PARTE III
9. RELAZIONI E PROBLEM
9.2.1. La potenza della forma
Il termine forma indica “l’aspetto esteriore con cui si configura ogni oggetto corporeo o fantastico, o una sua rappresentazione”50.
In realtà la parola forma ha in sé una certa ambiguità: da un lato si riferisce all’essenza immateriale delle cose, all’idea, dall’altro descrive le proprietà sensibili degli oggetti così come si presentano percepite dai nostri sensi (Forty 2004, pp. 152-178).
Attraverso precise scelte formali, l’architettura è la disciplina che promuove il miglioramento delle attività che l’uomo svolge all’interno degli ambienti in cui vive: più che altre discipline tratta con le differenti forme geometriche, con le loro peculiarità spaziali e conferisce un aspetto strutturale ed estetico alla materia a partire dalle proprietà dei materiali utilizzati nella costruzione (Ivi).
Vitruvio nel Libro I del “De Architettura”, in riferimento alla differenza tra l’attività intellettuale e quella materiale - che interagiscono continuamente nella pratica professionale dell’architetto - afferma che se la prima dà spiegazione alle cose costruite, l’attività materiale consiste nel “dare
forma con le mani alla materia” (Maggi & Ferri 2002, p. 89).
L’architettura è quindi strettamente connessa al tema del dare una forma e lo fa attraverso la ricerca estetica che trova espressione concreta nel delimitare lo spazio: “l’architettura è l’arte della delimitazione dello spazio” (Dorfles 1959, pp. 133-134).
Il primo scopo dell’architettura è stato quello di proteggere l’uomo dalle intemperie e dagli eventi atmosferici per creare uno spazio altro da quello naturale: per Le Corbusier51 “l’architettura è la
prima manifestazione dell’uomo che crea il suo universo” (Le Corbusier, 1994, p. 56).
Alvar AAlto, famoso architetto del Novecento, afferma che “il compito dell’architettura è quello di partecipare alla soluzione dei numerosi problemi umani, economici e psicologici, e che l’architettura deve disporre [...] di un’ampia libertà di movimento, tanto interna quanto formale [...] Ogni costrizione formale diminuisce inoltre l’efficacia alla risoluzione dei problemi a cui l’architettura è chiamata” (AAlto, 1987, pp. 46-50).
Quindi l’architettura risolve un problema connesso agli scopi dell’uomo dell’abitare lo spazio e nel farlo deve essere quanto più libera intellettualmente, senza limiti creativi.
50 Disponibile da http://www.treccani.it/vocabolario/forma/ [15 agosto 2015].
51 Pseudonimo dell'architetto Charles-Édouard Jeanneret (La Chaux-de-Fonds, Neuchâtel, 1887 - Roquebrune-Cap-
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Nella sempre nuova creazione di forme belle e utili si devono inoltre sfruttare al massimo le conquiste della tecnica e le qualità estetiche dei materiali per giungere a tale scopo.
Per Nietzsche (1889/1997, p. 385) "L'Architettura è una specie di oratoria della potenza per mezzo
delle forme"; la forma quindi è un vero e proprio linguaggio, il risultato della forza espressiva
dell’idea progettuale.
Nel dare forma, l’architetto trasferisce la sua idea di spazio e di qualità abitativa alla materia stessa e può farlo con modalità differenti, mettendo in dialogo le proprie soluzioni creative con le suggestioni territoriali e i bisogni specifici della committenza.
In queste ma anche in altre definizioni, sempre di famosi architetti, si può trovare una matrice comune nel fatto che “la forma [architettonica] è il risultato di un pensiero e di un’azione” (Weyland & Attia, 2015, p. 58) che plasma artisticamente la materia. L’architetto è come un artigiano che crea una forma attraverso “un processo intellettuale subconscio, di tipo sintetico, che appartiene al mondo dell’arte” (Ivi): entrambi, architetto e artigiano danno una forma nuova, utile ed estetica alla materia.
In tutta la storia dell’architettura troviamo inoltre due tipi di ispirazioni e approcci formali: uno di derivazione classicista e un altro maggiormente organico o organicista. Della prima fa parte un linguaggio estetico-formale rigoroso, spesso ispirato dai linguaggi razionali dell’architettura
classica: colonna, pilastro, timpano, arco, volta a botte, etc.
Della tendenza organicista fa parte una tendenza mimetica della natura e delle sue forme più sinuose e meno razionali.
Tra i classicisti ci sono gli architetti minimalisti che propongono “la forza assertiva di una forma o di un volume puro, e di un gesto a cui affidare il compito di instaurare fra le cose l’ordine di una struttura” (‘Minimalismo’, 1997, p. 539): per loro le forme più nobili sono quelle semplici, come un cubo o un parallelepipedo che assieme alla la linea e alla superficie costituiscono gli elementi base della logica modulare che guida tutta la composizione e la struttura architettonica. Il minimalismo ha inoltre un lessico proprio: “ascetismo dei materiali, geometrie semplici, ripetizioni di elementi standard, rifiuto deliberato del contestualismo, controllo esasperato della luce, esperienza del silenzio” (Ivi).
Per un suo illustre rappresentante, l’architetto Ludwig Mies Van Der Rhoe: “noi non riconosciamo forma alcuna, bensì soltanto problemi costruttivi. La forma non è il fine del nostro lavoro, bensì il
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risultato. Non esiste alcuna forma in sé. L’effettiva pienezza della forma è condizionata e
strettamente legata ai propri compiti: sì, è l’espressione più elementare della loro soluzione. La
forma come fine è formalismo; e noi lo rifiutiamo”(Mies Van Der Rhoe, 1923, p. 30).
Di ispirazione organicista e all’opposto dell’architettura minimalista si colloca l’architettura Liberty per cui la forma pura lascia il passo alla libertà dell’eclettismo. L’architetto Vicor Horta nel progettare a Bruxelles l’Hotel Tassel, progetta una facciata curva seguendo la linea continua e fluente dalle parti metalliche della scala sul retro che qui influenzano tutte le componenti della composizione architettonica.
In altri architetti le forme architettoniche acquistano forme plastiche o addirittura umanizzate: è il caso delle architetture di Frank O’ Ghery52, come nella casa danzante di Praga (Fig. 9.1). Qui due
palazzi acquistano una posa plastica come fossero due ballerini, Fred Aster e Ginger Rogers: la donna - il palazzo in vetro - è piegata e abbraccia l’uomo, un edificio in cemento.
Anche in un’altra architettura di Frank O’ Ghery, il Walt Disney Concert Hall di Los Angeles (Fig. 9.2), il concetto architettonico scelto per la forma dell’edificio, lo avvicina più ad un’opera
scultorea che architettonica.
Probabilmente Ghery si dovette trovare in sintonia con l’artista Constantin Brâncusi53 secondo cui,
appunto, l'architettura è assimilabile ad una scultura abitata.
Anche le Corbusier, in alcune sue opere, come la cappella Rochamp, si avvicina ad un’espressione plastica delle forme: “la architettura è al di là dei fatti utilitari. L’architettura è un fatto plastico” (Le Corbusier, 1994, p. 121).
52 Frank Owen Gehry (Toronto, 28 febbraio 1929) è un architetto canadese. Noto per il suo approccio scultoreo e
organico alla progettazione, è tra i massimi esponenti della corrente Decostruttivista. Vive e lavora negli Stati Uniti.
53 Scultore rumeno (1876 – 1957) La sua ricerca formale, inizialmente stimolata dall'essenzialità dell'arte negra e più
ancora in accordo con le ricerche di Arp, mira infatti alla scoperta di un nucleo o elemento plastico originario, e arriva a fare della forma la rivelazione delle più interne qualità vitali della materia.
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Il rapporto tra la forma e l’attività dell’uomo diventa una questione non di poco conto nel caso delle architetture scolastiche.
Le forme a blocco di molte scuole del Novecento (Cap. 10), hanno ispirato un modello formativo il cui fine era combattere l’analfabetismo, per cui era necessaria una struttura parcellare e funzionalista tanto quanto lo era la compartimentazione dei saperi e l’omologazione degli apprendimenti.
Oggi la forma della scuola e dei suoi ambienti deve rispondere ai criteri di flessibilità e di multi- modalità. Un esempio di applicazione dei bisogni formativi attuali si può ritrovare nella scuola 4het
Gymnasium in Olanda: a seconda delle necessità formative e a partire dalla giusta composizione di
un modulo abitativo a forma di parallelepipedo che costituisce l’elemento base (Par. 12.2.1) questa scuola può crescere di dimensioni e cambiare la sua forma in “E” a “I” o ad “H”.
La scuola Montessoriana a Delft (Par. 14.3) è un altro esempio di scuola che ha cambiato continuamente la sua forma negli ultimi decenni e in cui le soluzioni formali adottate dall’architetto Hertzberger – sia in pianta a che in sezione - hanno consentito la multimodalità di apprendimento.