• Non ci sono risultati.

AMBIENTE E APPRENDIMENTO

7.4. Creatività ed estetica degli ambienti di apprendimento

L’ambiente di apprendimento deve poter contenere quegli artefatti che stimolano negli studenti la costruzione dei processi cognitivi attraverso la creatività.

Per creatività qui si intende “la capacità di vedere al di là dell’esistente, scombinando e ricombinando, in modi diversi dal consueto, schemi, strutture e modelli investigativi, sguardi interpretativi, teorie scientifiche che ed elaborazioni artistiche. E’, in altre parole, la capacità di trasformare e costruire continuamente la realtà attraverso le insolite combinazioni che il pensiero può produrre all’incrocio di ragione e immaginazione, ordine e disordine, continuità e discontinuità, regola e trasgressione” (Minerva, 2007, p. 61).

Tra i numerosi autori che si occupano del rapporto tra creatività e pedagogia qui ci riferiamo ad alcuni studi di Dewey36 (1934/1951), Bruner37(1962/1985), Vygotskij38(1993), e Guilford39 (1959).

Per Dewey la creatività si lega alla sopravvivenza biologica, perché motiva l’essere umano a cercare nuovi equilibri nelle situazioni di squilibrio, di incertezza e di inquietudine. Secondo Dewey “l’arte come esperienza” (1951) è il miglior mezzo di comunicazione: in quanto linguaggio, l’arte veicola e inventa significati, attraverso uno specifico mezzo (pittura, scrittura, musica) che può essere particolarmente adatto per un tipo determinato di comunicazione40.

Per Guilford la creatività è caratterizzata da curiosità, fluidità di idee, flessibilità e originalità

intellettuale (Pinto Minerva, 2007).

Per Vygotskij (1993) “l’attività creativa […] rende l’uomo un essere rivolto al futuro, capace di dar forma a quest’ultimo e di mutare il proprio presente” (p. 21).

Sviluppare la creatività significa poter sviluppare anche la componente estetica: la parola estetica è stata creata dal filosofo tedesco Baugmarten verso il 1750 dalla parola greca aisthetikòs e significa allo stesso tempo percettivo e sensuale.

36 Dewey, J. (1951). L’arte come esperienza. Firenze: La Nuova Italia. (Originariamente pubblicato nel 1934). 37 Bruner, J. S. (1985). Saggi per la mano sinistra. Roma: Armando. (Originariamente pubblicato nel 1962). 38 Vygotskij, L.S. (1993). Immaginazione e creatività nell’età infantile. Roma: Editori Riuniti. (Originariamente

pubblicato nel 1972).

39 Guilford, J.P. (1959). Elementi caratteristici della creatività. In H.H. Anderson (cur.). La creatività e le sue

prospettive (pp. 177-198). Brescia: La Scuola.

40 La separazione tra arte e scienza è illegittima, afferma Dewey, perché entrambe si fondano su un metodo per molti

aspetti comune: la scienza deve avere bisogno del suo momento estetico così come l’arte del momento conoscitivo. Le due attività non sono né separate né separabili anche se sicuramente irriducibili l’una all’altra (Dewey, 1954/1999) in quanto sono entrambe forme di conoscenza.

134

Per Dewey (1951) “l’estetico è lo sviluppo chiarificato e intensificato di tratti cha appartengono normalmente ad ogni esperienza concreta” (p. 78).

Ancor prima dell’educazione alla creatività andrebbe quindi promossa l’educazione all’estetica, anche negli studenti, intesa non solo come educazione artistica, agli artisti e alle opere che hanno segnato tutta la storia dell’arte:

“L’estetico non va confuso [solo] con l’arte che ne costituisce il momento di obiettivazione culturale e quindi di autonomia. Esso rappresenta una prospettiva influente la direzione dell’uomo anche in direzione etico pragmatica […]. Infatti, in quanto possibili strumenti di trasfigurazione dell’esistenza quotidiana, la sensibilità e le intelligenze estetiche non si limitano al campo specifico della creazione artistica, ma si ampliano in ogni forma possibile di esperienza” (Bertin, 1974, p. 198).

Nella definizione di Bertin, l’intelligenza estetica è una pre-condizione dell’esperienza propria dell’uomo e in questo senso accompagna ogni esperienza della vita: lo sviluppo della componente estetica si apre alla totalità dell’esperienza, è rivolta alla totalità degli uomini che si impegnano a cercare situazioni nuove e stimolanti, aumentando la curiosità e il confronto con altre sensibilità, intelligenze e altre culture (Minerva & Vinella, 2012).

Dice Alberto Munari41, figlio dell’artista Bruno Munari, in un’intervista42:

“Il pensiero creativo è di tutti e non è necessario distinguere la creatività come categoria a sé stante, basta far funzionare l’intelligenza. L’atto intelligente è di per sé creativo e ogni forma di apprendimento contiene una dimensione creativa. E’ creativo quel processo di co-costruzione che, secondo quanto ci ha insegnato la psicoepistemologia genetica di Jean Piaget, costituisce la via di ogni apprendimento. Dall’interazione tra soggetto che apprende e oggetto dell’apprendere si elabora la triplice costruzione del soggetto conoscente, dell’oggetto conosciuto e degli strumenti stessi della conoscenza. Tramite questo processo di co-costruzione, costruisco me stesso mentre costruisco il mondo” (Munari, A. n.d.).

Per queste considerazioni, l’educazione all’estetica e alla creatività costituiscono un filo conduttore di tutta la formazione dell’uomo nei suoi più differenti contesti di vita.

41 Alberto Munari (1940 – vivente). Psicologo ed epistemologo, professore ordinario in Psicologia dell’Educazione

presso la Facoltà di Psicologia e di Scienze dell’Educazione dell’Università di Ginevra e dirige il Dipartimento di Psicologia dell’Educazione, della Formazione e delle Risorse Umane. In Italia è Professore Ordinario di Psico- epistemologia dell’Apprendimento Adulto presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Padova. Come esperto UNESCO ha contribuito alla riforma dell’insegnamento secondario in Costa d’Avorio (Africa). Nel 1982 ha fondato a Ginevra, assieme a Donata Fabbri, il Centro Internazionale di Psicologia Culturale, che ha lo scopo di promuovere lo studio dei rapporti che gli individui sviluppano e intrattengono con il contesto culturale in cui vivono e lavorano. Alberto Munari è il Presidente dell’Associazione Bruno Munari.

42 Disponibile da http://dito.areato.org/interviste-e-ricerche/interviste/la-leggerezza-del-pensiero-creativo-intervista-ad-

135

Tutta la realtà possiede quindi una dimensione estetica che si esprime attraverso la cura di diversi ambiti tra cui: il paesaggio e la natura, cura del proprio corpo, degli ambienti di vita personali e sociali, cura nelle attività lavorative, e anche nei nostri prodotti e artefatti culturali.

Educazione estetica significa educare la “sensibilità di una persona verso le esperienze percettive, intellettuali ed emotive perché siano approfondite ed integrate a un complesso armoniosamente strutturato” (Lowenfeld & Brittain, 1984, p. 116): percezione, intelletto ed emozioni sono parti integranti e collaborano tra loro per lo sviluppo cognitivo.

Come processo, la creatività si suddivide in quattro fasi (Schulz, 2007): 1. preparazione: intesa come la fase di ricerca intensa di soluzioni a un problema; 2. incubazione: fase di sospensione del problema e di apparente immobilità per quanto riguarda la continuità dell’elaborazione cogniti viva del problema; 3. illuminazione: improvvisa comprensione della soluzione del problema. 4. verifica: esame dell’idea trovata.

A partire dagli anni Settanta si è diffusa l’idea, diversamente dai decenni precedenti, che la creatività sia un potenziale posseduto da tutte le persone.

Se quindi, “la creatività è una caratteristica intrinseca della vita mentale e non una caratteristica di pochi soggetti” (Minerva & Vinella, 2012), allora essa può essere educata attraverso interventi che la sollecitano e la promuovono.

La creatività quindi è una caratteristica della mente che investe tutte le ramificazioni del pensiero: sensibilità cognitiva, affettività, comunicazione e inoltre la possiamo educare.

Essa ha due dimensioni (Minerva, 2007, p. 62): la dimensione percettiva-estetica ed una dimensione

scientifica: la prima si riferisce alla capacità di codificare e decodificare forme, suoni e colori, di

esprimersi attraverso la gestualità, la mimica, la danza; la dimensione scientifica della creatività riguarda la capacità di apprezzare, utilizzare e stupirsi di fronte alle scoperte di ipotesi alternative e di vie nuove per la soluzione dei problemi (Ivi).

Il rapporto tra creatività e mente, come “spinta basale” è presente anche nel caso degli studenti con disabilità intellettiva (Pfanner, Marchesci, 2005, p. 15). Bisogna quindi pensare a degli spazi, organizzati con un setting appropriato, che possano consentire a ciascun studente con disabilità di sviluppare questo rapporto e questa spinta positiva.

L’utilizzo di materiali quali il disegno, la pittura, il ritaglio, i collage, i puzzle, il modellaggio, le costruzioni, consentono altrettanto di arricchire le modalità cognitive e di scoperta dello studente con disabilità intellettiva (Ivi).

136

Per volgere l’intervento educativo e pedagogico in chiave creativa, è indispensabile che anche il processo di insegnamento-apprendimento si avvalga della valorizzazione delle differenze degli artefatti e degli strumenti da utilizzare per tale scopo.

La formazione estetica e quella intellettuale devono quindi potersi intrecciare e influenzare in quanto:

- ogni medium possiede delle specificità proprie che consentono allo studente di selezionare alcune delle informazioni che quel medium gli offre (Olson, 1979);

- ogni studente, con o senza disabilità, possiede una propria forma mentis e stile cognitivo; - la dimensione estetica è diretta al recupero e alla valorizzazione delle esperienze sensoriali

(Minerva & Vinella, 2012), percettive e immaginative, condizioni che avvicinano al processo di apprendimento proprio lo studente con disabilità intellettiva.

Per i motivi qui descritti, per le potenzialità e le relazioni tra creatività e sviluppo della mente,

anche l’educazione e la formazione devono appropriarsi della dimensione creativa e di quella estetica e della loro cura.

La didattica può accettare tale sfida e può provare a sviluppare la componente estetica della formazione proponendo esperienze di apprendimento che sviluppino processi creativi di apprendimento e di autoapprendimento.

Gli insegnanti manifestano tuttavia delle perplessità circa la possibilità di insegnare la creatività, ritenendolo “un obiettivo paradossale, nella misura in cui si intende attivare processi mentali innovativi, originali, produttivi attraverso modalità predefinite e strutturate” (Giorgetti, Pizzingrilli & Antonietti, 2009, pp. 42-48).

In una ricerca sulla percezione e sula rappresentazione della creatività in alcuni docenti della scuola primaria, (Sironi, 2005), i docenti hanno associato al termine creatività attività didattiche espressive quali l’animazione, attività grafico-pittoriche, canto e musica.

La creatività sembra quindi essere relegata a certi ambiti espressivi a scuola e comunque difficilmente educabile al di fuori di attività prettamente espressive.

Questi pregiudizi e resistenze al cambiamento si riscontrano maggiormente nella scuola secondaria, in particolare di secondo grado.

Da una ricerca di Antonietti e Cesa Bianchi (2003), emerge come in realtà in seguito ad

137

e della primaria, si possano incentivare nei bambini dinamiche mentali che favoriscono l’emergere di flussi di pensiero ricchi, diversificati e originali.

La creatività può essere stimolata direttamente o indirettamente: nel primo caso si possono promuovere con opportuni esercizi le attitudini e gli stili di pensiero che favoriscano l’emergere di idee creative (Antonietti, 1999b; Antonietti & Armellin, 1999); dall’altra parte si può agire indirettamente sulla creatività favorendo lo stabilirsi di climi psicologici e di stili relazionali che incoraggino la libera espressione, l’iniziativa personale, l’utilizzo di atteggiamenti e approcci cognitivi non tradizionali (Ivi).

Nel primo caso, attraverso un training, si va ad agire direttamente sugli studenti, mentre nel secondo caso bisogna formare i docenti per attuare un cambiamento nell’approccio alla didattica

tradizionale.

La relazione tra creatività-artefatti-luoghi è ben descritta da Bruno Munari43(1985), che

indica come la creatività sia la capacità di realizzare e mettere in pratica, anche sapendo entrare in relazione con gli altri, ciò che la fantasia ha concepito e l’invenzione ha trasformato in progetto. Per Munari inoltre, la creatività non ha bisogno solo di doti intellettuali, né solamente di idee e di pensiero ma nasce e vive grazie ai luoghi e ai materiali attraverso cui è data loro la possibilità di prendere corpo (Dallari, 2005).

Il tema centrale è quello dei luoghi della formazione estetica o meglio, dei luoghi per sviluppare la

componente estetica della formazione. Sappiamo che in Italia i luoghi per la formazione sono quelli

delle nostre classi, che hanno delle precise caratteristiche e forti vincoli strutturali: l’aula è di forma rettangolare, di piccole dimensioni, senza possibilità alcuna di spostare e modulare tali confini imposti dalle pesanti pareti in muratura. L’intera scuola poi è concepita come un continuum parcellizzato di tante stanze uguali per forma e dimensione e non comunicanti tra loro.

I luoghi attuali dell’educazione limitano i docenti ad utilizzare solo alcuni artefatti e alcuni linguaggi – quelli verbali – nel momento in cui fanno lezione nelle loro classi.

Ma la formazione estetica investe l’intero sistema di vita degli studenti: gli spazi dell’apprendere, i modi e gli atteggiamenti come il porsi e l’esprimersi, gli oggetti attorno a loro come l’accostamento cromatico, le proporzioni, le combinazioni dei volumi, etc.

43 Bruno Munari (Milano, 24 ottobre 1907 – Milano, 30 settembre 1998) è stato un artista e designer italiano. È stato

"uno dei massimi protagonisti dell'arte, del design e della grafica del XX secolo", dando contributi fondamentali in

diversi campi dell'espressione visiva (pittura, scultura, cinematografia, disegno industriale, grafica) e non visiva (scrittura, poesia, didattica) con una ricerca poliedrica sul tema del movimento, della luce e dello sviluppo della creatività e della fantasia nell'infanzia attraverso il gioco.

138

E’ possibile allora cambiare i luoghi dell’apprendere attuali e trasformarli in luoghi in cui la creatività e l’estetica trovano spazio nel processo dell’apprendimento?

Verrebbe da chiedersi quali vincoli ambientali siano correlati a quelli architettonici e strutturali delle nostre scuole e quali invece dai pregiudizi degli insegnanti verso la creatività, la sua efficacia nella didattica e anche sulla sua realizzazione pratica.

Nella ricerca di Sironi (2005), gli elementi del “setting scolastico”, cioè l’insieme delle condizioni

fisiche, educative e didattiche che caratterizzano l’ambiente scolastico sono individuate in:

l’interazione insegnate/alunno, nel clima educativo, nelle tecniche didattiche, nell’organizzazione degli spazi, delle strutture fisiche e degli strumenti: queste variabili sono considerate condizioni importanti per facilitare apprendimenti creativi.

L’insieme delle condizioni e delle limitazioni che caratterizzano l’ambiente scolastico causato dalle strutture fisiche non è evidentemente, passibile di alcun cambiamento strutturale radicale.

Il tema delle strutture architettoniche è collegato a quella delle nuove scuole poiché sarebbe impensabile e diseconomico pensare di mettere mano a quelle attuali.

Per modificare l’ambiente di apprendimento però, si può agire in maniera congiunta su tutte le altre variabili: sull’interazione insegnate/alunno, sul clima educativo, sulle tecniche didattiche, sull’utilizzo di materiali per apprendere, nell’organizzazione degli spazi.

In particolare le ultime due variabili, cioè una nuova organizzazione degli spazi e l’utilizzo di nuovi materiali, potrebbero costituire una premessa efficace per pensare anche a modificare tutte le altre variabili – tecniche didattiche, interazione con i compagni e tra i compagni, sul clima educativo - e quindi liberare la creatività degli studenti.

Il secondo pregiudizio, dopo quello dell’efficacia e della ricaduta della creatività nella didattica, sta proprio nel considerare impossibile il cambiamento degli attuali ambienti per l’apprendimento. Probabilmente a molti docenti, in particolare della secondaria di secondo grado, è venuto in mente di poter cambiare qualche variabile nell’ambiente-classe ma tale esigenza si è scontrata con alcune difficoltà:

- l’attenzione per il programma che ancora costituisce una guida rassicurante ma vincolante anche sulla didattica che è ancora troppo legata al libro di testo e alle modalità verbali di apprendimento;

- la percezione di immodificabilità dell’ambiente-classe, a partire dalla disposizione dei banchi e della cattedra;

139

- la poca disponibilità a pensare a soluzioni didattiche innovative che prevedono il cambio dell’ambiente di apprendimento e l’utilizzo di linguaggi e strumenti maggiormente creativi di quelli attuali.

- una generale resistenza al cambiamento tanto del sistema scuola che del gruppo docente. - una maggiore tranquillità nell’utilizzo del setting attuale che non promuovendo alcun

movimento genera poca confusione e assicura al docente ordine e un facile controllo sugli studenti.

In merito a quella che potremmo chiamare la “paura della confusione” che può generarsi in un nuovo ambiente di apprendimento creativo rispetto a quello tradizionale, Marco Dallari descrive che proprio nella confusione di un nuovo setting si presenta un’occasione per liberare la creatività degli studenti:

“L’educatore, l’insegnante, l’animatore culturale, il terapeuta che vogliano avvalersi di spunti e momenti di creatività all’interno del loro setting, devono dunque attivare eventi molto simili a quelli messi in atto dallo sciamano, che, per guarire il posseduto, si serve della danza, del rito, della suggestione ipnotica del fuoco e dell’effetto straniante dell’alcool o di altre droghe: genera insomma confusione. Presenta così ai partecipanti l’occasione di confondersi loro stessi e di sospendere le regole sulle quali si basa la strutturazione condivisa del principio di realtà e delle sue regole (istituzioni)” (Dallari, 2005, p. 211).

Probabilmente è anche questa sospensione delle regole che genera nei docenti quel senso in parte di paura e che fa permanere una certa rassicurazione nell’utilizzo degli attuali ambienti di apprendimento.

Alcuni studi recenti (Beghetto & Kaufman, 2014) su come gli insegnanti potrebbero creare un ambiente di apprendimento che sviluppi la creatività e la solidarietà nelle loro classe hanno portato alla conclusione che quando si tratta di coltivare la creatività in classe, “l'ambiente di apprendimento è uno dei fattori più importanti e che può determinare una crescita o soppressione del potenziale creativo degli studenti: il contesto della classe quindi conta”(pp. 53-69).

Una cosa però è riconoscere che gli impatti ambientali in aula influenzano lo sviluppo del potenziale creativo, è un'altra “è capire quali sono i fattori che servono per sviluppare un ottimale supporto ambiente di apprendimento creativo” (Ivi). Tale difficoltà è aumentata dal fatto che spesso le differenze tra ambienti di apprendimento ottimali e non ottimali sono molto sottili e a volte controintuitive.

Da queste considerazioni si evince la necessità di un’analisi dettagliata di quali siano gli elementi

140