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La partecipazione finanziaria dei lavoratori quale strumento per migliorare il governo societario

La storia successiva della partecipazione finanziaria dei lavoratori in Europa risente fortemente del grande ripensamento che la crisi finanziaria iniziata nel 2007 ha imposto, tra l’altro, alle istituzioni comunitarie.

Emblema di tale riflessione è la “Strategia Europa 2020”, strategia decennale per la crescita e l'occupazione che l'Unione Europea ha varato nel 2010 per superare la crisi economico finanziaria e colmare le lacune del modello europeo di crescita, creando le condizioni per una crescita più intelligente, sostenibile e solidale, che, tra l'altro, favorisca l'emancipazione dei cittadini attraverso l'occupazione, gli investimenti nelle competenze, la lotta alla povertà e la modernizzazione dei mercati del lavoro e della protezione sociale.

Nel 2011 veniva quindi pubblicato dalla Commissione Europea il Libro Verde “Il

quadro dell’Unione europea in materia di governo societario”, il quale, ritenendo che il

governo societario e la Responsabilità Sociale delle Imprese fossero “elementi chiave

per stimolare la fiducia dei cittadini nei confronti del mercato unico, oltre ad essere fattori che contribuiscono alla competitività delle imprese europee, perché imprese ben gestite e sostenibili possono concorrere in modo rilevante al raggiungimento degli

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ambiziosi obiettivi di crescita stabiliti nella strategia Europa 2020” (95), prestava particolare rilievo alla presenza di investitori a lungo termine nelle società, quali soggetti capaci di svolgere un ruolo attivo nella stessa, idoneo ad aumentarne il valore. La Commissione affermava, infatti, che “l’impegno attivo da parte degli azionisti si

esprime in genere attraverso la sorveglianza attiva delle società, il dialogo con il consiglio di amministrazione e l’esercizio dei propri diritti di azionista, incluso, eventualmente, il diritto di voto e di cooperazione con altri azionisti al fine di migliorare il governo della società di cui detengono le azioni per favorire la creazione di valore a lungo termine. Sebbene l’impegno attivo da parte di investitori a breve termine possa avere effetti positivi il concetto di impegno attivo designa in generale un’attività che produce risultati a lungo termine per gli azionisti. La Commissione ritiene quindi che siano in primo luogo gli investitori a lungo termine ad avere interesse a impegnarsi attivamente nella società” (96).

In questo quadro la Commissione analizzava la figura del dipendente – azionista. In particolare, la partecipazione azionaria dei dipendenti veniva considerata uno strumento tendente ad accrescere l’impegno e la motivazione dei dipendenti, ad aumentare la produttività e a ridurre le tensioni sociali (97).

Pur nella consapevolezza che l’azionariato dei dipendenti non fosse privo di rischi derivanti da una mancata diversificazione degli investimenti, il Libro Verde concludeva in proposito sostenendo che “i dipendenti - investitori possono contribuire in modo

significativo ad aumentare la percentuale di azionisti che investono a lungo termine”

(98).

Di conseguenza, veniva avviata una consultazione sulla necessità o meno di adottare misure a livello europeo al fine di promuovere l’azionariato dei dipendenti (99), i cui risultati contrastanti venivano resi noti il 15 novembre 2011.

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Commissione Europea, Libro Verde “Il quadro dell’Unione europea in materia di governo societario”, Bruxelles, 5.4.2011, COM(2011) 164 definitivo, p.2.

96 Ivi, pp. 12-13. 97 Ivi, p. 20. 98 Ibidem. 99

Ivi, Allegato 1, domanda 23: “È necessario adottare misure a livello UE, e in caso affermativo, quali,

per promuovere la partecipazione azionaria dei dipendenti?”. Tra le risposte date alle consultazioni,

Assonime ha ritenuto che incentivare l’azionariato dei dipendenti potrebbe giocare un ruolo importante nell’incoraggiare una prospettiva di investimento a lungo termine, ma che andrebbe evitata un’eccessiva concentrazione del rischio nel portafoglio dei dipendenti, si veda F. GHEZZI, La «corporate governance»

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La volontà di garantire alle imprese e agli azionisti la libertà di decidere autonomamente l’attuazione di modelli di partecipazione azionaria dei lavoratori emersa dalle consultazioni conduceva la Commissione a rinunciare ad un intervento europeo in materia.

Già l’anno successivo, nel settembre 2012, il Parlamento Europeo pubblicava però uno studio sulla diffusione e sulle caratteristiche della partecipazione finanziaria dei lavoratori nell’Unione Europea, dal quale emergeva una dinamica positiva tra 2000 e 2009, nonostante la crisi finanziaria (100).

In tale studio la partecipazione finanziaria dei dipendenti era descritta come un meccanismo per la promozione di una maggiore cooperazione tra proprietà,

management e dipendenti, volta a migliorare l’armonia sui posti di lavoro e ridurre la

conflittualità, così rendendo l’impresa più flessibile, efficiente e produttiva e, pertanto, maggiormente competitiva.

Pur a fronte del riconoscimento di un certo grado di rischio caratterizzante i piani di partecipazione agli utili e azionaria, si valorizzava la partecipazione finanziaria dei lavoratori quale meccanismo per alleviare alcuni tipici problemi delle piccole e medie imprese, come la successione aziendale e la necessità di finanziamenti a lungo termine. Lo studio proponeva, inoltre, l’adozione di un nuovo approccio, cosiddetto “28esimo regime”, definito a livello europeo e implementato attraverso la regolamentazione europea, volto a fornire ai lavoratori e ai dipendenti la scelta tra due modelli di partecipazione finanziaria dei lavoratori, uno di origine nazionale, applicabile di default, e l’altro di fonte normativa europea, basato sul principio della volontarietà e dell’approccio modulare.

Alla pubblicazione dello studio citato, il 12 dicembre 2012 seguiva l’approvazione da parte della Commissione Europea di un “Piano d’Azione sul diritto delle società e sul

governo societario” (101), che stabiliva quali obiettivi delle future iniziative della Commissione Europea per modernizzare il diritto societario il rafforzamento della trasparenza, il coinvolgimento degli azionisti ed il sostegno alla crescita delle imprese e

100

EUROPEAN PARLIAMENT, Employee financial participation in companies’ proceeds, settembre 2012 (IP/A/EMPL/ST/2011-02 PE 475.098).

101

Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, Piano d'azione: diritto europeo delle società e governo societario – una disciplina giuridica moderna a favore di azionisti più impegnati e società sostenibili (COM/2012/0740 final).

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alla loro competitività. Tra le misure di incentivazione ad un maggior coinvolgimento degli azionisti veniva considerata la partecipazione finanziaria e, in particolare, azionaria, dei dipendenti, quale strumento per l'elaborazione di un quadro di governance ben funzionante.

Nell’ambito dell’Action Plan del 2012, la Commissione Europea finanziava così il Progetto Pilota “Promotion of Employee Ownership and Participation” (102) che conduceva alla pubblicazione di un ultimo studio nell’ottobre 2014.

Parallelamente, in seguito all’adozione di un Report di propria iniziativa al termine dell’anno 2013, il Parlamento Europeo, il 14 gennaio 2014, adottava la “Risoluzione

sulla partecipazione finanziaria dei dipendenti agli utili dell'impresa” (103), che invitava la Commissione e gli Stati membri a prendere in considerazione misure adeguate per incoraggiare le imprese, su base volontaria, a sviluppare e offrire piani di partecipazione finanziaria aperti a tutti i dipendenti senza discriminazioni, tenendo conto della specifica situazione delle PMI e delle microimprese.

La Risoluzione specificava che qualunque misura riguardante la partecipazione finanziaria dei dipendenti ai redditi dell’impresa dovesse essere sostenibile nel lungo periodo e basata sui principi di partecipazione volontaria, uguaglianza tra i lavoratori e diligenza, specialmente per le PMI.

Il Parlamento affermava di guardare con interesse ad un potenziale 29° piano di partecipazione quale quadro giuridico unico e facoltativo, aperto ai datori di lavoro di tutta l'Unione, che rispettasse gli ambiti di competenza degli Stati membri in materia di diritto fiscale e del lavoro e comprendesse un insieme di modelli di sostegno semplice, elaborati secondo gli esempi delle migliore prassi per aziende di ogni tipo e dimensione. Osservava, inoltre, che la partecipazione finanziaria dei dipendenti rappresentasse un importante strumento di coesione sociale e di governo societario sostenibile, ma che fosse necessario essere cauti nella promozione dei piani di partecipazione finanziaria al fine di evitare che i salari fossero sostituiti da sistemi di partecipazione finanziaria. Ancora, il Parlamento invitava la Commissione a prendere in considerazione lo sviluppo di un insieme di orientamenti di base per la riuscita dei piani di partecipazione finanziaria che includessero i seguenti elementi:

102

(MARKT/2013/019/F2/ST/OP).

103

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a) orientamento agli obiettivi dei piani di partecipazione finanziaria dei lavoratori; b) flessibilità nel funzionamento e carattere volontario;

c) carattere supplementare/complementare rispetto alla remunerazione contrattuale; d) adesione volontaria per i dipendenti;

e) negoziazione ad opera delle parti sociali; f) informazioni chiare;

g) coinvolgimento dei lavoratori nella governance dell'impresa;

h) necessità di proteggere attraverso un'assicurazione la partecipazione finanziaria dei dipendenti in caso di fallimento dell'impresa;

i) necessità di tenere sempre in considerazione l'impatto sulla parità di genere all'atto di concordare piani di partecipazione finanziaria dei lavoratori;

j) trasparenza.

Sebbene i criteri indicati rimandino, ancora una volta, ai principi di riferimento indicati nella Raccomandazione del 1992, può riconoscersi negli ultimi interventi comunitari per la promozione dei piani di partecipazione finanziaria dei lavoratori l’intenzione di fare di questi ultimi una nuova categoria di azionisti, leali e di lungo periodo, in quanto tali in grado di intervenire sulla governance di impresa per ridurre le storture emerse per effetto della crisi finanziaria. Di quanto affermato si ha, peraltro, piena prova ove ci si soffermi sull’ultimo studio commissionato dalla Commissione Europea sull’argomento, pubblicato nel 2014 e qui di seguito analizzato.

6. Lo studio “The promotion of Employee Ownership and Participation”

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