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DISABILITA’ INTELLETTIVA E INCLUSIONE SCOLASTICA

1. DISABILITA’ INTELLETTIVA

1.6. I potenziali di sviluppo

In merito al potenziale di sviluppo dell’intelligenza e anche dei comportamenti sociali, Vygotskij ha introdotto la teoria della zona di sviluppo prossimale (1986), “corrispondente allo spazio intermedio fra il livello di sviluppo attuale del bambino, determinato dalle sue capacità di soluzione di problemi [in maniera] indipendente e il suo livello potenziale, determinato dalla sua capacità [di sviluppo] con l’assistenza di un adulto o attraverso la collaborazione di compagni più capaci” (Dixon-Krauss, 2000,35; Vygotskij, 1978).

Come critica all’uso dei test standardizzati per la misurazione dell’intelligenza, Vygotskij ha studiato ampliamente lo sviluppo dell’intelligenza riconducibile alle interazioni sociali

dell’individuo nell’ambiente (1981).

Nel rapporto tra istruzione e sviluppo Vygotskij dichiara che è l’istruzione che precede e guida lo sviluppo (Dixon-Krauss, 2000, p. 34):

“Ciò che l’alunno riesce a fare in cooperazione oggi, potrà farlo da solo domani. Pertanto, l’unica buona forma di istruzione è quella che anticipa lo sviluppo e lo conduce, essa non dovrebbe essere indirizzata tanto alle funzioni mature, quanto a quelle che stanno maturando” (Vygotskij, 1960, p. 104).

Una buona istruzione quindi dovrebbe essere mirata allo sviluppo della zona prossimale degli alunni e dovrebbe anche valutare la prestazione degli alunni nel momento stesso in cui sono impegnati in attività vere e proprie.

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Le teorie del passato sono state confermate recentemente da alcuni studi che attestano come:

- le prestazioni scolastiche degli studenti con disabilità intellettive sono migliori nelle scuole

inclusive rispetto a quelli dei loro coetanei inseriti nelle classi speciali (Kim, Larson &

Lakin, 2001; Mc Donnel, Thorson, Disher, Mathot-Buckner, Mendel & Ray, 2003; Cole, Waldron e Majd, 2004; Downing e Peckham-Hardin, 2007; Felce & Perry, 2009);

I miglioramenti maggiori si evidenziano negli studenti con disabilità intellettive lievi rispetto a quelli con disabilità gravi (Freeman & Alkin, 2000);

- lo sviluppo sociale raggiunge livelli superiori nelle scuole inclusive (Buckley, Bird, Sacks & Archer, 2002; Fisher & Meyer, 2002; Mc Donnel et.Al., 2003; Buckley, Bird & Sacks, 2006);

- i compagni di classe degli allievi con disabilità intellettive non imparano di meno rispetto alle classi senza questi studenti (Mc Donnel et. Al., 2003, Cole et Al., 2004).

Renzo Vianello ha condotto per quarant’anni degli studi sul potenziale di sviluppo intellettivo e sociale sui giovani con sindrome di Down in Italia i cui risultati sono stati recentemente pubblicati (Vianello, 2012). La sindrome di Down è stata scelta da Vianello perché statisticamente risulta essere la maggiore causa di disabilità intellettiva – una persona su tre sul totale delle sindromi genetiche che causano disabilità intellettiva (Vianello, 2008, p. 78) - e quindi rappresenta un importante riferimento anche per le altre sindrome minori che causano disabilità intellettiva, come la sindrome di Nooan, X fragile, sclerosi tubercolosa, etc.5

Lo studio ha confrontato il livello intellettivo di persone con la sindrome istituzionalizzate, cioè che alla data del 1978 avevano frequentato le scuole speciali e il livello mediamente raggiunto dalle persone con sindrome di Down in Italia nel 2010.

Il miglioramento del potenziale di sviluppo intellettivo che è stato registrato nelle persone con sindrome di Down che tra il 1978 e il 2010 hanno vissuto in contesti educativi comuni, è considerevole (Fig. 1.5): ad esempio all’età cronologica di dieci anni dei bambini istituzionalizzati, nel 1978 corrispondeva un’età mentale di neanche 36 mesi mentre il livello mediamente raggiunto nel 2010 dai bambini di pari età cronologica corrisponde oggi ad un’età mentale di quasi cinque anni (Fig. 1.5).

5 Per uno studio in dettaglio delle sindromi genetiche che causano disabilità intellettiva si veda la tabella 5.1 (Vianello,

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Lo stesso confronto si può fare ad esempio, per l’età cronologica di quarant’anni, ritrovando livelli di sviluppo molto differenti.

La figura 1.6 mostra inoltre un altro importante risultato: oltre all’incremento nei test di intelligenza questi soggetti hanno avuto un incremento anche delle prestazioni sociali (Fig. 1.6).

Tra i due rilevamenti c’è stato un passaggio epocale in Italia grazie all’emanazione della L. 517/77, che ha permesso l’accesso graduale degli studenti con disabilità intellettiva nelle classi comuni.

Fig. 1.5. Confronto fra il livello medio di intelligenza raggiunto da 189 persone istituzionalizzate prima del 1978, il livello mediamente raggiunto dalle persone con sindrome di Down in Italia nel 2010 e quello che si ipotizza possa essere raggiunto in un futuro non troppo lontano (Vianello, 2012, p.17).

Fig. 1.6. Confronto fra il livello medio di intelligenza raggiunto da 189 persone istituzionalizzate prima del 1978, il livello mediamente raggiunto dalle persone con sindrome di Down in Italia nel 2010, il livello medio raggiunto nello stesso anno nelle prestazioni sociali e quelli che si ipotizzano possano essere raggiunti mediamente nell’intelligenza e nelle prestazioni sociali in un futuro non troppo lontano (Vianello, 2012, p. 17).

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I risultati sono tendenziali, cioè si può ragionevolmente ipotizzare che vi sia un loro possibile incremento nei prossimi vent’anni (Vianello, 2012).

Inoltre Vianello ha rilevato per questi ragazzi un effetto surplus rispetto agli altri studenti di pari

età mentale: “gli adeguati interventi educativi, possano permettere prestazioni superiori rispetto a quelle medie di bambini normodotati che hanno la stessa età mentale” (Ivi, p. 56).

Vianello ha rilevato un livello intellettivo e di prestazioni sociali maggiore di circa 1-2 anni e in particolare in lettura e in scrittura.

Oltre a questi effetti diretti bisogna considerare come positivi anche gli effetti indiretti quali: l’accettazione dell’individuo con disabilità e della sua famiglia in ambito extra-scolastico; la riduzione del sentimento di esclusione che permette l’aumento della motivazione ad apprendere e alla socializzazione della persona con disabilità; la riduzione del sentimento di esclusione da parte dei familiari, elemento che permette una maggiore libertà sociale (Ivi, p. 20).

Già gli studi di Baroff (1989) evidenziavano che un ambiente arricchito (A), rispetto ad un ambiente impoverito (I) e ad uno normale (N), è in grado di migliorare le prestazioni di tutti i soggetti, ma in particolare di quelli con sindrome di Down, e ritardo culturale-familiare (Fig. 1.7).

Nella classe comune, rispetto a quella sociale, gli studenti con disabilità intellettiva dovrebbero quindi poter trovare queste due risorse essenziali per il loro sviluppo:

- un ambiente di apprendimento arricchito;

- i compagni di classe come risorsa per la mediazione per l’apprendimento (Damiano, 2013). Fig. 1.7. Quoziente di intelligenza e gamma di reazione (Baroff, 1989, p. 176).

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