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2. INT GIORNO CASA LULLI CUCINA

2.2.8 L’archetipo dell’Eroe

La trattazione modellistica americana di derivazione junghiana dà all’eroe uno status e delle caratteristiche precise che esulano dalla definizione comune di eroe.

Secondo queste teorie, l’eroe è il protagonista della storia. In una parte consistente della narrazione, l’eroe è in evoluzione, cresce e cambia: in sostanza, diventa migliore.113

Non a caso, analizzando il percorso di Renzo Lulli ne I primi della lista con strumenti di critica letteraria, possiamo definirlo come un “romanzo di formazione” (ovvero Bildungsroman).

Che cosa s’intende per cambiamento dell’eroe in una narrazione? La premessa da fare è che, a parte generi particolari, come il noir e affini (uno splendido esempio è, infatti, il film Sunset Boulevard),114 il processo di

cambiamento è sempre verso il meglio, quasi mai verso il peggio. Il corollario di questa premessa è che l’eroe parta da una situazione di deficit.

Lulli rappresenta una personalità incompleta all’inizio del film; il suo agire è ancora troppo vincolato al giudizio della famiglia, della madre e del padre, in particolare.

È illuminante leggere come Vogler definisce, in termini psicanalitici, l’eroe:

L’archetipo dell’eroe rappresenta ciò che Freud chiamava “ego” – ovvero, quella parte della personalità che ci distingue dalla madre, che ci fa considerare altro rispetto alla razza umana. Fondamentalmente un eroe è uno in grado di superare i confini e le illusioni dell’ego, sebbene all’inizio gli eroi siano dominati dall’ego, l’Io, l’identità personale che li rende diversi dal resto del gruppo. Il viaggio di molti eroi narra la

                                                                                                               

113 In altre narrazioni, alla fine di esse, resta identico a come lo conosciamo all’inizio. Probabilmente, invece, al suo posto cambia l’ambiente in cui opera, la comunità di cui è parte o che temporaneamente lo ospita, di cui si fa guida. In questo caso, è chiamato angelo viaggiatore. Un esempio di questo tipo di eroe è quello della cinematografia western: l’eroe arriva in una comunità e le insegna gli strumenti per combattere. In questo caso, potremo anche dire che l’eroe è anche un Mentore della comunità.

separazione dalla famiglia o dalla tribù, simile alla separazione di un bambino da sua madre.

L’archetipo dell’eroe rappresenta la ricerca da parte dell’ego dell’identità e della compiutezza.115

Specialmente nella prima parte del film, abbiamo visto che, per Lulli, l’ostacolo più grande sta nel timore del giudizio da parte dei propri genitori. “Che cosa dirò alla mamma e al babbo?” e “Che cosa diranno di me se disubbidisco?”: queste sono le domande che lo assillano. Subisce il loro giudizio, quello del padre specialmente. Appena può, corre a telefonargli con l’obiettivo di riconfermare l’immagine che si sono fatta di lui e soprattutto che lui ha di se stesso, cioè quella di uno studente di liceo responsabile, occupato a prepararsi per gli esami di maturità. Quello che gli sta accadendo è una parentesi che – spera e così vuole far credere – si chiuderà il primo momento possibile. Lui stesso spinge perché tutto questo finisca appena possibile: rifiuta tutti i tentativi di farsi coinvolgere, ripetendo che deve tornare a casa.

Tecnicamente, come abbiamo già detto, nello schema di Vogler questo momento si chiama rifiuto della chiamata oppure, in uno schema di matrice simile, ancora di provenienza anglosassone, quello di Dara Marks, da lei denominato: fase di resistenza. Per Lulli, però come abbiamo già visto, non si tratta solo di una fase o di un momento circoscritto: Lulli è un eroe riluttante a tutti gli effetti.116

Si accorgerà solo alla fine di quanto questo evento lo abbia mutato, e la fuga diventerà per lui una esperienza che gli cambierà ineluttabilmente la vita                                                                                                                

115 Christopher Vogler, The Writer's Journey, op. cit., p. 27 della traduzione italiana.  

116 Christopher Vogler, The Writer's Journey, op. cit., p. 31 della traduzione italiana: egli sostiene che gli eroi riluttanti sono “pieni di dubbi e incertezze, passivi, hanno bisogno di essere stimolati o di venire spinti all’avventura da forze esterne”.  

e la concezione del mondo, ma soprattutto le proporzioni del suo ego rispetto alle invasioni genitoriali, spostandole in senso in modo sano e saggio a suo favore.

LULLI

Mica mi hanno obbligato. Se non volevo non partivo mica.

Suo padre lo guarda esterrefatto.

Ho capito molte cose con questo viaggio.

BABBO LULLI Viaggio!?

LULLI Eh.117

Abbiamo visto qual è stata l’inversione che ha caratterizzato Lulli alla fine rispetto all’inizio, nella risposta al padre: ora è in grado di gestirlo e arginarlo, mentre prima ne era succube.

Secondo Vogler, il cambiamento avviene attraverso delle tappe precise e un percorso ben definito (il cosiddetto “viaggio dell’eroe” o “arco di trasformazione del personaggio”). Le tappe anche corrispondono a dei topoi, letterari e psicoanalitici. L’intensità drammaturgica di questi momenti è progressiva e crescente: a mano a mano che la storia procede, aumenta il potenziale di conflitto che descrive il rapporto fra l’eroe e i suoi fantasmi, ma anche, probabilmente, la benefica sopraffazione su questi stessi fantasmi.

Aldilà del rispetto per la successione ideale dei singoli topoi secondo uno schema teoricamente definito, anche noi, nella scrittura, abbiamo individuato un momento di svolta per il personaggio di Lulli.

                                                                                                                117 Cfr. Appendice: Sceneggiatura, Sc. 54.  

È proprio la sequenza della stazione di servizio che segna un passaggio cruciale. La svolta avviene soprattutto al momento della lite fra Gismondi e Masi e la questione delle gerarchie all’interno della macchina: chi andrà avanti e chi dietro? Litigano trascurando la gravità della situazione: l’esercito è già in viaggio verso Roma e loro sono lì a perdere tempo per la stupida questione del posto, la frontiera è ancora lontana. Questo è l’argomento che usa Lulli per convincerli a cessare la lite: è una prova che testimonia lucidità di giudizio e spirito di comunità. Egli fa quello di cui avrebbe dovuto occuparsi Masi: si appropria, seppur temporaneamente, di un ruolo genitoriale e questo dà inizio al rafforzamento della propria personalità, da contrapporre, quando sarà necessario, a quella paterna.

2.2.9 ... e dell’Antieroe

Occorre precisare e mettere a fuoco l’accezione che intendo dare allo statuto di “antieroe”.

Leggiamo ancora una volta Vogler:

[È] una specie particolare di eroe, come il fuorilegge o il “cattivo” (agli occhi delle istituzioni) al quale però va l’approvazione sostanziale del pubblico: ci identifichiamo con gli emarginati perché, prima o poi, tutti noi ci siamo sentiti tali.118

Queste parole ci avvicinano a ciò che Lulli è, e a ciò che anche Masi e Gismondi sono. A suo tempo Aristotele definisce così i caratteri della commedia:

                                                                                                               

La commedia è, come si è detto, imitazione di persone che valgono meno, non però per un vizio qualsiasi, ma del brutto è parte il ridicolo. Il ridicolo è infatti un errore e una bruttezza indolore e che non reca danno, proprio come la maschera comica è qualcosa di brutto e di stravolto dalla sofferenza.119

Ma anche la tradizione della "commedia all'italiana" ha fatto dell’antieroe il suo protagonista privilegiato. Abbiamo detto che la commedia all’italiana è forse la madre ideale, con cui il film ha un grande debito aperto, de I primi della lista. Nelle parole di Brunetta, la definizione più specifica della commedia all’italiana è quella che valorizza il “tentativo di cantare la fenomenologia dell’epica quotidiana”.120 Per Federica Villa, essa “mette in

scena inizialmente ancora i volti della strada, sconosciuti e comuni, sorseggia alla fonte del realismo, ma per puntare all’attestazione di un racconto al quale, come’è noto, è concessa più di una licenza dalla verità”.121 Mariapia Comand,

che pure ha dedicato un saggio alla “commedia all’italiana”, inizia così il suo volume:

I personaggi della commedia all’italiana sono dei perdenti. Ancor prima di essere catapultati sulla scena della storia, sono delle comparse della Storia, figure marginali prima ancora che emarginati: ladruncoli, impiegatuncoli, militi ignoti o comuni mariti, tutti comunque provenienti dalla regione dell’anonimato.122

Tralasciando l’annotazione della sostanziale “narratività” inerente alla commedia all’italiana (di cui abbiamo già parlato in merito ai modelli di                                                                                                                

119 Aristotele, Poetica, Rizzoli, Milano, 1987, p. 131.

120 Gian Piero Brunetta, Storia del cinema italiano, Editori Riuniti, Roma, 1993, vol. III, p. 364. 121 Federica Villa, Il narratore essenziale..., op. cit., p. 28.

riferimento de I primi della lista),123 sia Brunetta che Villa insistono sulla

natura quotidiana, popolare e dimessa dei personaggi che la caratterizzano. Spesso questi volti sconosciuti e comuni si muovono ai limiti della legalità, campeggiano in quell’area che Vogler definirebbe dell’outlaw. Per tutti, basti citare I soliti ignoti. In Italia, per evidenti ragioni culturali, il giudizio sugli

outlaw heroes non è e non potrà essere mai severo. Rientra in quell’“arte di

arrangiarsi” che è, appunto, un’arte, un talento per cui, in mancanza di mezzi, è lecito adottare qualunque sistema e qualunque modo.

I nostri personaggi sono innanzitutto degli emarginati politici: appartengono a un movimento che, di fatto, rappresenta una minoranza, per giunta passibile di persecuzione. E sono degli emarginati sociali: appartengono alle classi più basse della società e comunque meno inquadrate. Noi non approfondiamo mai veramente questo aspetto – tranne che per Lulli, di cui conosciamo la professione paterna, quella di muratore. Sappiamo, comunque, che Gismondi e Lulli aspirano a diventare come Masi, cantastorie. È anche la loro età a renderli emarginati rispetto al mondo degli adulti che, in quegli anni, ha un carattere ancora dominante (non a caso il ’68 fu anche un movimento di una generazione di giovani contro una più vecchia). E inoltre, sono doppiamente emarginati e perdenti, perché diventeranno emarginati (è questa la preoccupazione principale di Gismondi e Masi nella seconda parte del film) anche fra gli emarginati, essendo vittima di un abbaglio e dell’equivoco storico in cui cadono.

Dopo lo sfondamento del confine diventano ufficialmente degli outlaw

heroes, pur mantenendo la simpatia e il tifo degli spettatori, esattamente

come la tradizione della commedia all’italiana presuppone. Non si                                                                                                                

sottopongono ai controlli della frontiera, invadono un paese straniero senza avere con loro i documenti validi per l’espatrio, saranno rincorsi dai carabinieri.

Lulli diventa per fasi successive l’emblema di questo tipo di antieroe: a questo punto sarà rincorso dai carabinieri e dai soldati austriaci, senza una casa o un paese in cui tornare, solo, lontano anche dagli ultimi amici. Si qualifica in qualche modo, come l’archetipo del fuggiasco. Sceglie sempre la prudenza e la fuga come risoluzione dei conflitti, è in fondo un pavido, basta ricordarsi anche una delle sue battute più felici (già presente nel memoir, tra l’altro):

Gli altri due non si muovono dal letto, pietrificati: il Lulli tenta di non far notare che la sua voce è rotta.

LULLI

Dopo tocca a noi, chissà cosa ci fanno...

MASI

Non fare il bimbetto. LULLI

Se mi torturano io dico tutto, tanto non so una sega!

Il suo unico momento di coraggio incondizionato arriverà proprio alla fine del film con la presa di posizione contro padre e madre, nella risolutezza di tornare in Italia, con la convinzione di fare il concerto nel cortile del carcere e continuare a suonare.