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L’integrazione tra socialità, orgoglio e pregiudizio

Il linguaggio della “conversazione”, della “socievolezza mondana”, che accompagna le pagine del “Meister” e riempie gran parte di quelle di “Orgoglio e Pregiudizio” di Jane Austen, si pone all’opposto di quell’”argomentazione pubblica razionale” che Habermas pone a                                                                                                                

fondamento dell’opinione pubblica.65 In realtà, infatti, la conversazione

romanzesca, non si oppone tanto al silenzio, quanto all’orazione rivoluzionaria.

“È un’antitesi che ne porta con sé molte altre: alla corposità frenante della concretezza si oppone il freddo e audace universalismo dei principi; alla convertibilità dialogica dell’’io’ in ‘tu’, la rigida demarcazione di oratore e pubblico; all’attenzione per la tessitura paziente di una trama, il gusto dello strappo, la passione del ‘ricominciamento’”.66

Tali contrasti ci dicono che la vita quotidiana è incompatibile con la rivoluzione, come lo è la stessa narrativa romanzesca con la grande storia, destinata, quando appare, a rimanere sullo sfondo. All’esemplarità tragica o epica dei grandi personaggi storici, il romanzo predilige l’unicità di personaggi più “comuni”, che appaiono sempre in qualche modo sovradeterminati e complicati da altre caratteristiche, in una parola “personalizzati”. Ciò permette al lettore di identificarsi con loro, in quanto la lettura stessa si propone come un percorso formativo. Anche se, proprio per questo fine, occorre che il lettore si liberi del punto di vista parziale e troppo spesso erroneo del protagonista, per poter vedere oltre.

L’errore del protagonista del Bildungroman è ben sintetizzato dal titolo del romanzo di Jane Austen: “Orgoglio e pregiudizio”. Morettti individua due significati del pregiudizio che caratterizzano sia l’eroina del romanzo di Austen, sia il Wilhelm di Goethe. Sono entrambi indicativi di atteggiamenti che impediscono proprio quel cambio di paradigma necessario all’integrazione sociale della persona. Il primo coincide con la propensione a giudicare frettolosamente ciò che ci accade, senza darsi un tempo per lasciar decantare gli eventi che ci colpiscono, riflettere e rielaborare i

                                                                                                               

65 Cfr. Habermas J., Storia e critica dell’opinione pubblica, Laterza, Bari 1971. 66 Moretti F., Il romanzo di formazione, op. cit., p. 58.

propri vissuti.67 Il secondo significato riguarda la parzialità del proprio

punto di vista che, se non riconosciuta, sfocia in partigianeria, unilateralità del proprio pensiero, che rende impossibile una socializzazione imperniata sul modello della totalità organica. Da questo punto di vista Elizabeth Bennet, nel voler dimostrare soprattutto a se stessa un’intelligenza fuori del comune, non pecca per difetto, ma per “eccesso di critica”.

“Il superamento del pregiudizio è il meccanismo narrativo in cui prende corpo la critica della società civile borghese nella sua massima espressione culturale: la sfera dell’opinione pubblica. Dominata per l’appunto da quella passione illuministica per la critica e la confutazione che ancora echeggia nei protagonisti del Meister e di Orgoglio e pregiudizio” 68

Però, come ci avverte Hegel,

“Restare abbarbicato al sistema dell’opinione e del pregiudizio per autorità altrui o per convinzione propria, differisce soltanto per la vanità che si annida nella seconda maniera”.69

I protagonisti del Bildungroman partecipano di entrambe le esperienze, descrivendo, così, un processo, che dal cammino dell’individualità conduce all’integrazione sociale, evitando il rischio che l’irresoluto vagabondare porti alla propria autodistruzione. Infatti, in termini narrativi, a Wilhelm ed Elizabeth, è affidato l’intreccio della storia, che non potrebbe mai giungere a conclusione senza la Torre e Darcy, che ne rappresentano la fabula finale. Gli errori di Wilhelm e Meister, derivano, a detta di Moretti, dal loro porsi “senza motivo”, in alterità al mondo dato; ma questo esercizio critico, che dovrebbe essere un legittimo atto d’interpretazione, base di                                                                                                                

67 Non a caso il titolo del manoscritto di J. Austen era “First Impressions”, “Prime

Impressioni”.

68 Moretti F., Il romanzo di formazione, op. cit., p. 65

ogni processo conoscitivo, rischierebbe, se prolungato, di compromettere quell’acquisizione di senso, che è la proposta fondamentale del Bildungroman. Così, all’esercizio critico si sostituirà la pratica dell’”ascolto”, attraverso il quale il significato della realtà potrà manifestarsi nella sua essenza e verità. Solo così, per Goethe e Austen, sarà possibile ricomporre la frattura tra soggetto e oggetto e permettere il “superamento dell’alienazione”. Sul piano della visione storica, possiamo qui leggere la riformulazione di un’ideale riconciliazione tra le principali classi dell’epoca, l’aristocrazia e la borghesia, attraverso un cammino di emancipazione e promozione sociale.

“Nel Meister e in Orgoglio e pregiudizio i rappresentanti dei due opposti poli sociali – Wilhelm ed Elizabeth da un lato; Lothario, Jarno e Darcy dall’altro – si modificano appunto in modo tale da smussare e rendere inoffensive le rispetive caratteristiche di classe. I ‘borghesi’ guariscono dall’intossicazione mentale del ‘pregiudizio’ – gli aristocratici riescono a svelenire la noncuranza umiliante del loro ‘orgoglio’.”70

In questo senso, il Bildungroman intende narrare come si sarebbe potuta evitare la rivoluzione francese o, quantomeno, i suoi effetti irreversibili. Tale proposta è rivolta specificatamente al lettore borghese, al quale s’intende dimostrare l’assurdità di una cultura ispirata all’autonomia critica individuale e il vantaggio che comporta la conciliazione sociale. Entra qui in gioco la dialettica della libertà borghese, che nel Bildungroman si risolve in uno scambio: l’accettare di appartenere a un sistema di coesione sociale simbolicamente compatto e armonioso, in cambio della possibilità di poter disporre della vita a proprio rischio e pericolo. La cultura dell’individuo moderno si declina fin dall’inizio in una combinazione di questi due estremi. Moretti la paragona ad un pendolo, nel cui il moto, che conduce                                                                                                                

da un polo all’altro, possiamo leggere la miriade di posizioni intermedie che il movimento crea.

Si tratta, quindi, di un processo tuttora attivo, reso ancor più complesso nella nostra società del disincanto, in cui la frontiera tra ciò che è possibile per l’individuo e ciò che è pensabile per la società è quanto mai aperta e confusa. Come ci avvertono Benasayag e Schmit,71 una società che

estende continuamente il campo del “possibile” rischia di sprofondare in un mondo in cui il virtuale sovrasta il reale, un mondo dell’impotenza, regno dell’individuo psicotico, governato dal “posso tutto”. Nell’ambito della costruzione del sé, l’esperienza della “non – onnipotenza” diventa fondamentale per la persona, la cui formazione è indissolubilmente legata a una lunga e profonda ricerca di ciò che i limiti delineati dal contesto sociale e culturale di appartenenza rendono possibile. Possiamo essere d’accordo o meno con l’ideale Bildung dei romanzi di Goethe e Jane Austen, e chiederci, come Moretti, la ragione per la quale una civiltà abbia di fatto scartato un congegno narrativo così perfetto. Al di là dell’auspicio di entrambi di evitare la rivoluzione francese, il carattere totalizzante del finale, il prevalere della necessità sulle possibilità, che caratterizza la fabula del Bildungroman, rappresenta ancor oggi una metafora in grande del processo formativo. Come si è cercato di delineare in queste pagine, proprio il congegno narrativo creato per rappresentarlo è ricco di spunti di riflessione, di motivi e di temi di rielaborazione utili per pensare alla propria formazione personale e professionale.