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La sottoscrizione di azioni a pagamento

Quasi contestualmente all’approvazione del testo costituzionale, avvenuta nel dicembre 1947, il d.l.c.p.s. 20 agosto 1947, n. 920 introduceva nel codice civile un’ulteriore modalità attuativa della partecipazione dei dipendenti al capitale di impresa, mediante sottoscrizione di azioni a pagamento nell’ambito di un aumento di capitale reale (369), seppur con particolari agevolazioni.

Sulla norma in questione, l’art. 2441, 8° co., c.c., sono poi intervenuti la riforma del 2003 (370) ed il d.lgs. 184/2012, in attuazione della direttiva 2010/73/UE (371), che hanno

367 M. NOTARI – A. GIANELLI, op. cit.; R. LENER, op. cit. 368

In questo senso, G. MIGNONE, ult. op. cit.

369

Di seguito la prima versione del comma citato: “Con deliberazione dell’assemblea presa con la

maggioranza richiesta per le assemblee straordinarie può essere escluso il diritto di opzione limitatamente a un quarto delle azioni di nuova emissione, se queste sono offerte in sottoscrizione ai dipendenti della società. L’esclusione dell’opzione in misura superiore al quarto deve essere approvata con la maggioranza prescritta nel quinto comma”. Quinto comma che prevedeva quorum rafforzati per

l’esclusione o la limitazione del diritto di opzione in seconda e terza convocazione dell’assemblea.

370

Inserendo un riferimento ai “dipendenti della società o di società che la controllano o che sono da

essa controllate”.

371

Esso ha sostituito le parole “limitatamente a un quarto delle” con “per le” ed ha soppresso l’intero secondo periodo. È stata così abrogata la limitazione dell’esclusione del diritto di opzione ad un quarto del capitale sociale di cui all’art. 2441, 8° co., c.c., e sono stati aboliti i quorum rafforzati precedentemente previsti dall’art. 2441, 6° co., e 2441, 8° co., c.c., nel caso di superamento del quarto. Attualmente perciò l’esclusione del diritto di opzione può essere deliberata con i quorum normalmente

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condotto alla sua attuale formulazione: “Con deliberazione dell’assemblea presa con la

maggioranza richiesta per le assemblee straordinarie può essere escluso il diritto di opzione per le azioni di nuova emissione, se queste sono offerte in sottoscrizione ai dipendenti della società o di società che la controllano o che sono da essa controllate”.

Il codice predispone quindi una norma di favore per l’azionariato dei dipendenti nell’ambito di un aumento di capitale a pagamento, introducendo una specifica ipotesi di esclusione del diritto di opzione dei soci attuali, il cui interesse a vedere inalterata la propria posizione viene pregiudicato in nome dell’interesse sociale. Tale affermazione pare giustificata dal fatto che non occorra una delibera che motivi l’interesse della società all’esclusione del diritto d’opzione, evidentemente presunto dal legislatore, come riconosciuto dalla Consob (372).

previsti dalla legge o dallo statuto per le deliberazioni dell’assemblea straordinaria. Corrispondentemente è stata abrogata la maggioranza rafforzata richiesta dall’art. 2443, 2° co., c.c. in occasione della delega agli amministratori per l’aumento del capitale sociale con esclusione o limitazione del diritto di opzione. Tali modifiche rispondono all’esigenza che la legislazione interna non preveda una disciplina più gravosa di quanto stabilito dalla normativa europea, ma soprattutto non risulti, nel confronto con gli altri Stati europei, disincentivante gli investimenti esteri in Italia. La legge 15 dicembre 2011, n. 217 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2010) prevedeva all’art. 7, lett. c) che fosse compito del legislatore “apportare alla disciplina

vigente in materia le modificazioni occorrenti perché, in armonia con le disposizioni europee applicabili, sia possibile procedere alla semplificazione delle procedure e alla riduzione dei tempi di approvazione dei prospetti, differenziando l’applicazione degli obblighi informativi e degli altri adempimenti sulla base delle caratteristiche e differenze esistenti tra i vari mercati e delle specificità degli strumenti finanziari, anche potendosi escludere la pubblicazione del prospetto o limitare gli obblighi di informativa per le ipotesi meno rilevanti, apportando le modifiche occorrenti alla disciplina delle procedure decisionali delle istituzioni competenti, contestualmente provvedendo all’adeguamento della disciplina dei controlli e della vigilanza e delle forme e dei limiti della responsabilità dei soggetti preposti, comunque nel rispetto del principio di proporzionalità e anche avendo riguardo agli analoghi modelli normativi nazionali o dell’Unione Europea, coordinando la disciplina con quella dei titoli diffusi, in maniera da non disincentivare gli emittenti esteri a richiedere l’ammissione sui mercati nazionali e da non penalizzare questi ultimi nella competizione internazionale, nonché in maniera da considerare l’impatto della disciplina sui piccoli intermediari che fanno ricorso alla negoziazione delle proprie obbligazioni sui predetti mercati”.

372

Con comunicazione del 15 febbraio 2000, n. 11508 (abrogata con delibera n. 16840 del 19.3.2009 che ha inserito la lettera u-bis) al comma 1 dell’art. 156 del regolamento n. 11971/1999, ma i cui principi rimangono validi), la Consob ha sostenuto che agli aumenti di capitale riservati ai dipendenti non si applichi il sesto comma dell’art. 2441, che richiede un complesso procedimento per escludere o limitare il diritto di opzione nei casi di cui all’art. 2441, commi 4 e 5. Il sesto comma prevede infatti che le proposte di aumento di capitale sociale con esclusione o limitazione del diritto di opzione, ai sensi del primo periodo del quarto comma o del quinto comma dell’art. 2441, debbano essere illustrate da una relazione degli amministratori, dalla quale risultino le ragioni dell’esclusione o della limitazione ed i criteri adottati per la determinazione del prezzo di emissione, da comunicarsi al collegio sindacale o al consiglio di sorveglianza e al soggetto incaricato della revisione legale dei conti almeno trenta giorni prima di quello fissato per l’assemblea, affinché questi possano esprimere il proprio parere sulla congruità del prezzo di emissione delle azioni. La deliberazione determina infatti il prezzo di emissione delle azioni in base al valore del patrimonio netto e, per le azioni quotate nei mercati regolamentati, deve tenere conto anche dell’andamento delle quotazioni nell’ultimo semestre. Cfr. A. ZANARDO, I piani di stock option

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La competenza per l’adozione della delibera di esclusione del diritto di opzione spetta all’assemblea straordinaria, ma può essere delegata agli amministratori della società ai sensi dell’art 2443 c.c., nonostante il mancato riferimento di tale disposizione all’art. 2441, 8° co., c.c., a differenza dell’esplicita previsione delle deliberazioni di cui ai commi 4 e 5 del medesimo articolo. Sia la dottrina che la giurisprudenza (373), infatti, hanno ritenuto che il favor espresso dal legislatore per l’azionariato dei dipendenti renda percorribile la via della delega all’organo di gestione. La deliberazione dell’assemblea di delega agli amministratori dovrebbe in questo caso stabilire gli opportuni criteri direttivi in materia (374), prevedendo la possibilità di emissione di azioni riservate ai dipendenti, l’esclusione o l’ammontare del sovrapprezzo o i relativi criteri di calcolo (375).

Nel caso in esame, inoltre, non è obbligatorio imporre il pagamento di un sovrapprezzo (376), come emerge sia dal dato testuale (l’art. 2441, 8° co. c.c. non richiama infatti il comma 6 del medesimo articolo sull’obbligo di sovrapprezzo), sia la ricordata presunzione legale di conformità all’interesse sociale, poiché “vi è un fattore

sintomatico di corrispettività e di incentivazione a vantaggio della società che manca in ogni altra ipotesi di esclusione del diritto di opzione e che costituisce giustificazione di

un regime particolare” (377).

Unico limite all’emissione di azioni ad un prezzo vantaggioso per i dipendenti è dunque

2006, p. 738 ss; L. AUTUORI, op cit.; M. GUERRINI, sub art. 244, in G. GRIPPO (a cura di), Commentario

delle società, vol. II, Utet, Torino, 2009. Parte della dottrina, prima della Comunicazione Consob citata,

riteneva che fosse scorretto presumere la conformità all’interesse sociale. In questo senso V. TROIANO, I

dipendenti azionisti, in Riv. soc., 2000, p. 304, nt. 33, affermava che “l’interesse alla compartecipazione dei lavoratori è sempre subordinato ad un vincolo di compatibilità e coerenza con l’interesse sociale, inteso in termini contrattualistici e secondo la libera valutazione datane dai soci. Questa soluzione permette altresì di attivare il controllo giudiziario circa la sussistenza dell’interesse sociale, consentendo di sventare l’eventuale utilizzo del co. 8 dell’art. 2441 c.c., quale strumento di sopraffazione delle minoranze (…)”.

373

R. WEIGMANN, op. cit., F. FENGHI, Questioni in tema di aumento di capitale, in Riv. soc., 1983, p. 966 ss.; Trib. Torino, 29 settembre 2000, in Giur. It., 2000, p. 2317; App. Torino, 23 gennaio 2001, in Giur.

It., 2001, p. 534.

374

G. TROISE, sub Articolo 2443. Delega agli amministratori, in M. SANDULLI – M. SANTORO (a cura di),

La riforma delle società, tomo II, Giappichelli, Torino, 2003. Comunicazione Consob 15 febbraio 2000, n. 11508: “l’assemblea può deliberare direttamente l’aumento di capitale ovvero modificare l’atto

costitutivo attribuendo la facoltà relativa ex art. 2443 cod. civ. al Consiglio di amministrazione”.

375

G. ACERBI, op. cit.

376

Con riguardo al sovrapprezzo la Comunicazione Consob suindicata ha sostenuto che “è pacificamente ritenuto che agli aumenti di capitale o alle quote di essi riservate ai dipendenti non si applichi l’art. 2441, comma 6, cod. civ. e pertanto le azioni possono essere emesse anche senza sovrapprezzo ovvero con un sovrapprezzo inferiore a quello da stabilirsi obbligatoriamente nelle altre ipotesi di esclusione del diritto di opzione”.

377

122

costituito dall’art. 2346 c.c.: le azioni non possono infatti essere emesse per un valore inferiore al loro valore nominale.

Un profilo di incertezza riguarda, poi, le conseguenze della mancata sottoscrizione di parte o della totalità dei titoli offerti ai dipendenti. Secondo la disciplina di cui all’art. 2439, 2° co., c.c., infatti, se l’aumento di capitale non è integralmente sottoscritto entro il termine risultante dalla deliberazione e conforme alle previsioni dell’art. 2441, 2° e 3° co., c.c., l’aumento di capitale è aumentato di un importo pari alle sottoscrizioni raccolte, solo se la delibera ha così previsto. Nell’ipotesi di un aumento rivolto ai dipendenti però, l’obiettivo perseguito dalla società, oltre che di finanziamento, può essere di altro genere, per esempio di fidelizzazione.

La disciplina generale prevede inoltre che, per le azioni non quotate nei mercati regolamentati, sull’inoptato abbia diritto di prelazione chi abbia esercitato il diritto di opzione e ne faccia contestuale richiesta, ma il fatto che nel caso di cui al 2441, 8° co., c.c., il diritto di opzione sia escluso in favore dei dipendenti e siano spesso previste condizioni di favore, dettate dalla particolare categoria di soggetti il cui investimento si vuole promuovere, conduca a ritenere che, consentendo agli altri azionisti di esercitare il diritto di opzione sulla quota riservata ai dipendenti e rimasta inoptata, si attribuirebbe loro un ingiustificato vantaggio. Solamente una prelazione ristretta nell’ambito dei dipendenti sottoscrittori o la completa esclusione della prelazione sarebbero dunque conformi a questa finalità.

Dovrebbe allora essere la delibera dell’assemblea straordinaria a determinare le conseguenze della mancata sottoscrizione di queste azioni e, in mancanza di previsione sul punto, si potrebbe alternativamente considerare implicita la decisione di aumento scindibile del capitale ed esclusione di ogni prelazione ovvero riconoscere l’invalidità della delibera per indeterminatezza di elementi essenziali (378).

Quanto ai destinatari delle azioni, si ritiene che l’offerta di azioni ai dipendenti possa riguardare solo alcuni di questi e non necessariamente la loro collettività, scelta che rientra nella discrezionalità dell’assemblea.

Sul punto è intervenuta la Corte d’Appello di Torino il 23 gennaio 2001 (379), che ha affermato che alle delibere societarie di aumento di capitale riservato solo a taluni dipendenti non si applichi il disposto dell’art. 2441, 8° co., c.c., quanto piuttosto i

378

G. ACERBI, op. cit., p. 1222-1223.

379

123 commi 5 e 6 del medesimo articolo.

Secondo la Corte, infatti, nell’aumento offerto in sottoscrizione alla totalità dei dipendenti emerge “la considerazione dell’interesse della collettività (…) ad una

attenuazione delle storiche barriere tra capitale e lavoro”, nell’ipotesi invece in cui

l’aumento sia riservato ad un numero ristretto di soggetti, scelti dal datore di lavoro, si “pone in primo piano l’interesse della società a legare a sé ed a spronare i dipendenti

che ritiene importanti per il proprio sviluppo”.

Pertanto, “la differente finalità dei due istituti induce a ritenere che solo il primo, e non

anche il secondo, sia riconducibile alle previsioni dell’art. 2441, ultimo comma c.c., ove si prevede un procedimento più agevole quanto a maggioranze e meno garantistico per i soci quanto ad informazione rispetto alla disciplina di cui ai commi quinto e sesto. (…) Ritiene pertanto la Corte che, non diversamente dagli aumenti di capitale destinati ai dipendenti oltre i limiti quantitativi di cui agli articoli 2441, comma 8 c.c. e 134 D.Lgs. n. 58/98 cit., anche gli aumenti non rivolti alla collettività dei lavoratori non siano riconducibili alle previsioni di cui alle citate norme, la cui più favorevole disciplina si arresta di fronte al rischio di utilizzo di essa per secondi fini di surrettizio mutamento della composizione della compagine sociale o di annacquamento delle partecipazioni dei soci preesistenti”.

Tale rischio imporrebbe, a mente della Corte, l’applicazione dei più garantistici principi di cui ai commi 5 e 6, con il deposito della relazione del c.d.a. che illustri le ragioni dell’esclusione del diritto di opzione dei soci ed il parere del collegio sindacale sulla congruità del prezzo di emissione, la necessità di un sovrapprezzo, ove giustificato dal valore di mercato dei titoli, e l’approvazione della proposta da parte della maggioranza assoluta del capitale (380).

Le ragioni apportate dalla Corte, tuttavia, sono prive di fondamento normativo (381): la previsione di cui all’art. 2441, 8° co., c.c. non consente infatti di effettuare la distinzione proposta dal decreto tra assegnazione di azioni alla totalità o solo ad alcuni dipendenti. L’ottavo comma dell’articolo parla invero di azioni offerte in sottoscrizione “ai dipendenti della società o di società che la controllano o che sono da essa controllate”

380

V. SALAFIA, Delibera di emissione di azioni a favore dei dipendenti e controllo degli atti. Corte di

appello di Torino 23 gennaio 2001, in Soc., 2001, n. 4, p. 428 ss.

381

Conf. V. SALAFIA, Delibera di emissione…, cit.: “Riscontrare la nobiltà dell’intento quando esso si

diriga alla loro (ndr: dei lavoratori) massa indifferenziata o escluderla, quando ne riguarda solo una parte, mi sembra arbitrario e di difficile comprensione”.

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(382) e derivare da questo passaggio un vincolo ad un’emissione rivolta alla totalità dei dipendenti pare arduo.

Anzi, vi è chi, addirittura, dall’estensione ai dipendenti delle società controllanti e controllate desume la facoltà di utilizzare lo strumento in modo selettivo per realizzare un aumento di capitale riservato solo ad alcuni dipendenti, “altrimenti bisognerebbe

pensare che, per questa ipotesi, sia possibile escludere il diritto di opzione solo qualora le azioni vengano offerte a tutti i dipendenti, della società che emette le nuove azioni e

anche delle società controllanti e controllate” (383).

Infine, relativamente alle caratteristiche delle azioni in questione, essendo emesse in occasione di un aumento di capitale, esse devono avere le medesime caratteristiche delle altre azioni comprese nell’aumento (384), ciò che le distingue profondamente da quelle disciplinate dall’art. 2349. Questo non toglie che attraverso un aumento con esclusione del diritto di opzione in favore dei lavoratori della società possano essere destinate a questi ultimi azioni di risparmio o azioni a voto limitato (385).

10. L’assistenza finanziaria volta a favorire l’acquisto di azioni da parte dei

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