Parte II. La comunità albanese di Sicilia
1. Antefatti
1.2 Verso l’exequatur: macchinazioni e plichi riservati
Nel 1842, a otto anni di distanza, fu approvata la delibera in favore della
25 Rinaldi C., Apologia dei progetti dei Vescovi rassegnati al Sovrano onde
spegnersi le annose discordi giurisdizionali fra le parrocchie latine, e quelle di rito greco esistenti nei quattro comuni greco-latini di Sicilia, Napoli,
Tipografia e Litografia di Francesco Saverio De Angelis, 1841, pp. 1
26 Società tipografica napoletana, Tramater fu attiva dal 1829 al 1840. Nota soprattutto per aver edito un Vocabolario universale italiano che riproduceva con molti arricchimenti il Vocabolario dell'Accademia della Crusca, si distinse anche per le edizioni di autori classici, greci e latini. Cfr. Tramater, in
Dizionario Treccani, s.v.
27 Cfr., Giuseppe Crispi, in Mira G.M., Bibliografia siciliana ovvero Gran
chiesa di rito latino: per ordine del re fu stilato un piano di regolamento che doveva essere applicato sotto la supervisione del Principe di Trabia, ministro degli Affari Ecclesiastici, del Principe di Campofranco e di Mons. Scotti.28
La decisione fu però impugnata dal clero greco. In una lettera del 25 aprile 1842 Giuseppe Aricò, parroco di rito latino di Piana dei Greci, scriveva ad Antonino De Luca, all'epoca direttore della Tipografia Poliglotta della Congregazione di Propaganda Fide, per lamentarsi dell'insistenza dei sacerdoti di rito greco e soprattutto del loro vescovo Mons. Crispi nel non accettare quanto deciso dalla Consulta generale del Regno, in particolare a proposito della questione delle chiese madri nelle colonie siculo-albanesi. In effetti, ritenendo che questa decisione fosse frutto di un plagio da parte dei vescovi latini nei confronti della commissione della Consulta, il vescovo Crispi credette opportuno impugnare il provvedimento. Oltre a stampare nuovamente la sua “Memoria alla Consulta generale del regno intorno ai regolamenti di disciplina ecclesiastica” (1842), Crispi ottenne udienza dal re che si trovava in quel momento in visita a Palermo. Il vescovo di Lampsaco si presentò con una delegazione di clero greco- albanese per illustrare come la decisione circa la madricialità delle chiese nelle quattro colonie albanesi fosse stata presa in seguito a pressioni da parte dei vescovi di rito latino. Produceva così al re in persona il fascio di documenti in cui si dimostrava l'antichità delle colonie e dunque il diritto, da parte del rito greco, di mantenere il primato della chiesa madre.29
L'intraprendenza del clero greco guidato da Crispi era motivo di preoccupazione non solo per il clero latino di Sicilia ma anche per Mons. Scotti che, in quanto sovrintendente delle colonie Italo-greche nel Regno delle Due Sicilie, ne era responsabile presso Propaganda Fide. Mons. Scotti dunque vedeva la risoluzione della situazione corrente nel richiamo all'ubbidienza della comunità albanese, risoluzione che doveva attuarsi tramite l'applicazione della bolla Etsi Pastoralis. Promulgata nel 1742 da papa Benedetto XIV, questa bolla disciplinava le modalità di convivenza di rito greco e latino con particolare attenzione ai sacramenti e alla regolamentazione dei passaggi da un rito ad un altro. Basandosi sul presupposto della praestantia del rito latino, le norme assoggettavano il clero greco ad un ordinario latino e sottraevano ai vescovi greci il potere giurisdizionale. Considerata lesiva dei loro diritti, molti furono gli sforzi
28 APF, in “Scritture riferite nei Congressi Italo-Greci 1826-1845”, c. 522v. Lettera di Giuseppe Aricò ad Antonino De Luca. Napoli, 25 luglio 1842 29 APF, in “Scritture riferite nei Congressi Italo-Greci 1826-1845”, c. 523.
dei siculo-albanesi affinché non fosse attuata.30 In particolare papas Giorgio
Guzzetta, fondatore del seminario italo-greco,31 indirizzò al re Carlo III di
Sicilia una supplica che ebbe buon esito se la bolla non ricevette l'exequatur.32
Se dunque la bolla di papa Lambertini era la panacea ai mali della comunità albanese, Mons. Scotti non trovava ammissibile che re Ferdinando II ad un secolo di distanza dalla promulgazione non avesse ancora concesso il suo exequatur:
È macchia al certo indecorosa di troppo a Governo Cattolico il vederlo per si lungo tempo riluttare ad una applauditissima Bolla di sì illustre sapiente ed amato Pontefice quale per universale concorde suffragio è da tutti riconosciuto il glorioso Pontefice Benedetto XIV? Ora poi che manifeste sono le insidiose arti e la prepotenza con che la Russia tratta di tutti pervertire e trarre allo scisma. […] quale responsabilità presso Dio non si assume il Governo nell'impedire il necessario riparo? E darà all'ombra tutelare dell'Augusta Casa de' Borboni che si farà strada lo scisma a penetrare nell'Italia e ad eclissare la purezza della nostra fede? … Se il governo debolmente cedendo al timore e a male intese ragioni di stato, ritratta con forte poco suo decoro la permissione che già avea dato all'Arcivescovo di Smirne Visitatore Apostolico di recarsi a compire il suo incarico in Sicilia, almeno non sia preclusa la strada a troppo indispensabili provvedimenti, che indipendentemente anche dalla Costituzione Benedettina, seguendone però le tracce e lo spirito potrebbero adottarsi.33
Insinuando il dubbio sulla cattolicità del sovrano borbonico, nonostante fosse noto che Ferdinando II intrattenesse rapporti epistolari diretti con la Santa Sede dimostrando “ubbidienza e attaccamento”,34 e sulla possibilità 30 Sulla Bolla Etsi Pastoralis e Benedetto XIV cfr. Krajcar J., Benedetto XIVe
l'Oriente Cristiano, i n Benedetto XIV (Prospero Lambertini). Convegno
internazionale di studi storici, Cento 6-9 dicembre 1979, I, Cento, 1981, pp. 493-507
31 Lo Faro F.M., Guzzetta Giorgio, s.v., in DBI
32 Sulla necessità e validità dell'exequatur nella Sicilia Ottocentesca. Cfr. Scaduto F., Stato e Chiesa nelle Due Sicilie. Dai Normanni ai giorni nostri, Palermo 1887, pp. 206-214; Di Chiara S., Opuscoli editi, inediti, e rari sul diritto
pubblico ecclesiastico e sulla Letteratura del Medioevo in Sicilia, Palermo,
1855, pp. 21-23; Ingoglia A., Altri contributi della letteratura ecclesiastica
siciliana, in Bordonali S. (a cura), Il contributo di Francesco Scaduto alla scienza giuridica, Palermo, 2009, pp. 86-88
33 APF, in “Scritture riferite nei Congressi Italo-Greci 1826-1845”, c. 442v. Lettera di Angelo Antonio Scotti al Prefetto della Sacra Congregazione di Propaganda Fide. Napoli, 10 ottobre 1841
di una espansione del rito greco scismatico in Italia, Mons. Scotti intendeva creare delle pressioni sul monarca da parte di Roma. Il suo tentativo andò a buon fine poiché, in risposta a questa lettera, da Propaganda Fide gli fu inviato un plico riservato con il quale la Santa Sede gli dava “speciale incarico a procurare l'opportuna cessazione”35 e le istruzioni “per
migliorare la situazione al di qua e al di là del Faro” nelle comunità di rito greco.36 Mons. Scotti dunque informò Ferdinando II dei progetti di
Propaganda per porre rimedio alle questioni delle comunità albanesi e riuscì ad ottenere la sua approvazione in modo da poter agire liberamente grazie all'appoggio sovrano.37 Dagli scambi epistolari successivi si desume
che all'interno del plico riservato erano contenute alcune lettere da inviare ai vescovi e agli ordinari di rito latino in cui erano contenute le accuse rivolte alle comunità di rito greco; ed altre destinate ai vescovi di rito greco ai quali si intimava di procedere con una revisione della liturgia, dei sacramenti e delle istituzioni.38 Di qui, alla richiesta ufficiale dell'exequatur
per la bolla Etsi Pastoralis, il passo fu breve. In una lettera del 25 maggio
corrispondenza inedita tra Ferdinando II e Gregorio XVI cfr. ASN, fondo
Archivio Borbonico, fasci 805-806
35 APF, in “Scritture riferite nei Congressi Italo-Greci 1826-1845”, c. 522v. Lettera di Giuseppe Aricò ad Antonino De Luca. Napoli, 25 luglio 1842 36 APF, in “Scritture riferite nei Congressi Italo-Greci 1826-1845”, c. 463.
Lettera di accompagnamento al plico riservato dal Prefetto della Sacra Congregazione di Propaganda Fide a Angelo Antonio Scotti. S.l., 9 marzo 1842
37 APF, in “Scritture riferite nei Congressi Italo-Greci 1826-1845”, c. 467. Lettera da Angelo Antonio Scotti al Prefetto della Sacra Congregazione di Propaganda Fide. Napoli, 14 marzo 1842. Il Ministro degli affari ecclesiastici del Regno delle Due Sicilie non essendo infatti convinto dell'operato di Scotti richiese per due volte una conferma a Propaganda e al re. Tale esitazione forse era ascrivibile al cambio di vedute politiche del re che fino a quel momento, come detto, si era dimostrato particolarmente tollerante nei confronti di queste comunità. Cfr. APF, in “Scritture riferite nei Congressi Italo-Greci 1826-1845”, c. 446-7. Lettera da Angelo Antonio Scotti al Prefetto della Sacra Congregazione di Propaganda Fide. Napoli, 22 aprile 1842; cc. 480-1. Lettera da Angelo Antonio Scotti al Prefetto della Sacra Congregazione di Propaganda Fide. Napoli, 2 aprile 1842
38 APF, in “Scritture riferite nei Congressi Italo-Greci 1826-1845”, c. 474. Lettera dal Cardinale Pignatelli Arcivescovo di Palermo al Prefetto della Sacra Congregazione di Propaganda Fide. S.l., 29 marzo 1842; c. 446-7. Lettera da Angelo Antonio Scotti al Prefetto della Sacra Congregazione di Propaganda Fide. Napoli, 22 aprile 1842; cc. 478-9. Lettera dal vescovo Michelangelo Rossano al Prefetto della Sacra Congregazione di Propaganda Fide. Acquaformosa – Diocesi di Cassano, 12 aprile 1842
1842 Mons. Scotti riferiva:
Nell'assenza di S.M. e del Ministro ho provocato i Consiglieri di Stato intorno a ciò che si sarebbe proposto nel Consiglio per le Colonie Greche. Tutti hanno riconosciuto la giustizia delle domande e mi hanno promesso il loro favore. Anche il Confessore del Re mi si è mostrato favorevole. Essendo tornato il Ministro gli ho presentate due mie Relazioni. In una io chiaggo che Sua Maestà ordini al suo Commissario che obblighi … l'osservanza della Etsi Pastoralis nelle Colonie Greche.39
La notizia ben presto fu divulgata portando a reazioni da parte del clero locale sia latino sia greco. Il 4 agosto 1842 tre sacerdoti di rito latino di Piana dei Greci, Giuseppe Lo Cascio, Nicola Di Giovanni e Giuseppe Aricò, indirizzarono una lettera a Mons. Antonino De Luca perché intercedesse ancora una volta per loro presso il Prefetto di Propaganda. Per quanto infatti fosse necessario esecutoriare la bolla Etsi Pastoralis, bisognava “separare interamente ambedue i riti e le parrocchie colla loro scambievole indipendenza”, in modo che il rito latino potesse avere la sua chiesa madre autonoma. Se a livello centrale il problema della madricialità non era ritenuto di primaria importanza, a livello locale era discriminante poiché aveva generato “quella mostruosa confusione, che ha turbato sin ora le coscienze ed è inesausta sorgente di mille abusi”.40 Inoltre secondo i tre
sacerdoti latini, il clero siculo-albanese avrebbe espresso l'accettazione della bolla benedettina in modo da allontanare da sé l'accusa di “disubbidienza alla chiesa e di sospetto di scisma” per poi “fermi nelle antiche loro pretenzioni giurisdizionali” ottenere “la loro contrastata erezione della Collegiata con la voluta modificazione e” porre “un eterno suggello alla loro superiorità e quindi all'inosservanza delle Pontificie Costituzioni”.41 Questa sarebbe stata opera ancora una volta del vescovo
Crispi. Aricò scrive ancora a De Luca:
Mons. Crispi ha conosciuto questa verità e perciò con astuzia sopraffina (prendendo in questi estremi la veste di zelante cattolico) ha detto dateci la madricità e accetteremo qualsiasi Bolla intendendo con ciò dire, dateci la madricità ed ecco stracciata, calpestata, annullata qualunque Bolla com'è accaduto alla 39 APF, in “Scritture riferite nei Congressi Italo-Greci 1826-1845”, c. 498. Lettera da Angelo Antonio Scotti al Prefetto della Sacra Congregazione di Propaganda Fide. Napoli, 25 maggio 1842
40 APF, in “Scritture riferite nei Congressi Italo-Greci 1826-1845”, c. 520. Lettera da Giuseppe Lo Cascio, Nicola Di Giovanni, Giuseppe Aricò a Antonino De Luca. Napoli, 4 agosto 1842.
Costituzione Sanctissimus di Clemente VIII nonostante la sua esecutoria.42
La questione sulla chiesa madrice diveniva dunque dirimente anche per la buona riuscita ed applicazione della Etsi Pastoralis, che rischiava di essere ignorata de facto come era accaduto per la costituzione clementina.
Se dunque secondo il clero latino Mons. Crispi aveva espresso a Mons. Scotti la richiesta di applicazione della bolla lambertiana,43 ben diversa si
delineava la situazione nelle lettere che lo stesso Scotti inviò al Prefetto di Propaganda. Alla fine del mese di maggio, dopo aver inoltrato la relazione al re per l'osservanza della bolla benedettina, si lamentava:
Iddio sa, che ho dovuto servire, e quanto girare per la Bolla Etsi Pastoralis. Le cose erano già buon aspetto quando è arrivato Mons. Crispi, vescovo titolare di Lampsaco e di rito greco. Questi gode molto credito: va girando accanitamente per Consultori e per Ministri e dà a vedere a questi che l'accettazione della Bolla darebbe occasione ad una rivolta, ed allo Scisma”.44
La prospettiva che l'intervento di Crispi potesse bloccare quanto avviato si fece ancora più concreta quando il 26 agosto 1842 arrivò al Prefetto di Propaganda una lettera da parte del nunzio apostolico d'Austria, Ludovico Altieri, che era vicino al pontefice Gregorio XVI e che si era battuto a Vienna per la restituzione dei beni al collegio greco-ruteno. Altieri non solo mostrava perché fosse ingiusto promulgare la bolla Etsi Pastoralis per la chiesa greco-albanese di Sicilia, ma anche perché spettasse a questa la madricialità a Palazzo Adriano e a Piana dei Greci. In seguito alla sua lettera Propaganda intimò al nunzio apostolico di Napoli, Camillo Di Pietro, di fare un richiamo ufficiale a Mons. Crispi e di rivolgersi ai Consiglieri di Stato in modo da rendere vano quanto da lui fatto fino a quel momento.45
42 APF, in “Scritture riferite nei Congressi Italo-Greci 1826-1845”, c. 524. Lettera da Giuseppe Aricò a Antonino De Luca. Napoli, 25 luglio 1842. Sulla costituzione Sanctissimus emanata da Clemente VIII il 31 agosto 1595 cfr. Moroni G., Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, Venezia, 1845, vol. XXXI, s.v. Greci, p. 143
43 APF, in “Scritture riferite nei Congressi Italo-Greci 1826-1845”, c. 521. Lettera da Giuseppe Lo Cascio, Nicola Di Giovanni, Giuseppe Aricò a Antonino De Luca. Napoli, 4 agosto 1842: “infatti [Mons. Scotti] attende al presente questa loro dichiarazione in iscritto”.
44 APF, in “Scritture riferite nei Congressi Italo-Greci 1826-1845”, c. 528. Lettera da Angelo Antonio Scotti al Prefetto della Sacra Congregazione di Propaganda Fide. Napoli, 24 agosto 1842
All'inizio dell'anno successivo si compì l'ultimo atto delle istruzioni di Propaganda. Mons. Scotti, “in esecuzione degli oracoli del suo Prefetto”, presentava al Ministero degli Affari Ecclesiastici la grazia “che si può implorare dalla Santa Sede per la Bolla Etsi Pastoralis”.46 Secondo il diritto
pubblico del Regno delle Due Sicilie la grazia papale veniva sottoposta alla Consulta generale del Regno e quindi essenzialmente la decisione spettava al re.47