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Partecipazione ed innovazione

Gli studi degli economisti volti ad analizzare gli effetti dell’introduzione di modelli di partecipazione finanziaria dei lavoratori sull’impresa hanno, inoltre, rilevato una particolare incidenza di tali piani sul tasso di innovazione in prodotti, servizi e processi nelle imprese che ne fanno adozione.

Su tale rilevante aspetto, si è soffermato, tra gli altri, Gamble (160), che ha analizzato l’utilizzo degli ESOP da parte del management per ottenere sia il potere di assumere le decisioni (decision making) all’interno dell’impresa, che quello di controllarle e ratificarle (decision control).

Research, The University of Chicago Press, 2010, p. 201 ss.

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L’introduzione dei piani citati si conferma associata ad altre politiche di impresa, caratterizzate dalla concessione di un più elevato tasso di autonomia e di un maggior potere decisionale ai lavoratori, con un monitoraggio da parte del management rivolto agli output anziché ai dipendenti.

160

J. E. GAMBLE, Management commitment to innovation and ESOP stock concentration, in Journal of

61

L’Autore, partendo dall’assunto che nell’impresa moderna si assiste, tipicamente, al fenomeno della separazione della proprietà dal controllo (161), ha sottolineato come i

manager, a causa di problemi di agency con gli azionisti della società, risultino portatori

di interessi specifici per la soddisfazione dei quali possono perseguire strategie divergenti rispetto a quelle tendenti a massimizzare i benefici per gli azionisti. In particolare, i manager tenderebbero a mantenere politiche avverse al rischio, per garantire a se stessi ricchezza personale e sicurezza dell’incarico ricoperto e, pertanto, a non favorire l’innovazione, attività tipicamente rischiosa e dai risultati molto spesso incerti.

Ebbene, in quest’ottica, la letteratura precedente allo studio di Gamble aveva evidenziato il rischio che le imprese adottassero un ESOP per detenere una larga quota delle azioni della società sotto il controllo del management e di lavoratori supervisionati dallo stesso, così trasformando gli ESOP da meccanismi di allineamento a potenti meccanismi di trinceramento del management, funzionali ad impedire scalate ostili ed evitare tentativi di ricambio del controllo della società.

La letteratura precedente ricordata dall’Autore aveva inoltre rilevato come gli ESOP adottati precedentemente all’introduzione negli Stati Uniti degli incentivi fiscali per tale istituto ad opera del Tax Reform Act del 1986 avessero efficacemente migliorato la

performance delle imprese, al contrario di quanto avvenuto successivamente: a partire

dal 1986, gli ESOP sembrebbero dunque esser stati introdotti per motivi differenti da quello di ridurre i costi di agenzia (162).

A fronte di tali considerazioni, lo studio in esame, condotto su un campione di 95 società quotate adottanti un ESOP, ha dimostrato come tale strumento sia spesso stato utilizzato da parte dei manager per ottenere un maggior potere di controllo delle decisioni ed adottare una condotta maggiormente avversa al rischio, con conseguente riduzione dello sforzo in innovazione.

Secondo l’autore, la partecipazione dei dipendenti al capitale avrebbe, infatti, la capacità di allineare l’interesse degli azionisti con quello dei dipendenti alle opportune condizioni, ma la frequente mancanza di indipendenza degli ESOP dall’influenza del

161

Agli azionisti spetta il diritto al reddito residuale, ottenuto tramite i dividendi sulle azioni, mentre ai manager è garantito il diritto residuale di controllo sulle decisioni dell’impresa.

162

In proposito si veda J. E. GAMBLE, ESOPs: Financial performance and federal tax incentives, in

62

management, la difficoltà di monitorare la condotta di quest’ultimo e l’improbabilità

che i dipendenti sostengano strategie rischiose fornirebbero la spiegazione della accertata relazione tra aumento della concentrazione di capitale negli ESOP e aumento dell’avversione al rischio del management.

Per queste ragioni, Gamble ha fornito un interessante spunto nella considerazione della partecipazione finanziaria dei lavoratori, invitando ad un vaglio degli interessi del

management nell’implementazione di tali piani.

In tale quadro, però, dovrebbe altresì considerarsi la possibilità che la diminuzione della spesa in ricerca e sviluppo associata alla presenza di grandi quote di capitale negli ESOP sia dettata dall’attuazione di tali piani nel corso di una strategia di ristrutturazione aziendale, solitamente accompagnata da una riduzione della spesa in detto settore e da un aumento della redditività dell’impresa.

A diverse conclusioni sono giunti, infatti, Chen e Huang (163) analizzando gli effetti della partecipazione dei lavoratori al capitale delle imprese sulla spesa delle stesse in innovazione nel settore dell’Information Technology in Taiwan (164). Lo studio, utilizzando dati relativi a società quotate nel Taiwan Stock Exchange appartenenti a tale settore e che prevedevano sistemi di partecipazione dei lavoratori al capitale nel periodo 1996–2001, ha riscontrato una maggiore spesa in innovazione nelle imprese che attribuivano azioni ai dipendenti rispetto alle concorrenti, positivamente associata all’estensione della partecipazione dei relativi dipendenti al capitale d’impresa. Tale dato è stato motivato dagli Autori in forza della capacità degli schemi partecipativi di ridurre i problemi di agenzia, allineando gli interessi dei lavoratori con quelli degli azionisti: la partecipazione azionaria consentirebbe infatti di trasferire parte del rischio dagli azionisti ai lavoratori, che, conseguentemente sarebbero maggiormente motivati ad incrementare il proprio sforzo lavorativo, a condividere le informazioni detenute, a riportare e risolvere le problematiche affrontate. Tale atteggiamento, a sua volta, ridurrebbe il rischio rappresentato dall’attività di ricerca e sviluppo, incrementandone le probabilità di successo.

Per queste ragioni, lo studio ha ritenuto la partecipazione azionaria dei lavoratori alle

163

H–L. CHEN – Y–S. HUANG, Employee stock ownership and corporate R&D expenditures: evidence

from Taiwan’s information–technology industry, in Asia Pacific Journal of Management, 2006, vol. 23,

n. 3, p. 369 ss.

164

Tale settore è stato selezionato dagli autori per la priorità in esso attribuita all’innovazione, l’alto tasso di turnover del personale, la breve durata del ciclo di vita dei prodotti.

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imprese un fattore rilevante nella competitività a livello internazionale delle imprese appartenenti al settore Information Technology in Taiwan, grazie alla sua capacità di incrementarne la spesa in ricerca e sviluppo.

Da ultimo, si ricordano i risultati raggiunti da Harden, Kruse e Blasi (165) sulle interazioni tra “shared capitalism” e innovazione nell’impresa (166).

Gli autori hanno adottato due misure dell’innovazione: la prima, che considera la cultura aziendale di supporto all’innovazione, sul presupposto che le imprese possano promuovere l’innovazione sviluppando un ambiente che incoraggi i lavoratori a condividere idee e suggerimenti, fornisca loro le risorse per svilupparli e riconosca lo sforzo innovativo; la seconda, che misura la volontà dei lavoratori di realizzare le proprie idee innovative nell’ambiente di lavoro.

Dai risultati dell’analisi è emersa una positiva correlazione dello shared capitalism

index con la percezione da parte dei lavoratori di una cultura aziendale favorevole

all’innovazione ed un aumento della volontà dei lavoratori di contribuire all’innovazione con l’incrementare della loro partecipazione finanziaria. I risultati, in questo secondo caso, sono però stati positivi solamente in caso di partecipazione azionaria dei lavoratori, risultando negativi in presenza di piani di partecipazione agli utili, che, secondo gli autori potrebbero indurre i dipendenti a perseguire un risultato di breve periodo (167).

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