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DISABILITA’ INTELLETTIVA E INCLUSIONE SCOLASTICA

2. MODELLI DI FUNZIONAMENTO

2.1. L’approccio medico: DSM e ICD

Il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM) dell’American Psychiatric Association (APA) è un manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali basato un sistema multiassiale per la registrazione e la classificazione dei disturbi mentali, che ha lo scopo di fornire una guida condivisa alla pratica clinica, fondata su base empirica di quadri sintomatologici, raggruppati su basi statistiche. Il manuale permette una diagnosi criteriologica (Ruggerini, Dalla Vecchia, Vezzosi, 2008, p. 43) ed è considerato uno strumento nosografico – i quadri sintomatologici sono descritti a prescindere dal vissuto del singolo, assiale – i disturbi sono raggruppati su cinque assi e statistico (Vianello, 2008).

Esistono cinque edizioni del manuale susseguitesi nel tempo6 e dal 2013 è stato introdotto il DSM-

5. Nel DSM IV-TR (2000), ancora in uso, si utilizza il termine ritardo mentale ed è associato all’asse II, cioè ai disturbi di personalità.

Per esserci ritardo mentale, secondo il DSM IV-TR, dovevano coesistere i tre fattori (DSM IV-TR, 2000, pp. 53-54):

- un Quoziente Intellettivo (QI) circa uguale o inferiore a 70;

- un carente funzionamento adattivo in due o più delle seguenti aree: comunicazione, cura della persona, vita in famiglia, capacità sociali/interpersonali, uso delle risorse delle

6 DSM I (1952), DSM II (1968), DSM III (1980), DSM III-R (1987), DSM IV (1994), DSM IV-TR (2000) e DSM-5

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comunità, autodeterminazione, capacità di funzionamento scolastico e/o lavorativo, tempo libero, salute, sicurezza;

- esordio prima dei 18 anni.

Uno dei tre criteri per l’individuazione del ritardo mentale si basa sull’individuazione del “Quoziente Intellettivo”, introdotto da Stern nel 1912 come il rapporto tra l’età mentale e l’età cronologica, moltiplicato per cento.

QI = Età cronologicaEtà mentale ∗ 100

L’espressione “età mentale” è stata introdotta nella psicologia sperimentale da Binet per designare il grado di sviluppo dell’intelligenza7 individuale in una data età. Per determinare l’età mentale si fa

uso di test, sottoponendo il soggetto a una serie di prove8, preparate in base alle prestazioni mentali

medie in ogni età cronologica9.

Con “Quoziente Intellettivo” si intende quanto la prestazione di quel soggetto si è allontanata in percentuale da quella media degli individui della stessa età (Viola, 2010).

Secondo l’approccio psicometrico è inoltre possibile utilizzare i punteggi relativi a più parti di un singolo test o provenienti da test differenti e attraverso un’analisi fattoriale arrivare matematicamente alla quantificazione del fattore generale dell’intelligenza ”G” (Sternberg, Grigorenko, 2004, p.12).

Nel DSM IV-TR sono specificati quattro diversi gradi di gravità, determinati dal QI generale (colore rosa in Fig. 2.1 2 e 2.2):

- ritardo mentale lieve (F70.9) livello del QI da 50-55 a circa 70; - ritardo moderato (F71.9) livello del QI da 35-40 a 50-55; - ritardo mentale grave (F72.9) livello del QI da 20-25 a 35-40; - ritardo mentale gravissimo (F73.9) livello del QI sotto 20-25.

Il Ritardo Mentale Lieve equivale a ciò che un tempo si fa riferimento con la categoria degli “educabili” cioè di quei soggetti che prima dei 20 anni possono acquisire capacità scolastiche all’incirca alla quinta elementare (Vianello, 2008, p. 21). Con i sostegni adeguati, i soggetti con

7 L’intelligenza per questi autori presenta le seguenti caratteristiche: essere quantificabile, innata, statica e misurabile

da un unico fattore “G”.

8 La scala Binet-Simon, la Wechsler Adult Intelligence Scale (WAIS), la Wechsler Intelligence Scale for Children (o

WISC), Matrici di Raven, Cattell Culture Fair III, Universal Nonverbal Intelligence Test, Primary Test of Nonverbal Intelligence, etc

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Ritardo Mentale Lieve possono di solito vivere con successo nella comunità, o da soli o in ambiti protetti. (DSM IV-TR, 2000, p. 57). Questo gruppo costituisce l’85% dei soggetti affetti da questo disturbo.

Il Ritardo Mentale Moderato equivale a ciò che un tempo si faceva riferimento con la categoria degli “addestrabili”. Difficilmente queste persone progrediscono oltre il livello della seconda elementare ma traggono beneficio dall’addestramento professionale e con una moderata supervisione possono provvedere alla cura della loro persona (Vianello, 2008, p. 23). In adolescenza le difficoltà a riconoscere le convenzioni sociali possono interferire nelle relazioni con i coetanei ma in seguito si adattano bene alla vita in comunità, di solito in ambienti protetti (DSM IV-TR, 2000, p. 57). Questo gruppo costituisce il 10% dei soggetti affetti da questo disturbo.

Il Ritardo Mentale Grave costituisce il 3-4% dei soggetti con Ritardo Mentale. Nel periodo scolastico possono imparare a parlare, familiarizzano con l’alfabeto e svolgono semplici operazioni aritmetiche. (Vianello, 2008, p. 23). In età adulta possono svolgere semplici compiti in ambienti protetti (DSM IV-TR, p. 58).

Il Ritardo Mentale Gravissimo costituisce circa l’1-2% dei soggetti con Ritardo Mentale. Durante la prima infanzia mostrano considerevole compromissione dello sviluppo sensomotorio. Uno sviluppo ottimale può verificarsi in un ambiente altamente specializzato con assistenza e supervisione costanti e in adultità alcuni di questi individui possono svolgere dei lavori in ambienti altamente controllati e protetti (DSM IV-TR, 2000, p. 58).

Esiste inoltre un’altra categoria, quella del Funzionamento Intellettivo Limite (FIL in Fig. 2.1), che costituisce una sorta di limbo tra la normalità e il ritardo mentale (Vianello, 2008, p. 81).

Il DSM IV-TR non dedica molto spazio alla sua definizione, limitandosi a dire che questa diagnosi può essere formulata con un QI tra 71 e 84.

Come per il ritardo mentale, il FIL non è una sindrome ma il risultato di cause diverse fra loro, da sindromi genetiche, a svantaggio socioculturale, a disturbi specifici di apprendimento.

In riferimento alla curva gaussiana della distribuzione dei QI (Fig. 2.1), dovrebbero trovarsi in questa situazione molti individui, circa il 13,6%, cioè un individuo su sette.

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In certe situazioni, pur in presenza di un QI inferiore a 70, non si dovrebbe porre la diagnosi di ritardo mentale se il soggetto fosse sufficientemente adattato all’ambiente (Fedeli & Meazzini, 2004, p. 12).

Il secondo criterio è rappresentato dalla compromissione del funzionamento adattivo. Con questo termine si intende che è compromessa:

- la capacità di vita indipendente;

- la capacità di assumere responsabilità legate alla vita in comunità (stabilire relazionali interpersonali adeguate, rispettare le norme sociali formali ed informali, etc.).

Tra gli strumenti più frequentemente utilizzati per valutare il comportamento adattivo (Cottini, 2003, p. 19) c’è la scala Vineland (Sparrow, Balla & Cicchetti, 1984), la scala del comportamento adattivo di Nihra, Foster, Shellas e Leland (1976) di cui esiste un adattamento italiano (Meazzini & Fig. 2.1. L’applicazione della curva normale dei punteggi QI al ritardo (qui esemplificata con scale con deviazione standard 15) attribuisce il 13.6% di individui con Funzionamento Intellettivo Limite (QI fra 70 e 85) e il 2,3% con ritardo mentale (QI<70) (Vianello, 2008, p. 81). In colore rosa è evidenziato sia il Ritardo Mentale (RM) che il Funzionamento Intellettivo Limite (FIL).

Fig. 2.2. Particolare della distribuzione dei livelli di ritardo mentale. Il 3,2% complessivo attribuibile al ritardo mentale i quattro livelli si distribuiscono secondo le quattro percentuali: lieve (85%; medio (10%), grave (4%) e gravissimo (1%).

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Battagliese, 1995), la scala ABI di Brown e Leigh (1986) e la versione italiana (Dazzi, Pedabissi & Santinello, 1998).

Rispetto a questo approccio classico all’intelligenza e al ritardo mentale, si è aperto un dibattito negli anni, anche grazie alle teorie che si sono sviluppate attorno alla Teoria della mente10.

Per “intelligenza” si può intendere allora ancora oggi “un’abilità unitaria, o piuttosto un’etichetta utilizzata per indicare una serie di abilità circoscritte?” (Fedeli & Meazzini, 2004, p. 27).

Con l'uscita del DSM 5 - a partire dal 2013 - questa domanda sembra avere avuto una risposta significativa in quanto la modalità di classificazione del precedente DSM-IV-TR dovrà essere progressivamente abbandonata e sostituita con una che consideri l'intensità dei supporti

necessari in risposta alle difficoltà intellettive e di adattamento specifiche del soggetto (Vianello,

n.d.).

Il termine ritardo mentale non compare più e al suo posto è entrato il termine disabilità intellettiva: “la disabilità intellettiva (disturbo dello sviluppo intellettivo) è un disturbo con esordio nel periodo dello sviluppo che comprende deficit del funzionamento sia intellettivo che adattivo negli ambiti concettuali, sociali e pratici” (DSM-5, 2014, p. 37).

Il DSM-5 cerca “di introdurre un approccio multidimensionale ai disturbi mentali, che comprenda dimensioni trasversali alle categorie attuali. Un tale approccio dovrebbe permettere una descrizione più accurata delle manifestazioni del paziente e aumentare la validità della diagnosi.” (DSM-5, 2013, p. 6).

Per disturbo mentale nel DSM-5 si indica:

“una sindrome caratterizzata da una alterazione clinicamente significativa della sfera cognitiva, della regolazione delle emozioni o del comportamento di un individuo, che riflette una disfunzione nei processi psicologici, biologici o evolutivi che sottendono il funzionamento mentale. I disturbi mentali sono solitamente associati a un livello significativo di disagio o disabilità in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti. Una reazione prevedibile o culturalmente approvata a un fattore stressante o a una perdita comuni, come la perdita di una persona cara, non è un disturbo mentale. Comportamenti socialmente devianti (per es., politici, religiosi o sessuali) e conflitti che insorgono primariamente tra l’individuo e la società non sono disturbi mentali, a meno che la devianza o il conflitto non sia il risultato di una disfunzione a carico dell’individuo, come descritto precedentemente” (DSM-5, 2014, p. 22).

10 Teoria triarchica dell’intelligenza (Sternberg, 2005) a quella delle intelligenze multiple (Gardner, 1997) e della

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D’ora in poi, per poter formulare la diagnosi di disabilità intellettiva, in accordo al DSM-5, devono venir soddisfatti i seguenti tre criteri:

A. Deficit delle funzioni intellettive, come il ragionamento, la soluzione di problemi, la pianificazione, il pensiero astratto, il giudizio, l’apprendimento scolastico o l’apprendimento dall’esperienza, confermato sia da valutazione clinica che da prove d’intelligenza individualizzate e standardizzate;

B. Deficit del funzionamento adattivo che si manifesti col mancato raggiungimento degli standard di sviluppo e socio-culturali per l’indipendenza personale e la responsabilità sociale.

Senza supporto continuativo i deficit adattivi limitano il funzionamento in una o più attività della vita quotidiana, quali la comunicazione, la partecipazione sociale e la vita indipendente, in più ambiti diversi, come la casa, la scuola, il lavoro e la comunità;

C. Insorgenza dei deficit intellettivi e adattivi nell’età evolutiva.

La vera svolta rappresentata da questa edizione del DSM sta nel peso che assume il funzionamento

adattivo e dei supporti necessari al singolo soggetto qui, rispetto alle altre edizioni. I livelli di

gravità sono quattro come per il DSM-IV-TR (lieve, moderato, grave e gravissimo) ma vengono definiti sulla base delle funzioni intellettive e del funzionamento adattivo e non sui punteggi di quoziente intellettivo (QI), poiché è “stato giudicato che sia il funzionamento adattivo, nelle aree

della concettualizzazione, della socializzazione e delle abilità pratiche, a determinare il livello di supporto necessario a mantenere una condizione di vita accettabile” (Bertelli, 2013).

Il Funzionamento Intellettivo Borderline ha nel DSM-5una specifica descrizione:

“Questa categoria può essere utilizzata quando il funzionamento intellettivo borderline di un individuo è l’oggetto di attenzione clinica oppure ha un impatto sul trattamento o sulla prognosi dell’individuo. Differenziare il funzionamento intellettivo borderline e la disabilità intellettiva lieve (disturbo dello sviluppo intellettivo) richiede un’attenta valutazione delle funzioni intellettive e di adattamento e le loro discrepanze, in particolare la presenza di disturbi mentali concomitanti che possono influenzare il paziente nelle procedure standardizzate dei test (per es., schizofrenia o disturbo da deficit di attenzione/iperattività con grave impulsività)” (DSM-5, 2013,p. 845).

L’International Statistical Classification of Diseases (ICD) è la classificazione

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Sanità sono due sistemi diagnostici sostanzialmente equivalenti e si basano sul criterio psicometrico e sul modello medico di disabilità.

Anche questa classificazione della disabilità pone il maggior peso sul concetto di malattia come nelle passate edizioni del DSM. Il ritardo mentale è all’interno del CAP V: “Patologie mentali e del comportamento” (lettere F70.9-F71.9-F72.9-F73.9-F79.9).

Il Ritardo Mentale (RM) viene definito dal manuale ICD-10 come “[…] una condizione di interrotto o incompleto sviluppo psichico, caratterizzata soprattutto da compromissione delle abilità che si manifestano durante il periodo evolutivo e che contribuiscono al livello globale di intelligenza, cioè quelle cognitive linguistiche, motorie e sociali” (ICD-10, 1993, p. 219). A tale condizione si associa sempre inoltre una compromissione delle capacità di adattamento sociale.

La concezione del ritardo mentale dell’ICD è sostanzialmente sovrapponibile a quello del DSM (Ruggerini et al, 2008, p. 45).

Nel 2015 uscirà il nuovo ICD-11 e nella bozza si può leggere come anche qui, come nel DSM-5, è stato sostituito il termine ritardo mentale con disorder of intellectual development, disturbi dello

sviluppo intellettivo (Bertelli, 2013).

Sia per quanto riguarda il DSM-5 che l’ICD-11, in questi ultimi anni si sta assistendo ad una svolta estremamente significativa:

- l’abbandono nella diagnosi della centralità del Quoziente Intellettivo; - non è più sufficiente accertare solamente le carenze adattive;

- si deve pervenire alla definizione dei supporti necessari al soggetto.

E’ quindi necessaria da parte degli specialisti una attenta analisi dei Bisogni dell’individuo considerati nel proprio contesto sociale (famiglia, scuola e società).