• Non ci sono risultati.

La posizione del dipendente azionista nella società con titoli quotati o diffusi tra il pubblico in maniera rilevante: l’acquisto di azioni proprie

Alla seconda delle finalità indicate sono, invece, riconducibili quelle norme volte a tutelare specificamente i dipendenti-azionisti (artt. 132 e 137 T.u.f.) ed i dipendenti- azionisti quali species della categoria degli azionisti di minoranza, con la conseguente applicabilità delle norme di cui agli artt. 141 e 147-bis del Testo Unico (413).

Seppur i dipendenti – azionisti non costituiscano, infatti, categoria speciale ai sensi

411

Cfr. C. ALVISI, Informazione al mercato in materia di attribuzione di strumenti finanziari a esponenti

aziendali, dipendenti e collaboratori, in Le nuove regole del mercato finanziario, in F. GALGANO – F. ROVERSI MONACO (a cura di), Trattato di diritto commerciale e diritto pubblico dell’economia, Cedam, Padova, 2009. Per le società cooperative, l’art. 135-ter T.u.f., introdotto dal d. lgs. 27 gennaio 2010, n. 27 prevedeva che “In deroga all’articolo 114-bis, comma 1, la relazione prevista dalla medesima

disposizione è messa a disposizione del pubblico almeno quindici giorni prima del termine fissato per l’assemblea con le modalità previste dalla Consob con regolamento emanato ai sensi dell’articolo 113- ter, comma 3”. L’articolo è stato abrogato dal d.lgs. n. 91 del 18 giugno 2012.

412

La disciplina presentata è completata, riguardo ai componenti degli organi di amministrazione e controllo, ai direttori generali e ai dirigenti con responsabilità strategiche, dall’art. 123-ter T.u.f. rubricato “Relazione sulla remunerazione”.

413

In particolare, i dipendenti – azionisti, data la specificità degli interessi di cui sono portatori, sono parsi la minoranza organizzata con le maggiori possibilità di incidere sul governo societario, avendo l’interesse non solo alla redditività dell’investimento, ma anche al buon andamento della società nella quale prestano la propria opera [S. GATTI, sub Art. 137, in G. ALPA – F. CAPRIGLIONE (a cura di),

Commentario al Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, Padova,

Cedam, 1998, p. 1245]. Ricondotto dunque il dipendente – azionista alla figura dell’azionista di minoranza, risulteranno applicabili al primo le disposizioni predisposte dal Testo Unico per la salvaguardia del secondo.

134

dell’art. 2348 c.c., se non nei casi in cui siano loro attribuiti azioni o strumenti finanziari dotati di particolari diritti, è ormai pacifica la riconduzione dei dipendenti – azionisti nel novero degli azionisti di minoranza, pur nella consapevolezza della loro specificità. Prima delle norme ricordate è dunque l’art. 132 T.u.f. che, nel prevedere particolari regole per l’acquisto di azioni proprie e della società controllante, soggetto al principio della parità di trattamento tra azionisti (414), da attuarsi nelle modalità indicate dalla Consob con proprio regolamento, ne sancisce l’inapplicabilità agli acquisti di azioni proprie o della società controllante possedute dai dipendenti della società emittente le azioni, a quelli delle società controllate da quest’ultima o dalla controllante e che siano state “assegnate o sottoscritte a norma degli articoli 2349 e 2441, ottavo comma del

codice civile, ovvero rivenienti da piani di compenso approvati ai sensi dell’articolo 114-bis” (415).

Scopo dell’esenzione, che agevola la dismissione delle azioni possedute dai dipendenti

414

L’esigenza sottostante la disposizione era già stata presa in considerazione dalla legge 149 del 1992 ed è stata trasferita nell’articolo in esame del Testo Unico. La Consob ha chiarito come “la ratio di tale

disposizione consiste, da un lato - come risulta dallo stesso dettato normativo - nel garantire la parità di trattamento tra gli azionisti delle società quotate, dall’altro, nell’impedire che la società, attraverso operazioni di acquisto di azioni proprie, possa influenzare sensibilmente le quotazioni dei propri strumenti finanziari”, CONSOB, Comunicazione n. DIS/99043363 del 28 maggio 1999. In particolare

l’interesse tutelato dalla norma corrisponde a quanto previsto dall’art. 92, comma 1 T.u.f.: “Gli emittenti

quotati e gli emittenti quotati aventi l’Italia come Stato membro d’origine assicurano il medesimo trattamento a tutti i portatori degli strumenti finanziari quotati che si trovino in identiche condizioni”. La

dottrina ha però rilevato come il principio della parità di trattamento sia tutelato dall’art. 132 T.u.f. non tanto sul piano della parità del prezzo di acquisto delle azioni, quanto su quello delle pari opportunità di cedere le proprie azioni alla società nel caso in cui essa decida di acquistarle, cfr. M. ROSSI, sub Art. 132, in N. ABRIANI – M. STELLA RICHTER, Codice ipertestuale commentato delle società, tomo II, Utet, Torino, 2010, p. 3325. In proposito, la Consob, con Comunicazione n. DM/DAL/42381 dell’1 giugno 2000 ha chiarito “La disposizione in questione ha innanzitutto lo scopo di garantire la parità di

trattamento tra gli azionisti di un emittente quotato assicurando agli stessi uguali opportunità di dismettere le proprie azioni nelle ipotesi in cui quest’ultimo decida di acquistarle”

415

Il riferimento ai piani di compenso di cui all’art. 114-bis T.u.f. è stato inserito dall’art. 2 d.lgs. n. 224 del 29 ottobre 2010. Prima di tale momento, si riteneva che l’esenzione in esame non potesse operare qualora le azioni fossero attribuite ai dipendenti attraverso modalità diverse da quelle previste dagli artt. 2349 e 2441 c.c. La modifica operata dal d. lgs. 29 del 2010, ha fatto sì che la norma si riferisca ora alle azioni proprie “assegnate o sottoscritte a norma degli articoli 2349 e 2441, ottavo comma, del codice

civile, ovvero rivenienti da piani di compenso approvati ai sensi dell’articolo 114-bis”. Dal momento che

l’articolo 114-bis non opera distinzioni sulle modalità di assegnazione di azioni ai dipendenti della società, può affermarsi che la limitazione dettata dalla precedente previsione della norma in esame attualmente non sussista (cfr. E. GHERA, op. cit.). A completamento della disciplina è posto l’art. 172 T.u.f. che prevede le sanzioni in caso di irregolare acquisto di azioni proprie: “1. Gli amministratori di

società con azioni quotate o di società da queste controllate che acquistano azioni proprie o della società controllante in violazione delle disposizioni dell’articolo 132 sono puniti con una reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire quattrocentomila a lire due milioni [ndr: da euro duecentosette a

euro milletrentatre]. 2. La disposizione prevista dal comma 1 non si applica se l’acquisto è operato sul

mercato regolamentato secondo modalità diverse da quelle stabilite dalla Consob con regolamento, ma comunque idonee ad assicurare la parità di trattamento tra gli azionisti”.

135

azionisti, potenzialmente soggette a limiti di circolazione, è quella di favorirne la sottoscrizione.

Ai dipendenti azionisti può, infatti, essere garantita la possibilità di un realizzo dell’investimento loro conveniente (416), ove l’emittente preveda un prezzo minimo di realizzo alla scadenza di un periodo predeterminato anche qualora l’andamento del titolo risulti negativo (417).

Allo stesso tempo, la previsione legittima la società a riscattare le azioni assegnate o sottoscritte dai dipendenti nell’ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro, senza dover sottostare al principio della parità di trattamento (418).

Le ragioni della disposizione ricordata conducono, dunque, a ritenerla destinata agli acquisti effettuati dai soli lavoratori dipendenti con contratto di lavoro subordinato, con esclusione di amministratori, sindaci, collaboratori della società (419).

Outline

Documenti correlati