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Seconda proposta metodologica: lo sfondo integratore

La seconda proposta metodologica è quella dello “sfondo integratore”,106

formalizzata all’inizio degli anni ’80, all’interno de gruppo di ricerca legato alla cattedra di Pedagogia speciale dell’Università di Bologna. Si colloca nell’ambito della Pedagogia istituzionale, così com’è stata interpretata in Italia da Andrea Canevaro. Accanto ad altri strumenti organizzatori del lavoro educativo-didattico, lo “sfondo integratore” costituisce la possibilità di porre in atto un “sistema di mediatori” in grado di favorire un contesto complesso di apprendimento coevolutivo. Si tratta di una metodologia pensata per favorire un reale processo d’integrazione dei soggetti disabili, a partire dalla valorizzazione della diversità.

L'ipotesi si è, poi, ampliata in una progettualità più ampia di integrazione di competenze diverse, di professionalità, di linguaggi, di strumenti e di percorsi.

Attraverso lo strumento dello “sfondo integratore” s’intende favorire l'integrazione dell’evento casuale, dell’imprevisto, dell’emergente non preventivabile in anticipo, trasformandolo in nuovi “nuclei progettuali” connessi in modo organico, proprio attraverso lo sfondo, ai percorsi originariamente progettati. In quest’ottica, si ritiene possibile e vantaggiosa un’interpretazione che ne configuri l’attualità anche oltre l’approccio educativo previsto per l’età evolutiva. Lo “sfondo integratore” agisce, in primo luogo, a livello di meta-apprendimenti, sostenendo lo sviluppo di “strategie di apprendimento costruttive”, in cui i diversi elementi vengono utilizzati per costruire un'immagine complessa, scomponibile e ricomponibile secondo il soggetto, il contesto e gli scopi.                                                                                                                

106 Cfr. Canevaro A., Lippi G., Zanelli P., Una scuola uno sfondo. Sfondo integratore,

È sulla dialettica “figura/sfondo” che si fonda la strategia formativa di questa metodologia. Il riferimento proviene dalla Psicologia della Gestalt.107 La riflessione di Paolo Zanelli ci aiuta a comprenderne il

significato.

“L’integrazione personale viene messa in crisi ogni qualvolta si ha un mutamento così radicale e improvviso dello sfondo tale da rendere inutilizzabili i valori e le abilità che prima erano sufficienti a rendere possibile e significativa l’esistenza.

L’unica modalità veramente produttiva di superare la ‘situazione estrema’, cioè, nei termini da me usati, lo sconvolgimento dei rapporti figura/sfondo, è una ristrutturazione globale della propria personalità. Ciò è possibile ponendosi dal punto di visata di una ‘Gestalt’ più ampia di quella disfunzionale, che ha provocato la disgregazione. In questo senso, le ‘situazioni estreme’, i mutamenti improvvisi e sostanziali dello sfondo, possono costituire una provocazione verso gradi di integrazione maggiore”.108

Quindi, avvalersi anche nei processi formativi della dialettica “figura/sfondo” significa riconoscere che il senso delle nostre azioni è sempre riferito ad un contesto, e adoperarsi per la costruzione di quella particolare organizzazione contestuale, lo sfondo, appunto, che consenta la percezione di una “connessione evolutiva” fra i vari momenti della nostra esperienza.

Lo sfondo, come afferma Paolo Zanelli, si rifà anche al concetto di “holding”, “contenimento”, proposto da Winnicott per descrivere l’offerta di risorse ambientali che, a partire dal rapporto con la madre, sono indispensabili allo sviluppo emotivo del bambino.109

                                                                                                               

107 Cfr. nota n. 59 p. 46

108 Zanelli P., Uno ‘Sfondo’ per integrare, Cappelli Editore, Bologna 1986, p. 26. 109 Cfr. Winnicott D. W., Sviluppo affettivo e ambiente, Armando, Roma 1970.

In seguito, assumerà le forme e i modi dell’intervento educativo, in quanto favorisce le tendenze che sono all’opera nell’individuo stesso, conducendolo verso il suo sviluppo.

Canevaro propone una doppia accezione di sfondo, utile riferimento per la progettazione dei contesti di apprendimento, per l’attenzione che viene posta sia agli elementi denotativi, sia agli elementi connotativi.

Lo sfondo integratore, infatti, è da intendersi, da una parte, come una struttura di connessione istituzionale, cioè una particolare organizzazione di tempi, spazi, mediazioni, regole e comunicazioni, che devono favorire l'autonoma organizzazione dei soggetti coinvolti; dall'altra, come una struttura di connessione narrativa, corrispondente all'insieme di connotazioni, di significati, di pratiche condivise; una vera e propria narrazione, ideata nel corso dell’azione, che connette nel tempo elementi diversi delle esperienze vissute dal gruppo.

“Sfondo istituzionale” e “struttura di connessione narrativa” non sono tipologie diverse di sfondo, al contrario, è necessario che entrambi coesistano per garantire un sempre maggior livello d’integrazione, di abilità e di competenze.

L’azione educativa richiede, allora, una continua opera di progettazione che miri a costituire le condizioni istituzionali perché sia possibile un'effettiva coevoluzione delle diverse identità del gruppo. È, inoltre, un impegno attivo di co-costruzione, secondo modalità rigorose e una costante verifica del feed-back.

All’interno delle attività, imparare e sbagliare sono condizioni dell’apprendere, in quanto la sospensione del giudizio, il valore dato alla sperimentazione e alla ricerca, l’aiuto reciproco e il tutoring consentono di scegliere, sperimentare e scambiare modalità e stili cognitivi diversi. Ciò si traduce in una maggiore capacità di percorsi non lineari, che facilitano l'acquisizione di strategie costruttive di apprendimento. In particolare, le connessioni e gli intrecci che si creano tra e nelle diverse situazioni consentono il coordinamento fra le singole abilità e lo sviluppo di meta- apprendimenti.

Giampietro Lippi propone tre diverse definizioni dello “sfondo integratore”, utili da analizzare per l’attualità dei riferimenti a modelli cognitivi e autoformativi.

Nel primo tentativo di definire lo “sfondo”, Lippi parte dalla differenza sostanziale tra condizionamento ed educazione. Il condizionamento, che si rifà al modello comportamentista, tende a produrre un addestramento che impedisce al soggetto di discriminare in modo intenzionale e consapevole tra gli elementi dell’ambiente. Al contrario, educare significa che ciascuno sia in grado di compiere delle scelte, rapportarsi in modo attivo con il reale, così da poter acquisire una propria identità. Lo stesso Alberto Bandura,110 studioso neo-comportamentista che ha rivisitato il modello

classico del comportamentismo, sostiene che non si può considerare l’ambiente come una forza autonoma che forma e controlla automaticamente il comportamento. È vero, altresì, che il comportamento produce in parte l’ambiente naturale e, di ritorno, l’ambiente naturale influenza il comportamento. La sua teoria dell’”apprendimento sociale” interpreta i progressi regolatori in termini di reciproco determinismo. Nella vita di tutti i giorni, infatti, lo stesso evento può essere considerato uno stimolo, una risposta o un rinforzo proveniente dall’ambiente, secondo il posto nella sequenza da cui si fa cominciare l’analisi. Secondo tale teoria, l’apprendimento è determinato da reciproche relazioni tra processi regolatori dell’individuo, i suoi comportamenti e il suo ambiente di vita. A partire da questi assunti Lippi fornisce una prima definizione di “sfondo”:

“Lo sfondo è in una situazione pedagogico-didattica, uno strumento mediatore fra il bambino e il suo apprendimento; esso, cioè, è uno degli strumenti che un’agenzia educativa formale di tipo democratico mette a disposizione del bambino perché egli – senza eccessivi condizionamenti e/o addestramenti – possa pervenire ad un apprendimento formale                                                                                                                

in un modo il più possibile autonomo e cooperativo, tramite un sistematico processo evolutivo che lo aiuti a conseguire la propria identità”.111

Se sostituiamo il termine bambino con quello di persona, possiamo assegnare tale definizione anche all’ambito formativo, in quanto, attualmente, nessuna professionalità si sviluppa unicamente in termini di addestramento. Inoltre, tale definizione si avvicina a quella concezione prevalente in autori sia europei che nordamericani, i quali, ispirandosi alle tesi di Gramsci e di Freire, tendono ad identificare la formazione con l’“educazione contro-egemonica”, cioè con un tipo di azione che, al tempo stesso, produce cambiamenti strutturali e crea negli stessi soggetti valori nuovi, aspettative diverse, identità significative e propensione alla solidarietà. L’attenzione verso la dimensione interattiva e trasformativa dei processi formativi dà risalto alla dimensione collettiva delle dinamiche. In tal senso, la formazione, intesa soprattutto come permanente e continua, è parte integrante dell’azione dei movimenti sociali che aspirano all’emancipazione e al cambiamento in senso democratico.

Nel concepire una seconda definizione di sfondo, Lippi s’ispira alla cosiddetta “Pedagogia Istituzionale”, che parte da una critica delle istituzioni sociali, in quanto costruttive e immodificabili. La ricerca pedagogica, ci avverte Lapassade, 112 distingue le “istituzioni esterne” alla

classe, di cui si occupa la sociologia dell’educazione, dalle “istituzioni interne” che, nella classe, rispecchiano l’ambiente esterno: orari, programmi, regole di lavoro. Così, mentre nella pedagogia tradizionale le istituzioni si impongono come un sistema che non può essere messo in discussione, nella Pedagogia Istituzionale, come afferma lo studioso, le “istituzioni” sono considerate semplicemente dei “pezzi” la cui struttura può essere modificata. L’insieme delle tecniche istituzionali che si possono                                                                                                                

111 Canevaro A., Lippi G., Zanelli P., Una scuola uno sfondo. Sfondo integratore,

organizzazione didattica e complessità, op. cit.,p. 69.

112 Cfr. Lapassade G., L’autogestione pedagogica / Ricerche istituzionali, Angeli Editore,

utilizzare in una classe, come il lavoro in gruppi, la cooperativa, i laboratori, e le “istituzioni interne” diventano strumenti, forme dell’organizzazione del lavoro e degli scambi pedagogici, la cui struttura può essere modificata. In tal senso, è dimostrato che i cambiamenti sono accettati e realizzati meglio quando sono decisi dagli stessi interessati. Assumere la prospettiva della dimensione istituzionale in campo formativo chiarisce i significati di ciò che accade nell’esperienza di classi e gruppi. È indicativo, dal punto di vista della riflessione, della ricerca di nuovi paradigmi e della contaminazione tra saperi, il fatto che esistono profondi legami fra tre “pratiche istituzionali”: la terapia, la pedagogia e l’analisi. Tale ricerca partecipata, che assume i contributi di discipline diverse, favorisce congruenza e specularità fra rapporti degli adulti e quelli dei bambini. Entrambi, infatti, giocano un ruolo attivo all’interno dei processi di apprendimento.

Per chi è chiamato a condurre percorsi orientati all’auto-formazione, ciò significa assumere un punto di vista particolare su due fondamentali questioni concernenti i processi di insegnamento/apprendimento: l’”oggetto del controllo” e il “feedback”. Riguardo il primo, Lev N. Landa,113

psicopedagogista americano di origine sovietica, sostiene che, nonostante il sistema di controllo sia l’insegnante e il sistema controllato lo studente, quest’ultimo è simultaneamente un “soggetto” capace di agire di propria iniziativa, di accettare o respingere gli obbiettivi dell’insegnante e di svilupparne di propri. Chi apprende, insomma, è contemporaneamente un soggetto controllato e autocontrollato, con una grande capacità di “autoorganizzazione”. Posta in questi termini, la questione del controllo porta con sé la necessità di un “feedback” continuo. Per questo motivo, l’adulto educatore in rapporto ai bambini, come il formatore in rapporto al gruppo è posizionato all’interno degli eventi, come osservatore partecipante e non freddo.

                                                                                                               

113 Cfr. Landa L. N., Regolazione e controllo nell'istruzione. Cibernetica, algoritmizzazione

ed euristica nell'educazione, Giunti, Firenze 1985.  

La disponibilità a modificarsi rappresenta una delle caratteristiche fondamentali dello sfondo, la cui funzionalità è garantita dalla funzionalità delle relazioni.

Nell’ultima definizione lo sfondo viene rapportato ed inserito nella prospettiva della “Ricerca-Azione”. L’analisi dell’autore rivela, come abbiamo in precedenza constatato per il modello di Schön, la necessità per i ricercatori di attrezzarsi di metodologie di ricerca congruenti con una società in continua trasformazione, sempre meno centrata e caratterizzata da sistemi di valori divergenti. In particolare, la questione riguarda il come si possa declinare la Ricerca-Azione, che nasce e si sviluppa in ambito sociologico, nel campo dell’educazione. Anche la Ricerca-Azione mette in campo capacità riflessivo-narrative indispensabili per una sua realizzazione significativa ed efficace. Ciò si comprende dal fatto che il suo fondamento procedurale consiste nella “discussione” tra i membri di un gruppo o di un’istituzione. I suoi principali dispositivi, infatti, sono:

- la “chiarificazione” delle posizioni sia mediante l’utilizzazione critica dei metodi di ricerca, degli strumenti di decodificazione e di creatività, sia l’uso ottimale di informazioni esterne al gruppo; - il “confronto” delle posizioni e “l’azione collettiva”.

La Ricerca-Azione si realizza, così, in tre momenti:

- il “lavoro preliminare”, in cui si definisce la base della collaborazione in modo chiaro e preciso, e si identificano e definiscono i problemi reali;

- la messa in atto dell’analisi”, in cui si individuano altri problemi oltre a quelli considerati;

- l’”analisi” e la “strategia d’azione”, attraverso le quali si passa dall’esperienza vissuta alla comprensione di tutto ciò che riguarda l’azione sociale; ciò permette di raggiungere una specie di “verità sociale provvisoria”, punto di partenza per elaborare nuove strategie.

In questa prospettiva lo sfondo istituzionale è attuato da tutte le persone coinvolte, che cercano di instaurare tra loro una “comunicazione

simmetrica”, in modo da abolire la relazione “soggetti/oggetti”, che solitamente si instaura tra chi insegna e chi apprende. Chi conduce l’esperienza non persegue lo scopo che gli allievi producano dei risultati riguardo determinate questioni, ma intende ottenere dei risultati insieme agli allievi stessi.

Parlare di sfondo significa parlare di “struttura di connessione”, di quella concezione batesoniana, alla quale ci siamo riferiti nel corso di questa tesi anche per una particolare lettura del romanzo di formazione. Si tratta di una struttura di connessione che si realizza sia a livello istituzionale, sia a livello narrativo. Per gli ideatori della metodologia dello sfondo integratore è attraverso l’uso del “fantastico” che si costruisce una trama narrativa, intesa come insieme di significati condivisi e trasformabili che permettono a più soggetti di riconoscersi parte di una storia comune.