Parte I. La comunità albanese di Calabria
1. Educazione e formazione politica
1.2 Da Cosenza a Napoli
Pur fuggendo a Cosenza, Milano non poté sottrarsi alla vendetta della famiglia Conforti. Temistocle Conforti, fratello del marito oltraggiato, obbligò due suoi dipendenti a denunciare Milano presso il sindaco di S. Benedetto Ullano, Giuseppe Trotta, per le sue attività cospirative; fu anche riferito che aveva espresso l’intenzione di uccidere il re. Visto che Trotta non volle procedere con alcuna accusa ufficiale, Temistocle Conforti decise di rivolgersi all’Intendente della Calabria Citeriore cui inviò delle lettere anonime in cui si denunciava Agesilao Milano come intimo della famiglia del latitante Giovanni Mosciaro e come corrispondente degli esuli in vista di una rivolta per “sovvertire l’ordine pubblico”.21 Inviata immediatamente
una pattuglia a casa Milano per una perquisizione, non fu trovato nulla che potesse compromettere l’indagato. Il sospetto dunque cadde.
Temistocle Conforti però non si arrese e ritornò un’ultima volta alla carica: inviò dunque due nuove lettere anonime all’Intendente che, deciso a risolvere definitivamente la questione, intensificò le indagini. Furono ascoltati vari possibili testimoni: in primis il sindaco Giuseppe Trotta che dichiarando di aver ricevuto le accuse a carico di Milano da parte dei due dipendenti di Conforti sostenne di non avervi dato peso dal momento che egli era “un uomo bisbetico, come tutta la famiglia cui appartiene e che perciò se avesse dette quelle esecrande parole” le avrebbe pronunciate “per
del 7 ottobre 1854 in merito ad Agesilao Milano, imputato per cospirazione e attentato
20 Sul rapporto tra Milano e Penelope Pellegrino cfr. Mendella M. , Agesilao
Milano e la cospirazione antiborbonica del 1856, in “Rassegna storica del
Risorgimento”, 1974/II, pp. 226-265
21 ASN, Arch. Pol., Gabinetto, anni 1854-1859, fasc. 1510, esp 1487, 1. Rapporto dell’Intendente della Calabria Citra. Cosenza, 11 maggio 1854
millanteria e per effetto del suo poco cervello”.22 Ascoltati poi i due
dipendenti di casa Conforti, le versioni presentate non sembrarono attendibili.23 Infine interrogati il caposquadriglia e il capourbano di S.
Benedetto Ullano, il primo sostenne che non erano da assecondare tali voci dal momento che Agesilao Milano era “strano” e che “la sua famiglia aveva avuto tre pazzi” quindi le sue parole andavano tenute poco in considerazione; il capourbano infine spiegò che tutto era stato montato da Temistocle Conforti per “vendicarsi di esso Milano da lui sorpreso in amoroso colloquio colla propria cognata D.na Penelope Pellegrini”.24
L’intendente avendo il quadro completo per motivi formali predispose comunque l’arresto di Milano, ma nel suo verbale del 22 giugno 1854 ad indagini completate spiegava che era fondato il sospetto che le imputazioni fossero l’esito di “opera di calunnia e della privata odiosità”.25
Milano nel frattempo era ancora latitante. Si decise di tenere comunque il processo. Il 7 ottobre 1854 la Gran Corte Criminale, avendo trovato “deficienza di pruova”, proscioglieva Milano con conservazione degli atti in archivio.26 Milano a questo punto si presentò alla caserma di Cosenza e,
fatti i dovuti controlli, fu rilasciato. Grazie all’intercessione del cognato entrò a lavorare come assistente nelle cucine del carcere di Cosenza.27 Non
si sa se in seguito ai fatti del ‘54 avesse continuato nella sua attività cospirativa, ma non si può escludere che Milano utilizzasse il suo nuovo impiego per mantenere rapporti con i detenuti politici.
Bisogna ammettere che in generale la spinta rivoluzionaria e antiborbonica languiva: il Comitato di Cosenza aveva sporadici contatti con quello napoletano, quelle che erano state le menti del ‘48 erano in carcere o in esilio e, per di più, vi erano voci di una possibile restaurazione murattiana.28
Attanasio Dramis, arbëreshë di S. Giorgio, in una riunione del Comitato di Cosenza nell’aprile del 1856 sosteneva che fosse necessario recarsi a
22 ASN, Arch. Pol., Gabinetto, anni 1854-1859, fasc. 1511, esp. 1487, vol. 4. Verbale della deposizione del sindaco Trotta
23 Ibidem 24 Ibidem
25 ASN, Arch. Pol., Gabinetto, anni 1854-1859, fasc. 1510, esp 1487, 1. Risultato delle indagini prese dal Commissario di Polizia in S. Benedetto Ullano sulle imputazioni a carico di Agesilao Milano
26 ASN, Arch. Pol., Gabinetto, anni 1854-1859, fasc. 1511, esp 1487, 4. Copia della sentenza.
27 ASN, Arch. Borbonico, fasc. 960/1, II, c. 443. Deposizione di Camillo Milano resa in Cosenza al commissario Salvatore De Spagnolis
28 Sul murattismo a Napoli ancora valido è Gavotti M.V., Il movimento
Napoli per controllare in quale stato si trovasse il Comitato napoletano e “per risolvere la convenienza o meno di un’azione immediata nelle Calabrie […] a troncare d’un colpo l’invadente Murattismo”. Dramis mise dunque a punto un piano:
io proponeva mi si facilitasse il mezzo come farmi ammettere nell’esercito in sostituzione di mio fratello Achille, chiamato dall’urna come primo numero nella reclutazione di quell’anno. Penetrare nell’esercito, tastare il polso alla organizzazione borbonica, avere l’opportunità di stringere direttamente in Napoli con quel Comitato il nodo di una seria iniziativa senza altre remore, questo il piano che io proponea fortemente appoggiato dal mio diletto compagno ed amico Agesilao Milano, che associavasi anch’esso all’esecuzione, trovandosi anch’egli nella condizione identica di poter sostituire suo fratello Ambrogio; e stabilito il tutto si riuscì con un po’ di denaro (mio e non di altri) a superare tutti gli ostacoli.29
Con queste intenzioni Dramis e Milano presentarono la domanda per entrare nell’esercito borbonico al posto dei rispettivi fratelli. Il 10 maggio 1856 il Consiglio di Leva di Cosenza ammetteva i due, nonostante le loro “tristi note in politica”. Bisogna ricordare che la legislazione dell’epoca consentiva che una sola persona della stessa famiglia prestasse servizio militare di leva ed era possibile chiedere una sostituzione tra fratelli per motivi vari come l’inadeguatezza caratteriale.30 I due essendo stati segnalati
alle autorità per i fatti del ‘48 e per altri avvenimenti successivi non sarebbero stati adatti al servizio ma, come specificato da Dramis, “con un po’ di denaro” era stato possibile ottenere l’esito sperato.
Il 14 maggio partirono da Paola e giunsero a Napoli dove furono assegnati, Dramis, alla seconda Divisione della Gendarmeria Reale di stanza a Salerno, e Milano, al terzo battaglione Cacciatori, di stanza a Napoli. Subito si misero in contatto con i loro ex compagni di Collegio che facevano parte del Comitato napoletano al cui capo vi era Giuseppe Fanelli. Ritrovarono dunque Antonio Nociti, Francesco Masci e Guglielmo Tocci. Dopo il Congresso di Parigi, l’impressione generale era che il Regno delle Due Sicilie fosse ormai facile preda degli stati stranieri e in particolare di Francia e Inghilterra – paesi con i quali Ferdinando II interruppe i rapporti tanto che gli ambasciatori si ritirarono da Napoli –, in particolare erano temute le velleità del partito dei murattiani: numerosi esuli meridionali avevano infatti trovato in Luciano Murat, secondogenito di Gioacchino, un
29 Dramis A., Lettera a S. E. Cav. Francesco Crispi, Napoli 1895; Id., Lettera ad
Eugenio Conforti, in “Il Corriere di Napoli”, 31/12/1898. Entrambe in
Cassiano D., S.Adriano: la badia e il collegio italo-albanese, II, 1999, p. 139 30 Landi G., Istiuzioni di diritto pubblico del Regno delle Due Sicilie (1815-
mecenate da sostenere. Questi infatti non credendo più possibile una mobilitazione interna al regno speravano nell’intervento francese per scacciare il re Borbone. L’intenzione dunque dei democratici come Dramis era di rimettere in moto la macchina rivoluzionaria per sfuggire ai pericoli che sembravano prospettarsi. Di attentato quindi non sembra si fosse mai parlato. Solo a Napoli poco prima della partenza di Dramis per Salerno sembra che Milano gli proponesse il regicidio come extrema ratio. Attanasio gli dimostrò dunque “l’inutilità delle esecuzioni personali, anzi il pericolo che simili attentati potessero riuscire a fare gioco al murattismo” e lo convinse a non fare nulla finché non vi fosse stata una decisione in accordo con il Comitato Napoletano. Milano seguendo i consigli dell’amico passò il suo tempo libero nella Biblioteca Borbonica – ora Nazionale – leggendo volumi di storia antica e le Vite di Plutarco e le biografie di Cornelio Nepote.31 Nel corso dell’estate e dell’autunno del 1856 il
Comitato napoletano languiva e non riusciva ad organizzare alcuna attività politica. Agesilao cominciava ad avere disgusto “per la morata (sc. ritardata) gora politica”.32