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Gli obblighi informativi a carico del prestatore nella fase precontrattuale: effettivo riequilibrio dell’asimmetria informativa?

L’E-Commerce Directive e le sue origini nella preistoria di Internet: tempi maturi per il suo update?

3. Gli obblighi informativi a carico del prestatore nella fase precontrattuale: effettivo riequilibrio dell’asimmetria informativa?

Altro tassello di indiscutibile importanza nonché contenuto precettivo su cui si polarizza la direttiva oggetto della presente disamina è la previsione di un catalogo minimo di informazioni267 – concernenti in estrema sintesi se stesso, il servizio e il contratto – che il

prestatore dei servizi nel mondo virtuale ha l’obbligo di fornire non solo all’acquirente ma anche alle autorità competenti degli Stati membri, al fine di stemperare le incertezze relative alla propria onestà professionale, alla inadeguatezza e scarsa trasparenza delle condizioni contrattuali e dei mezzi utilizzabili per la risoluzione delle controversie, e dunque di caldeggiare la fiducia dei cyberconsumatori nell’attendibilità delle controparti contrattuali, sempre in armonia con la clausola generale di buona fede.

In particolare, il pacchetto di informazioni generali integrabili predisposto dall’art. 5 della direttiva de qua – e dall’art. 7 del decreto attuativo – comprende il nome, l’indirizzo geografico di stabilimento, gli estremi per essere contattato rapidamente, il registro di iscrizione, i prezzi, mentre, per quanto attiene all’e-marketing, ovverosia alle comunicazioni commerciali – anche per quelle non sollecitate o spamming268, responsabili di occupazione

e i recenti sviluppi del mercato unico digitale in Europa, in Riv. dir. ec. trasp. amb., 2016, p. 89 ss.; mentre sulla proposta cfr. T. Shapiro, EU Copyright Will Never Be the Same: A Comment on the Proposed Directive on Copyright for the Digital Single Market DSM, in Eur. Intell. Prop. Rev., 2016, p. 771 ss.

266 Commissione europea, 14 settembre 2016, COM(2016) 589 final, Proposta di regolamento del Parlamento

europeo e del Consiglio che modifica i regolamenti (UE) n. 1316/2013 e (UE) n. 283/2014 per quanto riguarda la promozione della connettività Internet nelle comunità locali. Appare pressoché paradossale la constatazione della Commissione europea, riportata nel § 3 della relazione introduttiva alla proposta de qua, per cui le consultazioni tenute a partire da settembre 2015 abbiano reso evidente l’esigenza di promuovere l’adozione di un nuovo apparato normativo in tema di responsabilità dei prestatori di servizi di accesso. Si segnala inoltre che il 29 maggio 2017 è stato raggiunto un accordo politico a livello istituzionale sui fondi da stanziare per il progetto WIFI4EU (IP/17/1470).

267 Per approfondimento sul tema degli obblighi informativi a carico dell’ISP, v. G. Dore, I doveri di

informazione nella rete degli scambi commerciali telematici, in Giur. mer., 2013, p. 2569 ss.; C. Rossello, Gli obblighi informativi del prestatore di servizi, in Aa.Vv., Commercio elettronico e servizi della società dell’informazione. Le regole giuridiche del mercato interno e comunitario: commento al D. lgs. 9 aprile 2003, n. 70, cit., p. 53 ss.; A. Musio, Obblighi di informazione nel commercio elettronico, in Aa.Vv., Commercio

elettronico e categorie civilistiche, cit., p. 121.

268 Le comunicazioni elettroniche non sollecitate o spamming fino a poco tempo fa rinvenivano una

regolamentazione unitaria nel Codice in materia dei dati personali (d. lgs. n. 196 del 2003), il quale contenevaanche le disposizioni della direttiva 2002/58/CE ed unificava le precedenti norme in materia di privacy, mentre oggi sono disciplinate ad opera del GDPR.

Per una definizione di spamming, v. A. Galippi, Dizionario di informatica e multimedialità, Milano, 2001, p. 524 ad vocem, ove è descritto come «una forma di aggressione tramite computer, consistente nel bombardare qualcuno con abbondanti informazioni non richieste che devono essere scorse prima di procedere»; poi nella

abusiva ed intrusiva dello spazio di memoria della propria casella ex art. 7 della direttiva e art. 8 del decreto – di cui all’art. 6, esse devono essere chiaramente identificabili come tali269,

per scongiurare il fenomeno dei messaggi pubblicitari occulti, ed altrettanto deve essere la persona fisica o giuridica per conto della quale le medesime vengono effettuate, le offerte promozionali e i requisiti per beneficiarne, i concorsi o giochi promozionali e le condizioni di partecipazione. L’adempimento di detto onere, relativo sinteticamente alle informazioni generali obbligatorie, a quelle concernenti le comunicazioni commerciali e a quelle dirette alla conclusione del contratto, è richiesto onde ripristinare la consapevolezza ed evitare truffe online, sulla scia del risonante principio di trasparenza della pubblicità, la cui ratio affonda le radici nella maggiore forza di penetrazione ed insidiosità che connota la stessa quando si presenta sotto le mentite spoglie di comunicazione con taglio informativo, obiettivo e neutrale, puntando in tal modo ad abbattere le difese critiche del destinatario270.

Più precisamente, in relazione alle comunicazioni senza previo consenso del destinatario, in armonia con quanto previsto dalla direttiva, che demanda la questione della loro liceità alla discrezionalità e alla sensibilità dei singoli Stati, richiedendo tuttavia la chiara indicazione della natura di dette comunicazioni, al fine di consentire al destinatario di cestinarle senza bisogno di leggerne il contenuto, dovendo i prestatori che le utilizzano consultare con regolarità i registri negativi in cui possono iscriversi le persone fisiche desiderose di non riceverle, sono implicitamente ammesse – spettando al prestatore l’onere della prova del loro carattere – dall’art. 8 del d. lgs. n. 70 del 2003, coi due limiti della identificabilità come tali e della facoltà di diniego pro futuro al ricevimento da parte del

prassi è diventuto noto come fenomeno di invio indiscriminato e massivo di e-mail contenenti “messaggi spazzatura” a contenuto pubblicitario. Si segnala che lo spamming può trasformarsi in spoofing, quando la comunicazione elettronica non sollecitata ha un’accezione più negativa, configurandosi a guisa di messaggio inaffidabile caratterizzato da falsità quanto all’indirizzo di provenienza. Per approfondimento sulle due figure de quibus, v. S. Sica, A.G. Parisi, La tutela del consumatore nel contratto on-line, cit., p. 63 ss.

269 Un precedente può certamente rinvenirsi nel par. 3 dell’art. 4 della direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo

e del Consiglio 20 maggio 1997, riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza dei consumatori, pubblicata in Gazzetta Ufficiale della Comunità europea n. L 144 del 04/06/1997, p. 19 ss., attuata in Italia con Decreto legislativo n. 185 del 22 maggio 1999, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 143 del 21/06/1999 (Rettifica G.U. n. 230 del 30 settembre 1999); per un commento, v. A. Savin, EU Internet Law, Cheltenham UK, Northampton MA, USA, 2013, p. 162 ss.; A. Fraternale, I contratti a distanza, Milano, 2002, passim; G. Alpa, Contratti a distanza. Prime considerazioni, in Aa.Vv., Contratti, 1999, p. 848 ss.; G. De Marco, I contratti a distanza, Milano, 1999, p. 13 ss.

270 In proposito v. l’art. 4 del d. lgs. 25 gennaio 1992, n. 74, pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 13/02/1992,

n. 36, S.O., emanato in attuazione della direttiva 84/450/CEE del Consiglio del 10 settembre 1984 relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati Membri in materia di pubblicità ingannevole, come modificata dalla direttiva 97/55/CE in materia di pubblicità ingannevole e comparativa, sul quale per un commento si segnala G. Alpa, C. Rossello, Prime note sulla attuazione della direttiva comunitaria in materia di pubblicità ingannevole, in Dir. inform., 1992, p. 259 ss. In generale sul tema della pubblicità occulta v. altresì L. Mansani, Product Placement, in Contr. impr., 1998, p. 904 ss.; G. Guglielmetti, Pubblicità nascosta ed autodisciplina pubblicitaria, in Riv. dir. ind., 1990, I, p. 348 ss.

destinatario.

Questo modello c.d. opt-out, fondato sulla mancanza di consenso preventivo rispetto alla prima comunicazione e sulla possibilità di opposizione successiva, sembra tuttavia porsi in contrasto col par. 1 dell’art. 13 della direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche. Detto paragrafo in relazione alle comunicazioni indesiderate statuisce che l’utilizzo di dispositivi automatici a scopo di commercializzazione diretta o direct marketing è consentito unicamente nei confronti di quegli abbonati che abbiano manifestato expressis verbis ed ex ante il proprio consenso, a tal guisa privilegiando il regime più rigido dell’opt-in, opzione in realtà concessa anche alla libertà di preferenza degli Stati membri dalla E-Commerce Directive.

Altro catalogo di informazioni specificamente propedeutiche alla conclusione del contratto è quello che, ai sensi dell’art. 10 della direttiva 2000/31/CE – lex generalis delle informazioni precontrattuali nell’ambito dell’e-business, a cui corrisponde l’art. 12 del d. lgs. n. 70 del 2003 –, il prestatore deve somministrare in maniera chiara, comprensibile ed inequivocabile, prima che il soggetto destinatario del servizio inoltri l’ordine. Tale informativa concerne le fasi della conclusione del contratto – il che conferma che esse sono nella totale disponibilità dell’ISP offerente –, l’archiviazione e l’accessibilità al medesimo, i mezzi tecnici per la correzione di eventuali errori nell’inserimento dei dati, le lingue a disposizione271, i codici di condotta a cui il prestatore aderisce272, gli strumenti di

composizione extragiudiziale delle controversie.

Trattasi di obblighi inderogabili di carattere meramente informativo e di regole di comportamento autonome di natura precontrattuale, che vanno idealmente ad addizionarsi a quelli in precedenza stabiliti dall’art. 3 del d. lgs. 22 maggio 1999, n. 185, attuativo della direttiva 97/7/CE, relativa alla protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza, e a quelli di cui all’art. 1338 c.c., rientranti nel macro-dovere di comportarsi in ossequio alla clausola generale della buona fede oggettiva permeante l’intera disciplina contrattuale. Detti obblighi sono caratterizzati da funzione pedagogico-informativa e sono finalizzati alla garanzia della trasparenza delle operazioni negoziali antecedenti la formazione dell’e-

271 Sul punto il decreto sembra introdurre una regola speciale e maggiormente protettiva nei confronti degli

utenti dei SSI, imponendo per la conclusione degli e-contract una sorta di requisito formal-linguistico.

272 Di questi codici di condotta si incoraggia, a norma dell’art. 16 della direttiva, corrispondente all’art. 18 del

decreto attuativo, l’elaborazione ad opera di associazioni ed organizzazioni imprenditoriali, professionali o di consumatori, a tal guisa convalidando l’efficacia di quella prassi di self regulation ab origine spontaneamente seguita da molteplici attori attivi nel mondo di Internet.

contract, e la loro violazione rinviene una sanzione amministrativa pecuniaria ad hoc a carico del prestatore inadempiente nel co. 1 dell’art. 21 del decreto attuativo, incidendo dunque in generale più sul piano risarcitorio che su quello della validità273 o inefficacia –

per inconoscibilità di elementi destinati a comporre il regolamento negoziale ex art. 1341 c.c.274 – del contratto eventualmente concluso in difetto di congrua informazione.

In particolare, se il dovere di elargire informazioni circa i «mezzi tecnici messi a disposizione del destinatario per individuare e correggere gli errori di inserimento dei dati prima di inoltrare l’ordine al prestatore» (art. 10, co. 1, lett. c)) a valle si sostanzia in un obbligo informativo del tutto analogo agli altri illustrati, a monte esso si concretizza nell’opportuna imposizione agli Internet Service Provider di predisporre una tutela di fatto ex ante, apprestando adeguati strumenti atti a rilevare e rettificare quelli che – utilizzando le categorie civilistiche – potremmo qualificare errori ostativi ex art. 1433 c.c., ovverosia ricadenti sulla dichiarazione o sulla trasmissione della volontà. Tale forma di garanzia va a colmare la lacuna che in suo difetto sarebbe emersa, a causa della pratica inapplicabilità all’e-commerce della tradizionale tutela codicistica ex post dell’annullamento, che si fonda su un requisito di difficile ricorsività e, ove rinvenibile, di ostica prova negli scambi online, ossia la riconoscibilità dell’errore ai sensi dell’art. 1431 c.c.

Di fondamentale rilevanza inoltre la precisazione dell’obbligo di documentazione nell’art. 10, par. 3, della direttiva de qua, in ossequio al quale le clausole e le condizioni del contratto devono essere messe a disposizione dell’utente in un modo tale da consentirgliene la memorizzazione e la riproduzione, senza chiederne la disponibilità in forma scritta, in armonia col fenomeno divampante nel world wide web del c.d. aformalismo negoziale275, 273 M. Cian, Noterelle sparse su conclusione del contratto per via telematica e d.lgs. n. 70 del 2003, in Corr.

giur., 6, 2005, p. 863 si domanda se sia possibile sanzionare con la nullità il contratto telematico o concluso a distanza ove il professionista ometta di fornire le informazioni prescritte nei decreti legislativi 70/2003 e 185/1999, considerando che le disposizioni che prevedono detto obbligo siano volte alla tutela di un interesse generale del mercato, in applicazione analogica dalla tendenza a colpire con la nullità per violazione di norme imperative il contratto relativo alla prestazione di servizi di investimento, qualora l’intermediario non abbia adempiuto nei confronti dell’investitore agli obblighi informativi su di esso gravanti, in sede di erogazione del servizio, e previsti dal Testo unico della finanza e dai relativi regolamenti di attuazione; a sostegno di ciò l’autore richiama tra i primi esempi editi, Trib. Mantova, 18 marzo 2004, in Giur. comm., 2004, II, p. 690 ss., con nota di E. Scimemi, La prima sentenza italiana sulla vendita di tango bonds.

274 Un’eccezione è rappresentata dalla lingua, in quanto essa risulta chiaramente condizione per la conoscibilità

delle condizioni generali del contratto ex art. 1341 c.c.; a tal proposito v. M. Cian, Noterelle sparse su conclusione del contratto per via telematica e d.lgs. n. 70 del 2003, cit., p. 864.

275 Sul formalismo negoziale in generale, v. N. Irti, Studi sul formalismo negoziale, Padova, 1997, p. 67; L.V.

Moscarini, Diritti ed obblighi di informazione e forma del contratto, Relazione per il Convegno di Cagliari, settembre 1999, pubblicata in Atti del convegno a cura di N. Corbo, Annali della Facoltà di Economia di Cagliari, 2000; in Id., Diritto privato e interessi pubblici (scritti minori di L.V. Moscarini), I, Milano, 2001, p. 352. Sul formalismo negoziale nel contesto informatico-telematico, si rinvia a L.V. Moscarini, Formalismo negoziale e documento informatico, in Aa.Vv., Studi in onore di Pietro Rescigno, V, Milano, 1998, p. 1045 ss.; Id., Commento dell’art. 4 del d.P.R. 10 novembre 1997, n. 513, in Id., Diritto privato e interessi pubblici

riflesso della crisi sia della sottoscrizione sia del predominio del testo grafico, ed in quanto il legislatore europeo era consapevole del fatto che tale richiesta avrebbe acceso l’ulteriore questione della necessità o meno della firma digitale o elettronica avanzata ai fini dell’equipollenza alla forma scritta.

Dal momento che nemmeno in caso di violazione di questa disposizione si pone un problema di inefficacia per inconoscibilità del contenuto delle condizioni generali contrattuali276 a norma dell’art. 1341 c.c., occorrerà porsi anche qui nell’alternativa

prospettica risarcitoria, enfatizzando il fatto che la memorizzabilità e la riproducibilità soddisfano l’esigenza di permettere all’oblato una riflessione successiva, e di avere la disponibilità tout court delle regole concordate in qualsiasi momento susseguente alla stipulazione dell’e-contract.

Dunque, la ratio della sommariamente enunciata analitica disciplina della formazione del contratto telematico e della procedimentalizzazione della fase precontrattuale consiste nell’anticipazione in questo stadio della definizione normativa di tutti quei profili che connotano il contenuto e l’esecuzione del contratto, ossia quello delle garanzie convenzionali, nella consapevolezza del legislatore europeo dell’enorme difficoltà che le parti di una tale tipologia di contratto incontrano nel condurre una trattativa e allo stesso tempo dell’importanza nevralgica della fase precontrattuale in qualsivoglia contrattazione.

Difatti, se per gli scambi offline i momenti precedenti la stipulazione del contratto sono lasciati, sia per quanto attiene alle modalità di svolgimento sia ai contenuti nell’ambito dei c.d. negozi preparatori, trattandosi di fattispecie a formazione progressiva, alla libera autonomia dei contraenti, i quali sono obbligati dall’ordinamento – con sanzione in caso di violazione – a comportarsi secondo buona fede nella sua accezione oggettiva, ai sensi degli artt. 1337 e 1338 c.c. e dei principi UNIDROIT, per gli scambi online ogni elemento appartenente alla fase precontrattuale è stato tipizzato con prescrizione di un lenzuolo di obblighi informativi da adempiere prima che l’ordine di acquisto venga inoltrato dal destinatario dei SSI, al pari di quelli – altrettanto applicabili nell’alveo della contrattazione

(scritti minori di L.V. Moscarini), cit., p. 299 ss.; F. Ricci, Scritture private e firme elettroniche, Milano, 2003, passim.

276 Difatti, secondo un orientamento dottrinale consolidato (cfr. V. Roppo, Contratti standard. Autonomia e

controlli nella disciplina delle attività di impresa, Milano, 1975, p. 183 ss.) la conoscibilità del contratto di cui all’art. 1341 c.c. deve concernere non solo l’esistenza ma anche il contenuto delle condizioni generali, il quale deve in ogni caso risultare agevolmente leggibile e comprensibile, come peraltro poi riecheggiato in seno agli artt. 49 e 51, co. 2, cod. cons. relativamente alla disciplina ad hoc dettata per i contratti conclusi a distanza e negoziati fuori dei locali commerciali.

telematica – imposti in materia di trattamento dei dati personali, di pubblicità ingannevole e di etichettatura dei prodotto.

In tal modo, le parti hanno la possibilità di rappresentarsi anticipatamente i dettagli essenziali dell’affare a cui intendono addivenire, e di conseguenza di vagliare tutte le circostanze del caso, in quanto le conoscono o sono in grado di farlo usando l’ordinaria diligenza, pervenendo ad una scelta maggiormente consapevole ed informata. Per questa ragione, le principali preoccupazioni del legislatore si condensano sui punti cardinali dell’e- contract, ovverosia sull’identificabilità del prestatore, sulle modalità e procedure di conclusione dell’accordo mediante gli applicativi software, e di composizione e risoluzione delle eventuali controverse insorte, sull’accessibilità da parte dell’oblato alle condizioni economiche della transazione.

Inoltre, a fronte della lampante asimmetria informativa che connota gli scambi online, obiettivo preminente che anima la previsione normativa in esame è quello di evitare che i medesimi divengano teatro di abusi e di sopraffazione posti in essere dalla parte forte – l’Internet Service Provider – a danno della parte debole – il comune utente che approda alla rete ignaro delle molteplici insidie latenti annidate tra le sue maglie.

Tuttavia, oggi nell’universo virtuale non si assiste tanto al fenomeno del difetto di informazioni relative a beni e a servizi o all’affidabilità di un determinato ISP, bensì all’opposto fenomeno, comunque non connotato da minore gravità, dell’eccesso di dati, che – similmente a quanto accade in ambito medico al paziente al momento della lettura prodromica alla firma del burocratico modulo del consenso informato – genera nel cyberconsumatore uno stato di confusione o disagio tecnologico. Questa sensazione di disorientamento è procurata dall’assenza di chiarezza, dall’impenetrabilità dei meccanismi di funzionamento degli applicativi software e dall’accatastamento di indicazioni spesso ridondanti, pletoriche, cozzanti l’una con l’altra, ed elargite su formati effimeri, labili e privi di valenza probatoria, con la conseguente arduità di precostituirsi prove utilizzabili in giudizio, e con l’incognita dei tempi e dei costi di risoluzione di un’eventuale controversia.

Di conseguenza, quando si discorre di debolezza dell’internauta, non è forse corretto individuarne l’origine nella mancanza di un idoneo bagaglio di informazioni in sede precontrattuale, motivo per il quale la perentoria imposizione al prestatore di un obbligo informativo – sebbene affondi le sue radici in una spinta del legislatore sulla traiettoria della tutela di nuove esigenze dettate dalla tecnologia – non rappresenta un’arma efficace per il raggiungimento del riequilibrio dello status dei contraenti.

4. La controversa formazione del contratto online e il c.d. point and click

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