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Arte come esperienza

Parte III – Estetica pragmatista e arte popolare

3. Arte come esperienza

Si evince già dal titolo dell’opera Art as Experience (Arte come esperienza, 1934)139 l’obiettivo di Dewey, già in parte discusso nel precedente Experience and Nature, di ristabilire la continuità tra arte ed esperienza. Non si tratta di istituire una nuova connessione, ma di un ripristino: questa continuità è qualcosa che già esisteva, ma che è stata persa con la riduzione dell’arte all’oggetto artistico e con la sua separazione

135 Ivi, p. 46.

136 J. Dewey, Experience and nature, op. cit., p. 388 (traduzione mia).

137 D. Formaggio, L’estetica di John Dewey, in Rivista Critica Di Storia Della Filosofia, vol. 6, no. 4,

1951, p. 369. Accesso online archivio JSTOR, www.jstor.org/stable/44022136. Formaggio sottolinea come in Dewey non vi sia uno status autonomo dell’esperienza estetica, separato dall’esperienza di tipo ordinario. L’arte costituisce propriamente l’unità dell’esperienza, il cui compimento si ha nella comunicazione, che non è un atto arbitrario o d’ispirazione improvvisa, ma «il fiore ultimo e raro di una lunga, conquistata storia di esperienze individuali e sociali, che nasce sulle vette dei tempi maturi della mente e delle civiltà» (p. 372).

138 J. Dewey, Experience and nature, op. cit., p. 393 (traduzione mia).

139 J. Dewey, Art as experience, The Penguin Putnam Inc., New York, 2009. Traduzione italiana in J.

dalla vita quotidiana. In questo modo l’oggetto fisico diviene quasi un ostacolo alla teoria, precludente una vera conoscenza dell’arte: motivo per cui la filosofia dell’arte di Dewey parte dall’analisi dell’esperienza in generale. Come afferma nel primo capitolo: si possono apprezzare i fiori solo per i loro colori o la loro fragranza, ma per capire davvero cosa significhi fiorire, bisogna prima andare ad analizzare l’interazione col suolo, l’aria, l’acqua e la luce che sono alla base della crescita delle piante140.

Dewey afferma che le cose di cui godiamo ordinariamente, non sono considerate arte, o comunque non belle arti, ma arti inferiori, di basso rango (il riferimento è da contestualizzare al tempo in cui Dewey scrive, si pensi quindi al cinema o ai primi fumetti o strisce umoristiche). Quegli oggetti che vengono riconosciuti come arte bella sono rinchiusi tra le mura dei musei, riservati ad un’esperienza artistica di tipo più elevato. Come già visto, i fattori che hanno portato a questa consacrazione dell’arte

bella non sono sorti all’interno dell’arte, ma sono contestuali, cioè frutto di un

dualismo più ampio tra spirituale e materiale, che tende a negare valore e dignità alla materia. Dewey fa notare come in realtà l’aspetto corporale fosse oggetto di profonda ammirazione in tanti popoli, nonché parte della vita della comunità (si pensi alla danza, alla pantomima o a modificazioni corporee varie) e non solo, infatti afferma che non dobbiamo scavare così in profondità nella storia del mondo per trovare popoli presso cui l’intensificazione della vita immediata era oggetto di grande ammirazione, dalle decorazioni della persona a quella delle dimore, fino agli utensili domestici più banali. Tutto ciò serviva a «dare enfasi agli eventi della vita quotidiana»141, non era relegato al ristretto ambito dell’esperienza museale, come invece avviene adesso coi ritrovamenti di questi oggetti, a causa di una concezione isolazionista dell’arte, accompagnata dall’idea di arte per l’arte, che i popoli antichi non avrebbero potuto comprendere. A questo sistema hanno contribuito in particolare il nazionalismo e l’imperialismo, dove da un lato si vede la volontà di preservare i tesori artistici di un popolo e dall’altro l’esibizione del bottino di guerra frutto della conquista di paesi stranieri. Si hanno quindi opere d’arte sradicate dal proprio contesto di partenza, apprezzate non più per la funzione referenziale nel loro contesto, ma solamente come arte bella, cioè secondo un canone puramente estetico, come oggetti separati dal tessuto dell’esperienza. Anche la crescita del modello capitalista ha avuto una rilevante influenza nella diffusione del modello museale e di separazione dell’arte dalla vita

140 J. Dewey, Art as Experience, op. cit., p. 2.

141 Ivi, p. 5. Dewey usa il termine enhancement, che letteralmente significa miglioramento o

quotidiana; ciò si rispecchia nella persona del collezionista, la cui accumulazione di oggetti d’arte pregiati è simbolo del suo status economico – meccanismo che porta alla mercificazione di essi. L’industrializzazione inoltre ha portato ad avere anche un artista isolato, che per distinguersi dall’omologazione della produzione di massa punta sul carattere puramente estetico dell’opera, facendone la semplice espressione del sé, enfatizzata fino a diventare eccentrica. Lo stesso artista è quindi come costretto ad accentuare la separatezza dell’arte come prodotto «indipendente ed esoterico»142. La stessa distanza che si è creata tra il produttore e il consumatore riflette quella tra l’esperienza ordinaria e quella estetica. Tutto ciò è coronato dalle filosofie dell’arte che portano avanti questa segregazione dell’arte ed enfatizzano il carattere contemplativo dell’estetico.

Secondo Dewey la soluzione nel comprendere davvero gli oggetti artistici va estesa alle loro radici nell’esperienza, in una diversa e nuova modalità di approccio che parta dall’esperienza ordinaria. Si ritorna ai temi trattati in parte già in Esperienza e natura: la vita si sviluppa in e a causa di un ambiente, cioè interagendo con esso, Dewey afferma infatti che «nessuna creatura vive solo sotto la propria pelle»143, poiché il corso della sua vita è segnato da bisogni, ostacoli e continui adattamenti, in modo intrinseco e non estrinseco (esperienza e natura non sono infatti avverse, come sottolineato in precedenza). Parte quindi da considerazioni biologiche sull’esperienza al suo livello più grezzo, per tracciare un percorso che va dall’emozione e riflessione dell’uomo interagente con il mondo all’incorporazione di ciò negli oggetti che crea144:

L’alternanza tra perdita dell’integrazione con l’ambiente e ripristino dell’unione non solo permane nell’uomo, ma con lui diventa consapevole; le condizioni di questa alternanza sono il materiale con cui egli dà forma agli scopi. L’emozione è il segno cosciente di una frattura, attuale o incombente. La disarmonia è l’occasione che spinge alla riflessione. Il desiderio del ripristino dell’unione trasforma la mera emozione in interesse per alcuni oggetti in quanto condizioni per la realizzazione dell’armonia. Quando si realizza l’armonia, il materiale della riflessione è incorporato negli oggetti come loro significato. Poiché l’artista si cura in modo particolare della fase dell’esperienza in cui si raggiunge l’unione, egli non rifugge i momenti di resistenza e di tensione. Piuttosto li coltiva, non per loro stessi ma per le loro potenzialità, portando a viva coscienza un’esperienza che è unificata e totale145.

142 Ivi, p. 8. 143 Ivi, p. 12.

144 L’idea di significati incorporati nell’oggetto d’arte richiama quella di Danto vista nella parte

precedente. Nel caso di Danto però la parola utilizzata è embodied (e non incorporated come nel caso di Dewey), che indica letteralmente l’incarnare, il prendere corpo dei significati. Il termine utilizzato da Dewey ha un’accezione diversa, si tratta di un’incorporazione nel senso di inserimento, di “andare a costituire” qualcosa, dove si sente meno la separazione tra ciò che è spirituale (che deve ancora prendere corpo) e materiale: il significato è incorporato negli oggetti come qualcosa che è già esperienza e che si va ad aggiungere per realizzare, appunto, un’esperienza unificata e totale.

Per Dewey infatti l’unica differenza tra artista e pensatore (un ricercatore, uno scienziato) è che il pensiero dell’artista prende corpo in maniera più immediata nell’oggetto, mentre il secondo si serve di parole, simboli o segni, ma ha comunque il suo momento estetico quando le sue idee prendono concretamente significato. La differenza tra estetico e intellettuale è dunque solo una differenza di accento sul ritmo che caratterizza l’interazione tra organismo e ambiente, non una differenza di genere. Il pensiero non si identifica soltanto in segni e parole, perché se tutto fosse esprimibile tramite ciò, non ci sarebbe bisogno di arte. Quest’ultima è anche l’esaltazione di quei momenti in cui passato e futuro vanno a rafforzare e migliorare il presente: questo accade nella vita animale, afferma Dewey, in cui non vi è una frattura tra passato, presente e futuro, poiché l’organismo è continuamente attivo e presente in quello che è il ritmo dell’esistenza, dove l’adattamento non è mai qualcosa di concluso una volta per tutte. Il presente si riveste così di senso in una continuità tra passato e futuro e l’arte è ciò che porta questa possibilità all’ennesima potenza, potenziando il presente e non opprimendolo. Da qui il suo ruolo essenziale nella vita umana, che non è da confondersi in un puro estetismo: ancora una volta, non si tratta di rendere estetica l’intera esperienza, ma di recuperare la dimensione estetica dell’esperienza. Non bisogna nemmeno pensare che questa ricerca dell’artistico negli stadi più primitivi dell’organismo umano sia una perdita di dignità dell’arte, poiché «in quanto soddisfazione di un organismo nelle sue lotte e nei suoi successi in un mondo di cose, l’esperienza è arte in germe» e anche allo stadio più basso «contiene la promessa di quella percezione piacevole che è l’esperienza estetica»146.

Il riconoscimento della continuità dei bisogni umani, senza che vi sia una riduzione dell’umano al livello del selvaggio, serve a scardinare quella che è l’eccessiva compartimentalizzazione delle attività umane, che arriva a separare l’attività artistica dalla vita ordinaria (che fa seguito alla più ampia separazione tra mente e corpo). Senso (sense) per Dewey ha una valenza semantica ampia, che va dall’impulso fisico o emotivo immediato al significato delle cose presenti nell’esperienza147. I sensi sono

ciò mediante cui l’organismo partecipa (non solo passivamente) ai processi del mondo in cui vive, che se danneggiati forniranno un’esperienza ridotta. Per Dewey la sensorialità non si può sussumere sotto il paradigma della conoscenza (come in Kant, dove l’esperienza ha carattere eminentemente teoretico), ma ha invece carattere pratico,

146 Ivi, p. 19.

147 Similmente, in Hegel la parola senso (in tedesco Sinn) ha un ampio spettro di significato, che va dal

essa è il fare qualcosa con l’ambiente circostante. Il modo in cui avviene l’interazione con l’ambiente è una forma attiva di partecipazione che non resta legata al singolo individuo: il legame tra organismo e ambiente è biunivoco e ciò nella sua pienezza viene a tradursi come comunicazione. L’alternarsi di bisogno e soddisfacimento che caratterizza il ritmo dell’esistenza viene ad assumere nell’uomo una dimensione più ampia rispetto a qualsiasi altro animale. Conseguenza di ciò è l’acquisizione da parte dell’ambiente di caratteristiche simboliche: lo spazio non sarà più solamente il territorio in cui ci si muove per affrontare ostacoli e soddisfare bisogni e il tempo non sarà più solo un flusso incessante, entrambi vengono ad avere un significato più ampio. Inoltre, l’uomo si distingue per la sua consapevolezza delle relazioni con la natura, per cui i rapporti causa-effetto diventano rapporti tra mezzo e conseguenza e uno stimolo organico diviene portatore di significato. Nell’arte si ha la prova concreta di ciò:

L’arte è la prova vivente e concreta che l’uomo è capace di restaurare consapevolmente, e dunque sul piano del significato, l’unione di senso, bisogno, istinto e azione che è caratteristica della creatura vivente. L’intervento della consapevolezza aggiunge ordine, selettività e riorganizzazione. Rende quindi le arti infinitamente variabili. Ma il suo intervento spinge anche col tempo all’idea dell’arte come idea cosciente – la più grande realizzazione intellettuale nella storia dell’umanità148

.

Nella creazione artistica l’uomo dà e prende significato nella natura in cui vive in maniera cosciente, creando quel legame tra passato e futuro che va ad arricchire il presente, non solo in funzione conoscitiva, ma anche di piacere. Dewey accenna alla nascita delle varie mitologie e della religione, dove innegabilmente gioca un ruolo l’elemento di inspiegabilità dei fenomeni naturali, ma non si tratta esclusivamente di ciò. L’obiettivo di ogni impresa conoscitiva risponde ad un’istanza di tipo estetico, intesa nel senso ampio di ricerca e ristabilimento di un ordine nel quale troviamo un’armonia non statica con la natura (cioè non data una volta per tutte). Il bisogno primario è sempre quello di un ordine superiore, di un miglioramento dell’esperienza, che ci porta quindi all’arte.

Dewey definisce l’arte come la più grande realizzazione intellettuale dell’umanità: infatti afferma che l’idea che l’artista nella creazione dell’opera non pensi con la stessa intensità di un ricercatore scientifico è assurda, in quanto si basa sull’identificazione del pensiero con un solo tipo di materia (parole e segni)149. L’artista che crea è impegnato a pensare in termini di relazione tra qualità diverse, in un processo che trasforma un materiale pre-artistico in una esperienza che non è né prettamente materiale, né esclusivamente intellettuale. Si ha un’esperienza compiuta, non nel senso

148 J. Dewey, Art as Experience, op. cit., p. 26. 149 Ivi, p. 47.

di conclusa per cessazione, ma come perfezionamento; un’alternanza ritmica di immissione ed emissione che Dewey paragona al respirare, dove non vi è separazione tra dimensione pratica, intellettuale ed emotiva. Quest’ultima è ciò che mette insieme le varie parti andando a formare un’unità, è ciò che corona l’esperienza selezionandone i materiali e rendendola universale, in modo tale da non essere solamente espressione privata dell’artista150.

Riguardo all’atto espressivo, l’analisi viene costruita partendo ancora una volta dai fattori biologici dell’esperienza umana. Ogni esperienza ha inizio da un impulso (impulsion), che Dewey distingue da un semplice stimolo (impulse), nel senso in cui il secondo termine sta ad indicare solo una parte dell’intero movimento che avviene nell’azione di adattamento. Col termine impulsion Dewey indica l’inizio di un’esperienza compiuta, una sorta di spinta all’agire generata dal bisogno creatosi nell’interazione reciproca dell’organismo con l’ambiente. Nella sua realizzazione l’impulso trova ostacoli, di cui ha bisogno per ottenere consapevolezza di sé e crescere. Le resistenze dell’ambiente circostante generano emozioni e stimolano il pensiero, fino alla costruzione di un’esperienza dotata di significato151. Non tutte le azioni rivolte

verso l’esterno sono espressioni: un’espressione non è solo un’esternazione in termini quantitativi, ma vi è in essa una trasformazione qualitativa dell’energia, che avviene anche grazie alla memoria delle esperienze passate. Una ri-creazione dove l’impulso presente prende forma e ciò che è vecchio ottiene nuova vita; questo è ciò che dà vita ad una espressione152. L’impostazione di Dewey ricorda quella hegeliana riguardo alla capacità dell’arte di mediare l’immediatezza degli impulsi, ovvero ponendo l’uomo di fronte alla propria emozione, senza che venga quindi esternata in maniera diretta. Dewey però si sofferma particolarmente sulla consapevolezza del significato di una azione: fa l’esempio del neonato, che crescendo passa dal fare atti solamente perché provocati da uno stimolo interiore, al rendersi conto della risposta di ciò che lo circonda, conferendo quindi un significato ad ogni azione (come si può ben vedere nel passaggio dalla lallazione al linguaggio vero e proprio). Dewey individua il germe dell’arte in questo passaggio di trasformazione da un’azione spontanea ad una intenzionale, mezzo per raggiungere uno scopo deliberatamente scelto (dunque in un senso molto più ampio di quello descritto da Hegel). Inoltre, concepisce le emozioni non come conchiuse in loro stesse, ma sempre in relazione ad una situazione, che ha

150 Ivi, pp. 43-45.

151 Ivi, pp. 60 e seguenti. Come già visto precedentemente, l’artista in particolare coltiva i momenti di

resistenza e tensione, per conferire loro un significato e ottenere un’esperienza compiuta.

carattere di unicità e irriproducibilità. Perciò non si prova mai, per esempio, la paura, ma si ha paura di una determinata cosa, e così via. «L’arco di una vita sarebbe troppo breve per riprodurre in parole una singola emozione», ma l’artista ha l’abilità di costruire una situazione, in modo tale che sia essa a generare la risposta emotiva: «Invece di descrivere un’emozione in termini intellettuali e simbolici, l’artista “compie l’atto che genera” l’emozione»153.

L’espressione, per essere tale, ha bisogno di un medium. L’atto d’espressione dell’opera d’arte non è un’emissione istantanea, ma un’elaborazione nel tempo del materiale dell’esperienza, che diventa vero e proprio medium quando è impiegato consapevolmente, ordinato secondo ciò che si vuole esprimere artisticamente; così semplici suoni diventano musica e semplici gesti diventano danza. Nonostante le differenze tra la produzione artistica estetica, cioè dell’arte bella, e quella non estetica (in ogni caso comunque basate su abilità tecniche), non si può attribuire alla prima un impulso particolare, distinto dal resto. L’organizzazione del materiale che va a formare un’esperienza integrale non è esclusiva delle arti. Con questo Dewey auspica l’attribuzione di qualità estetica a tutti i modi di produzione: vediamo così emergere il ruolo dell’arte all’interno della società. Per migliorare quest’ultima bisognerebbe mettere da parte l’idea di un’arte bella relegata allo svago, considerata un’evasione da quelle che sono invece attività di prima importanza. In una società meglio ordinata, la compiutezza che caratterizza l’espressione artistica sarebbe propria di tutti i modi di produzione. L’organizzazione del mondo in cui viviamo è solamente esteriore, manchevole di coinvolgimento con la creatura vivente, che interagisce e si esprime. L’esperienza artistica non riguarda soltanto l’artista e lo spettatore in un momento circoscritto, ma può anche essere una rielaborazione dell’esperienza della comunità con l’obiettivo di migliorarla.