Il tema della partecipazione dei lavoratori alla proprietà dell’impresa non era tuttavia destinato ad esaurirsi all’interno dell’art. 46 della Costituzione.
Il 15 ottobre 1946 l’on. Fanfani presentava infatti alla terza Sottocommissione una proposta del seguente tenore: “L’attività economica privata e pubblica è diretta a
provvedere al cittadino dei beni utili al suo benessere ed alla piena espansione della
250
Res. III Sc. Cost., p. 175.
251
A. APOSTOLI, op. cit., p. 24.
252
F.-A. CARULLO, op. cit., p. 442, sostiene : “A mio avviso non è da escludere, almeno a priori, la
introduzione di un sistema di democrazia economica sempre facendo leva sull’articolo citato: infatti, se è vero che in sede di Sottocommissione e di Assemblea costituente le voci contrarie non eran poche (come le favorevoli, però) e gli emendamenti esplicitamente favorevoli non siano stati approvati, non pare che una simile soluzione sia stata rigettata in toto”; A. V. IZAR, I principi costituzionali sulla partecipazione
dei lavoratori alla gestione delle imprese, in A. V. IZAR (a cura di), La partecipazione azionaria dei
dipendenti, Giappichelli, Torino, 2003, 100, parimenti afferma: “il suo carattere indeterminato ne rende possibile un’interpretazione estensiva che lascia aperta la strada ad un’attuazione del dettato costituzionale che eventualmente preveda anche forme di partecipazione economica (finanziaria e azionaria) dei lavoratori nelle imprese che in cui sono occupati”; T. TREU, op. cit., pp. 786 – 787: “Restano così indeterminati i principali elementi qualificativi del tipo di soluzione ipotizzabile: le forme
in cui la partecipazione doveva esprimersi e le modalità di costituzione e di funzionamento degli organismi che la dovevano esprimere, i loro poteri, quindi l’oggetto stesso della partecipazione, e il collegamento con il movimento sindacale. Data questa indeterminatezza si può ritenere che nessuna forma di partecipazione è esclusa a priori dalla costituzione, neppure quella finanziaria realizzata attraverso il possesso di quote azionarie o simili. Invero non mancano accenni provenienti da parte diverse anche formulati in appositi emendamenti, sia alla partecipazione agli utili sia all’investimento azionario del risparmio dei lavoratori. Ambedue le forme sono ritenute pertinenti al tema della partecipazione dei lavoratori alla conduzione dell’impresa tale partecipazione, come si può estendere alla amministrazione economica e alla conduzione tecnica delle imprese, così può comprendere gli «utili» eccezionali delle imprese e la comproprietà delle imprese stesse”; contra M. BIASI, op. cit., pp. 17 – 18.
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sua personalità. A tal fine la Repubblica ammette e protegge l’iniziativa privata, armonizzandone gli sviluppi in senso sociale, oltre che con le varie disposizioni generali a protezione del diritto alla vita ed all’espansione della persona, mediante: partecipazione dei lavoratori (ed ove del caso degli utenti) alla gestione, alla proprietà, agli utili delle imprese; la tipizzazione contabile e la pubblica revisione aziendale; l’azione generale di appositi consigli economici in seno agli organi rappresentativi regionali e alla seconda camera; il prelievo fiscale; la limitazione all’acquisto e al trasferimento della proprietà, la socializzazione delle imprese non gestibili dai privati a comune vantaggio” (253).
Il riferimento alla partecipazione alla proprietà dei lavoratori si collocava in questo caso nella più ampia tematica del controllo sociale dell’economia, ma ben presto veniva eliminato dal testo dell’articolo poi presentato all’Assemblea (articolo 44), che si riduceva a “la Repubblica tutela il risparmio; disciplina, coordina e controlla
l’esercizio del credito”. Finalità principale dei costituenti era, infatti, quella di
rispondere alle esigenze del dopoguerra, in particolare difendendo il valore del denaro e limitando i danni derivanti dalla svalutazione (254).
Il testo dell’allora art. 44 si avvicinava, dunque, a quello dell’attuale art. 47 grazie ad un emendamento (255) presentato, tra gli altri, dagli onn. Zerbi e Malvestiti, gli stessi autori dell’emendamento all’art. 46 che aveva richiesto il riconoscimento del diritto dei lavoratori alla partecipazione alla gestione e al capitale delle imprese.
Ebbene, dai lavori dell’Assemblea Costituente emerge come nell’intenzione dei promotori di tale emendamento vi fosse quella di promuovere la partecipazione dei lavoratori al capitale di impresa, dai medesimi considerata species della più ampia categoria del risparmio popolare: “noi non ignoriamo che nel nostro Paese sono oggi in
atto movimenti i quali tendono a diffondere il diretto investimento azionario anche presso ceti di risparmiatori fino a ieri estranei a questo tipo di investimento (…) non ignoriamo che talune nostre grandi imprese, specie nel nord, hanno recentemente assegnato opzioni ai propri dipendenti, ed attraverso queste opzioni li hanno ammessi a
253
Res. III Sc. Cost., p. 207.
254
F.-A. CARULLO, op. cit.
255
Res Ass Cost., p. 4025: “(I) La Repubblica tutela il risparmio in tutte le sue forme e favorisce
l’accesso del risparmio popolare all’investimento reale promuovendo la diffusione della proprietà dell’abitazione, della proprietà diretta coltivatrice, del diretto ed indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese. (II) La Repubblica disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito”.
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un se pure limitato investimento dei loro risparmi nella azienda stessa in cui lavorano. Noi ci avviamo ad avere una discreta partecipazione di talune masse impiegatizie ed operaie al capitale di taluni nostri grandi complessi produttivi” (256).
Senza soffermarsi ulteriormente sull’esame dei lavori preparatori dell’articolo in questione, si sottolinea che la versione finale dell’art. 44, divenuto poi art. 47, è quasi perfettamente coincidente con l’emendamento proposto da Zerbi e Malvestiti: “La
Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito.
Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice, al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese” (257).
Se, quindi, l’articolo in esame, al secondo comma, mira all’accesso da parte della popolazione alla proprietà industriale, alla luce dei lavori preparatori citati, può affermarsi che i primi soggetti coinvolti in questa disposizione siano i lavoratori dipendenti.
La dottrina maggioritaria concorda con questa interpretazione (258), ritenendo che l’art. 47 della Costituzione, favorendo l’accesso del risparmio popolare “al diretto e indiretto
investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese”, abbia voluto
incoraggiare sia le assegnazioni individuali di titoli sia la creazione di fondi comuni, nonché promuovere la collaborazione alla gestione delle imprese, riconosciuta dall’art. 46 (259).
Può quindi affermarsi che il testo dell’art. 47 della Costituzione legittimi e favorisca
256
Res. Ass. Cost., p. 4027.
257
Res. Ass. Cost., p. 4047.
258
Cfr. M. J. BONELL, op. cit., p. 1; M. J. BONELL, Partecipazione operaia e diritto dell’impresa, Giuffrè, Milano, 1983, p. 9.
259
Cfr. R. WEIGMANN, voce Azionariato dei dipendenti, in Digesto, Disc. Priv., Sez. comm., IV ed., vol. II, Torino, 1987, p. 123; L. GUAGLIANONE, op. cit., p. 32, addirittura ritiene che proprio il riferimento agli
investment trust effettuato dall’on. Zerbi in Assemblea fosse volto a risolvere le difficoltà che i lavoratori
avrebbero avuto nel gestire individualmente le proprie azioni e, da tale passo, deriva un’interpretazione dell’articolo in esame favorevole a forme collettive di azionariato dei dipendenti. In realtà, il passo in questione considera più genericamente i risparmiatori, tra i quali ricomprende i lavoratori azionisti: “(…)
il piccolo e medio risparmiatore inglese congegnarono la propria difesa nel cosiddetto investment trust, organismo di concentrazione del risparmio, capace di attuare accorti assortimenti di investimenti e di rischi azionari e obbligazionari, (…) e attento ad assicurare al risparmio stesso un optimum di sicurezza e di stabilità di contenuto economico insieme alla più alta rimunerazione possibile. Io credo che l’investment trust possa essere molto utilmente diffuso anche nel nostro paese, sia nella sua struttura tradizionale sia e soprattutto nella forma di grandi cooperative d’investimento, le quali in varia guisa potrebbero anche coordinare le finalità caratteristiche di investment trust con quelle di holding popolari oppure d’impiegati ed operai risparmiatori” (Res. Ass. Cost., p. 4027).
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l’azionariato dei dipendenti, in forma individuale e collettiva, quale particolare forma di risparmio popolare (260).