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2.2 Da persone a personagg

2.2.1 Pino Mas

2.2.1.6 L’archetipo del Mentore

Quali sono le caratteristiche di Pino Masi?

                                                                                                               

74 Joseph Campbell, The Hero with a Thousand Faces, Pantheon Books, New York, 1949; trad. italiana, L'eroe

dai mille volti, Guanda, Parma, 2000. Come riportato in Luigi Forlai, Costruire una narrazione, Audino, Roma,

2013, nel tentativo di rispondere alla crisi del cinema statunitense degli anni ’70, le major hanno aperto delle ricerche per cercare di trovare la cosidetta “ricetta del successo”, cioè un modo esente dai rischi per fare film di successo. All’interno di questi intenti si può spiegare la “traduzione cinematografica” de L'eroe

dai mille volte di Jospeh Campbell, cioè Christopher Vogler, The Writer's Journey, op. cit.

75 Ne abbiamo già parlato nel capitolo dedicato al memoir di Lulli. Cfr. Vladimir Jakovlevič Propp,

Morfologiija skazki, op. cit.

76 Ne abbiamo già parlato nel capitolo dedicato al memoir di Lulli. Cfr. Algirdas Julien Greimas, Sémantique

structurale, op. cit.; Algirdas Julien Greimas, Joseph Courtés, Sémiotique. Dictionnaire raisonné de la théorie du langage, op. cit.

Le abbiamo sintetizzate in due punti: l’essere un leader e l’essere un perdente. Ed è proprio quell’ossimoro, tra l’altro, a renderlo così interessante e carico di suggestioni comiche.

Masi guida e aiuta a crescere gli altri due personaggi, conducendoli in un'avventura che è tale soprattutto perché li induce a un cambiamento intimo, a ripercorrere le tappe classiche del romanzo di formazione. Masi li costringe a rendersi consci dei propri limiti e li aiuta a superarli.

Christopher Vogler definisce “il Mentore” 77 come quel ruolo

drammaturgico, tendenzialmente di segno positivo, che istruisce il protagonista, facendogli presente i rischi che lui stesso, in prima persona, ha già affrontato e sa come affrontare, e gli fa dei “doni” che sono degli strumenti per crescere. Il personaggio di Masi può essere ricondotto a quell’archetipo.

Masi rispete costantemente a Lulli e Gismondi la natura dei pericoli che stanno per incontrare e facendoglieli presente li aiuta ad affrontarli meglio, con maggiore preparazione e consapevolezza. Quello che lo rende superiore agli altri o, comunque, più previdente è il dato che conosce molto bene il “nemico”, l’“antagonista” – e precisamente il fascismo – perché lo ha già affrontato, sia attraverso la figura del padre, sia perché è, innegabilmente, un esperto della lotta antifascista del movimento di quegli anni.

A differenza di un Mentore classico, però, Masi non dona, sottrae. È quello che richiede lo status di fuggitivi: essere invisibili e rinunciare ai propri beni, o almeno a quelli che costruiscono in maniera apparentemente irrinunciabile l’identità. Prima, Masi chiede di bruciare volantini e agendine,                                                                                                                

poi, a Gismondi, di tagliarsi i capelli, nel bagno dell’autogrill. Cosa c’è, in assoluto, di più personale nella costruzione della propria immagine e identità che i capelli e, al contrario, di più distruttivo, del tagliarli? Il taglio dei capelli rappresenta un momento di cambiamento, di svolta, specialmente dopo un periodo particolarmente difficile o doloroso. I capelli riguardano non solo l’immagine che si ha di se stessi come individui, ma anche come esseri sociali. È questo, infatti, il motivo per cui Masi gli chiede di tagliarli: non vuole che sia identificato come un “comunista”. Dietro a questa richiesta, c’è in sintesi una parte di Storia di quegli anni: basti pensare al famoso articolo di Pasolini sui “capelloni”.78

Chiedere a Gismondi di privarsene, essere egli stesso artefice del gesto carico di quotidiana sacralità, rende Masi, a tutti gli effetti, un Mentore.

È evidente che le qualità del Mentore rimandano a quelle che dovrebbe avere una figura paterna. Ricordo qui tre momenti esemplari in cui Masi esprime queste caratteristiche in maniera inequivocabile.

Il primo è quando è lui con il megafono delle forze dell’ordine austriache a richiamare Renzo Lulli. Il secondo è quando difende Gismondi, prendendosi in carcere la responsabilità dell’aggressione. Il terzo è in una scena aggiunta solo durante le riprese del film, che non è presente in sceneggiatura, e cioè nella scena dell’incubo, quando si sostituisce fisicamente al padre di Lulli, rinfacciandogli la multa.

Abbiamo detto, però, che il personaggio di Pino Masi ha un’altra caratteristica, che è quella di essere un perdente e di trascinare gli altri in una disavventura, anche se tragicomica. Gli studi sulla drammaturgia cinematografica derivati da Campbell attribuiscono a questo status il titolo di                                                                                                                

mentore oscuro.79 Con questa definizione si intende un tipo di guida che

potrebbe deviare il protagonista verso la sua stessa rovina. L’unico modo per salvarsi da un mentore oscuro è quello di superarlo.

Prestando attenzione alla definizione che Vogler fornisce di “mentore”, si scopre anche questo: “I mentori possono essere visti come eroi diventati sufficientemente esperti da poter insegnare agli altri. Hanno intrapreso la strada degli eroi una o più volte e hanno acquisito conoscenza e capacità che possono venir tramandate”.80

A un certo punto, però, il mentore oscuro, nonostante l’esperienza o forse proprio per la sua esperienza, fin troppo provante e dolorosa, può aver intrapreso la strada della deviazione, alla quale conduce anche i suoi allievi. Egli è in grado di insegnare gli strumenti più giusti e potenti ma mal applicati, cioè applicati per uno scopo sbagliato. La liberazione dell’eroe dal mentore

oscuro avviene adottando gli strumenti che egli ha appreso, ma con un

obiettivo differente, definibile come più “giusto”.

Potremmo dire di più: all’inizio del film, è come se Masi fosse il mentore di una combriccola non di eroi, come comunemente avviene, ma di antieroi e per questo il suo statuto è appropriato. Poi, alla fine del film, almeno uno dei suoi antieroi riuscirà a diventare un eroe e quindi a rendere vano il suo statuto. Vedremo nel capitolo dedicato all’archetipo dell’eroe che significato attribuire alla definizione di “antieroe”.

Per ora possiamo dire che, alla fine del percorso, Lulli potrà considerarsi un eroe più esperto di Masi, perché ha dimostrato di saper reggere al carico dell’avventura, ma perfino di saper mantenere uno sguardo                                                                                                                

79 Christopher Volger, The Writer's Journey, op. cit., p. 38 della traduzione italiana. 80 Ibidem.  

più lucido e obiettivo nell’interpretazione della realtà. Gismondi compie questo percorso solo a metà. Rovescia il mentore-leader, ma non ne acquisisce, e non ne fa propri, gli strumenti.