PARTE III
10. SVILUPPO STORICO
10.1. Evoluzione formale e formativa
La scuola è innanzitutto “l’edificio in cui si svolgono attività didattiche ed educative che interessano la formazione dell’uomo dall’infanzia alla prima età matura” (“scuola”, 1996, pp. 780- 781).
E’ relativamente recente la nascita di edifici specificatamente destinati e progettati per questo scopo così come li intendiamo oggi.
Si può affermare però che vi sia stata una vera e propria evoluzione dall’antichità classica ai giorni d’oggi sia degli scopi della formazione che delle strutture dedicate a tale scopo.
La scuola nell’antica Grecia, in un primo momento significava tempo libero ed era il luogo in cui si tenevano discussioni filosofiche e scientifiche e in cui ci si dedicava alla lettura. Fu Platone a ritenere che il modello di istruzione adottato fino ad allora, cioè lasciato all’interno delle famiglie e comunque di quelle più agiate, dovesse subire un radicale cambiamento.
Per tale scopo il filosofo fonda una scuola chiamata “Accademia”61, particolare in quanto si ispirava
alle comunità pitagoriche: qui ci si occupava sia della formazione intellettiva che di quella
spirituale dell’uomo.
All’Accademia partecipavano alcuni scolari, cioè cittadini il cui status era stato assegnato dai membri interni dell’Accademia e che rimaneva tale a vita. Da ciò si evince come il carattere degli scolari dell’Accademia fosse comunque fortemente elitario, riservato ad una cerchia di pochi privilegiati: come in un sistema chiuso che si autoalimenta, solo gli scolari meritevoli potevano a loro volta accedere all’insegnamento e alla ricerca scientifica. Siamo agli albori della formazione e dei luoghi progettati per tale scopo.
In questo periodo l’edificio che inizialmente nacque come deputato alla formazione, era il
ginnasio62 ateniese, che aveva principalmente gli scopi di una vera e propria palestra.
In realtà “il ginnasio era diviso in due parti: la principale era la palestra, cioè lo spazio dove ci si allenava nella lotta, nel combattimento ma dove ci si riuniva anche per discutere, tenere delle
61 ̕Ακαδήμεια o ̕Ακαδημία era il nome di una località poco distante da Atene, nei pressi della quale Platone verso il 387
a.C. iniziò il suo insegnamento; vi acquistò anche un terreno, da cui la scuola filosofica da lui fondata prese il nome di Accademia platonica, che mantenne anche dopo il trasferimento ad Atene. Disponibile da
http://www.treccani.it/enciclopedia/accademia/ [15 agosto 2015].
62 La destinazione basilare del ginnasio riguardava le discipline ‘leggere’ (la corsa, il salto, il lancio del disco e del
giavellotto); la palestra era invece un edificio destinato all’allenamento fisico per le gare ‘pesanti’ (la lotta, il pugilato, il
pankràtion). È da notare peraltro che, almeno in una parte delle fonti letterarie antiche, l’uso dei termini ‘ginnasio’ e
‘palestra’ risulta abbastanza elastico. Quanto alle discipline leggere, la corsa era praticata in uno xystòs, una pista coperta, o all’aperto in una paradromìs; ciò che occorreva per il salto erano una corsia per la rincorsa e una fossa ripiena di sabbia, detta skàmma. L’area (rettangolare) in cui avveniva il lancio del giavellotto era chiamata balbìs. Disponibile da http://www.archeologicatoscana.it/ginnasio-e-palestra/ [15 agosto 2015].
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conferenze, parlare di filosofia; la seconda parte si articolava nelle piste per la corsa, dette drômoi, che potevano presentarsi sotto ambienti diversi. L’insieme di queste due parti era detto ‘ginnasio’ estendendo la parte principale dell’edificio all’intero complesso” (Iovino, Fascia, & Lignola, 2014, p. 30)
E’ Vitruvio nel De Architectura (Migotto, 1990) a darci una descrizione delle componenti strutturali della ginnasio: si organizzava intorno a un cortile circondato da portici, alle spalle dei quali si trovano esedre63 con banchine e ambienti con funzioni specifiche come spogliatoi e stanze per gli
esercizi e per il bagno.
“Un peristilio64 quadrato o rettangolare, del perimetro di due stadî olimpici (= m. 384), doveva avere tre
portici a colonnati semplici, e il quarto, guardante il mezzogiorno, a colonnato doppio. Sotto i tre primi portici erano delle spaziose esedre destinate ai filosofi e ai retori: è noto come Platone insegnasse nell'Accademia, Socrate e Aristotele nel Liceo, Antistene nel Cinosarge. In fondo al quarto portico, il centro organico della palestra, erano: nel centro l’ephebeum vasta sala riservata alle esercitazioni ginnastiche degli efebi; a destra di questo: il coryceum (da "sacco di cuoio"), dove si conservavano i sacchi di cuoio e le bisacce contenenti le provvigioni da consumare durante il giorno; il conisterium nel quale i lottatori si fregavano con sabbia finissima, che si faceva venire soprattutto dall'Egitto, e che serviva a compensare gli effetti dell'olio del quale ugualmente si ungevano, rendendo possibile alle mani di avvinghiarsi saldamente alle membra dell'avversario; la frigida lavatio ossia il bagno freddo, una fontana o una vasca alla quale i ginnasti, terminati gli esercizî, andavano a rinfrescare il loro corpo e a liberarne la pelle dall'olio, dal sudore, dalla sabbia. A sinistra dell'ephebeum, l'elaeothesium, dove si conservava l'olio per le frizioni; il frigidarium, cioè il bagno freddo, o più verosimilmente il tepidarium, nel quale potevano aver luogo le unzioni d'olio e i massaggi; un corridoio conducente al propnigeum o praefurnium, ossia il luogo che precedeva il calorifero e i serbatoi di acqua calda, che Vitruvio non nomina; la concamerata
sudatio, ambiente lungo due volte la propria larghezza, racchiudente in una estremità una vasca pel bagno
caldo (calida lavatio), nell'altra una piccola costruzione circolare, detta laconicum, la quale serviva per il bagno a calore secco. A questa, che era la palestra, dovevano seguire le parti del ginnasio propriamente detto. Fuori di essa erano da costruirsi tre portici, uno attiguo al peristilio descritto, e due sviluppantisi ad angolo retto dalle estremità del primo per la lunghezza di uno stadio. Di questi uno, situato in modo da guardare il settentrione, doveva esser doppio e molto largo; l'altro, lo xisto era semplice e munito di due marciapiedi sui quali passeggiavano gli spettatori: nello spazio intermedio si esercitavano gli atleti nella cattiva stagione. Nell'area scoperta fra i due portici paralleli, attraverso boschetti e gruppi di platani si eseguivano le esercitazioni degli atleti nelle belle giornate. Nei ginnasî erano statue di dei, di eroi e di celebri atleti, are e templi principalmente di Ermete, Asclepio, Apollo, Eracle, ecc.; statue, e talora tombe, di benefattori o di qualche generoso ginnasiarca. Dei ginnasî, dei quali sono giunte a noi le rovine, si avvicina di più alle prescrizioni vitruviane quello di Olimpia, costruito da Tolomeo Filadelfo nel sec. III a. C.” (Vitruvio, libro VI, De Architectura).
Nell’età ellenistica è dunque la ginnastica e l’attività fisica che è considerata come la principale esperienza educativa. Tutti gli aspetti formativi si incentravano sull’apprendimento degli aspetti
63 Esedra = ambienti esterni con sedili semicircolari, spesso monumentali.
64 Peristilio: portico o galleria. Anticamente indicava un luogo circondato esternamente o internamente da colonne.
Vitruvio dà al termine peristilio il significato di “vasto cortile cinto da portici colonnati”, il cui tipo si diffonde nella domus romana di età ellenistica e imperiale. Tratto da: Peristilio (1996). In Enciclopedia dell’Architettura Garzanti. (pp. 636 – 637). Milano: Garzanti Editore.
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tecnici per lottare e vincere un combattimento e sulla diffusione di una certa sensibilità estetica per la cura e benessere del proprio corpo; nel ginnasio infatti i giovani si esercitavano nudi negli esercizi atletici. Nel tempo il ginnasio muta questa sua destinazione d’uso e formativa per accogliere appunto anche l’istruzione musicale, letteraria e filosofica dei giovani.
I modelli formativi romani seguivano nei metodi e nel programma le scuole ellenistiche65
(Marrou, 1966, pp. 353 – 355) ma con alcune differenze. Per esempio lo Stato romano inizialmente non esercitava alcun controllo sulla qualità dell’insegnamento mentre in Grecia era la comunità che selezionava i docenti in pubbliche esibizioni e li pagava con denaro pubblico (Iovino, Fascia, & Lignola, 2014, p. 34).
Nell’epoca Repubblicana l’educazione dei figli era inizialmente affidata al padre ma in seguito furono gli schiavi, soprattutto greci, ad occuparsi della formazione.
La scuola era una specie di bottega con pergolato, che si apriva generalmente sui portici del foro, come possiamo constatare a Roma, a Pompei e a Cartagine. Queste stanze dette tabernae pergulae, erano spesso stanze di un retrobottega con antistante un portico, per lo più affittate, ed arredate in maniera piuttosto semplice. La lezione si teneva all’aria aperta perché i locali si trovavano spesso al pianterreno, isolata dai rumori delle strade del centro della città solo attraverso una tenda - il velum. Vi era una seggiola con spalliera - la cathedra66 - oppure senza – la sella-, su cui sedeva il maestro
il quale disponeva anche di una lavagna e di un pallottoliere (abacus) usato per insegnare l’aritmetica e tutto attorno a lui c’erano gli sgabelli su cui sedevano gli alunni.
In età imperiale l’educazione dei figli venne inizialmente affidata alle madri che li guidavano fino alla fanciullezza. Fu solo con Vespasiano (69-79 d.C.) e poi con Adriano nel 135 a.C., che furono
65 Nell'antichità la scuola fu lasciata a lungo all'iniziativa privata. A Roma, ai tempi della repubblica, le scuole non
esistevano ed erano i padri ad insegnare ai propri figli le cose più essenziali come leggere, scrivere e far di conto. Quando la vita pubblica divenne più pesante ed impegnativa l'insegnamento fu lasciato agli schiavi, soprattutto greci. Solo nel 235 a.C., sotto l'influsso greco, a Roma sorge la prima scuola pubblica. Disponibile da
http://appunti.studentville.it/appunti/storia_antica-183/la_scuola_a_roma-2032.htm [12 luglio 2015].
Nella Roma imperiale esistevano tre gradi successivi d’insegnamento, ai quali corrispondevano tre tipi di scuola, affidati a tre maestri. A sette anni il fanciullo entrava nella scuola primaria, ludus litterarius affidata al ludi magistri (maestro elementare), che lasciava verso gli undici o dodici per frequentare quella del grammaticus (commentatore di testi graci-latini), all’età in cui riceveva la toga virile, cioè intorno ai quindici anni, seguiva poi le lezioni del rhetor (maestro di eloquenza). Gli studi superiori duravano fino ai vent’anni e anche oltre. Nel ludus magister il magister insegnava a leggere e a scrivere soprattutto ai ragazzi. Le ragazze, infatti, erano educate privatamente con dei precettori (paedagogus) che generalmente erano schiavi.
Disponibile da http://www.tesionline.it/__PDF/15944/15944p.pdf [15 agosto 2015].
66 Il termine deriva dal greco κάθεδρα e dal latino cathèdra, col significato di luogo su cui ci si siede, cioè seggio, in
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aperte a Roma scuole pubbliche finanziate dallo Stato. Adriano fu il fondatore dell’Atheneum
Romanum, un ampio locale a forma di anfiteatro in cui i docenti potevano gratuitamente riunire i
propri allievi i quali però, secondo il costume greco, pagavano lautamente i loro maestri (Ivi). Il che significa che l’Atheneum Romanum era ancora una scuola per pochi, un tassello verso l’ispirazione democratica e di libero accesso all’istruzione sancito solo ai giorni della nostra Costituzione: “la scuola è aperta a tutti” (Costituzione della Repubblica Italiana, art. 34,1947).
In ogni città dell’Impero, comunque, con Adriano, venne istituita in questo periodo una scuola
pubblica.
Dopo la fine dell’impero romano nell’età Medievale è la Chiesa ad assumersi il compito dell’istruzione pubblica, concentrandola nelle proprie scuole parrocchiali o nei monasteri. Nelle
scuole parrocchiali era lo scholasticus, che insegnava ai giovani, laici o chierici, la lettura e a servir
messa; le scuole cattedrali, sorte verso l’anno mille, erano veri e propri seminari di sacerdoti; le scuole cenobiali interior erano destinate agli oblati, le scuole cenobiali exterior per la formazione dei sacerdoti e dei laici (Iovino, Fascia, & Lignola, pp. 2014,36).
Nei monasteri si sviluppa la diffusione della cultura occidentale grazie all’opera dei monaci amanuensi che copiavano i libri come la Bibbia.
Verso il 1200 non troviamo però un’architettura pensata e progettata esclusivamente come una scuola, poiché l’insegnamento era svolto nell’atrio o nel portico della chiesa o in locali parrocchiali o nei monasteri.
E’ solo con l’avvento dell’era dei Comuni e delle Signorie, che alle scuole gestite dai religiosi si affiancarono quelle comunali (“scuola”, 1996) anche se il problema della carenza di spazi si fece sentire in questo periodo, in cui venivano concentrati anche 500 alunni in una sola aula.
Nel 1200 è Boncompagno da Signa67 (Signa, 1170 circa – Firenze, 1250) nella sua “Rhetorica
novissima” (1235) a prescrivere criteri razionali ed efficaci di localizzazione, organizzazione e comfort per una scuola ideale:
“La scuola sorga all’aria libera e pura. Sia lontana dagli andirivieni delle donne e dai rumori dei luoghi d’affari, dalle vie fluviali, dal latrato dei cani e dai rumori fastidiosi, dalle strade battute dai cavalli dallo stridore e dal lezzo dei carri; sia all’incirca di uguale lunghezza e larghezza, con le finestre disposte in modo tale che l’illuminazione ne risulti né troppo scarsa né troppo abbondante, consona alla natura dell’edificio;
67 Boncompagno da Signa è stato un grammatico, scrittore e filosofo italiano. Nato a Signa tra il 1165 e il 1175, fu
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sia provvista di un alloggio al piano superiore, e il soffitto non sia né troppo alto, né troppo basso, poiché
l’una e l’altra condizione possono arrecare fastidio alla vista. Non rechi traccia né di polvere né di
sudiciume e non sia adornata di altre figurazioni o pitture se non di quelle, se mai, che possano con le loro fantastiche forme suggestionare mirabilmente la vista, specie per le scienze nelle quali si affina l’intelligenza.
Tutte le pareti della stanza comune siano uniformemente dipinte di verde; la scuola abbia un unico ingresso e
le scale non siano faticose. La cattedra del maestro sia posta ad un livello più alto ed abbia libera visuale, in modo tale che egli possa vedere direttamente le persone che entrano. Si dispongano poi due o tre finestre, così che l’insegnante goda di tanto in tanto, e specie nella bella stagione, la veduta dell’esterno, gli alberi gli orti ed i frutteti, poiché la mente si ritempra nella visione di cose piacevoli. Infine i banchi degli alunni siano tutti uguali in modo che nessun ostacolo impedisca a qualcuno di essi di vedere il volto dell’insegnante.
Invero un edificio costruito così come io lo descrissi mai l’ho veduto, e non credo nemmeno che nessuno mai
l’abbia commissionato. Ma questi suggerimenti forse potranno essere utili ai posteri che avranno la possibilità di giovarsene” (Boncompagno da Signa, 1235).
Nelle prime indicazioni su una struttura scolastica dedicata alla formazione così come la possiamo intendere oggi, Boncompagno da Signa nel 1235 ci dà alcune indicazioni innanzitutto relative all’igiene e alla salubrità dei locali: “aria libera e pura […] lontana dai rumori fastidiosi […] non rechi traccia né di polvere né di sudiciume”.
Oltre a queste, le più interessanti però sono le indicazioni costruttive, estetiche e formative.
Tra le indicazioni costruttive Boncompagno indica che “la scuola sorga all’aria libera e pura […] provvista di un alloggio al piano superiore […] il soffitto delle stanze non sia né troppo alto né troppo basso […] la scuola abbia un unico ingresso e le scale non siano faticose” […].
Tra le indicazioni estetiche, si legge che l’edificio: “sia all’incirca di uguale lunghezza e larghezza […]; l’illuminazione ne risulti né troppo scarsa né troppo abbondante […] poiché l’una e l’altra condizione possono arrecare fastidio alla vista [… ]; non sia adornata di altre figurazioni o pitture se non di quelle, se mai, che possano con le loro fantastiche forme suggestionare mirabilmente la vista, specie per le scienze nelle quali si affina l’intelligenza […]; le pareti della stanza comune siano uniformemente dipinte di verde […]; si dispongano poi due o tre finestre così che l’insegnante goda di tanto in tanto, e specie nella bella stagione, la veduta dell’esterno, gli alberi gli orti ed i frutteti, poiché la mente si ritempra nella visione di cose piacevoli”.
Tra le indicazioni formative: “la cattedra del maestro sia posta ad un livello più alto ed abbia libera visuale […]; i banchi degli alunni siano tutti uguali in modo che nessun ostacolo impedisca a qualcuno di essi di vedere il volto dell’insegnante”.
E’ lo stesso Boncompagno da Signa a dire che un edificio così ai suoi tempi, non l’aveva mai visto. Il modello didattico che viene qui promosso è di tipo trasmissivo, in cui si può individuare l’influsso di quello romano: l’insegnante sta in alto, su una cattedra, domina gli studenti, e da lì la
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L’insegnante si trova in una posizione privilegiata e di superiorità, sottolineata anche dallo stare
fisicamente in alto rispetto agli allievi.
Appare evidente che gli aspetti legati alla didattica si limitano al rapporto visuale tra studente e
discente - “che nessun ostacolo impedisca a qualcuno di essi di vedere il volto dell’insegnante”,
(Ivi) lasciando intendere che i linguaggi utilizzati per apprendere fosso prevalentemente di tipo verbale.
Nel Rinascimento le scuole parrocchiali iniziano a scomparire per lasciare spazio a nuove scuole religiose, sotto la tutela dei benedettini e dei domenicani.
Ma anche in questo periodo, in cui l’architettura - e soprattutto quella civile - è sicuramente una delle arti in maggiore espansione, l’aspetto tanto strutturale quanto quello estetico dell’edilizia
scolastica non è ancora adeguatamente considerato. Francesco di Giorgio Martini68 nel suo Trattato di architettura civile e militare ci riferisce infatti che nelle case ci dovevano essere delle
“comode stanze” destinate all’istruzione. Anche nel Rinascimento, l’istruzione ha quindi un carattere fortemente privato, proprio perché avveniva dentro le case civili dei cittadini.
Fatto del tutto eccezionale è però la nascita della prima biblioteca pubblica, la biblioteca di San Marco a Firenze, opera del Michelozzo.69
Il colore delle pareti di questa biblioteca, costruita per ordine di Cosimo il Vecchio, è di un marmo
di colore verde: “il colore verde, sia nel mondo pagano che in quello cristiano, ha continuamente
rappresentato i valori della resurrezione, dell’eternità, della speranza, del rinnovamento, della vita giusta e beata; ma il colore verde possiede anche significati pratici come essere un colore
temperato, mediatore, rinfrescante, rassicurante, della contemplazione” (Iovino, Fascia, & Lignola,
2014, p.37).
Chi per primo pensa a dare vita ad una struttura scolastica con delle caratteristiche strutturali e formali autonome è Giovita Ravizzi, verso la metà del XVI secolo (Ivi).
Suo è infatti il primo trattato dell’edilizia scolastica esistente, si tratta del “De modo in scholis
servando” e “De instauratione scholarum” del 1551, in cui vengono per la prima volta affrontati e
formalizzati aspetti collegati all’igiene e all’arredamento della scuola.
Si può dire che da questo momento inizia un percorso che porterà alla nascita della pedagogia moderna e allo sviluppo di alcuni tra i principali dibattiti che la caratterizzano: da qui si è iniziato
68 Francesco di Giorgio Martini (Siena, 1439 – Siena, 29 novembre 1501) è stato un architetto, teorico dell'architettura,
pittore, ingegnere, scultore, medaglista italiano.
69 Scultore e architetto (Firenze 1396 - ivi 1472). Collaborò coi grandi del suo tempo: con Ghiberti al S. Matteo di
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cioè a riflettere su quali ricadute le strutture architettoniche possano avere sul processo di
apprendimento e a pensare a quali caratteristiche fisiche, ambientali e spaziali esse debbano avere per attuare al meglio tale scopo.
Nei secoli XVI e XVII le scuole sono ospitate all’interno dei Palazzi Signorili. Un caso raro e
isolato fu quello invece delle “Scuole Arcimboldiche” realizzate dai Barnabiti a Milano all’inizio del Settecento. Si tratta di scuole aperte a tutti e l’ammissione faceva seguito ad un certificato sulla vita e sui buoni costumi dello scolaro.
Nel Settecento in Inghilterra la concezione edilizia delle scuole è ancora molto influenzata dai modelli religiosi (“scuola”, 1996). La struttura della scuola era organizzata attorno ad un’unica grande sala, la school-room, nella quale partecipavano alle attività scolastiche tutti gli studenti senza distinzione di età o di sesso.
La regola di avere al centro della composizione architettonica un’unica grande sala rimane anche nell’Ottocento, quando però, in seguito all’aumentare della popolazione e degli alunni, si è reso necessario affiancare al grande salone una serie di ambienti.
La grande sala rimaneva a disposizione della scuola per i momenti di vita collettiva come per il canto, la recitazione, le discussioni di gruppo.
E’ solo nell’Ottocento che la scuola come struttura fisica e tipologica si svincola completamente dagli influssi delle classi sociali benestanti o dal monopolio di alcune confessioni religiose del passato.