56 Come emerso dall’analisi effettuata a Cava Olmi (ACCORSI, et alii., 1989) 57 ACCORSI C. A., et al., 1996
l’ambiente umido è spesso rappresentato da impaludamento dei bacini che prima dovevano essere più profondi, fenomeno dovuto alla scarsità delle precipitazioni58.
Gli spazi aperti sono costituiti da una flora erbacea più povera rispetto ai periodi successivi,
dominata da Graminacee (Gamineae) e Composite (Compositae)59, con una cospicua presenza di
Cicorioidee (Cichorioideae) ed artemisia (Artemisia), tipiche di prati aridi.
Boreale (6.800 – 5.500 B.C.)
Il primo cambiamento sostanziale avviene nel Boreale quando le Conifere, e in particolare Pinus
sylvestri e Picea excelsa, innalzano i loro limiti altitudinali fino a rifugiarsi in piccoli gruppi relitti,
soprattutto nell’Appennino settentrionale, dove Betula ha una reazione analoga60; la loro presenza è comunque indicata grazie alla loro grande diffusibilità dovuta alle sacche aerifere del granulo pollinico. Negli spazi lasciati liberi dalle Conifere, si diffonde, senza l’affermarsi di altre formazioni forestali intermedie61, una copertura maggiormente termofila basata su Latifoglie decidue, più varia e più rada con Nocciolo (Corylus), Querce (Quercus), Betulla (Betula), Tiglio (Tilia), Olmo (Ulmus),
Carpino comune (Carpinus betulus), Carpino nero (Ostrya) e Faggio (Fagus)62, pianta che ora vive a
quote più elevate, a partire da 800-900 m s.l.m., ma che in passato probabilmente scendeva anche a quote inferiori, all’interno del querceto con individui isolati o in piccoli gruppi63. In alcune zone di rifugio collinari troviamo anche la presenza di Castagno (Castanea) e Noce (Juglans)64.
Dall’indagine palinologica effettuata sulla sequenza di Cava Olmi (Calderara di Reno, BO) 65 emerge che il Boreale sembra essere suddiviso in due subzone: la prima è caratterizzata dalla regressione di Pinus che coincide con la forte espansione di Corylus; nella seconda si verifica invece un ulteriore miglioramento climatico e quindi una decisa espansione della copertura mesofita, ovvero
Quercus, Tilia, Ostrya carpinifolia e Ulmus; contemporaneamente avviene una espansione
dell’ambiente aperto, in particolare con Gramineae spontanee e Compositae.
Da questa fase, il Querceto misto accompagnato da altre Latifoglie decidue caratterizzarà il paesaggio arboreo, in particolare della pianura, fino ai nostri giorni. Si diffonde principalmente il Querco-carpineto con componenti più igrofile, ovvero una formazione che in passato era stata
58 BERTOLANI MARCHETTI D.,CUPISTI M.,1970 59 ACCORSI C. A., et al., 1989 bis
60 Come emerge anche da Cava Due Madonne, Bologna (BARDELLA G.,et al., 1980) 61 BERTOLANI MARCHETTI D.,CUPISTI M.,1970
62 ACCORSI C. A., et al., 1996; ACCORSI C. A., et al., 1996 bis 63 ROTTOLI M., CASTIGLIONI E., 2009
64 ACCORSI C.A.,et al., 1999 65 ACCORSI C. A., et al., 1989
denominata anche Querceto-carpinetum boreoitalicum66. Il clima appare quindi più umido, con maggiori precipitazioni testimoniate anche da un aumento di Abies alba, pianta che sopporta bene
climi più temperati e più umidi67. Le piante di ambiente umido sono spesso presenti maggiori varietà
rispetto ai periodi precedenti.68 Avviene, quindi, un cambiamento climatico che porta verso un clima
più caldo e più umido.
Negli spettri relativi a quote maggiori collinari o montane si osserva una riduzione dell’ampia brughiera che lasciano posto ad ampie aree di prateria69.
Atlantico (5.500 – 2.500 B.C.)
La composizione del paesaggio rimane perlopiù simile al Boreale con una discreta diminuzione di
Betula, anch’essa rifugiata principalmente in montagna70, e un lieve aumento di Ulmus e Frassino
(Fraxinus), indicatori di una maggior tasso di umidità71. Rispetto alla precedente fase aumentano anche le piante propriamente di ambiente ripariale sempre costituite da Alnus) e Salix, con una maggior
percentuale di Pioppo (Popolus)72. Si intensifica quindi il miglioramento climatico verso un ambiente
maggiormente caldo e umido, con disponibilità di acqua nel substrato73. Il Nocciolo, sempre ben diffuso, in questo momento è una componente del Querceto misto e, in particolare, si trova ai margini del bosco associato a Rosacee (Rosaceae) quali Biancospino (Crataegus), Pruno (Prunus), Rosa selvatica (Rosa canina), Pero (Pyrus), ecc.
La seconda metà del periodo atlantico è interessata da un ulteriore miglioramento climatico, in senso caldo e umido, definito Optimum climatico74 e caratterizzato dal massimo termico, situazione mai più verificatasi in seguito. Inoltre, in questo momento, avviene il massimo innalzamento dei limiti di vegetazione. Il Querceto misto sull’Appennino sembra toccare i 1500 metri di quota. Si verifica, quindi, un miglioramento climatico in senso temperato-caldo, con piovosità relativamente abbondante e ben distribuita, condizioni ottimali, quindi, per la diffusione dell’agricoltura75. Ciò ha favorito l’occupazione da parte dell’uomo neolitico di nuove terre ed, in particolare, delle aree più fertili, spesso in prossimità di corsi d’acqua che hanno permesso l’introduzione dell’agricoltura e dell’allevamento degli animali.
66 BERTOLANI MARCHETTI D.,CUPISTI M.,1970;PIGNATTI S.,1953 67 BERTOLANI MARCHETTI D.,CUPISTI M.,1970
68 ACCORSI C. A., et al., 1996 69 ACCORSI C. A., et al., 1989 70 ACCORSI C. A., et al., 1996 71 ROTTOLI M., CASTIGLIONI E., 2009 72 ACCORSI C. A., et al., 1996 73 ACCORSI C. A., et al., 1996
74 Individuato a Le Mose (PC) (GOBBO I..Tesi di Laurea) 75 CASTELLETTI,1990
Da questo momento la storia del clima si intreccia fortemente con la storia dell’uomo.
Anche per quel che concerne l’Atlantico, dalla sequenza di Cava Olmi emerge una divisione in due subzone76: la prima è caratterizzata da una regressione di Corylus associata ad un incremento di Tiglio, specie che oggi non ha un ruolo rilevante all’interno del Querceto nella Pianura Padana, ma che nei primi momenti dell’Olocene aveva una maggior diffusione; verso la fine dell’Atlantico, si riscontra l’incremento di Abies alba che sembra suggerire un momento di peggioramento climatico, anche se, come già accennato, si tratta di una Conifera che sopporta climi temperati e umidi. Negli spettri del sito Monte Bagioletto (RE) appare che prima di una massiccia diffusione di Abies alba, il Querceto abbia avuto un forte innalzamento dei limiti altimetrici superando anche i 1300 metri slm77.
L’Abete bianco, inoltre, in questo momento è ben diffusa sull’Appennino ma, a partire da questo momento si trova in competizione con il Fagus78, pianta tuttora molto diffusa sulle fasce collinari, fino a limiti altimetrici elevati.
Sembra confermare il peggioramento climatico e l’incremento del tasso di umidità, l’aumento di piante igrofite arboree, soprattutto Ontano comune (Alnus glutinosa), Salix e Popolus, e di igrofite ed idrofite erbacee quali Ciperacee (Cyperaceae) e lisca (Typha)79.
In generale, le cronozone del Boreale ed Atlantico sono state caratterizzate dal periodo termicamente migliore, mentre nei periodi successivi corrispondenti a Subboreale e Subatlantico si sarebbe verificato un regresso termico accompagnato ad una alternanza di fasi asciutte e umide80.
Subboreale (2.500 – 800 B.C.)
Successivamente avviene un deterioramento climatico, localizzato alla fine dell’Atlantico che
continua anche nel Subboreale, con alternanza di fasi più secche e soprattutto più umide81. A partire
dal 2.500 B.C. ca., si registra una diminuzione di temperatura di circa 2°C, con un clima caratterizzato da temperature più basse e miti rispetto alla fase precedente, con periodi alterni di aumento e decrescita delle precipitazioni.
Secondo alcuni autori il deterioramento climatico coincide con il dissesto idrogeologico causato anche dai mutamenti inferti all’ambiente da parte dell’uomo nell’attuare le sue attività di agricoltura e di allevamento82. L’evoluzione del paesaggio, infatti, inizia ad essere condizionata sempre in maggior
76 ACCORSI C. A., et al., 1989 77 CREMASCHI M.,et al., 1984 78 BARDELLA G.,
et al., 1980;ACCORSI C. A., et al., 1981
79 ACCORSI C. A., et al., 1989 80 FAZZINI, 2001
81 BARDELLA G.,et al., 1980 82 CASTELLETTI,1990
misura dalle attività antropiche con un’opera di disboscamento più marcata e con realizzazione di deviazioni artificiali di corsi d’acqua, fossati e terrapieni difensivi, ecc.
Inoltre, si innescano processi erosivi dei suoli ai quali si accompagnano testimonianze di una instabilità dei versanti e di aggradazione dei corpi sedimentari. Complessivamente, la copertura arborea appare per la maggior parte invariata rispetto alla fase precedente83, con un incremento del livello di Ontano, mentre all’interno del Querceto decresce Carpino comune (Carpinus betulus),
lasciando il posto a Farnia (Quercus robur) e Ulmus84, probabilmente a causa di maggior disponibilità
di acqua, forse freatica, che ha favorito Quercus robur , Ulmus e Alnus rispetto alla vegetazione palustre erbacea85. Nelle fasce di maggior altitudine invece si verifica un aumento di Fagus86. In questo momento, in particolare dall’età del Ferro e Romana, oltre all’agricoltura fondata essenzialmente su cerealicoltura, si inserisce una cospicua presenza di colture di piante legnose produttrici di frutti eduli quali in primis la Vite (Vitis) e il Corniolo (Cornus mas), e probabilmente in un secondo momento Castenea e Juglans.
83 BARDELLA G.,et al., 1980 84 ACCORSI C.A.,et al., 1999
85 Come emerso a Cava Due Madonne (BO), BARDELLA G.,et al., 1980 86 ACCORSI C.A.,
Fig. 20 – Ricostruzione vegetazionale e paleoambientale della sequenza di Cava Olmi (da MARCHESINI, et alii, 2000).