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Anche grazie ai due rapporti PEPPER pubblicati nel decennio precedente, il nuovo millennio si apriva con una accresciuta consapevolezza delle Istituzioni europee sul funzionamento e sulle problematiche dei regimi di partecipazione finanziaria dei lavoratori diffusi nell’Unione Europea.

Nel 2001, la Commissione, con lo scopo di far ripartire il dibattito sulla partecipazione finanziaria ed avviare un processo di consultazione con le parti sociali al fine di predisporre un piano di azione ed una comunicazione, emanava il Working Paper “Financial partecipation of employees in the European Union” (83

), ove la partecipazione finanziaria veniva descritta come lo strumento per associare i dipendenti ai profitti o risultati di impresa.

Il Working Paper analizzava dunque tale forma partecipativa nell’ottica della strategia per la leadership competitiva mondiale delineata durante il Vertice Europeo di Lisbona del 2000, confermava il legame tra schemi di partecipazione finanziaria, elevata produttività e bassa conflittualità, riaffermava la sua capacità di creare coinvolgimento,

81

Commissione Europea, gennaio 1997, Rapporto PEPPER II. Promotion of participation by employed persons in profits and enterprise results (including equity participation) in Member States – 1996, COM (96) 697 final.

82

Risoluzione sulla relazione della Commissione riguardante PEPPER II - La promozione della partecipazione dei lavoratori subordinati ai profitti e ai risultati dell'impresa (compresa la partecipazione al capitale) negli Stati membri - 1996 (COM(96)0697 C4-0019/97)

83

30

lealtà e allineamento dei lavoratori agli interessi degli azionisti, migliorando la competitività (84).

Lo stesso anno (85), con la pubblicazione del Libro Verde “Promuovere un quadro

europeo per la responsabilità sociale delle imprese” (86), per la prima volta la partecipazione dei dipendenti al capitale e alla gestione delle imprese veniva analizzata quale strumento di attuazione della Responsabilità Sociale d’Impresa. Si evidenziava, infatti, che “le cooperative di lavoratori e i programmi di partecipazione, nonché altre

forme di imprese di tipo cooperativo, mutualistico o associativo, integrano nella loro struttura gli interessi delle altre parti interessate e assumono immediatamente responsabilità sociali e civili” (87) e che la “partecipazione ai benefici e le formule di

azionariato” dei dipendenti contribuissero ad attrarre e conservare i lavoratori

qualificati.

Si apriva così un periodo di particolare attenzione delle Istituzioni alle interrelazioni e sinergie esistenti tra partecipazione finanziaria dei dipendenti e altri settori di intervento

84

R. MOLESTI, op. cit., p. 276. Attraverso tale documento, la Commissione individuava poi tre ostacoli alla diffusione transnazionale dei regimi di partecipazione finanziaria: la presenza di differenti regimi fiscali negli Stati membri, di diversi regimi di contribuzione sociale obbligatoria e di barriere sociali e culturali alla diffusione di tali piani, cfr. A. ALAIMO, Azionariato dei dipendenti e democrazia economica, in www.sole.unina.it.

85

Oltre ad esser pubblicato un ulteriore studio svolto, sempre su richiesta della Commissione, dallo

European Centre for Employee Ownership, nel quale veniva analizzato il nesso tra partecipazione

finanziaria e comitati aziendali europei in quattro grandi multinazionali (Gucci, Pearson, Air France e DSM).

86

Per un excursus storico sulla definizione del concetto di Corporate Social Responsibility a partire dagli anni ‘50: A. B. CARROLL, Corporate Social Responsibility. Evolution of a Definitional Construct, in

BUSINESS & SOCIETY, Vol. 38, n. 3, Settembre 1999, p. 268 e ss. Secondo S. ZAMAGNI, L’ancoraggio

etico della responsabilità sociale d’impresa e la critica alla RSI, Università di Bologna, Working Paper

1, ottobre 2004, p. 3, “la logica specifica della RSI è quella di combinare tra loro – nel senso dell’ars

combinatoria – la logica del puro business (per la quale ciò che conta per l’impresa è solamente il risultato economico, come misurato dal profitto) e la logica della pura filantropia (per la quale l’impresa deve sentirsi impegnata a destinare per scopi socialmente rilevanti parte dei propri profitti). È tipico della RSI rifiutare la celebre dicotomia di J.S. Mill tra leggi della produzione e leggi della distribuzione della ricchezza. Non è socialmente responsabile l’impresa che, mentre produce ricchezza, non guarda troppo per il sottile alla difesa dei diritti umani, al rispetto e all’integrità morale delle persone, ecc., e diventa compassionalmente generosa nel momento della distribuzione della ricchezza prodotta”. Si

vedano anche, H. R. BOWEN, Social responsibilities of the businessman, Harper&Row, New York, 1953; K. DAVIS, Can business afford to ignore social responsibilities?, in California Management Review, 1960, n. 2, p. 70 ss.; K. DAVIS – R. L. BLOMSTROM, Business and its environment, McGraw-Hill, New York, 1966; W. M. EVAN – R. E. FREEMAN, A stakeholder theory of the modern corporation: Kantian

capitalism, in Ethical Theory and Business, Prentice Hall, Englewood Cliffs (NJ), 1988, p. 75 ss. Sui

rapporti tra Responsabilità Sociale d’Impresa e diritto del lavoro in Italia, si vedano R. DEL PUNTA,

Responsabilità sociale dell’impresa e diritto del lavoro, in Lav. e dir., 2006, n. 1, p. 41 ss.; A.TURSI,

Responsabilità sociale dell’impresa, «etica d’impresa» e diritto del lavoro, in Lav. e dir., 2006, n. 1, p.

72.

87

Commissione delle Comunità Europee, Libro Verde “Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese”, Bruxelles 18.7.2001, COM(2001) 366 definitivo, paragrafo 2, p. 23.

31 dell’Unione Europea.

In particolare, la Comunicazione del 2002 della Commissione “Quadro per la

promozione della partecipazione finanziaria dei lavoratori dipendenti” (88), evidenziando i molteplici vantaggi derivanti dalla partecipazione finanziaria dei dipendenti, sosteneva che quest’ultima rappresentasse un elemento indispensabile nel conseguimento degli obiettivi stabiliti dall’Unione Europea a Lisbona (89). La partecipazione finanziaria era infatti considerata un esempio eccellente di politica in grado di perseguire contemporaneamente obiettivi di tipo economico, sociale ed inerenti l'occupazione, in un'ottica di complementarietà. Si affermava invero che essa, se attuata correttamente, potesse incrementare la redditività e la competitività delle imprese, aumentare la motivazione, il coinvolgimento e la soddisfazione professionale dei lavoratori, potenziare la qualità dell'occupazione e contribuire ad una ripartizione più equa del reddito e della ricchezza.

Non solo: si sosteneva che la partecipazione finanziaria potesse svolgere un ruolo importante per lo sviluppo dei mercati finanziari europei e, in particolare, dei mercati di capitali di rischio e che la sua promozione si iscrivesse, pertanto, anche nel quadro nelle riforme strutturali necessarie per concretare il potenziale dell'Europa in materia di crescita, occupazione e coesione sociale.

Potenziando l'identificazione dei dipendenti con l'impresa e il loro coinvolgimento nelle sue attività, la partecipazione finanziaria era considerata un elemento cruciale per ammodernare adeguatamente l'organizzazione del lavoro e per investire i dipendenti di maggiori responsabilità. Inoltre, contribuendo ad avvicinare gli interessi dei dipendenti a quelli di altri azionisti e facendo sì che i dipendenti partecipassero più attivamente e più a lungo allo sviluppo della loro impresa, la partecipazione finanziaria veniva presentata come uno strumento per perseguire una gestione dell'impresa più trasparente ed efficace.

La Commissione sottolineava dunque l’opportunità di un incremento nella diffusione dei piani PEPPER, che avrebbero dovuto tener conto dei principi generali ivi indicati, ossia, tra gli altri: la partecipazione volontaria ai piani, l’estensione dei benefici di tali piani a tutti i lavoratori dipendenti; la predeterminazione della formula sulla quale si

88

COM(2002)364 def.

89

Ci si riferisce alla ben nota “Strategia” formulata dal Consiglio Europeo svoltosi a Lisbona il 23 e 24 marzo 2000.

32

sarebbero basati i regimi di partecipazione finanziaria; la regolarità nell’applicazione; la distinzione tra la retribuzione e i proventi derivanti da regimi di partecipazione finanziaria; l’importanza di evitare eccessivi rischi per i lavoratori.

Con una Risoluzione del medesimo anno, il Parlamento Europeo suffragava il contenuto della Comunicazione della Commissione, invitando tuttavia gli Stati membri a tener conto del rischio rappresentato per i lavoratori dipendenti dalla partecipazione al capitale aziendale, rappresentato dal fatto che essi, in caso di insolvenza dell'impresa, avrebbero perso il posto di lavoro e la quota di partecipazione, nonché delle difficoltà attuative di piani di partecipazione finanziaria nelle piccole e medie imprese europee (90).

Nel 2006, gli studi della Commissione Europea sulla partecipazione finanziaria proseguivano poi con la pubblicazione del rapporto PEPPER III, che estendeva il campo di indagine dei precedenti rapporti PEPPER ai nuovi Stati membri e ai paesi candidati a entrare nell’Unione Europea. Esso rilevava lo scarso interesse mostrato dalle associazioni sindacali per l’argomento e mostrava come dal quadro normativo emergesse l’esistenza di poche leggi sulla partecipazione finanziaria. Concludeva, pertanto, sancendo come obiettivi europei l’introduzione di una regolamentazione europea in grado di incentivare la partecipazione finanziaria e l’inclusione del principio della partecipazione finanziaria dei dipendenti nei Trattati comunitari (91).

Si sviluppava così l’idea che, per superare le difficoltà attuative presenti nei singoli Stati, occorresse apprestare un quadro di riferimento a livello comunitario, una cornice di regole minimali in grado di irrobustire gli strumenti di sostegno alla partecipazione finanziaria e di apprestare una base normativa in grado di offrire maggiore certezza giuridica anche alle aziende.

Veniva così introdotto il cosiddetto “approccio modulare” (“Building Block

Approach”), che mirava a sostenere la partecipazione finanziaria a più livelli, dando

spazio sia ai modelli di azionariato tradizionali volti a far partecipare i lavoratori ai

90

Risoluzione del Parlamento europeo sulla comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni su un quadro per la promozione della partecipazione finanziaria dei lavoratori dipendenti (COM(2002) 364 - 2002/2243(INI))

91

Parallelamente, nel Trattato di riforma sottoscritto il 13 Dicembre 2007 a Lisbona, l’UE s’impegnava espressamente, per la prima volta, per la realizzazione del Modello sociale europeo come uno dei pilastri della sua politica. Così, l’articolo 3 del Trattato stabiliva che l’Unione “lavorerà per lo sviluppo

sostenibile dell‘Europa basato su [...] un’economia sociale di mercato fortemente competitiva, orientata alla piena occupazione e al progresso sociale”.

33

risultati economici della propria impresa, sia alle forme più evolute, dirette a rafforzarne il coinvolgimento negli organi di governo societario (92).

Successivamente, nel 2009, la quarta (e, allo stato, ultima) relazione PEPPER forniva per la prima volta una panoramica completa sulla partecipazione dei lavoratori in tutti gli Stati membri e nei Paesi candidati dell’Unione Europea.

Tale Rapporto era, invero, uno studio comparativo interdisciplinare di carattere giuridico ed economico, volto a fornire una valutazione della partecipazione finanziaria nell’Unione Europea a 27 Stati e nei Paesi candidati, basata su indicatori coerenti e quindi, per la prima volta, comparabili.

Il documento evidenziava con nettezza un’espansione significativa della partecipazione finanziaria dei lavoratori in Europa nel decennio precedente, rilevando un incremento sia dei regimi di partecipazione agli utili (aumentati dal 29% al 35% tra 1999 e 2005) che dei regimi di azionariato dei dipendenti su larga scala (aumentati da una media del 13% fino al 18% nell’arco dello stesso periodo), accertando però una profonda diversificazione dei modelli PEPPER in Europa ed un limitato interesse dei sindacati alla diffusione di tali regimi, oltre che l’assenza di misure politiche concrete a sostegno dei medesimi.

Il Rapporto, in conclusione, si chiudeva con una serie di raccomandazioni, volte alla promozione dei regimi PEPPER a livello nazionale mediante l’introduzione di una regolamentazione specifica e allo sviluppo dell’approccio modulare, ossia di norme minime comuni per un modello sovranazionale, comprendente un ampio sistema di incentivi con soluzioni diverse e flessibili, compatibili con quelle già stabilite negli Stati membri.

Tale modello, “la cui sceltà è rimessa alla volontà della singola impresa e dei suoi

dipendenti, è articolato in tre moduli costruito intorno ai tre modelli partecipativi: la partecipazione agli utili, la partecipazione azionaria individuale e i piani di partecipazione azionaria sotto forma di regimi collettivi” (93).

Incentivava, inoltre, la diffusione di piani PEPPER nelle piccole e medie imprese, in particolare di ESOP, anche quale strumento per garantire la successione aziendale, e la promozione dei piani PEPPER tramite incentivi fiscali.

92

R. SANTAGATA, voce Partecipazione azionaria dei lavoratori, in Enciclopedia del Diritto, Giuffrè, Annali V, 2012.

93

34

Faceva seguito a detto Rapporto, nel 2010, il Parere di iniziativa SOC 371 del Comitato Economico e Sociale Europeo, il quale si proponeva di riprendere e dare nuovo impulso sul dibattito alla partecipazione finanziaria dei lavoratori e chiedeva al Consiglio di formulare una nuova raccomandazione (come nel caso della 92/443/CEE del 27 luglio 1992) sulla promozione della partecipazione dei lavoratori.

A tale proposito, il Parere affermava la necessità di facilitare la diffusione della partecipazione finanziaria dei lavoratori in tutta l'Unione Europea sulla base di principi comuni e di analizzare gli strumenti di partecipazione finanziaria quale meccanismo idoneo a contribuire al rafforzamento della governance societaria, prospettava infine un utilizzo degli schemi partecipativi come modello di successione aziendale, tramite

employee buy-outs (94).

5. La partecipazione finanziaria dei lavoratori quale strumento per migliorare il

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