite che stanno alla base delle proprie modalità di conoscenza. Ma se s’intende avviare un autentico processo di trasformazione di tali paradigmi è necessario che la narrazione si accompagni ad una continua riflessione critica, così da allenare la mente ad un pensiero razionale ed interpretativo non separato dall’immaginazione, aperto al dubbio e all’incertezza; un pensiero in grado di aprirsi anche al conflitto con se stessi, per rinnovarsi e rinnovare costantemente la ricerca del significato della propria molteplice identità. Numerose sono, in tal senso, le ricerche e le metodologie che utilizzano un approccio di tipo narrativo. Nell’ultimo capitolo di questa tesi ne descriveremo alcune che si ritengono più significative e funzionali; tenteremo anche di elaborare alcuni nuclei progettuali, all’interno dei quali individuare una serie di strumenti, tecniche e attività coerenti con quanto finora esposto.

4 Formazione Narrativa e Narrazione Formativa

“Innanzi tutto, consideriamo la penna con cui scriviamo. Dovrebbe essere una penna capace di scrivere in fretta, perché i pensieri vanno sempre molto più in fretta della mano”

(Natalie Goldberg, Scrivere Zen)