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Parte II. La comunità albanese di Sicilia

2. Concessione dell' “Exequatur” per la Bolla “Etsi Pastoralis”

2.1 Esegesi e strumentalizzazioni

I rispettivi ordinari diocesani, dunque, furono incaricati dell'esecuzione e notifica del Real Rescritto presso le quattro colonie siculo-albanesi – l'arcivescovo di Monreale a Piana dei Greci, il vescovo di Girgenti a Palazzo Adriano e a Contessa Entellina e l'arcivescovo di Palermo a Mezzojuso – tramite la presentazione di una copia del testo dell'exequatur e di una copia della bolla, documenti trasmessi in allegato alle Ministeriali. Non tutte le notifiche portarono però all'esito pacificatore sperato. Il 26 dicembre 1843 Mons. Domenico Benedetto Balsamo, arcivescovo di Monreale,54 comunicò nel paese di sua pertinenza, Piana dei Greci,

l'exequatur per la bolla papale. Non si limitò però alle disposizioni regie, ritenendo opportuno corredare il Reale Rescritto di un testo con il quale interpretare e spiegare il provvedimento sovrano.55 Nella difesa che fu

Studi Storici, Manali P. (a cura), Palermo, 2000, p. 43

53 Atti emendati dopo la pubblicazione del Concordato dell'anno 1818, vol. X., Napoli, 1847, p. 41

54 Sulla figura di Domenico Benedetto Balsamo cfr. Celesia M., Per Monsignor

don Domenico-Benedetto Balsamo: necrologia dettata dal P.D.M. Celesia Casinese nel Mon. di S. Martino, Palermo, 1844

chiamato a sostenere pochi mesi più tardi davanti al Giudice della Regia Monarchia di Sicilia, Mons. Balsamo ammetteva di aver redatto una notificazione sia per attenersi alla condotta tenuta dai suoi predecessori in simili situazioni sia perché

Considerando poi la diversa e distinta natura delle materie contemplate, non era a me lecito di confondere ciò che era sostanzialmente distinto e diverso, e che la M.S., avea con diversa disposizione ordinato: quale è appunto il senso ovvio e letterale del Real Rescritto sapientemente divisato. Prescriveva infatti da un canto la esecuzione della Benedettina = Etsi Pastoralis =, perché considerava , che essa non altro contenea che le norme della Fede, della Liturgia, e della Disciplina per gl'Italo-greci; che le prescrizioni di una tale Costituzione applaudita da tutto il mondo cattolico erano dirette a mitigare la istruzione della Clementina = Sanctissimus =. Prescriveva dall'altro canto la conservazione delle precedenze e giurisdizioni; che si continuasse a praticare quel che lo innanzi si era osservato, a tenore e secondo i rispettivi atti, istruzioni e stipolati formati fra i due Cleri Greci e Latini, e corroborati da Sovrane Risoluzioni.56

Balsamo dunque riteneva che nel rescritto fossero ben riconoscibili due piani: l'esecutoria della bolla Etsi Pastoralis e le “precedenze e giurisdizioni… corroborati da Sovrane Risoluzioni”. I due non potevano e non dovevano essere confusi perché appartenevano a due dominî diversi:

Or sino a tanto che vi sarà differenza tra le materie di Fede, di Liturgia e di Disciplina e quelle di precedenza e giurisdizione sulla quale non occorre che io mi versi, per non offendere la di Lei sapienza, non vi può esser dubbio, che saranno esse sempre diverse, sia che le disposizioni, che le riguardano si comprendano in unica, sia che comprendano in doppie orazioni.57

Concretamente questa interpretazione significava per la comunità albanese di Piana dei Greci l'imposizione di modifica delle liturgie e dei sacramenti in base alle regole della bolla benedettina e il tentativo di sottrarre al controllo del rito greco la chiesa madrice. Invece a proposito delle “Sovrane Risoluzioni” Mons. Balsamo ne richiedeva un elenco e copia a dimostrazione della volontà di applicare le indicazioni del governo.

Per il clero greco di Piana, però, il testo di Mons. Balsamo non era una semplice esplicazione ma una “notifica tutta nuova”

Copia del Gravame de' Parroci greci di Piana, Palermo, 23 gennaio 1844. La

notifica di Mons. Balsamo è conservata presso ASN, Min. Aff. Eccl. 3807, pand. 611

56 APF, in “Scritture riferite nei Congressi Italo-Greci 1826-1845”, c. 844-845. “Copia della lettera responsali di Mons. Balsamo”. Monreale, 10 marzo 1844 57 Ibidem

… con la quale non senza industria divide in due parti la Risoluzione Sovrana separandola così nel suo senso connesso; dappoiché essa risoluzione contiene unica orazione che complessivamente ordina la esecuzione della Bolla, e la osservanza delle precedenze e giurisdizioni dei Greci come per lo innanzi. Indi invece pressa ad ordinare e commandare di essere la Bolla Etsi Pastoralis la legge vegliante della Chiesastica disciplina e surrogata in tutta la sua estensione disciplinare alle costumanze disciplinari di Piana e pratiche qualunque contraddittorie ed incompatibili colla Bolla medesima reputando così le costumanze e pratiche di nessun vigore e dichiarate abusive e soppresse.58

Lo scontro tra il clero latino e greco si spostava dunque su un terreno filologico per il quale il Reale Rescritto ridefiniva le relazioni di gioco- forza all'interno della comunità arbëreshë. Se per Mons. Balsamo “la Fede, la Liturgia e la Disciplina” erano inequivocabilmente distinte dalla giurisdizione statale, così non era per il clero greco che, avendo trovato nell'autorità laica il garante delle sue prerogative, sosteneva l'inscindibilità delle due. Questo sforzo esegetico si inquadrava, ancora una volta, nella annosa questione del rapporto stato-chiesa in Sicilia.

La posizione, secondo la quale stato e chiesa in Sicilia non potevano “andare mai disgiunte”,59 si rifaceva a quella che è stata definita

storiograficamente come tradizione giurisdizionalistica siciliana.60

Benché dall'epoca della Controriforma al XIX secolo in Italia la cultura giuridica canonista avesse conosciuto una parabola discendente anche a causa della progressiva centralizzazione ecclesiastica, la Sicilia rimase “una grande eccezione”. Come sostennero Domenico Scinà, prima, e Francesco Ruffini, poi, questa singolare vitalità era motivata dal particolare assetto giuridico dell'isola e dalla difesa dei diritti della monarchia sui privilegi ecclesiastici.61 La lezione giurisdizionalistica, che giustificava e supportava 58 APF, in “Scritture riferite nei Congressi Italo-Greci 1826-1845”, c. 841. Copia

del Gravame de' Parroci greci di Piana, Palermo, 23 gennaio 1844.

59 Gallo A., Codice ecclesiastico sicolo, cit., IV, Dipl. 65, in Gambasin A.,

Religiosa Magnificenza, cit., p. 44. Luigi Nicola De Majo, luogotenente del

Re in Sicilia, Circolare di luglio 1840

60 Giarrizzo G., La Sicilia dal Cinquecento all'Unità d'Italia, in Storia d'Italia.

La Sicilia dal Vespro all'Unità d'Italia, XVI, Torino, 1989, p. 690; Catalano G., Studi sulla Legazia Apostolica di Sicilia, Reggio Calabria, 1973; Condorelli

M., La cultura giuridica in Sicilia dall'Illuminismo all'Unità, Catania, 1982, p. 98; Sindoni A., Dal riformismo assolutistico al cattolicesimo sociale, I, Roma, 1984

61 Scinà D., Prospetto della storia letteraria di Sicilia nel secolo decimottavo, III, Palermo, 1827, p. 401; Ruffini F., Lo studio del concetto odierno del diritto

l'idea regalista, fu recepita anche in ambito greco-albanese. Nella già citata “Memoria alla consulta generale del regno”, Mons. Crispi sottolineava come spettasse ai “Principi Cattolici … un Potere sopra le cose di ragione chiesastica, dovendo essi difender la Chiesa, e la religione, moderarne la polizia, e disporre dell'esterna disciplina”. Proseguiva mostrando che in particolare ai sovrani di Sicilia “oltre alle generali prerogative annesse al principato” si addiceva “il possesso di singolari privilegi, e facoltà sulle cose della Chiesa, e della religione, come Legati nati, e perpetui della Sede Apostolica.”62 Le parole di Stefano Di Chiara, uno dei massimi studiosi

siciliani di diritto ecclesiastico della prima metà dell'Ottocento,63

riecheggiavano nell'opera di Crispi. Tale razionalizzazione teoretica confortava l'interpretazione del Real Rescritto da parte del clero greco che, se presentò richiesta per l'esecutoria della Etsi Pastoralis, contava sulla validità delle precedenze giurisdizionali per la garanzia dei diritti.64

Da parte sua Mons. Balsamo, che abbracciava la tendenza curialista, era impegnato a combattere le pretese temporali e giurisdizionali sulla chiesa. Quindi la dialettica tra le due parti si imperniava non tanto sulla bolla in sé ma sulla questione delle “precedenze”, antiche concessioni fatte nei secoli dai sovrani siciliani grazie alle quali le quattro colonie albanesi godevano della madricità e di altri privilegi che mitigavano in una certa misura la bolla benedettina. Per questo, come testimonia il carteggio tra Mons. Scotti e il Prefetto di Propaganda Fide, l'autorità centrale di Roma ne caldeggiava l'abolizione. Al Prefetto Franzoni che esprimeva la sua preoccupazione a riguardo, Scotti rispondeva:

ecclesiastico, in Falco M. - Jemolo A.C. - Ruffini E. (a cura), Scritti giuridici minori, I, Milano, 1936, pp. 12-14

62 Memoria alla Consulta generale del regno, cit., p. 18

63 Stefano Di Chiara, oltre ad essere ricordato per aver ricoperto la cattedra di Diritto presso l'Università di Palermo, è menzionato anche come difensore nella controversia che oppose il Re di Sicilia al Pontefice a proposito della giurisdizione sulla chiesa di S. Maria di Troina. Cfr. Ingoglia A., Altri

contributi della letteratura ecclesiastica siciliana, cit., pp. 86-88; Di Marzo-

Ferro, Cenni sulla vita e le opere del Can. Stefano Di Chiara, in Gallo A. (a cura), Opuscoli editi inediti e rari sul diritto pubblico ecclesiastico e sulla

letteratura del medio evo in Sicilia del can. Stefano Di Chiara, Palermo, 1855

pp. XXI-XXIX

64 Di Chiara S., Opuscoli editi, inediti, cit., p. 84: “compete ai Principi cristiani l'obbligo di proteggere la Chiesa e la religione”; p. 284: “compete ai principi di porre mano, e far leggi sulle cose che riguardano la religione. Cioè, perché sono stati costituiti da Dio protettori della sua Chiesa, e perché la Chiesa nella repubblica, e non già la repubblica nella Chiesa sussiste”

Per le precedenze poi il lodato Sovrano non ha voluto fare per ora alcuna innovazione: perché egli ha gravi e giusti motivi. Altronde le precedenze sono in vigore da quattro secoli, nascono da concessioni fatte dai due cleri latino e greco, sono sanzionate dagli ordinari, e dall'autorità secolari … Se Mons. Balsamo sospetta, che i greci non eseguiranno la Benedettina, egli è incaricato di riferirlo; ed allora ci sarà un giusto motivo per togliere le precedenze.65

Si attendeva dunque “il momento opportuno … per regolarizzare i punti controversi tra i Greci e i Latini”, e utilizzare i reclami di Balsamo e del clero locale latino.66

Così nel novembre del 1843 a Mons. Crispi che chiedeva i 1400 ducati promessigli per la Collegiata di Piana dei Greci, Mons. Scotti rispondeva, d'accordo con il Ministro degli Affari Ecclesiastici, sulla necessità di assicurarsi prima della effettiva osservanza della Etsi Pastoralis. Inoltre per quanto la Collegiata fosse stata fondata da Leone XII con bolla Moderantibus del 1827, la sua esistenza veniva messa in discussione dal momento che secondo la costituzione leoniana la fondazione avveniva a patto “di rinunziarsi cioè dai greci alle loro precedenze”.67 Una questione

dunque di lunga data che sembrava essere sul punto di risolversi quando la ratifica dell'esecutoria della bolla causò la violenta reazione degli arbëreshë. Allora però Mons. Balsamo non poté procedere con il suo reclamo e con la richiesta di abolizione: infatti il 6 aprile 1844 morì improvvisamente in seguito a malore. A prendere il posto di Balsamo in via provvisoria fu il parroco latino di Piana dei Greci, Giuseppe Lo Cascio, che in due lunghe lettere inviate il 29 aprile 1844 rispettivamente ad Antonino De Luca e a Mons. Brunelli, segretario di Propaganda Fide, ricordando il compianto arcivescovo di Monreale ne riprendeva la linea difensiva, spingendosi a domandare l'abolizione del rito greco come soluzione ai mali della chiesa di Sicilia.68 Ma la scomparsa di Mons. Balsamo significò la 65 APF, in “Scritture riferite nei Congressi Italo-Greci 1826-1845”, cc.749-50. Lettera di Angelo Antonio Scotti al Prefetto della Sacra Congregazione di Propaganda Fide. Napoli, 30 agosto 1843

66 APF, in “Lettere Decre. S. Congr. Biglietti Mons. Segr. 1843 parte I”. Lettera del Prefetto della Sacra Congregazione di Propaganda Fide ad Angelo Antonio Scotti. S.l., 14 settembre 1843

67 APF, in “Scritture riferite nei Congressi Italo-Greci 1826-1845”, cc. 778-9. Lettera di Angelo Antonio Scotti al Prefetto della Sacra Congregazione di Propaganda Fide. Napoli, 23 novembre 1843

68 APF, in “Scritture riferite nei Congressi Italo-Greci 1826-1845”, c. 834. Giuseppe Lo Cascio a Mons. Brunelli. Piana, 29 aprile 1844: «[I Greci] … si sono rivolti a brigare potentemente presso le autorità secolari di Palermo; e in luogo di portare le presenti questioni innanzi alla Corte Arcivescovile di

perdita di uno degli attori principali nella difesa del rito latino nelle colonie albanesi. Infatti Lo Cascio non ebbe mai risposta alle sue lettere69 e la

situazione sembrò non avere più risonanza presso le autorità centrali tanto di Roma quanto di Napoli, nonostante a livello locale gli scontri fossero talmente accesi da portare alla perpetuazione di azioni violente.