PARTE III
10. SVILUPPO STORICO
10.3. Verso i temi formali scolastici contemporane
A seconda delle tipologie compositive (Fig. 10.4), le scuole del Novecento si possono riunire in due grandi gruppi (Boarin, 2010, pp. 35-57):
- il modello a corridoio;
- il modello ad unità funzionali.
10.3.1. Il modello a corridoio
Si sviluppa in Germania sotto gli influssi del Razionalismo. Qui già dalla seconda metà del XIX secolo sono stati portati avanti degli studi sistematici in merito ad un’edilizia scolastica che si ispirava all’architettura militare delle caserme: le scuole “a corridoio” infatti sono anche chiamate scuola-caserma (Ivi).
Sono i tedeschi inoltre ad introdurre come regola la suddivisione in aule dislocate lungo i corridoi di distribuzione, ma anche la differenziazione tra edifici, tra grado e tipologia di scuola, nonché la suddivisione tra i sessi (“scuola”, 1997).
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Questo schema (Fig. 10.5) presuppone appunto una sequenza lineare di spazi indifferenziati, una forte austerità dei collegamenti e delle forme architettoniche impiegate.
L’aula è l’unico spazio pedagogico riconosciuto come tale e in secondo piano sono messi gli spazi destinati alla socializzazione, spesso relegati appunto ai soli corridoi.
Sotto influsso del regime fascista anche in Italia prende piede questo tipo di scuola, che è sopravvissuto per decenni grazie ad una netta semplicità progettuale e alla eccessiva semplificazione compositiva.
Le uniche variazione che tale modello compositivo ha subito negli anni sono le scuole a corridoio
centrale o, in quelle a più piani, a ballatoio laterale.
Lo schema a corridoio trova nel tipo edilizio a blocco e nelle sue evoluzioni a blocco accorpato, a
blocco con vuoto interno e a gradoni le sue variazioni maggiori.
10.3.2. Il modello ad unità funzionale
La svolta dello schema a corridoio si ebbe nel secondo dopoguerra con le scuole ad unità
funzionale.
Il corridoio non è più l’elemento forte, iniziale della progettazione, ma lo diventa il nucleo
funzionale di base: si tratta di un’unità funzionale complessa, spesso composta da più parti strutturali e funzionali che si compenetrano, dialogano o comunque entrano in relazione tra loro.
In casi eccezionali un nucleo può anche essere la singola aula con dei servizi o spazi speciali ad essa adiacenti, ma al centro della progettazione globale rimane il legame tra le funzioni, diversificate per singole unità. Più nuclei funzionali tra loro, posti in relazione, costituiscono il nuovo insieme del
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complesso scuola. Nel 1932 a Zurigo alcuni architetti formati all’interno dei CIAM70, promuovono
la mostra Der neue Schulbau, “La scuola nuova”, al cui interno era presente una selezione internazionale delle nuove scuole di allora. La scuola a padiglioni, come una sotto-tipologia del modello ad unità funzionale, rappresenta la tipologia più efficace “per bilanciare spazio, igiene, luce e conformi ai principi pedagogici contemporanei” (Martino, 2014a, p. 32).
10.3.3. La scuola a blocco
In questa tipologia (Fig. 10.6) era l’aula l’elemento minimo da essere identificato come scuola: qui avveniva la quasi totalità dell’istruzione degli studenti. L’aula era così importante da giustificare formalmente e funzionalmente la struttura rettangolare pesante di tutto l’edificio, proprio come un unico grande blocco.
Questi grandi caseggiati per la scuola, furono definiti già dai tedeschi mammut per la notevole dimensione che spesso raggiungevano: fino a ottanta – novanta aule distribuite una dietro l’altra e collegate da un corridoio scuro e non ventilato, a volte per quattro o cinque piani sovrapposti. La tipologia a blocco della scuola non rappresentava mai una grande discontinuità dei volumi: rispetto al tessuto abitativo urbano, la scuola si identificava come un tutt’uno omogeneo e collegato in tutte le sue parti.
Il lotto in cui era collocata la scuola non differiva molto dai lotti delle tipologie abitative: come per gli altri edifici la scuola sorgeva a margine della strada senza alcun distacco estetico-funzionale. La tipologia a blocco, quando quest’ultimo diventa di forma allungata, si evolve nella forma a linea. Si trattava comunque sia, di aule costituite da spazi tra i 55 e gli 80 metri quadrati, con altezza tra i 4 e i 4,5 metri, per ospitare un numero di alunni tra i cinquanta e i settanta alunni.
In questi anni l’attenzione è ancora rivolta agli aspetti igienici degli ambienti più che alle loro proprietà pedagogiche: le dimensioni di queste aule sono decisamente sovradimensionate rispetto alle aule attuali71– ma servivano ad assicurare sufficiente luce e ricambio d’aria alle decine di
studenti che dovevano vivere in quelle classi.
70 I “CIAM” sono i Congressi Internazionali di Architettura Moderna tenutosi tra il 1928 e il 1959. Di questi Congressi
fecero parte sin dall’inizio alcuni tra i più importanti architetti dell’epoca: Le Corbusier, W. Gropius, E. May, H. Berlage, J.Oud. Uno degli scopi per cui nacquero questi congressi era quello di uniformare e divulgare alcuni principi di architettura moderna che dovettero rivoluzionare le concezioni precedenti di architettura accademica, nel campo sociale, tecnico e formale. I temi trattati ad ogni Convegno furono estremamente diversi tra loro: la tecnica, l’economia, l’urbanistica, la standardizzazione fino anche all’educazione della gioventù.
71 Oggi a volte le nostre aule vanno anche sotto i minimi previsti dalla legge di circa 1,80 mq. ad alunno nelle scuole
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10.3.4. Il blocco accorpato
Con questa tipologia architettonica spesso le aule avevano un affaccio su un patio o su un giardino che ne forniva luce e ricambio d’aria mentre un affaccio era lungo il lato della strada.
Le aule venivano poste comunque sul lato lungo mentre sui due lati corti trovavano spazio i servizi quali bagni, scale, magazzini. Nel lato libero, spesso trovava spazio un giardino o un prato in cui venivano eseguite le attività ginniche. In altri casi sul lato lungo rimanente trovava spazio la palestra, la piscina o il teatro, creando uno spazio continuo che racchiude un cortile interno.
E’ curioso rilevare come all’esposizione Universale di Parigi del 1900, un’evoluzione della tipologia a blocco, cioè lo schema a corti successive – di fatto una serie di blocchi a “C” un attaccato all’altro – fosse stato presentato come modello innovativo di scuola (Fig. 10.7).
10.3.5. Il blocco con vuoto interno
Nelle scuole “Three decker school” di Liverpool del 1900 (Fig. 10.8) e in quella di Otto Haessler nel 1928 a Celle in Germania (Fig. 10.9), nella grande struttura a blocco compare una variante importante: un unico grande vuoto centrale.
Nel primo caso il grande vuoto nel centro del blocco è racchiuso da una serie di ballatoi su cui si possono affacciare gli studenti: il vuoto e il pieno della composizione entrano in tal modo in comunicazione formale e funzionale.
Il vuoto della scuola a Celle è invece una grande palestra e spazio di riunione su cui tutt’attorno si sviluppano le aule della scuola; queste però non entrano in comunicazione in alcun modo con il Fig. 10.7. Esempio di scuola a padiglione. Locandina della mostra Der neue Schulbau - La scuola nuova - tenutasi a Zurigo nel 1932.
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vuoto centrale perché non esistono ballatoi o spazi predisposti per un affaccio tra queste due zone della scuola.
In entrambi questi esempi la vita della scuola si rivolge interamente verso il suo interno e il ballatoio che corre tutt’attorno al vuoto centrale diventa l’elemento connettivo principale.
10.3.6. La tipologia a gradoni
La tipologia a gradoni è composta da blocchi che seguono invece l’orografia del terreno: al centro viene posto un corridoio, spesso a salire, e ai suoi lati le aule.
In questo modo i lati per poter prendere luce erano almeno due, uno lungo e uno corto, su cui si affacciava un tetto-giardino.
Fig. 10.8. Scuola a Liverpool, 1900.
Fig. 10.10. Roma, Scuola elementare del 5° Circolo didattico presso via Baldo degli Ubaldi. Architetti Finzi, Ruggeri (1972-78).
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10.3.7. La scuola a piastra
Si tratta di un’evoluzione del tipo edilizio a blocco e si colloca a metà via anche della scuola estesa. Rispetto alla scuola a blocco, la scuola a piastra non raggiunge il numero di piani e quelle altezze, che qui arrivano al massimo a tre piani, ma è simile in quanto a impianto volumetrico.
La somiglianza con la scuola estesa invece riguarda l’estensione su cui si sviluppa questa tipologia, spesso molto distribuita sul terreno.
Le funzioni didattiche nel modello a blocco erano suddivise strutturalmente in blocchi differenziati: blocco aule, blocco palestra, blocco auditorium, blocco teatro, etc.
Nel modello a piastra queste funzioni sono tutte collegate tra loro, o perché facenti parti di una grande struttura coperta con una spina centrale di collegamento, o perché connessa ai corridoi che danno accesso a tutti gli ambienti della scuola.
L’illuminazione avviene attraverso finestre zenitali, o grazie a differenze di altezze nelle coperture.
10.3.8. La scuola estesa
Si tratta di una scuola che intrattiene un forte dialogo con l’ambiente e con il territorio, per rivolgersi quindi verso esso: se la scuola a blocco è centripeta la scuola estesa è centrifuga, cioè ha uno sguardo rivolto all’esterno. Tale indicazione concettuale si evidenzia nella composizione architettonica, che si estende in maniera estensiva sul territorio e qui occupa molta superficie rispetto sicuramente ad altre tipologie di scuola, come quella a blocco (Fig. 10.11 e 10.12).
Nel caso della tipologia estesa spesso ad un nucleo centrale in cui sono raccolte alcune funzioni quali l’auditorium, la biblioteca, le sale riunioni, si aggregano le classi suddivise in tanti blocchi ripetuti (Fig. 10.12).
Fig. 10.11. Scuola Scarsdale a New York, Arch. Perkins & Will.
Fig. 10.11. Scuola elementare a Darmstadt. Arch. H. Scharoun.
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La stessa scuola Montessoriana a Delft (Fig. 10.13) dell’architetto Hertzberger è nata a partire da un piccolo nucleo molto originale, per poi propagarsi sul territorio crescendo su sé stessa ripetendo quel nucleo fino assumere la forma definitiva attuale.
10.3.9. L’Open Plan
Negli anni Sessanta e Settanta si diffonde un tipo edilizio intermedio sia del blocco che della scuola estensiva: l’Open Plan. Si tratta essenzialmente di risparmiare spazi e costi, eliminando più possibile i corridoi, dei passaggi e i connettivi in genere. Gli arredi sono composti da contenitori multifunzioni, con pareti mobili e attrezzate, frazionano lo spazio aperto complessivo in sotto aree flessibili e modulabili e creano spazi multiformi a seconda delle differenti attività didattiche.
Qui la scuola è cambiata notevolmente rispetto a quella tradizionale: non esiste più l’aula ma un grande spazio aperto suddiviso in tanti laboratori e anche i docenti attuano più facilmente le didattiche attive.
E’ il modello opposto a quello razionalista, che collegava la forma a quella funzione. Qui lo spazio invece non è rigido, ma flessibile, mutabile e polifunzionale.
Fig. 10.13. Scuola Montessori a Delft, Arch Hertzberger. Ripetizione di un modulo dal 1960 ad oggi.
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10.3.10. La scuola strada
Negli anni Settanta la progettazione di alcune scuole ha introdotto una nuova tipologia: la scuola
strada, un organismo omologo alla città nella complessità dei rapporti tra tutte le sue parti.
Qui un asse principale, la strada-corridoio, diventa l’elemento progettuale e compositivo su cui tutte le relazioni spaziali dei differenti ambienti si confrontano.
Due esempi di scuola a strada sono la scuola Plimco a Londra (Fig. 10.15) e l’edificio ESIEE realizzato da Perrault a Marne de la Vallè, vicino a Parigi (Fig. 10.16). Nel primo esempio uno spazio cavo percorre tutta la scuola a vari livelli e costituisce appunto una vera e propria strada. Nel secondo esempio, la rigida distinzione tra spazi di servizio e quelli per l’insegnamento è accompagnata da una suddivisione formale: i servizi sono disposti sotto una copertura inclinata e gli altri corpi agganciati a quello principale. Nel corpo principale dei servizi c’è la biblioteca, le sale riunione, i servizi amministrativi, la caffetteria. A questo corpo se ne agganciano altri cinque a pettine, che creano quattro corti aperte ciascuna su un bosco retrostante. Una strada coperta lunga trecento metri connette le due tipologie di corpi, quello a copertura inclinata dei servizi, dal pettine delle aule. Alcuni ballatoi inoltre connettono la strada interna alle varie aule.
In questa scuola si crea una pluralità di ruoli spaziali simili a quelli di una città: dalla biblioteca ad esempio, vengono mantenuti i legami visuali con la strada, mentre c’è un’apertura massima dello spazio nella caffetteria e una chiusura nelle stanze per le riunioni.
10.4 Edilizia scolastica in Italia Fig. 10.16. Scuola Strada a Marne de la Vallè. l’Esieè realizzato da Perrault Fig. 10.15. Scuola strada Plimco. Arch.Bennet & Bancroft.