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2. INT GIORNO CASA LULLI CUCINA

2.2.5 La fase di resistenza

Tornando però a Lulli, in questa stessa scena, c'è da dire che è la prima volta in cui, timidamente, mette in dubbio il leader: è il buon senso, lo stesso che avrebbe lo spettatore, a fargli fare quelle domande. Resta in una cosidetta

fase di resistenza. E anche poco dopo, quando Masi chiede di bruciare i

volantini e i numeri di telefono, Lulli resta sbalordito, ma inizia anche a eccitarsi: Masi sottilmente allude a grandi concerti, a ragazze, alla fama.

Masi zittisce il Gismondi e parla diretto al Lulli. Lulli, se non succede niente ce ne torniamo a casa domani sera e

intanto s’è fatta una gita e un po’ di prove per il concerto.

Il Masi prende una pausa, da attore consumato. Ma se invece succede… noi siamo I primi della lista. Musicisti,

scrittori, intellettuali, ci fanno fuori subito, Lulli. Noi dobbiamo sopravvivere per raccontare chi non

si è salvato. È il nostro dovere. Ma tu vuoi sonà con me o no!?

Lo guarda dritto negli occhi, il Lulli annuisce e il Masi parte.

E allora cosa suoniamo se non

suoniamo questa storia? Questa sarà la cosa più grande in cinquant’anni di storia d’Italia, non ci capiterà mai più nella vita di dover suonare

una cosa così importante!97

 

Il fatto che Lulli sia il personaggio più naif e ingenuo, in questa situazione di equivoco, paradossalmente, lo fa diventare anche il personaggio più saggio. Lulli decide di partire, sì, ma rimane sempre quello che continua a ragionare con buon senso. Non solo sull’opportunità dell’espatrio ma anche sulle modalità. Per esempio, continua a rimanere dubbioso sul fatto che fosse la Jugoslavia, la giusta meta della fuga.

LULLI

Oh, ma voi lo conoscete il Govoni? GISMONDI

Ma chi, quello di Calci? LULLI

Sì, quello che rompeva le palle a tutti che doveva andare a costruire l’avvenire in Jugoslavia.

GISMONDI E allora?

LULLI

L’anno scorso c’è andato con un suo amico di Genova. Dopo due mesi mese sono tornati con la febbre, secchi come chiodi.

MASI E perché?                                                                                                                 97 Cfr. Appendice: Sceneggiatura, Sc. 10.

LULLI

Gli hanno detto che erano lì per dare una mano e gli slavi gli hanno dato un caschetto e un piccone e li hanno mandati a spalare carbone. Ha detto il Govoni che li facevano lavorare dodici ore al giorno.

GISMONDI Capirai.

LULLI

Capirai cosa? GISMONDI

Quello non ha fatto una sega tutta la vita e ora viene fuori quanto s’è sfaticato!

Il Lulli non ribatte, Masi rimugina in silenzio.98

Questo aneddoto, l’abbiamo riadattato e reinventato dal primo romanzo di Pasolini, Il sogno di una cosa:99 si racconta di ragazzi giovani

dopo la guerra di liberazione; comunisti che, per contribuire al sol dell’avvenire, decidono di andare in Jugoslavia,100 dove, però, vengono

costretti a lavorare in miniera, ai lavori forzati, e tornano secchi e un po’ denutriti. Il romanzo di Pasolini non è giocato in chiave comica, ma io e Lantieri avevamo pensato che, se traslato in un registro ironico, avrebbe funzionato molto bene.

                                                                                                                98 Cfr. Appendice: Sceneggiatura, Sc. 15.  

99 Pier Paolo Pasolini: Il sogno di una cosa, Garzanti, Milano, 1962.

100 Può forse essere utile un confronto fra la nostra scena alla frontiera e il momento, nel romanzo di Pasolini, in cui i protagonisti scorgono la Jugoslavia: “Verso le quattro del pomeriggio arrivarono a Gorizia e per passare il tempo vollero salire sul castello. Da lassù, in cima ai bastioni che sorgevano sopra un colle, si poteva vedere lungo una distesa verde e azzurra di alture e montagne, il confine con la Jugoslavia e la Jugoslavia stessa, come addormentata nel sole. Coi loro fagotti ai piedi, i ragazzi guardavano zitti verso quell’orizzonte limpido, turchino e imbevuto di una luce che toglieva il respiro, lungo le curve delle prealpi, tra boschi, borgate e radure. Proprio sotto il castello, sul costone di una collina, si vedeva a non più di due o trecento metri, una strada bianca, disegnata tra case e orticelli; degli uomini vi camminavano; una donna venne alla fienstra a sbattere un panno. Là non c'era più l’Italia: pareva che non ci fosse più mondo, o che avesse inizio un mondo del tutto nuovo, libero, luminoso.” Pier Paolo Pasolini, Il sogno di una cosa, op. cit., pp. 35-36.  

(C’è, quindi, un altro tipo di fonte da registrare nel grande magma di fonti cui attinge il copione de I primi della lista, in questo caso una citazione o forse meglio un adattamento di un’altra fonte letteraria, che descrive sempre quei tempi ma resta estranea al memoir di Lulli.)

In questa scena si crea una prima frattura fra Lulli e Gismondi, perché Gismondi continua a idealizzare Masi e quindi accetta pedissequamente la sua idea della Jugoslavia; Lulli, invece, anche se non apertamente, la contesta. Ed è proprio in questa scena – che prelude poi al conflitto interno, ancora più importante, fra Gismondi e Masi – che, alla fine, il leader accoglierà questo ragionamento di buon senso, perché, di fronte al confine, avrà poi paura di andare in Jugoslavia e preponderà per l’Austria. Si creerà, dunque, un sodalizio fra Masi e Lulli proprio su questo punto.

(Mi accorgo per la prima volta che è Lulli a essere il motore della lite fra Masi e Gismondi; anche se incosciamente e in maniera sotterranea, lui si sta già preparando per diventare leader scalzando Gismondi dalla posizione di "secondo" del gruppo.)

Nei percorsi di cambiamento previsti per il protagonista dai manuali di sceneggiatura più accreditati, c’è una zona del racconto, piuttosto precisa e delimitata temporalmente, che viene chiamata – lo abbiamo già detto – fase

di resistenza101 , oppure rifiuto della chiamata,102 e che descrive la naturale

propensione a non farsi carico del peso dell’avventura che si è chiamato a intraprendere. Secondo Dara Marks, questo tipo di atteggiamento sarebbe da ascrivere a una caratteristica di umanità del personaggio principale che, sul modello di quanto accade nella realtà, ha timore del cambiamento, in                                                                                                                

101 Dara Marks, Inside Story: the Power of the Transformational Arc, op. cit., pp. 145-147 della traduzione italiana. 102 Christopher Vogler, The Writer's Journey, op. cit., pp. 76-81 della traduzione italiana.  

qualunque forma, anche se, in prospettiva, potrebbe risultare positivo. Rispetto al modello americano, però, il nostro protagonista Lulli ha una fase di resistenza che non è circoscrivibile a un momento preciso, ma, come abbiamo visto, attraversa più di un terzo di film.