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Significati incorporati e condivisi

Parte II – L’interpretazione di Arthur Danto

7. Significati incorporati e condivisi

La nozione di embodied meaning è un elemento interessante che dà una sorta di svolta alla ricerca di Danto. Nella sua visione, la relazione tra estetica e arte è sempre stata esterna e contingente e di certo ciò non cambia con l’avvento del pluralismo, ma la sua definizione di embodied meanings fa sì che le qualità estetiche possano essere prese in

causa come contributo al significato dell’opera108. L’arte dopo la sua morte, come

constatato con Hegel, non ha più il dovere di seguire un ideale, è libera non solo di dar forma ad un determinato contenuto (come avveniva nel periodo classico), ma di scegliere qualsiasi contenuto da rappresentare. L’arte contemporanea si spinge ancora oltre: Andy Warhol crea opere che mettono in discussione le teorie artistiche fino ad allora accettate, portando la filosofia nel mondo dell’arte. La definizione essenzialista di Danto, oltre a risolvere il problema degli indiscernibili, permette di abbracciare l’intera pluralità di opere d’arte, dal passato fino al presente, proprio perché non si basa esclusivamente sulle caratteristiche percepibili dell’arte. Non per questo però il lato materiale dell’arte perde di significato, come in un’estetica di stampo crociano109, anzi,

ciò che emerge da questa definizione è che il significato dell’opera non sarebbe né condivisibile né interpretabile senza assumere una forma sensibile. La definizione di Danto serve da un lato a spiegare perché, tra due oggetti apparentemente uguali, uno è un’opera d’arte mentre l’altro non lo è; dall’altro sottolinea anche l’importanza dell’interpretazione dell’opera, che giudica il suo modo di esternare un significato, cioè il dargli corpo (embody). L’unione di aspetto materiale e non caratterizza l’arte anche nell’estetica hegeliana, come già notato. L’arte è l’espressione sensibile, cioè esperibile coi sensi, di un contenuto non sensibile (un concetto, un’emozione, ecc.) e questi due lati, sensibile e non, sono reciprocamente imprescindibili. Un oggetto che non incarna alcun significato (escluso che l’utilità sia un significato, ma piuttosto uno scopo esterno che quell’oggetto deve raggiungere) è un semplice oggetto ordinario, non è arte. Come non sarebbe arte un pensiero che rimane tale, nella sua forma prosaica e immateriale.

Per Danto la forma è importante nella misura in cui essa incarna un significato, perciò l’estetica si deve concentrare tanto su ciò che un’opera vuole significare quanto su come essa appare esteriormente. Incorporare un significato vuol dire

stabilire un accesso a quelle cose che normalmente non hanno una realtà materiale, cioè dare un’apparenza sensibile a qualcosa di immateriale come un’idea. Attraverso l’incorporazione di un concetto, per esempio, viene fornito

un modo percettivo di intuirlo, una apparenza che permette di apprenderlo110.

108 A.C. Danto, Embodied Meanings, Isotypes, and Aesthetical Ideas, in The Journal of Aesthetics and

Art Criticism, vol. 65, no. 1, 2007, pp. 121–129. Archivio online JSTOR, www.jstor.org/stable/4622216.

Danto collega questa affermazione alla concezione hegeliana di bello naturale come inferiore al bello artistico, in quanto quest’ultimo è il prodotto dello spirito.

109 B. Croce nell’Estetica come scienza dell’espressione e linguistica generale (1902), concepisce l’arte

come intuizione pura e l’atto estetico come forma. Non nega certo l’aspetto materiale dell’arte, ma nella sua concezione l’esserci dell’opera d’arte non ha a che fare col dare forma ad un contenuto, ma con l’espressione come atto interiore, che è quindi sempre intuizione.

110 Come fa notare M. Rotili in Danto After Warhol, toward an aesthetic of meaning, Accesso online

Quindi, nel fare esperienza di un’opera d’arte, non solo ci addentriamo nel significato che l’artista vuole esprimere, ma ci rapportiamo anche col suo modo di esprimere ciò, con la sua visione delle cose. Entra quindi in gioco la mediazione del soggetto, la sua interazione sensibile con la prospettiva dell’artista che pone davanti al pubblico un contenuto, un’idea, una provocazione e così via; l’interpretazione viene ad essere così il fulcro dell’esperienza estetica111. Dunque per quanto riguarda la definizione di

embodied meaning, ciò che viene messo in risalto è il contenuto di significato

dell’opera: tra due oggetti indistinguibili non è l’occhio ad essere in grado di affermare quale sia un’opera d’arte e perché (se non per il semplice fatto di trovarsi in una galleria d’arte). È necessaria allora un’interpretazione che capisca cosa un’opera vuole esprimere e come è stata capace di farlo: l’arte come significato incorporato si fa forte del suo carattere comunicativo. Questo sarebbe diverso in un contesto come quello dell’arte classica descritto da Hegel, in cui ricordiamo esserci un rapporto di venerazione verso l’arte, che rappresenta un assoluto. Se l’arte viene elevata ad espressione unica e totalizzante della verità, allora non si potrà avere che un unico modo di rappresentazione e di rapporto del mondo con essa. Un’arte pensata in questo modo non può render conto del proprio cambiamento storico e della propria libertà, così come di quelli del mondo in cui si inserisce. La mediazione del soggetto dopo la morte dell’arte cambia e viene ad avere un valore riflessivo, connesso con la capacità dell’arte non solo di intrattenere e divertire, ma di far sorgere discussioni che appartengono al mondo dell’arte stesso, come dimostratoci da Warhol, ma anche che fuoriescono da esso per addentrarsi in altri ambiti, come abbiamo visto precedentemente.

L’aspetto contenutistico, spirituale per dirla con Hegel, dell’arte non sarebbe niente senza la sua forma sensibile, che è ciò che permette al significato dell’opera di essere esperito. Per questo alla nozione di embodied meaning Danto affianca quella di

wakeful dream: la condivisione dell’opera con il mondo fa sì non solo che essa riceva

lo statuto di opera (collocandosi all’interno di un mondo dell’arte, un artworld), ma anche che il suo aspetto comunicativo raggiunga il suo obiettivo. In questo senso è quindi fondamentale l’aspetto sensibile: l’artista dà un aspetto materiale non casuale ad una sua idea o emozione che sia, in modo tale da farla percepire al pubblico in un preciso modo, che è il suo punto di vista. L’arte come sogno ad occhi aperti è molto di più che non la mera espressione individuale di un soggetto, poiché la condivisione del

contenuto fa sì che si instauri come una dialettica tra l’arte e il mondo, dove la prima esercita la sua libertà proprio in quanto si pone nella condizione di essere percepita, giudicata e criticata dal pubblico. L’arte post mortem è libera proprio in quanto fallibile: il fatto di non avere contenuti assoluti e di non sottostare ad alcuna metanarrazione rende l’arte criticabile e quindi sempre rinnovabile. Questo rapporto si riflette in quanto affermato precedentemente riguardo all’arte come esperienza cognitiva, di conoscenza di un contenuto, elemento che si trova già in Hegel.

La nozione ontologica di embodied meaning e quella di wakeful dream fanno da garante al valore dell’arte, oltre che da contraltare alla cinica constatazione della morte dell’arte. Quest’ultima è solamente la dichiarazione del decesso di un’impostazione monolitica di intendere l’arte e di attribuirle quindi un ruolo nel mondo. Non possiamo dire come sarà l’arte del futuro, ciò che è certo è che essa continuerà a sussistere finché vi sarà un futuro, in quanto costantemente e strettamente in relazione con la vicenda umana. Da un’analisi della definizione di Danto emerge una nuova dignità dell’arte, che può benissimo scegliere di andare oltre il mero scopo di svago o l’espressione solipsistica che giace nel soggetto, per occuparsi di quello che è l’intero spettro delle manifestazioni umane. L’arte non è solamente uno specchio della realtà, ma una riflessione su di essa, e il fatto che abbia concretezza sensibile non significa che venga creata solo ed esclusivamente per i sensi. L’arte dopo la fine dell’arte è un’arte libera, che continua a vivere nel sentirsi a casa nel mondo dello spirito pensante.