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L’E-Commerce Directive e le sue origini nella preistoria di Internet: tempi maturi per il suo update?

1. La direttiva 2000/31/CE e il decreto legislativo attuativo n 70 del 2003 tra organicità e criticità

1.3 Il favor legislatoris riflesso nel principio di non discriminazione degli strumenti telematic

Prende poi corpo in una norma programmatica, ossia nell’art. 9 della direttiva e- commerce, il c.d. principio di non discriminazione degli strumenti telematici rispetto a quelli tradizionali in uso per il commercio giuridico221, in ossequio al quale gli Stati membri

devono creare le condizioni affinché i contratti per via elettronica possano attecchire nel terreno ordinamentale, accertandosi che le normative nazionali nei settori relativi alla formazione del contratto e alla disciplina dell’efficacia e della validità non frappongano ostacoli al loro concreto utilizzo, né attribuiscano loro «effetti giuridici deboli»222, essendo loro consentita unicamente l’esclusione dall’applicazione della norma de qua a determinate categorie di contratti ivi elencati223, comunicandoli alla Commissione ed indicando

quinquennalmente le motivazioni del mantenimento nella lista di quella determinata fattispecie contrattuale. Un esempio chiaro di come l’ordinamento italiano abbia immediatamente provveduto nei termini programmatici delineati è fornito dal d. lgs. n. 10 del 23 gennaio 2002, che ha recepito la normativa comunitaria in materia di firme elettroniche contenuta nella direttiva 1999/93/EC224, e modificato il d.P.R. n. 445 del 2002,

Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa (c.d. TUDA)225.

Il fulcro dell’attenzione del legislatore pare catalizzarsi sullo status dei soggetti, in direzione del raggiungimento dell’equilibrio delle parti, dell’esercizio effettivo della loro

221 F. Delfini, Il commercio elettronico: inquadramento generale, cit., p. 357 ss. 222 Relazione alla Proposta di Direttiva COM 1998/586.


223 Trattasi delle seguenti categorie: «a) contratti che istituiscono o trasferiscono diritti relativi a beni immobili,

diversi da quelli in materia di locazione; b) contratti che richiedono per legge l'intervento di organi giurisdizionali, pubblici poteri o professioni che esercitano pubblici poteri; c) contratti di fideiussione o di garanzia prestate da persone che agiscono a fini che esulano dalle loro attività commerciali, imprenditoriali o professionali; d) contratti disciplinati dal diritto di famiglia o di successione».

224 Direttiva 1999/93/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 1999, relativa ad un quadro

comunitario per le firme elettroniche, pubblicata in Gazzetta ufficiale n. L 013 del 19/01/2000, p. 12 ss., attuata in Italia con Decreto legislativo n. 10 del 23 gennaio 2002, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 39 del 15/02/2002, che peraltro ha consentito il superamento della diatriba dottrinale riguardante l’efficacia probatoria del documento informatico; sul tema de quo, si rinvia a S. Patti, L’efficacia probatoria dei «nuovi» documenti informatici, in Aa.Vv., Commercio elettronico e servizi della società dell’informazione. Le regole giuridiche del mercato interno e comunitario: commento al D. lgs. 9 aprile 2003, n. 70, cit., p. 251 ss.

225 Decreto del Presidente Della Repubblica, 28 dicembre 2000, n. 445, Disposizioni legislative in materia di

libertà di scelta, della tutela dei consumatori nell’ambito di un mercato in cui imperino correttezza e trasparenza. In questa ottica le nozioni di invalidità226 – declinata in nullità,

riguardante la verifica dell’ammissibilità di una determinata autonomia contrattuale in certe materie, ed annullabilità, attinente a forme di tutela dei privati – e di inefficacia sono tagliate sulle ipotesi tradizionali di patologia contrattuale, non incidendovi affatto la peculiarità dell’e-contract, che rimane un contratto a distanza, sebbene nel cyberspace immateriale ed indeterminato si sia assistito alla morte della distanza.

Tuttavia, il legislatore nazionale ha optato per la non trasposizione dell’art. 9 della direttiva in esame nel decreto legislativo attuativo, in coerenza col dato di fatto per cui la previsione in oggetto risultava di scarso impatto sull’ordinamento interno, in quanto il principio in essa espresso già figurava apertis verbis nell’art. 15, co. 2, legge 15 marzo 1997, n. 59 e nel d.P.R. di attuazione n. 513 del 1997, in seguito trasfuso nel TUDA, ed infine oggi nel corpus normativo più consistente per la disciplina della materia, ossia nel Codice dell’amministrazione digitale di cui al d. lgs. n. 82 del 2005227, modificato dal d. lgs. n. 235

del 2010, dalla legge n. 221 del 2012, dal d.lgs. n. 33 del 2013, e da ultimo dalla legge n. 114 del 2014. Sul punto va peraltro va evidenziato che la normativa allo stato dell’arte vigente in tema di e-commerce così come il codice del consumo non risultano coordinati con detto Codice dell’amministrazione digitale, nell’alveo del quale è stata collocata la regolamentazione di strumenti applicabili al commercio via web, ovverosia i documenti informatici, la loro trasmissione per via telematica e le firme elettroniche228, strumenti

destinati senza dubbio a trovare applicazione in sede di contrattazione online.

A fronte dell’elenco di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 9 della direttiva 2000/31/CE, che solo in relazione al co. 1 acquisiva significato derogatorio, il margine di discrezionalità del legislatore domestico in sede attuativa era chiaramente limitato quanto alla scelta di

226 In particolare, sulle ipotesi di nullità ed annullabilità dell’e-contract, v. S. Sica, A.G. Parisi, La tutela del

consumatore nel contratto on-line, cit., p. 61 ss.; G. Comandè, S. Sica, Il commercio elettronico. Profili giuridici, cit., p. 74 ss.

227 Per qualche commento, v. F. Cardarelli, Amministrazione digitale, trasparenza e principio di legalità, cit.,

p. 227 ss.; F. Delfini, L’evoluzione normativa della disciplina del documento informatico: dal D.P.R. 513/1997 al Codice dell’amministrazione digitale, in Riv. dir. priv., 2005, p. 531 ss.; Id., Forma e trasmissione del documento informatico nel reg. ex art. 15.2, l. n. 59/1997, in Contr., 1997, p. 633 ss.; Id., Il D.P.R. 513/1997 e il contratto telematico, ivi, 1998, p. 293 ss.; B. Ponti, Il regime dei dati pubblici. Esperienze europee e ordinamento nazionale, Rimini, 2008; S. Cacace, Codice dell’amministrazione digitale, 2006, in www.giustizia-amministrativa.it; E. Carloni, Il Codice dell’amministrazione digitale, Rimini, 2005; F. Merloni, Introduzione all’e-government, Torino, 2005.

228 G. Scorza, Il contratto del commercio elettronico, cit., p. 146. La sostanziale eterogeità e l’atassia delle fonti

fa sì che l’amministrazione digitale non rappresenti un modello compiuto di riferimento organizzativo; sulla idea della buona codificazione, rectius del policentrismo delle codificazioni come mezzo di semplificazione v. M. Corradino, La qualità delle regole nell’amministrazione digitale, in Inf. Dir., XIV, 1-2, 2005, p. 33 ss.

consentire o meno la conclusione telematica dei contratti annoverati nelle categorie de quibus229 – che confermano il significato e il ruolo della forma vincolata –, ma egli ha deciso

di bypassare la questione, modificando erroneamente i termini dell’opzione, ossia intendendola a guisa di possibilità di applicare a talune tipologie di contratti la disciplina dell’intero decreto, effettuando così nell’art. 11 un mero copia e incolla della lista di cui all’art. 9, co. 2, della direttiva in oggetto.

Allo stesso modo il favor del legislatore europeo per l’utilizzo degli strumenti telematici può cogliersi nell’art. 4 della E-Commerce Directive – riprodotto nell’art. 6 del decreto –, postulante un principio rivoluzionario nella storia delle attività economiche in generale e del commercio in particolare, che va a specificare il presupposto dell’interrelato criterio di libera circolazione dei servizi di cui all’art. 3, co. 1 e 2, del decreto. In virtù di tale principio gli Stati membri garantiscono che l’accesso di un prestatore di SSI e il suo esercizio non siano soggetti né ad un’autorizzazione preventiva né ad equivalenti requisiti, consacrando così il diritto alla titolarità del sito, il quale va ad annoverarsi tra le prerogative dell’impresa, come opportunamente rilevato dalla prevalente dottrina. L’innovativo divieto de quo affonda le sue radici da un lato nell’esigenza di competere con gli Stati Uniti d’America onde evitare che i lacci e lacciuoli di regolamentazioni amministrative determinino una vera e propria fuga degli operatori economici verso Paesi connotati da un regime giuridico più favorevole, e dall’altro dalla mancanza di corporazioni costituite nel settore.

2. La spinosa questione della responsabilità degli ISP tra metamorfosi,

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