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L’assistenza finanziaria volta a favorire l’acquisto di azioni da parte dei lavorator

Altra e differente ipotesi di ingresso dei lavoratori nel capitale dell’impresa è quella di cui all’art. 2358 c.c., che non introduce una nuova categoria di azioni né prevede l’assegnazione di nuove azioni ai lavoratori, ma, nel disciplinare le operazioni di assistenza finanziaria della società per l’acquisto di proprie azioni, a partire dal 1986 stabilisce una disciplina specifica per i suoi dipendenti (386).

382

Si noti che con la riforma del 2003 nel comma ottavo è stato inserito il riferimento anche ai dipendenti delle società “che la controllano o che sono da essa controllate”, nessun riferimento è però stato fatto alle “società sorelle”. G. COTTINO, op. cit., p. 1504, evidenzia che si sarebbe potuto optare per una formulazione del tipo “dipendenti della società o di società che la controllano, da cui è controllata o

soggette a comune controllo”.

383

Cfr. R. BENASSI, sub art. 2441, in A. MAFFEI ALBERTI (a cura di), Il nuovo diritto delle società.

Commento sistematico al D. lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 aggiornato al D. lgs. 28 dicembre 2004, n. 310,

Vol. II, CEDAM, Padova, 2005, p. 1653.

384

Cfr. R. BENASSI, op. cit., p. 1050.

385

Cfr. R. WEIGMANN, op. cit., p. 123.

386

L’originario art. 2358 statuiva infatti che “La società non può fare anticipazioni sulle proprie azioni,

né prestiti a terzi per acquistarle”. Fu il d.p.r. 10 febbraio 1986, n. 30, in attuazione della Seconda

Direttiva 77/91/CEE del 13 dicembre 1976 relativa alla costituzione, salvaguardia e alle modificazioni del capitale sociale della società per azioni, ad estenderne la portata al seguente dettato: “(I) La società non

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La riforma del diritto societario non è intervenuta sull’articolo in esame, che è stato tuttavia modificato dal d. lgs. 4 agosto 2008, n. 142 (387), in attuazione della direttiva 2006/68/CE (388).

Attualmente, dunque, l’art. 2358, 8° co., c.c. detta: “Salvo quanto previsto dal comma

sesto, le disposizioni del presente articolo non si applicano alle operazioni effettuate per favorire l’acquisto di azioni da parte di dipendenti della società o di quelli di società controllanti o controllate”.

Attraverso la norma richiamata, conformemente a quanto previsto dalla Seconda Direttiva europea, si è riconosciuto che la società possa avere un particolare interesse a favorire l’acquisto delle proprie azioni da parte dei propri dipendenti, nonché di quelli delle controllate o delle controllanti. In quest’ultimo caso non è, quindi, richiesta l’autorizzazione dell’assemblea straordinaria, valido invece è il limite degli utili distribuibili e delle riserve disponibili, con iscrizione al passivo di bilancio di una riserva indisponibile pari al valore di prestiti e garanzie (389).

Dato il mancato chiarimento nel comma 8, ci si interroga se nell’ipotesi in esame sia ammessa l’accettazione di azioni proprie in garanzia, quesito al quale sembra opportuno dare risposta affermativa, dato che le uniche disposizioni dell’art. 2358 applicabili al caso in esame risultano quelle contenute nel comma 6 (390).

Dubbio, poi, è se i limiti del quinto del capitale sociale (ora previsto per le sole società

società non può, neppure per tramite di società fiduciaria, o per interposta persona, accettare azioni proprie in garanzia. (III) Le disposizioni dei due commi precedenti non si applicano alle operazioni effettuate per favorire l’acquisto di azioni da parte di dipendenti della società o di quelli di società controllanti o controllate. In questi casi tuttavia le somme impiegate e le garanzie prestate debbono essere contenute nei limiti degli utili distribuibili regolarmente accertati e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio regolarmente approvato”. La direttiva infatti stabiliva all’art. 23: “1. Una

società non può anticipare fondi, né accordare prestiti, né fornire garanzie per l’acquisizione delle sue azioni da parte di un terzo. 2. Il paragrafo 1 non si applica agli atti negoziali effettuati nell’ambito delle operazioni correnti delle banche e di altri istituti finanziari, né alle operazioni effettuate per l’acquisizione di azioni da parte del o per il personale della società o di una società collegata a quest’ultima. Questi atti negoziali e queste operazioni non possono tuttavia avere l’effetto che l’attivo netto della società scenda al di sotto dell’importo di cui all’art. 15, paragrafo 1, lettera a). 3. Il paragrafo 1 non si applica alle operazioni effettuate per l’acquisizione di azioni di cui all’art. 20, paragrafo 1, lettera h)”.

387

Emanato in virtù della legge delega 25 febbraio 2008, n. 34.

388

P. CARRIÈRE, La nuova disciplina dell’assistenza finanziaria, in Soc., 2010, p. 7 ss.

389

Le modifiche apportate all’art. 2358 nel 2008 hanno chiarito la maggior parte dei dubbi che la dottrina aveva mostrato nei confronti della versione precedente dell’articolo in esame. Superata appare infatti la questione sulla necessità o meno della creazione di una riserva, osteggiata da G. ACERBI, op. cit., p. 1229.

390

C. D’ALONZO, Altre operazioni sulle proprie azioni. (art. 2358 c.c.), in N. ABRIANI – M. STELLA RICHTER, Codice ipertestuale commentato delle società, vol. I, Utet, Torino, 2010; G. PRESTI – M. RESCIGNO, Corso di diritto commerciale. Vol. 2: Le società, 5 ed., Zanichelli, Bologna, 2011, p. 98.

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che fanno ricorso al capitale di rischio) e della integrale liberazione delle azioni trovino applicazione al caso in esame, ossia se si applichino le disposizioni dell’art. 2357 sull’acquisto di azioni proprie.

La dottrina maggioritaria ha dato risposta affermativa sul punto (391), ritenendo altresì applicabile la disposizione dell’art. 2357-ter c.c. per l’esercizio del voto, con sua sospensione, a meno che non sia esplicitamente previsto da una convenzione ex art. 2352 che esso spetti al dipendente. Gli altri diritti, compresi il diritto agli utili e il diritto di opzione, sarebbero invece attribuiti ai titolari delle azioni date in garanzia alla società, cioè ai dipendenti (392).

Altra questione è se, con il riferimento ai dipendenti della società, della controllante e delle controllate si sia voluto ampliare l’ipotesi in esame anche a società non partecipate dalla società offerente o dalle controllate, ma pur sempre appartenenti allo stesso gruppo, cioè alle cosiddette società sorelle, controllate dalla stessa società che esercita il controllo su quella che compie l’operazione. Secondo parte della dottrina (393) sarebbe più corretta un’applicazione restrittiva della norma, che ha comunque natura eccezionale. Si condivide però la tesi opposta, che ritiene consentita l’estensione in base ad una considerazione del crescente interesse del legislatore per il fenomeno dei gruppi di imprese (394).

391 E. BERNARDI – C. GANDINI, sub Art. 2358 Altre operazioni sulle proprie azioni, in G. GRIPPO (a cura

di), Commentario delle società, vol. I, Utet, Torino, 2009. Contra invece M. BIONE, op. cit., il quale

riconosce che il dubbio avrebbe risposta affermativa se il legislatore avesse equiparato l’accettazione di azioni in garanzia all’acquisto di azioni proprie, scelta invece non operata dal legislatore italiano nella trasposizione della direttiva comunitaria. L’opinione è però minoritaria.

392

C. D’ALONZO, op. cit.

393

M. BIONE, op. cit. Interessante il commento di Sbisà [cfr. G. SBISÀ, sub Art. 2358 (Altre operazioni

sulle azioni proprie), in Società per azioni, tomo I, VI ed., in F. GALGANO (a cura di), Commentario del

Codice Civile, Scialoja – Branca, Zanichelli, Bologna – Roma, 1997, p. 447] il quale afferma che la formulazione della norma tiene conto solo della struttura verticale, non considerando quelle che invece sarebbero le “linee collaterali”. Egli, al favore per un’interpretazione positiva dettata dalla ratio della norma, contrappone una preferibile interpretazione restrittiva, dettata dalla maggiore facilità dei controlli sulla legittimità dell’operazione quando effettuata in linea retta.

394

Ancora, si discute se la norma sia applicabile o meno ai dipendenti che siano anche amministratori della società. La possibilità di consentire l’assistenza finanziaria nei confronti di questi soggetti privilegerebbe, secondo parte della dottrina, il principio di parità di trattamento tra gli appartenenti ad una stessa categoria; altri hanno invece sostenuto l’inapplicabilità della norma ai dipendenti - amministratori evidenziando il conflitto di interessi nel quale si troverebbero in questa ipotesi gli amministratori della società (M. BIONE, op. cit., p. 448). A sostegno di questa tesi si adduceva (G. SBISÀ,

op. cit., p. 448) l’art. 2624 c.c., la cui versione originaria prevedeva al comma 1 che “gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori che contraggono prestiti sotto qualsiasi forma, sia direttamente sia per interposta persona, con la società che amministrano o con una società che questa controlla o da cui è controllata, o che si fanno prestare da una di tali società garanzie per debiti propri, sono puniti con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da L. 400.000 a L. 4.000.000”. L’articolo è

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La previsione dell’art. 2358 c.c., consentendo dunque alla società di fornire assistenza finanziaria ai suoi dipendenti per l’acquisto di azioni proprie, si presta così a due possibili utilizzi: il primo, rappresentato dalla vendita di azioni proprie della società ai suoi dipendenti, che possono appunto beneficiare dell’assistenza finanziaria concessa loro; il secondo, più interessante, potrebbe invece costituire la base normativa per la realizzazione in Italia di realtà analoghe agli ESOP statunitensi (395).

Un ente (fondo fiduciario o società) potrebbe, invero, acquistare azioni della società per conto dei lavoratori, attraverso finanziamenti della società stessa ovvero provenienti da istituti finanziari e garantiti tramite sue azioni (396).

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