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Disciplina degli strumenti finanziari partecipat

8. Gli strumenti finanziari partecipativi assegnati ai dipendent

8.1 Disciplina degli strumenti finanziari partecipat

Gli strumenti finanziari non sono stati dotati di un contenuto obbligatorio e di una propria legge di circolazione, che sono stati rimessi interamente all’autonomia statutaria (349), con applicazione residuale della disciplina generale dei titoli di credito (350). Lo statuto può dunque prevedere per questi strumenti “norme particolari riguardo alle condizioni di esercizio dei diritti attribuiti, alla possibilità di trasferimento ed alle eventuali cause di decadenza o riscatto”.

La portata di queste caratteristiche è da ritenersi equivalente a quelle indicate nella parte finale dell’art. 2346, 6° co., c.c. (351): le particolari norme riguardanti le “condizioni

d’esercizio” dell’art. 2349 corrispondono ai diritti conferiti di cui all’art. 2346, le “cause di decadenza” alle “sanzioni in caso di inadempimento”, la “possibilità di

347

In questo senso A. PISANI MASSAMORMILE, op. cit., il quale ritiene che deponga a favore di quest’interpretazione, oltre ad una logica di sistema, l’avverbio “altresì”.

348

V. SALAFIA, Azioni offerte..., op. cit.; A. STAGNO D’ALCONTRES, op. cit., p. 291

349

A. LOLLI, Delle azioni e degli strumenti finanziari partecipativi. Sez. II. Gli strumenti finanziari, in Il

nuovo diritto delle società, A. MAFFEI ALBERTI, vol. I, Cedam, Padova, 2005.

350

A. STAGNO D’ALCONTRES, op. cit.

351

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trasferimento” alla “legge di circolazione” ove ammessa.

Quanto a quest’ultima, qualora non completamente eliminata, ciò che risulta possibile a fronte dell’inapplicabilità a tali strumenti del limite di cinque anni previsto solamente per le azioni dall’art. 2355-bis c.c., essa potrebbe essere limitata ai dipendenti della società o delle società controllate. L’alienazione degli strumenti finanziari può dunque essere sottoposta a clausole di prelazione, clausole di gradimento, divieto (352).

Il riferimento alle clausole di decadenza (353) e di riscatto contenuta nella disposizione richiamata sembra, invece, tale da consentire allo statuto di prevedere che con la perdita della qualità di dipendente si verifichi la decadenza dall’esercizio dei diritti riconosciuti ai titolari di detti strumenti o, in alternativa, l’esercizio del diritto di riscatto a condizioni predeterminate da parte della società (354).

Quanto al contenuto, poi, l’articolo 2349 prevede che gli strumenti finanziari in esame debbano essere dotati di diritti patrimoniali, nella più ampia discrezionalità dell’emittente (355), e possano essere dotati di diritti amministrativi, escluso il diritto di voto nell’assemblea generale degli azionisti.

Se pacifica è la possibilità di emettere strumenti dotati di soli diritti patrimoniali, dubbia è, però, la configurabilità di strumenti finanziari dotati di soli diritti corporativi, data la congiunzione disgiuntiva presente nel testo dell’articolo. La tesi affermativa pare, tuttavia, preferibile, considerata l’ampia autonomia statutaria riconosciuta dal legislatore in materia e l’assenza di ragioni di carattere sistematico che portino ad escluderne l’ammissibilità (356).

352

M. NOTARI – A. GIANNELLI, op. cit., ritengono che agli strumenti finanziari partecipativi non sia nemmeno applicabile il limite di cui all’art. 2355-bis, 2° co., c.c. per l’ipotesi della clausola di gradimento “mero”. A parere degli autori in questo caso non vi sarebbe infatti l’esigenza di garantire comunque la circolazione delle azioni.

353

La decadenza, disciplinata dall’art. 2965 c.c., è disponibile da parte dell’autonomia privata e non può prevedere termini tali da rendere eccessivamente difficile a una delle parti l’esercizio del diritto, a pena di nullità della convenzione.

354

A. LOLLI, op. cit.

355

Gli unici dubbi riguardano la possibilità di concedere il diritto di opzione per l’acquisto di altri strumenti finanziari emessi dalla società, ma la tesi favorevole all’incorporazione di tale diritto sembra preferibile, cfr. G. MIGNONE, op. cit.

356

In questo senso G. MIGNONE, sub Strumenti finanziari partecipativi (art. 2346, 6°co., c.c.), in N. ABRIANI – M. STELLA RICHTER, Codice ipertestuale commentato delle società, vol. I, Utet, Torino, 2010, p. 636 ss.; R. LENER, Voice dei non soci, soci senza voice e concezione contrattuale della società per

azioni, in Riv. Dir. Civ., 2015, n. 2, p. 10480 ss.: «Agli strumenti finanziari possono essere attribuiti

diritti amministrativi insieme a diritti patrimoniali, o anche solo diritti amministrativi. L'espressione usata dal legislatore non è particolarmente limpida ["forniti di diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi "], tanto da lasciare il dubbio che siffatti strumenti debbano essere sempre dotati di diritti patrimoniali ed eccezionalmente possano recare anche diritti amministrativi. Non vedrei, però, ragioni

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L’esclusione del diritto di voto nell’assemblea generale degli azionisti, giustificata dalla volontà di evitare la presenza di una pluralità di titoli di partecipazione e dalla conseguente difficoltà di coordinare il loro voto con quello degli altri soci (357), ma anche e soprattutto dalla perdurante difficoltà di disgiungere rischio e controllo nell’impresa, deve essere coordinata con la previsione contenuta nell’art. 2351 ult. co. c.c.

La disposizione da ultimo citata, infatti, rende possibile attribuire ai titolari di strumenti finanziari partecipativi il diritto di voto su argomenti specificamente indicati oltre che la possibilità di eleggere un componente indipendente del consiglio di amministrazione o del consiglio di sorveglianza o di un sindaco.

Coerentemente con la seconda delle facoltà citate, l’art. 2383 c.c. riconduce l’ipotesi in esame ad uno dei casi eccezionali in cui è consentita la nomina extrassembleare dei componenti dell’organo di gestione (358).

Proprio la possibilità per i titolari di tali strumenti di nominare un componente degli organi di amministrazione e controllo appare di particolare rilevanza in caso di loro assegnazione ai dipendenti della società, poiché idoneo a consentire il collegamento della loro partecipazione finanziaria nella società alla partecipazione alla gestione della medesima.

Tale era, in effetti, l’intento del legislatore della riforma del 2003, come si evince dalla relativa relazione: «ciò spiega anche perché si è ritenuto, con un nuovo secondo comma

dell’art. 2349, di estendere la possibilità di utilizzare analoghi strumenti finanziari anche a favore dei dipendenti della società o di società controllate. Anche qui perseguendo l’obiettivo di creare un nuovo strumento giuridico in grado di adeguarsi, senza non necessarie alterazioni della struttura organizzativa della società, ad esigenze che, in questo caso sul piano delle relazioni industriali, l’autonomia statutaria potrebbe nel caso concreto individuare. Uno strumento flessibile, che per esempio potrebbe essere utilizzato al fine della strategia da molte aziende perseguita di “fidelizzazione”

sistematiche per escludere l'ammissibilità di strumenti che attribuiscano esclusivamente diritti corporativi. In un caso siffatto - probabilmente destinato a essere confinato fra le ipotesi teoriche - dovrebbe essere consentito il trasferimento degli strumenti finanziari, per permettere al possessore (almeno) di trarre profitto dalla loro cessione». Contrario alla possibilità di emettere strumenti finanziari

dotati di soli diritti amministrativi M. MIOLA, Gli strumenti finanziari partecipativi emessi a fronte di

apporti, in G. E. COLOMBO – G. PORTALE (diretto da), Trattato delle s.p.a, Volume 1, III ed., Torino, Utet, 2004.

357

V. SALAFIA, Azioni offerte…,op. cit., p. 1049.

358

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dei propri dipendenti» (359).

Problemi interpretativi presenta, però, il non meglio definito requisito di “indipendenza” di tali soggetti, di certo non assimilabile a quello concepito nel t.u.f., considerato che, nell’ipotesi in esame, non si presenta un vero problema di neutralità, quanto di rappresentatività di portatori di interessi diversi dai detentori di azioni ordinarie (360). Il concetto, allora, va letto in un’ottica di indipendenza dagli azionisti di controllo: come riconosciuto da attenta dottrina, “il consigliere esterno al capitale azionario non è, cioè,

strumento di moralizzazione, bensì di potenziale pluralismo nella gestione societaria”

(361).

Come previamente accennato, la facoltà di esercitare il diritto di voto su particolari argomenti, tra i quali la nomina di un amministratore o sindaco, previsto dall’art. 2351 ult. co. c.c. deve poi essere coordinato con il divieto di esercitare il voto nell’assemblea generale degli azionisti di cui all’art. 2349, 2° co. c.c.

Il combinato disposto delle due norme, non è di agevole interpretazione, non essendo chiaro in quale sede debba essere raccolto il voto dei portatori degli strumenti citati: se in sede di assemblea speciale ex art. 2376 c.c. ovvero di assemblea generale degli azionisti, o, ancora, in un’assemblea di categoria differente da quella prevista dall’art. 2376 c.c. (362).

Più specificamente, alcuni Autori, rilevando che consentire l’esercizio del voto nell’assemblea speciale ex art. 2376 c.c. equivarrebbe a riconoscere un diritto di veto sull’oggetto delle deliberazioni, hanno preferito ammettere che i titolari degli strumenti, entro i limiti delle materie indicate nello statuto, possano esercitare il proprio voto nell’assemblea ordinaria.

Seguendo questa via si incontrano però ulteriori problemi interpretativi, tra i quali l’espressa contrarietà all’esercizio del voto nell’assemblea generale di cui all’art. 2349, comma 2 e il non indifferente dilemma del “peso” da attribuire al voto espresso da tali strumenti finanziari.

Pare, dunque, più convincente l’opinione di chi ha ritenuto che debba essere lo statuto a

359

Relazione al d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, in Riv. soc., 2003, p. 118.

360

G. MIGNONE, op. cit., ritiene si tratti di indipendenza di questi soggetti dal capitale azionario, minoritaria è la tesi che interpreta “indipendente” come “non esecutivi”.

361

M. CIAN, Strumenti finanziari partecipativi e poteri di voice, Giuffrè, Milano, 2006, p. 116.

362

R. SCARABINO, Gli strumenti finanziari partecipativi: inquadramento tipologico della fattispecie e

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determinare le modalità di esercizio del voto per i portatori di questi strumenti finanziari, “se nell’assemblea generale o nella loro assemblea speciale, o ancora

mediante la raccolta di documenti contenenti l’espressione del voto” (363) e che, ove

questo nulla preveda o sia impreciso, il diritto di voto vada configurato quale diritto di categoria ex art. 2376 c.c. (364).

La tesi della nomina in assemblea separata dei componenti dell’organo di amministrazione e controllo (365) sembra, peraltro, supportata dall’art. 2383 c.c., che si riferisce ad un’ipotesi di nomina degli amministratori in sede extrassembleare, e dalla relazione alla riforma del 2003, che cita: “al fine nuovamente di evitare problemi

applicativi di non agevole soluzione, si è precisato che gli strumenti finanziari in questione possono conferire tutti i diritti partecipativi escluso quello del diritto di voto nell’assemblea generale degli azionisti. Ciò appare necessario in quanto data la particolarità di tali strumenti finanziari, ne potrebbero derivare molteplici incertezze e conseguenti ragioni di instabilità per il funzionamento dell’assemblea; e ne potrebbero derivare ragioni di incertezza sistematica, fonti di imprevedibili esiti interpretativi, in merito alla stessa nozione di partecipazione azionaria. Mentre l’esplicita previsione che tra i diritti da essi conferiti può essere pure quello di nominare in assemblea separata un componente degli organi di amministrazione e/o di controllo della società (così l’ultimo comma dell’art. 2351) sembra in effetti, piuttosto che diminuire, accrescere la

loro appetibilità per gli operatori economici che intendano utilizzarli” (366).

363

A. LOLLI, op. cit., p. 207.

364

V. SALAFIA, Azioni offerte…,op. cit., p. 1049: “La deliberazione potrebbe, invece prevedere una

separata assemblea dei portatori degli strumenti finanziari assegnati con riferimento a particolari decisioni dell’assemblea dei soci, stabilendo un valore determinato del voto ivi espresso, che potrebbe anche spingersi fino al condizionamento della decisione considerata, secondo l’importanza che si voglia assegnare a quel voto”.

365

Sul procedimento di nomina M. NOTARI – A. GIANNELLI, op. cit., sostengono che “sebbene tale

ipotesi di nomina non assembleare (nel senso che non avviene nell’assemblea ordinaria degli azionisti) sia stata dal legislatore affiancata all’art. 2449, si deve ritenere che sia ammissibile tanto una previsione statutaria che renda immediatamente efficace la nomina disposta della deliberazione (o comunque dalla decisione) dei possessori degli strumenti finanziari partecipativi, senza che all’uopo sia necessaria la deliberazione dell’assemblea dei soci, quanto un procedimento di nomina, all’uopo disciplinato dallo statuto, in forza del quale la designazione da parte dell’assemblea degli strumenti finanziari partecipativi costituisce un elemento di una fattispecie a formazione progressiva, che si conclude con la deliberazione dell’assemblea ordinaria degli azionisti, la quale, oltre a prendere atto e rendere efficace la nomina disposta degli strumenti finanziari, provvede a nominare i restanti amministratori e a completare il consiglio”.

366

Relazione al d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, in Riv. soc., 2003, p. 118. Parte della dottrina si è tuttavia rivelata contraria a tale interpretazione, vd. G. MIGNONE, sub Art. 2351, comma 5, in G. COTTINO (diretto da), Il nuovo diritto societario, Commento al d.lgs. 17 gennaio 2003, n.6, d.lgs. 17 gennaio 2003 n.5,

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Quanto, poi, agli “argomenti specifici” sui quali si consente l’esercizio del diritto di voto, il cui peso in assemblea dovrà essere stabilito dallo statuto, si ritiene che possa trattarsi di un numero contenuto di argomenti di competenza assembleare, tale da non svuotare i soci delle proprie prerogative, non essendo, invece, ammessa un’interferenza con le competenze dell’organo amministrativo (367).

Dubbia è, infine, l’interpretazione della norma nel caso siano emesse più categorie di strumenti finanziari dotati di diritti amministrativi. La dottrina sembra preferire la tesi che sia comunque uno solo il componente eletto dai titolari di tali strumenti, ma occorrerà in questo caso studiare metodi per integrare i consensi dei portatori di strumenti appartenenti alle diverse categorie (368). In ogni caso, si ritiene che il dettato normativo, facendo riferimento ad un solo soggetto di nomina extrassembleare, intenda mantenere i rappresentanti così eletti in condizione di minoranza tra i componenti dell’organo.

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