Parte I. La comunità albanese di Calabria
3. La comunità calabro-albanese nell’Italia Unita
3.1 Delusioni post-unitarie: la rigenerazione sociale negata
Le aspettative che avevano mosso i ceti più bassi della comunità calabro- albanese nel periodo pre-risorgimentale, come tutta la popolazione contadina del Meridione, furono sostanzialmente deluse. Il desiderio delle masse di poter finalmente uscire dallo stato di povertà e sudditanza economica e sociale in cui versavano non fu appagato.
Anche il tanto acclamato Garibaldi non si adoperò in favore dei ceti più bassi ed, anzi, scese a patti con i latifondisti, in particolare con la famiglia dei Morelli, proprietari della maggior parte dei terreni sulla Sila. L’unica concessione di Garibaldi al popolo fu il decreto emanato a Rogliano il 31 agosto 1860
[…] Gli abitanti poveri di Cosenza e Casali esercitino gratuitamente gli usi di pascolo e di semina nelle terre demaniali della Sila. E ciò provvisoriamente sino a definitiva disposizione.
Neppure un cenno all’agognata divisione e redistribuzione delle terre. Inoltre Garibaldi nominò come esecutore e governatore della Calabria Ulteriore Donato Morelli, magnate e grande proprietario terriero.43
Alla partenza del Nizzardo, il governatore Morelli intervenne con un’ordinanza del 5 settembre: modificò il decreto, rendendolo sostanzialmente nullo. I contadini decisero dunque l’occupazione delle terre ma vennero violentemente attaccati e dispersi.
È nei primi anni dell’Unità che il nuovo governo prese una posizione definitiva ripristinando il vecchio ordine nelle campagne e rinnovando le antiche diseguaglianze. Ogni tentativo di rivolta fu stroncato e memoria di questa situazione mai mutata rimane in un intervento sullo stato dei demani comunali presentata in Parlamento da Leopoldo Fianchetti, economista dell’Italia unita:
Alle usurpazioni dei baroni, i contadini rispondono con le sommosse e le occupazioni delle terre usurpate, ma alle sommosse seguono le repressioni, e lo stato rimane con l’odio di una repressione che ha tutte le apparenze di essere stata a favore degli usurpatori dei demani. […] Questo risentimento del popolo che il governo italiano è al servizio delle prepotenze dei galantuomini, cresce ancora allo spettacolo degli errori o delle disonestà delle operazioni demaniali.44
La monarchia borbonica era stata sostituita da quella sabauda ma nulla era cambiato.
Domenico Mauro, che tanta parte aveva avuto nella rivoluzione interna alla comunità, si trovò a vivere tale delusione come uomo politico e cittadino della nuova nazione. Se già Villafranca aveva segnato la fine della speranza di coniugare monarchia e rivoluzione, i primi anni dello stato nazionale, votati ad una politica conservatrice sul piano sociale, mostrarono la strada intrapresa. Mauro, che si era ispirato – e aveva ispirato la gioventù calabro- albanese – agli ideali romantici della rigenerazione popolare, come si è visto, avversò gli atti della Destra e di tutti coloro che cercarono posizioni moderate. Le condizioni in cui continuava a versare la società meridionale, il fatto che il nuovo stato si era formato su una consorteria e non sulla forza del popolo furono le recriminazioni imputate al governo italiano. Rimaneva inoltre la sgradevole constatazione di come i popoli meridionali fossero ritenuti inferiori a quelli settentrionali con quanto ne conseguiva.
Mauro rimaneva, comunque, convinto che la rivoluzione non fosse terminata e che gli orientamenti politici di Cavour e della Destra non avessero portato al giusto compimento della nazione italiana. Nel 1862, a commento di un suo testo poetico, ricordava il pensiero del calabrese Capobianco, fondatore della setta dei Carbonari: essere “amici dell’indipendenza” non significava necessariamente essere “amici della
44 In Iaquinta M., Mezzogiorno, emigrazione di massa e sottosviluppo, Cosenza, 2002, pp. 57-58
libertà”, nel caso in cui l’indipendenza fosse stata raggiunta “favoreggiando il dominio straniero”. La polemica con Cavour e gli accordi con la Francia era chiara e Mauro vedeva ancora nei popoli del Sud d’Italia la speranza del riscatto:
Il pensiero di Capobianco ha presieduto al movimento rivoluzionario del 1848, ma dopo la guerra di Crimea e quella del 1859, combattuta in Lombardia più dai Francesi, che da noi, gli italiani sembrano ricaduti nell’errore dei loro padri, i quali, nella prima epoca dell’occupazione Francese, sperarono, quasi tutti, più dallo straniero che dalla propria forza la salvezza della patria. Se non che un novello Capobianco e lo spirito del Mezzogiorno salveranno l’Italia. Come si vede per quello che ho detto, il movimento politico, spontaneo popolare dell’età nostra si è mostrato nelle popolazioni meridionali; e però è chiaro che quanto sieno lungi dal vero coloro i quali vorrebbero far credere che il Reame non ha una storia moderna da pareggiarsi a quelle di altre provincie italiane. Esso ne ha una superiore a tutte, a chi ben guarda.45
La storiografia ha variamente riflettuto sui rapporti intercorsi fra il governo piemontese e il Meridione nei decenni successivi all’Unità: un complesso sistema di relazioni sociali e di sviluppo economico che si ripercossero in modo significativo sulla vita civile delle regioni del Mezzogiorno.46 È
opportuno comunque precisare che l’unificazione nazionale era stata consentita dalle potenze europee proprio perché Cavour l’aveva presentata al Congresso di Parigi e nelle relazioni diplomatiche successive come la via con cui evitare che in Italia scoppiasse una rivoluzione sociale.
Invece la percezione dei democratici-mazziniani del Sud, come Domenico Mauro, era che la speranza della rigenerazione sociale fosse stata delusa, era il tradimento dei sentimenti che avevano mosso le popolazioni a lottare per l’idea dell’Italia. L’accusa fu quella di aver preposto la “rivoluzione del re” a quella del popolo. Questa prospettiva rispecchiava dunque il sentire diffuso tra le popolazioni meridionali, ma dimenticava un dato storico essenziale: lo stato nazionale era sorto precisamente perché aveva un ordinamento liberale e socialmente conservatore.
Sul programma del “popolo sovrano” Mauro vinse le elezioni del 29
45 Mauro D., Poesie varie, Napoli, 1862, p. 60
46 Cannavale A. - Leccese A. (a cura), A me piace il Sud: riflessioni, interviste e
proposte sulla questione meridionale, Roma, 2017; Paolini G. (a cura), La prima emergenza dell'Italia unita: brigantaggio e questione meridionale nel dibattito interno e internazionale nell'età della Destra storica: atti del convegno di studi, Salerno, 12 dicembre 2013, Firenze, 2014; Manica G., Sonnino, Villari e la questione meridionale nel declino della destra storica : con documenti editi ed inediti, Firenze, 2013
ottobre 1865 per il collegio di Lucera; e di nuovo il 10 marzo 1867 contro Ruggero Bonghi.47 Per quanto la sua visione politica insistesse sulla
denuncia della rivoluzione tradita e sugli effetti negativi della gestione politico-amministrativo della Destra nel Mezzogiorno, fu ben presto chiaro che un’alternativa non vi era più e neanche era concepibile una nuova rivoluzione in chiave sociale. Non restava che prendere atto della “questione meridionale”.