Parte II. La comunità albanese di Sicilia
2. Concessione dell' “Exequatur” per la Bolla “Etsi Pastoralis”
2.2 Avvio delle attività processuali
Il 1° luglio 1844 Mons. Giuseppe Crispi, accompagnato da una delegazione di clero greco, si presentava ancora una volta in udienza dal re Ferdinando II in visita a Palermo per presentare una supplica70 con la quale si esponeva
come, in seguito alla trasmissione del Real Rescritto del 25 ottobre 1843, il clero latino avesse reinterpretato il testo sovrano per perpetuare soprusi nei
Monreale, ovvero al Tribunale della Regia Apostolica Legazia, ci hanno tradotti innanzi alla Potestà laicali, come se le controversie tra i Cleri dissidenti appartengano al Foro Civile, non mai all'Ecclesiastico. Quindi noi latini siamo costretti a difendere non solo i nostri dritti particolari, ma ancora i Dritti della Potestà Ecclesiastica, alla quale il Re N.S. ha affidato esclusivamente l'incarico dell'esecuzione de' Sovrani Comandi. Lo scopo de' Greci s'è di togliere la competenza al proprio Ordinario, trasferendola alle Autorità Secolari; ove possenti di mezzi pecuniari, di protezioni e di maneggi insidiosi, indeterminabili»
69 APF, in “Scritture riferite nei Congressi Italo-Greci 1826-1845”, c. 901r. Giuseppe Lo Cascio ad Antonino De Luca. Piana, 12 agosto 1844: «Sebbene io finora non abbia ricevuto alcuna notizia, se sia pervenuto a mani di V. S. Ill.ma e R.ma quel plico, che io le indirizzai nello scorso maggio, pure debbo starmi sicuro del ricapito, giacché aveami preso la cura di assicurarlo nella Posta. Parimenti son sicuro che Ella abbia consegnato la lettera a Mons. Segretario della Propaganda insieme ad alcune Carte relative a' Greci di Piana; e confido atteso il di lei noto singolarissimo zelo, che quelle carte abbian prodotto il loro effetto presso la S. Congregazione, dappoché l'ottimo Mons. Scotti reduce da Roma mi scrisse nel passato Luglio di avervi trovato somma prevenzione e molta premura di una compiuta tranquillità»
70 La gestione del potere da parte di Ferdinando II passò anche per i viaggi nelle province. Le visite comportavano una mobilitazione generale di tutti gli strati della popolazione. Oltre all'impatto sulle masse, profondamente colpite dalla vista del re, le visite avevano anche scopi burocratici: Ferdinando riceveva in ordine predeterminato autorità civili, militari ed ecclesiastiche; riuniva rappresentanze dei consigli comunali; riservava udienze a notabili e quanti volessero presentargli le proprie suppliche. Cfr. Scirocco A., Ferdinando II re
delle Due Sicilie: la gestione del potere, in “Archivio Storico per le Province
confronti del clero e del laicato greco. Si chiedeva dunque che le precedenze e giurisdizioni fossero applicate secondo la norma vigente.71
L'intercessione dell'Abbate Restivo, capo del Ripartimento dell'ecclesiastico,72 fu determinante per la buona riuscita dell'incontro.
Come risulta dai registri,73 la questione fu prontamente presentata dal re al
Consiglio Ordinario di Stato, istituto relativamente giovane dove si discutevano gli affari più importanti sui quali poi sarebbe stata espressa la decisione insindacabile del re.74
S.M. volendo troncare una volta in modo risoluto, e definitivo le questioni che sonosi da lungo tempo agitate tra i Cleri Greco e Latino delle quattro Colonie Greche esistenti in Sicilia, dopo di avere col Real Rescritto del 25 ottobre 1843 fissato il diritto che essa vir dee di base fondamentale nella determinazione delle competenze, ha creduto nella Sua Sovrana saggezza liquidare e stabilire il fatto, ed all'uopo si è degnato ordinare … una Commissione composta dal Comd. D. Salvatore Mancino, del D.D. Giuseppe Pinelli Giudice della Gran Corte Criminale in Palermo e di D. Michelangelo Volleri Nazionale Consigliere della G.C. de' Conti75
Si predisponeva dunque che la commissione così composta si stabilisse a Palermo. Tanto il clero greco quanto quello latino avevano a disposizione un mese senza possibilità di proroga per presentare tutta la documentazione che ritenessero opportuna per perorare la propria causa. Trascorso questo periodo la Commissione aveva il compito nel minor tempo possibile di analizzare i materiali e redigere una relazione da presentare nuovamente al Consiglio, in cui il re avrebbe preso la sua decisione.
A proposito di questa risoluzione Giuseppe Lo Cascio tornava a scrivere a Mons. Antonino De Luca. Infatti secondo Lo Cascio la Commissione che era stata scelta su consiglio dell'abate Restivo era favorevole alla comunità
71 ASN, Consiglio ordinario di Stato. 999, Affari ecclesiastici. Risoluzioni prese
da S.M. ne' dì 4. 10. e 15. luglio 1844. Oggetto
72 Questa istituzione si occupava dei rapporti tra Stato e Chiesa e in particolare vigilava sull'osservanza delle leggi canoniche e civili, sulle circoscrizioni di diocesi e parrocchie, sul clero e sugli stabilimenti religiosi
73 APF, in “Scritture riferite nei Congressi Italo-Greci 1826-1845”, c. 902r. Giuseppe Lo Cascio ad Antonino De Luca. Piana, 12 agosto 1844. ASN, Consiglio ordinario di Stato, 999. Affari ecclesiastici. Risoluzioni prese da
S.M. ne' dì 4. 10. e 15. luglio 1844.
74 Scirocco A., Ferdinando II re delle Due Sicilie, cit., p. 9. Cfr. anche Cingari G.,
Mezzogiorno e Risorgimento. La restaurazione a Napoli dal 1821 al 1830,
Bari, 1970, pp. 90-91; Landi G., Istituzioni di diritto pubblico, cit., pp. 156-159 75 ASN, Consiglio ordinario di Stato, 999. Affari ecclesiastici. Risoluzioni prese
albanese, anche in questo caso a causa dell'intercessione di Mons. Crispi.76
Il Ministro degli Affari Ecclesiastici, Giuseppe Lanza, Principe di Trabìa,77
pur cercando di risolvere la situazione venutasi a creare non poteva intervenire dal momento che “il Consiglio di Stato doveva essere freno al potere dei ministri o, come spesso si diceva, al dispotismo ministeriale”.78
La Commissione era dunque composta da tre membri sui quali Lo Cascio esprimeva le proprie perplessità: si trattava a suo dire “di persone perfettamente laiche di Dritto Canonico di nessun nome e di nessuna autorità, e quel che è più devote al partito Greco”. Facendo leva sull'inesperienza dei tre commissari nel campo del diritto in generale e di quello ecclesiastico in particolare, sosteneva la necessità di affiancare a questi altri due membri. Riportava dunque una lista di nomi di magistrati della Suprema Corte di Giustizia di Palermo tra i quali poter scegliere. Secondo le disposizioni della bolla del 3 settembre 1728 di Benedetto XIII, le cause pertinenti il foro ecclesiastico di Sicilia dovevano iniziarsi e concludersi sull'isola e qualora vi fossero ulteriori ricorsi un giudice, assistito da tre assessori nominati dal re fra i dottori in diritto canonico, avrebbero esaminato il ricorso.79 Nel nostro caso si trattava di un processo
che, pur acquisendo motivazioni particolari sempre diverse, si riduceva sempre alle stesse problematiche sulle quali il re in persona si sarebbe erto come giudice per “troncare una volta in modo risoluto, e definitivo le questioni che sonosi da lungo tempo agitate tra i Cleri Greco e Latino delle quattro Colonie Greche esistenti in Sicilia”.
3. Il processo: questioni ecclesiastiche e rappresentazione identitaria