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2.2. Renzo Lull

2.2.1 Lulli come punto di vista

Lulli quindi è, intanto, il punto di vista sulla storia: egli mantiene, infatti, per gran parte del film, il ruolo di osservatore (non è un caso che il film parta con un primo piano di Lulli, sui suoi occhi, che saranno lo sguardo d’elezione per vedere la storia che si dipanerà scena dopo scena). Per questa ragione, è il personaggio presente in tutte le scene, a eccezione delle tre scene, 47 a 49, che abbiamo già commentato, all’incirca alla metà del film: quella dell’avvocato con i genitori, quella alla Farnesina e quella dei carabinieri. Per il resto, quando il gruppo si divide, il punto di vista rimane sempre ancorato a lui, sia dopo il pestaggio di Gismondi in carcere, sia prima, durante la fuga al confine. Ci sono soltanto altre due piccole parentesi, dove il punto di vista abbandona lo sguardo del Lulli, che sono il taglio di capelli e l’inizio della scena nell’autogrill. A parte queste poche eccezioni, in tutte le altre occasioni è Lulli che lo sguardo autoriale segue posizionato alle sue spalle. Potremmo dire

che buona parte del film è costruita in soggettiva o, a dirlo meglio, in semisoggettiva,81 “narrativa” del Lulli.82

Prima di proseguire con l’analisi del personaggio, fermiamoci un attimo per affrontare il problema del punto di vista in questa storia, sia per quanto Lulli stesso, sia per coinvolgere l’intera costruzione drammaturgica del film. Più volte le teorie cinematografiche si sono poste il problema di dover inscrivere la questione del punto di vista e più volte la questione si è fatta sfuggente attorno alla domanda se il punto di vista, nella narrazione, sia da intendersi come risposta alla domanda “chi guarda?”, oppure, “chi parla?”. E’ un quesito, questo, che si è fatto assai più esigente ma anche più sfuggente nel momento in cui è stato applicato al cinema, trattandosi dell’ambiente in cui vedere è anche, gioco forza, sapere.83 Nel nostro caso, Lulli è il focalizzatore

di punta per una focalizzazione interna e, attraverso il suo sguardo, spesso in semisoggettiva, noi seguiamo le vicende dei personaggi. Lui sa meno degli altri due protagonisti, e lo spettatore tramite il suo filtro e sguardo viene a scoprire e a vedere questo mondo nuovo che gli si srotola davanti.

È interessante soffermarsi anche sull’analisi del sapere spettatoriale. In questo film, infatti, l’istanza enunciativa si arroga lo stesso status dei                                                                                                                

81 Edward Branigan, Point of View in the Cinema. A Theory of Narration and Subjectivity in Classical Film, Mouton de Gruyter, Berlin–New York–Amsterdam, 1985 (prima ed. 1984). Come sostiene nel suo “cerchio della soggettività”, si tratta di una serie di inquadrature che sono tecnicamente oggettive, tant’è che speso è presente nel campo di ripresa, ma contengono caratteri tipici della soggettività, cioè ciò che si vede è ciò che lui vede.

82 A questo proposito, c’è un aneddoto buffo che posso raccontare rispetto al ruolo dell’analista e del film- maker. Durante le riprese del film, per spiegare il moo modo di intepretare la scena, spesso dicevo al direttore della fotografia, Tommaso Borgstrom, “Facciamo una semisoggettiva” e tutti ridevano perché, nel linguaggio del set, “semisoggettiva” non si usa, essendo preferita l’espressione “di quinta”.

83 André Gardies, “Il sapere e il vedere”, in: Lorenzo Cuccu, Augusto Sainati (a cura di): Il discorso del film –

personaggi, fa come se ne sapesse quanto Lulli, e solo in un secondo momento si apre anche al “punto di vista” di Gismondi e Masi, per arrivare, quindi (il cardine di questo cambio è la Scena 19), a raccontare questa storia come se il colpo di stato stesse succedendo davvero.

Gardies, nella sua codificazione del sapere filmico,84 non ammetteva in

nessuna delle sei posizioni possibili (polarizzazioni) che lo Spettatore potesse saperne di più dell’Enunciatore – nemmeno fingendo (come nel caso di una situazione conforme a una normale polarizzazione-spettatore: En=Sp>P) perché è il secondo che fornisce le informazioni al primo. Questo è coerente con il dato che Gardies giustamente valuta il film come un’opera chiusa e le dinamiche del sapere interne a quell’orizzonte di universo. Ma si dà il caso che ne I primi della lista ci sia un carico di informazioni esterne all’opera stessa – per prima, la consapevolezza storica che il colpo di stato non è avvenuto, e ciò abilita lo Spettatore a saperne di più sia del Personaggio, ma anche (mi rendo bene conto che potrà sembra una forzatura, ma essa ci impone una riflessione) sull’Enunciatore che si è dovuto adeguare al punto di vista del personaggio, cioè all’ “ignoranza” del suo Personaggio, arrivando quindi a questo caso sorprendente: P≤En<Sp.

Ne consegue che, nell’analisi della questione del punto di vista ne I

primi della lista, e in particolare, di Lulli come punto di vista, non si può fare

a meno di tenere presente il carico di sapere dello spettatore prima ancora del suo ingresso in sala, prima della visione del film, cioè il fatto che lo spettatore

                                                                                                               

medio sappia che in Italia un colpo di stato non è mai avvenuto. Ritroveremo questo punto quando parleremo della comicità intrinseca del film.85

Per adesso, riflettiamo sul fatto che se Lulli è resistente a intraprendere questo viaggio, e questo tratto lo rende più vicino al pubblico, perché lo spettatore sa, in prospettiva storica, che lui fa bene a essere diffidente.86