• Non ci sono risultati.

2. INT GIORNO FOGGIA ALBERGO (BIANCO E NERO)

4.3 L’uso della lingua e dei dialogh

Sulle scelte linguistiche, abbiamo dovuto fare un lavoro le cui dimensioni forse sia io che Davide Lantieri, all’inizio, sottovalutavamo. Sia lui che io avevamo conosciuto a fondo gli anni ’70, attraverso i libri e altri documenti, per esempio i volantini, che ci erano stati utili per approfondire la conoscenza del periodo, però è stato senza dubbio Renzo Lulli a darci l’aiuto decisivo sulla questione linguistica, perché era un testimone diretto della maniera in cui si parlava a quel tempo, soprattutto in quell’ambiente. La prima cosa su cui ci ha messo in guardia era che dovevamo stare attenti affinché non usassimo un lessico troppo moderno: l’esclamazione “cazzo!” anche come intercalare o in alcune espressioni composte, come “che cazzo vuoi?” o “mi hai rotto il cazzo”, che oggi sono molto comuni, a quel tempo non erano così frequenti e perciò ne abbiamo limitato l’uso o sostituito con la parola “minchia”.

Un altro dei termini banditi dal vocabolario di questa sceneggiatura è stato il diminutivo “fasci” o “fascio”, al posto di fascisti o fascista: non si usava (tutt’al più si usava a Roma). A detta di Lulli, era un’espressione che è arrivata molto più tardi a Pisa. Alcune volte, abituati al nostro modo di parlare, ci suonava strano e allora interveniva Renzo Lulli a rassicurarci. Ancora, c’è stata un’altra parola che, per noi, sarebbe stata naturale usare e che, invece, sarebbe stata storicamente inappropriata: era la parola “golpe”. Questo termine diventa di uso comune dopo, appunto, i golpe sudamericani, Cile e Argentina, che nel 1970 non erano ancora avvenuti. Era più comune parlare di “putsch” che è di derivazione germanica, oppure semplicemente di “colpo di stato”.

Riguardo allo stile della lingua, ci è venuto naturale restare fedeli al soggetto di Lulli, dove si praticava molta ironia e autoironia e dove si stava attenti a un continuo alleggerimento del tema. Parallelamente, così come per la recitazione, siamo sempre stati attenti a tenerci sul registro della verosimiglianza, anche quando erano in atto pratiche di autoironia. I personaggi dovevano parlare e agire come avrebbero normalmente fatto in quel momento in cui è successa la vicenda.

4.4 L’attualità

Sempre rispetto allo stile, per noi era, però, importante che questa storia non fosse soltanto un oggetto da museo, da guardare avulso dal tempo. Ci sarebbe piaciuto che avesse una sua attualità. Questo lo abbiamo trovato più di tutto in tre punti chiave.

Il primo è sul sentimento dei personaggi: io mi sono sempre sentito a mio agio a raccontare questa storia perché, comunque, uno dei temi che la

caratterizzano è l’amicizia. In particolare, si parla di un’amicizia che si solidifica attorno a un problema, a una paura, a un sogno politico- rivoluzionario. Sono andato a molte manifestazioni, ho fatto parte di diversi gruppi – sia centri sociali, sia movimenti studenteschi – quindi, raccontando questa storia, era come se rivedessi in quei tre personaggi, me e alcune delle cavolate che avevo commesso anch’io in passato. Questa fuga verso l'Austria era solo più estrema e magnifica. Io, però, conoscevo il nocciolo di quella questione. I nostri protagonisti avevan, sì, l’ingenuità propria di quei tempi, ma anche caratteristiche che avremmo potuto trovare anche oggi. C'erano alcune tematiche, come la paura della fuga e l’idealizzazione, assolutamente attuali. Rispetto a oggi, invece, sarebbe differente, per esempio, il rapporto con i genitori, ma questo non doveva influenzare il dato che chi lo vedesse, e potesse identificarsi in quei ragazzi. È stato questo il motivo per cui abbiamo molto insistito sul sogno della musica, in particolare per Lulli. Lulli esce da casa perché vuole suonare, desidera diventare un cantautore, suonare in un gruppo, andare a fare una tournée. Ecco, quel tipo di sogno ci era importante per questa ragione, perché creava una liaison diretta con i desideri dei ragazzi di oggi. Così com’era importante – e questo in qualche modo si ricollega con quanto ho detto prima circa la mia personale vicinanza a questa vicenda – il fatto che ci fossero momenti in cui i tre si affezionavano l’uno all’altro. Si può leggere anche in questo senso la scena della scomparsa di Lulli e della ricerca da parte degli altri due, aiutati dagli austriaci: in quest’ottica di amicizia politico-rivoluzionaria, l’aspetto fondamentale è rimanere uniti.

Il secondo punto chiave è partito da una considerazione. Ci sembrava interessante il fatto che noi che stavamo scrivendo questo film nell’epoca in cui la “fuga dei cervelli” dall’Italia – e non più delle persone e delle gambe e

delle braccia e dei corpi – fosse all’apice. Ci sembrava una strana coincidenza che andassimo a raccontare la storia di tre che scappano dall’Italia per andare in un paese più civile e sicuro, cioè l’Austria, nel momento in cui stava accadendo di nuovo questo imulso alla fuga. Al tempo, aldilà del fatto che il colpo di stato accadesse o no, sicuramente c’è stato un esodo, così com’era avvenuto in Grecia (infatti, non era un caso che ci fossero così tanti studenti greci in Italia). Realizzata l’esistenza di questo parallelismo, io e Lantieri abbiamo pensato che ci sarebbe piaciuto inserire alcuni discorsi che abbiamo sentito dire da ragazzi che stanno andando via dall’Italia oggi, all’interno di questo film che raccontava fatti di quarant’anni prima. Mentre scrivevamo, abbiamo sentito dire da tanti: “Cavolo, andrò via, mi mancherà il mio bar, i miei amici, la mia famiglia, le feste... Spero di tornare. Chissà quando tornerò. Nel momento in cui poi accetterò il lavoro all’estero, non saprò quando potrò tornare”.

A ben vedere, aldilà dell’esito, che è lo stesso, i ragazzi di oggi e quelli di allora, fra cui i protagonisti de I primi della lista, affrontano o affrontavano due istanze opposte: ne esce una sorta di simmetria a specchio. A quel tempo si fuggiva per paura di un cambiamento violento, dai tratti storici, che avrebbe cambiato tutto il mondo attorno. Adesso si fugge perché sembra non cambiare nulla, perché c’è una sorta di stasi, di palude, di stagnazione sia economica, sia culturale, sia sociale. Questa simmetria per noi era una questione da tirare fuori dal film: lo rendeva attuale, stilisticamente originale e contemporaneo.

Il terzo punto è legato alla situazione politica. Molti vanno via – e questo sentimento era ancora più forte mentre si scriveva e girava il film, cioè nel 2010 – perché in Italia c’è Berlusconi, che allora era addirittura a capo del governo, dopo un quasi un ventennio di potere in Italia. C’è una sorta di

ritorno paradossale ma interessante: I primi della lista è costruito in modo che lo rende disponibile a una lettura che lo interpreta come uno specchio di quello che poi è successo all’Italia: il riciclo dei fascisti, la presa del potere dei media, il fatto che ci siamo resi ridicoli in Europa e nel mondo. Dentro il film, c’è una serie di topoi che una parte degli italiani, quella metà anti- berlusconiana, condivide. Abbiamo provato, allora, sottilmente, a trovare quei tratti comuni che legavano seppur simbolicamente Berlusconi agli elementi presenti in quel tentato colpo di stato nel ’70. Ci sembrava molto interessante perché era sia un discorso sull’attualità, sia perché poi c’è stata un’attuazione del programma della P2 – un ambiente dunque limitrofo a chi aveva progettato il colpo di stato – che proprio in quegli anni ebbe le sue origini: separazione delle carriere dei magistrati, una tv culturalmente bassa, la pubblicità...

5 Il comico