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Le scritture-di-sé: l’approccio costruttivo-relazionale di Le Bohec

Nel tentativo di esplorare in modo più mirato l’ambito delle tecniche relative alle “scritture-di-sé”, ci affidiamo a un particolare autore, Paul Le Bohec, allievo e seguace di Celestine Freinet ed esponente di rilievo della F.I.N.E.M. (Fédération Internationale des Mouvements d’Ecole Moderne).190 Il movimento degli insegnanti Freinet è rappresentato anche

in Italia,191 dove fra l’altro Paul Le Boech ha condotto numerosi seminari,

ad alcuni dei quali ho avuto l’opportunità di partecipare, traendone un significativo bagaglio di abilità e competenze sul piano personale e professionale.

Paul Le Bohec sviluppa e arricchisce la sperimentazione delle tecniche freinetiane, definendo “ricerche-invenzioni” le proposte di attività che elabora. A partire dall’interesse per le motivazioni che sostengono il suo forte investimento in ambito pedagogico, si trova ad analizzare la propria traiettoria di vita e quella degli allievi alla Facoltà di Scienze della Formazione di Rennes.

Avverte allora come alcuni di questi studenti, che aveva ritenuto carenti, fossero in realtà bloccati nel loro apprendimento, perché “ingombri” dai propri condizionamenti.

                                                                                                               

190 “La Federazione è stata fondata dal pedagogista e Maestro francese Celestin Freinet

nel 1957. Il suo scopo, ora come allora, è di realizzare nei diversi paesi del mondo le condizioni per il diritto di tutti all’istruizione secondo i principi dell’educazione attiva, e di dotare le istituzioni scolastiche di risorse tali da consentire un’educazione dinamica e una reale alfabetizziazione culturale.” Vedi <www.fimem-freinet.org>

191 “Il Movimento di Cooperazione Educativa (Mce) è nato in Italia nel 1951 sulla scia del

pensiero pedagogico e sociale di Célestin ed Elise Freinet. All’indomani della guerra, nel momento di pensare alla ricostruzione, alcuni maestri quali G. Tamagnini, A. Fantini, A. Pettini, E. Codignola e più tardi B. Ciari, M. Lodi e tanti altri, si unirono attorno all’idea di una cooperazione solidale che diviene crescita e integrazione sociale. Non si è trattato solo della introduzione e utilizzazione di alcune tecniche di base, ma di dare vita a un movimento di ricerca che ponga al centro del processo educativo i soggetti, per costruire le condizioni di un’educazione popolare, in quanto garanzia di rinnovamento civile e democratico.” Vedi: <http://www.mce-fimem.it>

Trova nella pedagogia freinetiana dell’”espressione-creazione” un modo per aiutarli a fare “pulizia interiore”, così da renderli più disponibili all’apprendimento e capaci di acquisire nuove conoscenze.

Citando Pierre Boulez, Le Bohec afferma che “l’espressione presuppone un detonatore. Occorrono un esplosivo e una miccia, e un detonatore per accenderla”;192 L’esplosivo, afferma l’autore, esiste in ognuno di noi fin

dalla nascita e si costituisce attraverso gli eventi della nostra esistenza. In tal senso, ogni creazione di una nuova tecnica pedagogica costituisce un’ulteriore possibile miccia.

In questa prospettiva Le Bohec sviluppa il metodo delle “co-biografie professionali” nella formazione:193 l’elaborazione, la raccolta e il confronto

in gruppo di biografie personali, attraverso le quali si cerca di individuare i debiti familiari e il progetto di vita di ognuno quale fonte della propria e dell’altrui formazione.

Descrivere il metodo delle co-biografie di Le Bohec significa avventurarsi nel racconto di un racconto, anzi di molteplici racconti, che il maestro stimola a narrare attraverso spunti di riflessione che inducono ciascun “biografo” ad uno scavo profondo della propria storia e della propria “psico-storia”. La condivisione dell’esperienza che si svolge nel gruppo consente di eludere la dimensione solipsistica della scrittura, ma è proprio lo specchio degli atteggiamenti e dei comportamenti degli altri ad aiutare ciascuno a concentrarsi sul proprio racconto. Il formatore legge le dinamiche del gruppo, sopporta i silenzi e tollera le pagine bianche degli allievi, li invita discretamente a superare i timori, le ritrosie, le ansie che si addensano intorno al compito di indagare se stessi a partire dalle proprie origini. Orienta e chiarisce le dimensioni emotive ed affettive, che la scrittura di sé implica; fino a comunicare concretamente i propri pensieri a margine dei testi e, come risultato delle reazioni dell’allievo biografo, proporre nuove vie di ricerca. In seguito, quando il gruppo si è attivato,                                                                                                                

192 Le Bohec P., L’école, réparatrice de destins? Sur le pas de la méthode Freinet, Ed.

L’Harmattan, Paris, 2007.

193 Cfr. Le Bohec P., Les co-biografies dans la formation, in Documents de l’Educateur

stimola l’espressione di sé per se stessi e per gli altri, salvaguardando l’intimità, ma anche esponendo ciascuno agli altri attraverso forme di protagonismo protetto. In tal modo favorisce le intese e la creazione di coppie o sottogruppi ristretti in vista del lavoro sulle corrispondenze biografiche. Si tratta di passare da un pensiero lineare centrato sul sé e sulla propria visione del mondo e degli altri, ad un pensiero più complesso e aperto alla problematicità del reale e delle relazioni; da un pensiero dicotomico in base al quale ci identifichiamo sempre e solo con una parte del sé, ad un pensiero complementare che ingloba le parti, anche quelle che di solito restano nell’ombra o che tendiamo a proiettare al di fuori di noi, negli altri e che invece, tramite il confronto e lo scambio possiamo ritrovare e riconoscere in noi stessi, per tollerarle e rielaborarle in vista di futuri cambiamenti. Così, il lavoro sulle co-biografie realizza un movimento, un trascorrere dal riflettere come identità singolare ad un riflettere come identità plurale. Lo schema nella pagina seguente delinea in sintesi gli indicatori di questo passaggio che è continuo e reciproco.194

                                                                                                               

194 Liberamente tratto da: Movimento di Cooperazione Educativa in <http://www.mce-

IDENTITÀ SINGOLARE IDENTITÀ PLURALE

Rapporti caratterizzati dalla logica lineare, del tutto o niente (o ci capiamo o non ci capiamo)

Rapporti caratterizzati dalla logica costruttiva,

in cui diversi elementi possono

rapportarsi in una molteplicità di modi (non ci capiamo molto nella

discussione, ma ci capiamo bene nel cercare di divertirci, nel cibo,...) L'individuo viene considerato in

assoluto; ogni informazione, evento, conoscenza è in rapporto con

l'individuo soltanto.

Importanza dei contesti. Ogni evento può collocarsi in diversi contesti. Il soggetto, in rapporto alla

conoscenza, è egocentrico: ritiene esista un solo modo di conoscere, il proprio.

Il soggetto, in rapporto alla conoscenza, è epistemico e

sociocentrico: è capace di una pluralità di modi possibili di conoscere e tiene conto dei modi altrui.

Il linguaggio è impiegato per trasmettere un sapere con caratteristiche statiche e con

un'organizzazione di tipo gerarchico, con un registro formale

II linguaggio è strumento regolatore del rapporto tra individuo e individuo, individuo e contesto, ed è flessibile e connettivo

L'identità in rapporto all'apprendimento procede attraverso l'omogeneità dei soggetti che apprendono: ogni elemento che determina una diminuzione dell'omogeneità è

considerato ostacolo all'apprendimento

L'identità in rapporto all'apprendimento procede attraverso la comparazione delle pluralità di richieste e di modalità e stili. L'eterogeneità del gruppo di soggetti (diversità) è un dato di realtà e determina la stessa possibilità di conoscere.

Sarebbe riduttivo parlare di un metodo delle co-biografie. Dalle considerazioni che Le Bohec trae dai suoi resoconti, emerge piuttosto l’intenzione di favorire la ricerca da parte di ciascun allievo di un proprio metodo auto-biografico, che si traduce nel rigore di una “tecnica di vita” personale attraverso la scrittura-di sé.

“Chi segue le tracce di Freinet si sforza sempre di partire dall’esperienza reale, dalla vita stessa. E’ a partire dai fatti, dagli avvenimenti e dagli interrogativi che essi suscitano negli individui - e dalle ipotesi che non mancano di scaturire nei gruppi di

ricerca di cui essi fanno parte - che possono realizzarsi le acquisizioni più solide, le migliori integrazioni di un sapere”.195

Punto di partenza è una vera e propria anamnesi familiare, una raccolta di fonti, di dati personali e dei propri famigliari (genitori, fratelli, sorelle, nonni, zii...), di tutte quelle informazioni, notizie, sensazioni, eventi apicali, aneddoti, etc., che orientano ciascuno a delineare una sorta di diagnosi personale, in base alla quale esplorare le proprie traiettorie di vita; fare un bilancio esistenziale, attraverso il quale riconsiderare i debiti e i crediti dovuti o ricevuti dal proprio ambiente famigliare, dai vissuti infantili, dai primi inserimenti nella vita sociale: la scuola, le amicizie, gli amori, gli adulti di riferimento, etc. Si tratta, in qualche modo, di riconciliarsi con il proprio passato, con i conflitti, le fughe, i rifiuti, le rinunce per comprendere quanto sia dovuto alle proprie scelte e non sempre imputabile a un destino giudicato avverso. Al tempo stesso dal proprio bilancio emerge quanto ciascuno ha acquisito nel corso del proprio sviluppo in termini di conoscenze, di abilità (cosa ho imparato e da chi), come anche in termini di intelligenza emotiva, di capacità relazionali e sociali, i propri sogni, le proprie aspettative, etc.. Ciascun allievo nello scambio biografico acquista da una parte la capacità di far testimonianza di sé, dall’altra di proporsi quale ascoltatore attento, interessato e mai giudicante della testimonianza altrui.

“È a partire da se stessi e dagli elementi della propria vita che si può consolidare la propria comprensione del mondo. La vita degli altri può costituire un utile specchio per riflettercisi. Bisogna che esploriamo i contesti del nostro passato per situarci meglio nel nostro presente. Ci occorre uno sguardo approfondito per discernere meglio elementi che non sono immediatamente coglibili. In molte professioni, l’adulto è uno ‘strumento’ di fondamentale importanza. Bisogna quindi perfezionare tale                                                                                                                

strumento cercando di chiarire il massimo possibile su di noi. Saremo, così, molto più disponibili”.196

Per comprendere come iniziare un’autobiografia che implica la propria genealogia, riportiamo di seguito una griglia che serve, appunto, da traccia per scrivere di se stessi.

Racconta un episodio significativo personale... Scolastico... Familiare... Un ricordo del contesto ambientale... Come si trascorreva una festività... Vacanze durante l’infanzia... Quali richieste facevano i genitori rispetto al successo scolastico?... Che previsioni venivano fatte (o vengono fatte) rispetto all’investimento nella vita professionale futura?... Una persona che ha lasciato una traccia in te o nella tua famiglia... Un cambiamento nel regime di vita familiare che ha inciso significativamente... Momenti “ascendenti” o “discendenti” sul piano economico, sociale,... del regime di vita familiare... Qual è stato o è il tuo posto in famiglia nella ‘serie’ familiare (genealogia genitori/figli; rapporti con fratelli/sorelle e collocazione nella ‘fratria’: maggiore/minore, mediano,...; altri eventuali parenti;...)... Come avrebbe potuto essere la tua vita se... (ad es.: se avessi avuto o non avessi avuto fratelli/sorelle,...)... Cosa attribuisco ai miei genitori rispetto alla mia evoluzione successiva alla vita in famiglia (‘debiti’ o ‘crediti’)

- in positivo... - in negativo... A coppie. Tentate un’analisi comparata di ‘casi’ familiari...

È qui implicito un presupposto etico che comporta un principio di assertività della propria testimonianza, per cui, rivolgendosi a se stesso e                                                                                                                

agli altri, ciascuno dovrebbe poter affermare: “So solo ciò che tu mi dici”. In tal senso, la funzione di chi conduce tale percorso auto-formativo, tramite la scrittura-di sé, è anche quella di indurre l’allievo-biografo a mettersi veramente in gioco, eludendo il compiacimento narcisistico e/o superando la paura del giudizio. Per questo motivo, potremmo dire, parafrasando Foucault,197 che la ricerca della propria “parresia”, nel senso

della verità più intima, significa indagare i modi di parlare a un individuo, all’anima di un individuo: un atto che riguarda la maniera in cui quest’anima verrà formata.

                                                                                                               

197 Cfr. Foucault M., Il governo di sé e degli altri. Corso al Collège de France (1982-1983),

Feltrinelli, Milano 2009.  

Conclusioni

Giunto al termine di questo lavoro, sento l’urgenza di scrivere in prima persona e di esporre le mie conclusioni in quella forma narrativa che ho tentato di analizzare nel corso della tesi. I motivi di tale scelta sono diversi e proverò a raccontarli in questa riflessione finale.

Prima di tutto, una volta sgravato dal compito di elaborare un testo congruente con il tema trattato e coerente con le finalità che avevo prefigurato, avverto un senso di maggior consapevolezza su quanto sono andato acquisendo nel corso del lavoro di tesi, e un sentimento di libertà che mi invoglia a sciogliere i pensieri dai vincoli della ricerca teorica per approcciarmi ad un’euristica più affine alla mia professionalità.

Durante la ricerca delle fonti, che ha preceduto e accompagnato il lavoro di tesi, mi sono reso conto che nell’universo della formazione la dimensione narrativa occupa una galassia assai ampia. Da qui la scelta di iniziare la mia esplorazione da quei pianeti che ho ritenuto più ospitabili. E da lì partire per scoprirne altri meno noti o del tutto sconosciuti. Per indugiare ancora un po’ nella metafora spaziale, è mia intenzione nel prossimo futuro rientrare a bordo della navicella per proseguire il mio viaggio, perché gli autori studiati hanno lasciato in me suggestioni profonde: le loro concezioni e i loro modelli mi suggeriscono di sperimentare nuovi approcci empirici nel mio lavoro d’insegnante e di formatore.

Ad esempio, l’analisi del romanzo di formazione di Moretti, che spazia dalla critica letteraria, alla psicologia, alla psicanalisi, alla sociologia, alla antropologia, etc., implica, secondo me, la formazione di un nuovo lettore postmoderno, che non si lasci attrarre dalle lusinghe di una lettura immediata, rapida, discontinua e frammentaria, tipica della nostra società della conoscenza, in cui la disponibilità di testi e scritture varie è decuplicata dalla virtualità dell’online; dovrebbe, altresì, essere aiutato a riflettere sulle implicazioni delle sue scelte letterarie, sulle preferenze di autori e di genere, su come le stesse hanno influito sulle proprie visioni del

mondo e possono orientare in un senso o nell’altro le esperienze della quotidianità, fino a modificare la propria identità.

Quella che per Bruner è una attitudine o predisposizione a organizzare l’esperienza in forma narrativa,198 ci permette, al tempo stesso, di

ricostruire la realtà dandogli un significato specifico, definendoci come soggettività, e di negoziare significati comuni, di veicolarli e scambiarli, definendoci anche come relazionalità. È, secondo me, su questa reciprocità che devono iscriversi le pratiche narrative che ho cercato di delineare nella tesi: auto-formative sul piano personale e formative su quello sociale. In questa prospettiva la cura di sé è anche e soprattutto cura delle relazioni. La lettura può trovare, quindi, anche modalità di condivisione, l’auto-biografia può declinarsi in co-biografie. Insieme ad altre forme narrative, alle quali ho solo accennato, come il teatro, la performance e le arti plastiche, costituiscono mediatori d’eccellenza che favoriscono la coesione di un gruppo e l’integrazione delle differenti identità.

Seguendo l’archetipologia di Gilbert Durand è possibile ritrovare i regimi diurno e notturno dell’immaginario nelle scritture di sé:199 coglierli e

rielaborarli per se stessi, interpretarli agli altri e per gli altri, è un percorso attraverso il quale strutturare processi di auto-analisi, di decostruzione/costruzione del sé, di quelle dimensioni della propria identità che ci appaiono più conflittuali e, a volte, persecutorie; ma anche di quelle dimensioni più ideali e utopistiche, eludendo le quali spesso bruciamo molti dei nostri sogni.

La riflessività è, quindi, il perno che permette alla narrazione di sé un continuo dialogo con i propri contesti di vita e di lavoro, perché non si limita a ripensare ex-post l’azione, ma al suo interno ne esplora le diverse opportunità e potenzialità. Solo così è possibile modificare quelle risposte routinarie ai problemi, per le quali, in modo spesso irriflesso, riproponiamo                                                                                                                

198   Cfr. Bruner J. La ricerca del significato, Torino, Bollati Boringhieri, 1992, ed. or. 1990. 199  Cfr.  G. Durand, Le strutture antropologiche dell’immaginario, op. cit..

soluzioni già sperimentate anche se insoddisfacenti. Sviluppare la propria capacità riflessiva significa estendere la riflessione includendovi anche il soggetto. Significa, come ci avverte, Schön,200 interrogarsi non solo su ciò

che si presenta nel nostro campo operativo, ma anche su se stessi, sul grado di apertura con cui riusciamo ad osservare la realtà e ad affrontarla. In questa tesi ho cercato di affermare che la riflessività non è solo un’azione meditata, di quelle che inneschiamo quando identifichiamo una relazione, riconosciamo una teoria o diamo un giudizio. È, piuttosto un processo complesso, attraverso il quale valutare criticamente sia il contenuto sia il processo delle nostre azioni.

Diventa allora utile, se non necessario dedicarsi a una narrazione declinata attraverso una scrittura-di-sé, che implica quel rigore della testualità, cui fa riferimento Cambi. 201 Mi riferisco, in particolare, all’atto

dell’interpretazione, che coinvolge la propria personalità globalmente e, in tal senso, può favorire la rielaborazione e il cambiamento delle premesse202 con le quali interpretiamo le nostre esperienze, dando alle stesse un significato nuovo, rendendole, cioè più comprensibili, e al contempo modificando noi stessi. In ciò, probabilmente sta quel piacere del testo, di cui ci parla Barthes,203 e cioè nel produrre un soggetto nuovo,

attraverso il testo, ma già potenzialmente altro nella sua traiettoria di vita. Queste sono alcune delle suggestioni, che condizioneranno l’analisi, la progettazione e l’azione futura riguardo le mie prassi professionali.

Dall’altra parte, penso di aver compiuto anche un viaggio nel passato, utile a riconoscere le mie attuali competenze, a calcolare e valutare debiti e crediti formativi personali. Un viaggio a ritroso che mi ha dato l’opportunità di chiarire meglio i rapporti tra la dimensione operativa del mio lavoro e i modelli di riferimento, i cui apporti, mi auguro, arricchiranno l’esperienza. Da questo punto di vista mi riconosco in un processo di longlife learning, non solo mirato all’acquisizione di competenze, quanto                                                                                                                

200 Cfr. Schön D., Il Professionista Riflessivo. Per una epistemologia della Pratica

Professionale, op. cit..

201 Cfr. Cambi F., La cura di sé come processo formativo. Tra adultità e scuola, op. cit.. 202 Cfr. Mezirow J., Apprendimento e trasformazione, op. cit..

piuttosto a coniugare in modo aperto e flessibile un insieme articolato di saperi, con la complessità di un percorso, che si sviluppa in una spirale, attraverso fasi di apprezzamento – azione - nuovo apprezzamento. In tale percorso convergono anche dinamiche incerte, rapporti ambigui, modelli compositi e pratiche multiformi.

Allora, questa tesi può essere letta a margine come una specie di autobiografia professionale, tappa fondamentale di un cammino, compiuto in compagnia di alunni, studenti e colleghi, guidato da maestri e mentori, in un rete di relazioni, che hanno contribuito a dare senso e significato alla mia formazione.

Proprio in segno di riconoscenza e di riconoscimento reciproco, ho inserito in appendice il resoconto redatto da un gruppo di studenti tirocinanti dell’Università di Padova – Facoltà di Scienze della Formazione, i quali, accompagnati dal prof. Senofonte Nicolli, hanno partecipato a una giornata di formazione condotta dal sottoscritto e da Nerina Vretenar. In questo pur breve seminario, occasione per gli studenti di incontro con i maestri del Movimento di Cooperazione Educativa, sono rintracciabili alcune delle proposte sul metodo narrativo nell’ambito della formazione, esposte nella tesi. La dimensione narrativa è rilevabile a più livelli. Dal gioco iniziale all’invito a raccontare di sé; dall’uso di una storia di vita come esempio educativo di integrazione scolastica alla sua rielaborazione; e poi, la presentazione del documentario nel quale Mario Lodi racconta le tecniche didattiche della scuola attiva. Infine, è da notare la precisione e la cura con la quale gli studenti tirocinanti hanno documentato l’esperienza, restituendo, così, a se stessi e ad altri indicatori utili per la progettazione di dispositivi in ambito educativo e formativo. Ciò è il prodotto di un intenso lavoro di osservazione, studio e riflessività, durante il quale gli allievi del corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria, guidati dal prof. Senofonte, si sono esercitati a lungo con la scrittura nei loro Diari di Bordo e nella documentazione delle esperienze formative realizzate.

Appendice

A PARTIRE DAI BAMBINI E DALLE BAMBINE204

Nerina Vretenar, insegnante scuola primaria, MCE Venezia-Mestre205

Tiziano Battaggia, insegnante scuola primaria, MCE Venezia-Mestre206

L'ACCOGLIENZA

Nerina Vretenar. Una delle pubblicazioni più significative del Movimento di