• Non ci sono risultati.

L’armonizzazione minima della nuova debole informativa nei contratti “diversi” da quelli conclusi a distanza o negoziati al di fuori dei local

La Consumer Rights Directive tra propositi ambiziosi e aspettative infrante: quale full effectiveness tra public e private

2. La portata generale dei doveri di informazione precontrattuale

2.1 L’armonizzazione minima della nuova debole informativa nei contratti “diversi” da quelli conclusi a distanza o negoziati al di fuori dei local

commerciali

In particolare, per i contratti diversi da quelli conclusi a distanza o negoziati al di fuori dei locali commerciali, e a prescindere dalle particolari modalità di stipulazione, l’art. 48 cod. cons., trasposizione dell’art. 5 della direttiva 2011/83/UE, rispecchia una tra le novità376 senza dubbio principali apportate col recepimento della direttiva in esame

nell’impianto normativo a tutela del consumatore, attenendo al pacchetto di informazioni precontrattuali minime che, sulla falsa riga di quanto si verifica nei contratti di viaggio377 e

di multiproprietà, il professionista è tenuto a fornire in maniera chiara e comprensibile al consumatore, qualora le medesime non siano già autoevidenti dato il contesto378, prima che

376 Sino a prima della modifica infatti la previsione di obblighi informativi precontrattuali era dettata

unicamente per alcune tipologie contrattuali per le specifiche modalità di contrattazione (per esempio contratti a distanza e contratti negoziati fuori dai locali commerciali)) o per il loro particolare oggetto (basti pensare ai pacchetti turistici o alla multiproprietà), mentre, al di fuori delle medesime, i comportamenti posti in essere dall’operatore commerciale nella fase antecedente la conclusione dell’accordo contrattuale erano sottoposti solamente alla disciplina delle pratiche commerciali scorrette, non potendosi censurare l’omissione di informazioni che non fosse altresì idonea ad incidere in maniera significativa sulla decisione commerciale del consumatore. Secondo G. De Cristofaro, La disciplina degli obblighi informativi precontrattuali nel codice del consumo riformato, cit., p. 918, la norma in parola rappresenta una novità, in quanto finalmente esiste una «disciplina completa ed esaustiva delle obbligazioni informative precontrattuali, applicabile a qualsiasi rapporto contrattuale B2C».

377 L. Rossi Carleo, M. Dona, Il contratto di viaggio turistico, in Tratt. dir. civ. Not., Napoli, 2010, p. 65 ss. Si

precisa che il d. lgs. 23 maggio 2011, n. 79, da ultimo modificato dal d. lgs. 21 maggio 2018, n. 62, ha introdotto la figura del turista-cliente, definito all’art. 33 come «l’acquirente, il cessionario di un pacchetto turistico o qualunque persona anche da nominare, purché soddisfi tutte le condizioni richieste per la fruizione del servizio, per conto della quale il contraente principale si impegna ad acquistare senza remunerazione un pacchetto turistico», epifania del consumatore tout court, attorno al quale una parte della dottrina ha costruito il c.d. contratto asimmetrico; cfr. V. Roppo, Regolazione del mercato e interessi di riferimento: dalla protezione del consumatore alla protezione del cliente?, cit., p. 19 ss.; Id., Prospettive del diritto contrattuale europeo. Dal contratto del consumatore al contratto asimmetrico?, in Corr. giur., 2009, p. 279-280.

378 Trattasi di presupposto identico a quello rinvenibile nell’art. 22, co. 4, cod. cons., contenente l’elenco delle

informazioni che debbono considerarsi “rilevanti” tutte le volte in cui un professionista rivolga a consumatori un “invito all’acquisto”, se “non risultano già evidenti dal contesto”, e da intendersi in maniera restrittiva e rigorosa per evitare lo svuotamento della portata precettiva dell’art. 48 cod. cons., considerandosi “apparenti” unicamente le informazioni ricavabili da parte del consumatore dalle circostanze effettive in cui si trova ad emettere la propria dichiarazione negoziale con uno sforzo di diligenza minimo, come per esempio le informazioni circa qualità e le caratteristiche dei beni contemplate nelle etichette o nelle confezioni dei prodotti; così cfr. G. De Cristofaro, La disciplina degli obblighi informativi precontrattuali nel codice del consumo riformato, cit., p. 929, il quale richiama nella dottrina tedesca per analogia R. Koch, Rechte des Unternehmers und Pflichten des Verbrauchers nach Umsetzung der Richtlinie über die Rechte der Verbraucher, in JZ, 2014, p. 762.

La dottrina ha criticato la norma, asserendo che a causa della sua genericità essa rischi di dare origine a vuoti di tutela e contrasti interpretativi: v. L. Delogu, La proposta di direttiva sui diritti dei consumatori: la situazione a un anno dalla sua presentazione, cit., p. 975; secondo S. Pagliantini, La riforma del codice del consumo ai sensi del d. lgs. 21/2014: una rivisitazione (con effetto paralizzante per i consumatori e le imprese?), cit., p. 800, l’introduzione dell’onere di una conoscibilità di elementi utili a fruire della prestazione dischiude un dovere di collaborazione rilevante in sede di valutazione di importanza dell’inadempimento ex

questi ne risulti giuridicamente vincolato, ossia prima che emetta la dichiarazione di volontà, accettazione o proposta idonea a condurre al perfezionamento del negozio promosso da parte dell’imprenditore.

La norma de qua, così come l’art. 49 cod. cons., aderendo supinamente e acriticamente alla direttiva, si limita ad un generico “prima”, senza fornire indicazioni temporali precise379, – indeterminatezza del parametro temporale che intacca la tutela del

consumatore, lasciandolo alla mercé del fornitore –, potendo pertanto trattarsi persino di pochi istanti, magari in occasione di un medesimo incontro con contestuale presentazione di due documenti, rispettivamente l’informativa e la proposta contrattuale380, a differenza del

previgente art. 52, co. 1, cod. cons., che più opportunamente rassicurava mediante la art. 1455 c.c. La questione si inserisce nella discussione concernente lo standard di diligenza richiesto al consumatore dagli interventi protettivi e segnatamente se la disciplina debba elargire protezione unicamente al consumatore «attivo» ovvero anche a quello «passivo»; sul tema v. J.A. Luzak, Passive Consumers vs. The New Online Disclosure Rules of the Consumer Rights Directive, Centre for the Study of European Contract Law Working Paper Series No. 2015-02, p. 1 ss.; Amsterdam Law School Research Paper No. 2015-02, p. 1 ss.

Onde evitare lo svuotamento della portata precettiva della norma de qua, la dottrina, in particolare G. De Cristofaro, La disciplina degli obblighi informativi precontrat- tuali nel codice del consumo riformato, cit., p. 928, abbraccia una condivisibile interpretazione restrittiva della disposizione, considerare «apparenti» unicamente quelle informazioni che «il consumatore può ricavare dal contesto e dalle circostanze in cui si trova ad emettere la propria dichiarazione negoziale con uno sforzo di diligenza minimo (per es. le informazioni sulle caratteristiche e le qualità dei beni che si rinvengono nelle confezioni o nell’etichettatura dei prodotti)».

379 Altri legislatori europei, invece, nell’ottica di fornire maggiore protezione al consumatore, si sono discostati

dalla direttiva; per esempio, nell’art. 4, co. 1, del decreto-lei portoghese n. 24 del 14 febbraio 2014, compare la locuzione “in tempo utile”, scelta salutata con favore da J. Morais Carvalho, J.P. Pinto-Ferreira, Contratos celebrados à distância e fora do estabelecimento comercial. Anotação ao decreto-lei n. 24/2014, de 14 de fevereiro, Almedina, Coimbra, 2014, p. 61 ss. L’art. II. - 3:103, par. 1, DCFR afferma invece che il consumatore deve ricevere le informazioni “a reasonable time before the conclusion of the contract”, altrimenti lo spatium deliberandi diventa annuale ed il regolamento delle parti subisce un’integrazione in base all’art. II. - 3:109, norma da un lato di grande finezza sistematica per l’astrazione degli “information duties” dal rapporto di consumo e il loro ingresso nei “marketing precontractual duties” ex artt. II. - 3:101 e II. - 3:302, dall’altro generica e minacciante l’arbitrio del giudice.

Il lemma “in tempo utile” può peraltro riscontrarsi in una serie di altre norme del codice del consumo, quali gli artt. 67-undecies, co. 1, relativo ai contratti per la prestazione di servizi finanziari conclusi a distanza, e l’art. 71, co. 2, sui contratti di multiproprietà, ed extracodicistiche, come l’art. 31 d. lgs. 26 marzo 2010, n. 59, circa i contratti aventi ad oggetto la prestazione di servizi, l’art. 5, par. 1, della direttiva 2008/48/CE, sebbene nella sua attuazione nell’ordinamento nazionale con l’art. 124, co. 1, T.U.B., sui contratti di credito ai consumatori, il legislatore domestico abbia optato per l’elisione della locuzione de qua.

380 Secondo G. De Cristofaro, La disciplina degli obblighi informativi precontrattuali nel codice del consumo

riformato, cit., p. 924, poiché detta istantaneità appare pressoché irrealistica, la ratio delle informazioni precontrattuali si sostanzierebbe nell’assicurare che venga assunta in modo razionale e consapevole la decisione relativa al se mantenere l’affare già concluso ovvero se cancellarlo esercitando il diritto di recesso, e non quella circa l’emissione o meno della dichiarazione negoziale, in quanto nei contratti a distanza e negoziati fuori dai locali commerciali il momento in cui la voluntas del consumatore di dar vita ed esecuzione al rapporto contrattuale può considerarsi definitivamente e stabilmente espressa è quello in cui scade il termine entro il quale può essere esercitato lo ius poenitendi senza che il consumatore abbia manifestato di avvalersene. Conseguentemente, per le fattispecie negoziali annoverabili tra quelle per cui è escluso il diritto di recedere dal contratto, il dovere di informazione in sede precontrattuale risulterebbe inidoneo a garantire che l’assunzione del vincolo contrattuale si realizzi effettivamente in base ad una scelta consapevolmente ponderata del consumatore.

locuzione “in tempo utile”, presupponendo la decorrenza, secondo buona fede oggettiva, di un lasso temporale fra la comunicazione delle informazioni precontrattuali e l’emissione della dichiarazione negoziale del consumatore, onde garantire a quest’ultimo la concreta possibilità di prendere visione e di analizzare le informazioni somministrategli prima di assumere una consapevole decisione in merito all’affare.

Dette informazioni tipizzate delineano i contorni di un’informativa precontrattuale generale c.d. a statuto debole381 e nello specifico ineriscono all’identità e ai recapiti del

professionista e dell’eventuale intermediario, così escludendosi l’opportunità per la parte professionale di celarsi dietro l’impersonalità della rete e l’anonimato, alle principali caratteristiche dei beni o dei servizi, compreso il prezzo totale comprensivo delle imposte382

ovvero – se non calcolabile ragionevolmente in anticipo – quanto meno le modalità di calcolo, nonché quelle di pagamento, consegna, esecuzione e trattamento dei reclami ricevuti, al promemoria in ordine alla garanzia legale di conformità383 e alle condizioni della

garanzia convenzionale384 e degli altri servizi post-vendita, nonché alla durata del contratto.

In estrema sintesi, l’informativa in esame deve inerire da un lato ai basilari elementi identificativi dell’offerta e dell’agente professionale, e al contenuto economico e normativo del contratto, e dall’altro alle facoltà e ai diritti riconosciuti alla parte debole del rapporto, in continuità ideologica con gli artt. II. - 3:101 DCFR e 13 CESL.

Peculiari disposizioni nuove sono state inoltre introdotte per quanto attiene ai contratti aventi ad oggetto contenuti digitali – anche ove non forniti su di un supporto materiale –, coi quali vengono individuati i prodotti fruibili in streaming o le forniture online di software, sino a ricomprendere altresì la messa a disposizione di spazi digitali385. In presenza di tali fattispecie, della cui centralità nei nuovi mercati la direttiva in 381 Così S. Pagliantini, La riforma del Codice del consumo ai sensi del d.lgs. 21/2014: una rivisitazione (con

effetto paralizzante per i consumatori e le imprese?), cit., p. 797, il quale contrappone detto tipo di informativa a quella c.d. a statuto forte prevista per i contratti a distanza e negoziati fuori dei locali commerciali. Invece P. Occhiuzzi, Gli obblighi informativi, cit., p. 15 parla di armonizzazione “a doppia velocità”.

382 L’obiettivo perseguito consiste qui nel colpire la prassi delle compagnie aeree low cost, le quali attirano il

consumatore, lo accompagnano step by step in una sorta di procedura al rialzo, rivelando solo al termine il prezzo totale effettivo del biglietto aereo.

383 In sintesi, l’imprenditore deve ricordare al consumatore che l’art. 129 cond. cons. gli attribuisce il diritto di

pretendere la consegna di un bene mobile “conforme al contratto di vendita” e, ex art. 130 cod. cons., ove nel bene ricevuto in esecuzione del contratto si manifesti un “difetto di conformità” entro i 26 mesi successivi alla traditio, il diritto al “ripristino della conformità al contratto” mediante in primis sostituzione o riparazione, ed eventualmente in seconda battuta riduzione del prezzo o risoluzione del contratto.

384 Questa previsione, per cui la garanzia convenzionale è allo stato dell’arte inclusa tra le informazioni di

carattere generale che vanno fornite dall’operatore economico prima della conclusione del contratto col consumatore, replicata dall’art. 49, co. 1, lett. n, cod. cons. per le fattispecie di vendita a distanza o conclusa fuori dai locali commerciali, si inscrive in una regolamentazione volta al favor per il consumatore.

385 Cfr. P. Sammarco, La concessione di spazio digitale in rete aperta, in Aa.Vv., I contratti di utilizzazione

esame prende atto, i consumatori devono essere informati sia circa le misure di protezione tecnica adottate, le modalità di utilizzo e l’eventuale esistenza di restrizioni tecniche, quali il c.d. Digital Rights Managment (DRM) o la codifica regionale, sia riguardo all’interoperabilità pertinente del contenuto digitale con l’hardware e con il software di cui l’imprenditore sia a conoscenza, ovverosia il sistema operativo, le versioni eventualmente necessarie e le caratteristiche specifiche dell’ambiente hardware, ex artt. 5, par. 1, lett. g) e h), e 6, par. 1, lett. r) e s). Si precisa comunque che la loro equiparazione ai beni di consumo è macchiata da parzialità, tanto che le due più significative disposizioni in tema di compravendita di questi ultimi, ovverosia gli artt. 18 e 20, rispettivamente sulla consegna e sul passaggio del rischio, rimangono estranee ai contratti di fornitura di contenuti digitali, a testimonianza della specificità che connota la vendita di beni mobili risaltante in maniera più marcata in particolare quanto all’immissione nel possesso e al perimento per causa non imputabile al venditore.

Poiché l’art. 48 cod. cons. rappresenta una micro-clausola di armonizzazione minima, essendo ex co. 4 concessa agli Stati – così come all’imprenditore medesimo – la elastica possibilità di prevedere obblighi informativi addizionali maggiormente stringenti, e ai legislatori nazionali una discrezionalità senza limiti, il legislatore domestico, accanto alla conservazione di norme nazionali vigenti relative a singole tipologie di beni mobili o servizi non finanziari386, ha optato per operare un mero copia e incolla della direttiva de qua, ad

eccezione di casi piuttosto limitati e di scarso interesse, come per esempio il dovere di fornire le informazioni concernenti, oltre al professionista, anche il soggetto intermediario, ai sensi della lett. b) del co. 1, dell’art. 48.

Quanto ai mezzi e alle modalità di adempimento dell’obbligo informativo, in difetto di una puntuale previsione, i professionisti nell’esercizio della loro ampia discrezionalità, possono effettuarlo in forma orale387 oppure – in armonia col successivo art. 49 cod. cons. –

con consegna o messa a disposizione del consumatore di un supporto cartaceo o comunque durevole, con comunicazioni ad hoc al singolo consumatore con cui instaurano un contatto ovvero indirizzate in modo generico e indistinto a tutti i consumatori, mediante riporto su appositi supporti di facile accesso collocati all’interno dei loro locali commerciali. Inoltre, nel caso in cui le informazioni in questione siano fornite o ricavabili dalle condizioni generali

386 Basti pensare per fornire un esempio alla disciplina della pubblicità dei prezzi di cui all’art. 14 del d.lgs. 31

marzo 1998, n. 114, recante riforma della disciplina relativa al settore del commercio.

387 P. Schwarzenegger, Informationspflichten, in Aa.Vv., Die Richtlinie über die Rechte der Verbraucher, cit.,

di contratto unilateralmente predisposte, l’operatore economico risulta adempiente se utilizza e rende conoscibili le stesse nei locali ove svolge la sua attività o tramite moduli e formulari, sottoposti al consumatore e dal medesimo sottoscritti.

Se il grande valore della disposizione de qua è insito nell’estensione dell’obbligo di congrua informativa precontrattuale a qualsivoglia contratto dei consumatori, con portata generale, al punto che ai contratti dei consumatori non conclusi a distanza o fuori dei locali commerciali si applicano tutte le disposizioni di cui alle Sezioni III e IV, eccettuate unicamente quelle concernenti l’esercizio del diritto di recesso, concorrendo ad elargire concreta solidità al dovere di buona fede di cui all’art. 1337 c.c. in materia di transazioni commerciali, valutato in relazione alle necessità di protezione delle categorie dei consumatori caratterizzate da particolare vulnerabilità, tuttavia, in mancanza di una espressa definizione, l’interprete incontra un corposo limite – oltre che nel difetto di una regola circa l’onere della prova analogo a quello di cui all’art. 49, co. 1, cod. cons.388 – nella non

esaustività della norma. Egli deve infatti misurarsi con l’arduità di stilare un’ipotetica lista delle tipologie contrattuali da ricomprendere tra le fila dei contratti “diversi” da quelli conclusi a distanza o fuori dei locali commerciali, a meno che non opti per la strada più semplice, decidendo di farvi rientrare unicamente i contratti negoziati nei locali commerciali, cioè ex art. 45, co. 1, lett. i) presso «qualsiasi locale immobile adibito alla vendita al dettaglio in cui il professionista esercita la sua attività» su base permanente ovvero abituale.

2.2 L’armonizzazione massima della stringente panoplia informativa nei

Outline

Documenti correlati