In località Le Mose (Piacenza), a sud-est di Piacenza, in un’area destinata ad insediamenti produttivi, a partire dal 1998 fino al 2003, sono stati eseguiti lavori di assistenza archeologica nei cantieri di proprietà Piacenza Intermodale, IKEA, Prologis e PIP, sotto la direzione scientifica della dott. ssa M. Bernabò Brea della Soprintendenza per i Beni Acheologici dell’Emilia Romagna. Nei vari siti indagati durante lavori di splateamento per la costruzione di alcuni capannoni, aree di parcheggio e passanti ferroviari con gli annessi servizi, sono stati individuati livelli di frequentazioni di età Mesolitica e Neolitica, oltre a limitate presenze riferite all’età del Rame, del Ferro e all’età Romana. Le testimonianze archeologiche erano posizionate su un sistema continuo di dossi ghiaiosi, sul fianco dei
quali poggiava il paleosuolo, considerato
inizialmente come un suolo palustre1. In particolare
nelle immediate vicinanze, presso il cantiere IKEA, poco più a nord dell’area indagata, alla fine degli anni ’90, sono emerse situazioni simili. Il territorio scavato è ubicato all’interno del bacino del torrente
Nure, circa 3 km a ovest dell’attuale corso e a circa 4 km a sud del fiume Po; si tratta, quindi, di un’area che è sempre stata interessata da deposizioni fluviali legati alle precipitazioni appenniniche.
Vengono di seguito riportate le unità geologiche2 che costituiscono la piana all’interno dell’area
di Piacenza, nella zona di Le Mose, disposte in ordine cronologico dalla più recente alla più antica:
- D6 - Depositi fluviali grossolani, ghiaie poco stratificate, sabbie ghiaiose, che
costituiscono conoidi fluviali del tardo pleistocene, con pianta a ventaglio, sezione leggermente convessa;
- D4 - Depositi di canale, materiali fini compatti e ricchi di carboni e frammenti ceramici;
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GUARISCO, Relazione di scavo
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Fig. 31 - Foto satellitare dell'ubicazione dei siti Le Mose. La fotointerpretazione dei depositi superficiali ha permesso di individuare diversi lineamenti geomorfologici e di ricostruire gli spostamenti dell’alveo del Torrente Nure nel corso del tempo. In azzurro chiaro sono stati riportati i depositi più antichi lasciati dal torrente; in azzurro medio è riportato il tracciato interamente ricostruibile di età intermedia; la linea bianca a destra rappresenta il corso attuale del Torrente Nure. Le linee rosse indicano i depositi dell’antico meandro del Po. Il sito mesolitico di Le Mose è indicato dal punto fucsia (da Geos e Geoarcheologia 1999, modificato.
- E2 - Unità fini, costituite da sabbia, argilla e limo in stratificazione planare, provenienti da depositi di piana alluvionale di paleocanali e fiumi attuali;
- D3 - Depositi fluviali grossolani;
- E1 - Fasi erosionali fluviali;
- S2 - Suolo palustre secondario, corrispondente all’US 507 dei siti Le Mose, in cui vi
sono numerose testimonianze antropiche cronologicamente riferibili al Mesolitico;
- D2 - Depositi di piana di esondazione, strati limosi, sabbioso-limosi;
- S1 - Suolo palustre inferiore, corrispondente all’US 512 dei siti Le Mose, suolo bruno
nerastro argilloso di origine palustre con sporadiche testimonianze cronologicamente riferibili al Mesolitico;
- D1 - Depositi di canale o di piana di esondazione, pochi strati a tessitura sabbiosa o
limosa di origine fluviale.
L’abbondante materiale detritico, proveniente dai litotipi erosivi dei bacini montani appenninici, scende a valle con le piene. Spostandosi dal pendio, man mano che la pendenza diminuisce e ci si avvicina al fiume Po, la granulometria dei sedimenti si presenta sempre più fine. La pianura alluvionale tra i torrenti Nure ed Enza ha, quindi, assunto una pendenza uniforme verso nord, nord-
est grazie all’aggradazione dei conoidi
Pleistocenici e Olocenici che sono stati livellati dai
depositi fini alluvionali3. Accanto alle zone più
rilevate, formate dai depositi grossolani, si sono create ampie zone depresse dove si interrompe la sedimentazione fluviale a causa delle acque stagnanti. Nel Cantilere Intermodale, sono stati rinvenuti due livelli di suolo bruno nerastro argilloso ritenuti, al momento dello scavo, di origine palustre (UUSS 512 e 507), separati da
ripetuti episodi alluvionali sabbiosi e limosi4. Il
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GUARISCO, Relazione di scavo
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Fig. 32 - Le Mose - paleosuperficie di età mesolitica: la foto, scattata verso Ovest, permette
di apprezzarne la decisa risalita; sono visibili alcune buche sia singole che in gruppi.
suolo superiore (US 507), detto alfisuolo5, è interessato dalla presenza di reperti litici appartenenti al cultura mesolitica denominata Sauveterriano, datando così la frequentazione tra il IX e il VII millennio a.C.; si tratta di uno strato, con uno spessore tra 20 e 60 cm, caratterizzato da una tessitura argillosa con limo e sabbia media, di colore bruno nerastro, e da aggregazione media - grossolana.
Sulla base delle deduzioni archeologiche6, la presenza di una falda alta e di un orizzonte superficiale
impermeabile, avrebbero portato alla formazione di un ambiente palustre, probabilmente non permanente, grazie ad una pendenza, anche se minima e a numerosi e piccoli canali tra le depressioni che avevano la capacità di drenare la zona.
L’indagine palinologica ha offerto però una diversa interpretazione del colore brunastro da riferire perlopiù al tipo di vegetazione dello strato in quanto il tasso di piante d’ambiente umido non è rilevante. Le testimonianze antropiche, cronologicamente riferibili all’età mesolitica, sono costituite da focolari, buche, carboni, concentrazione di materiale e di manufatti in selce, concentrazioni di concotto ovvero suolo combusto che assieme ai frammenti di carbone, documentano la presenza di incendi probabilmente naturali. Le strutture di origine antropica sono ubicate sulla superficie dello strato oppure sono state scavate all’interno. Di particolare interesse risultano essere le strutture, denominate “fosse” o “pozzetti”, a cui, al momento, non è stato ancora possibile darne un’attribuzione antropica oppure naturale; si tratta di circa trenta fosse ampie con diametro tra 100 e 250 cm e profondità tra 80 e 150 cm, con pianta circolare, da pareti lisce e rettilinee e da fondo concavo, che tagliano l’US 507 al tetto, ma soprattutto alla base, e l’US 508 che risulta sterile. Sono state denominate “strutture”, ma solo in cinque casi (Strutture 9, 20, 24, 39 e 43) contengono manufatti in selce, presenti sempre singolarmente, e in qualche caso sono tagliate
da buche di dimensioni minori7. Anche se non sembra esistere nessuna correlazione tra la forma, la
distribuzione e i pochi materiali rinvenuti all’interno, si ritiene infondata l’ipotesi iniziale che imputava la formazione allo sradicamento di alberi.
All’interno delle cosiddette “aree selci” sono stati rinvenuti alcuni carboni di dimensioni comprese tra i pochi mm e qualche cm, frammenti di concotto, ossa combuste, ciottoli, soprattutto di arenaria. Queste aree sono state interpretate come zone di scheggiatura, bivacchi di caccia o insediamenti residenziali di breve durata con attività specializzate. I manufatti in selce sono distribuiti in tutto lo spessore del suolo, fenomeno che evidenzia l’azione dei processi pedogenetici, che ha distribuito il materiale in verticale.
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Alfisuolo: suolo formato in un ambiente con scarso apporto di ossigeno e in una situazione di bassa velocità della corrente.
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Sulla nuova superficie sono stati scavati parte dei “pozzetti” appartenenti al Neolitico pieno (V millennio a.C.), mentre la maggior parte dei “pozzetti” va ad intagliare le ghiaie delle sommità dei conoidi. Infine, l’area subisce solamente locali erosioni e deposizioni fluviali argillo-limose con sabbia, costituite da materiali fini, compatti, contenenti sporadici reperti litici dell’età del Rame (circa 3.400-2.300 a.C.), numerosi carboni e frammenti ceramici risalenti all’età del Ferro e all’età romana.
Nel Cantiere Prologis Lotto 7, oltre alla frequentazione mesolitica, in questo sito sono state rinvenute tracce dell’occupazione riferibile a varie fasi del Neolitico, dal Neolitico pieno al Neolitico avanzato, ubicate lungo la dorsale rialzata e sui fianchi del corpo ghiaioso, in cui sono state rinvenute le “strutture” 33, 34, 35 e la necropoli con 26 sepolture neolitiche. Appartiene a questa fase anche il vertisuolo antropizzato (US 463) che ha restituito materiali archeologici e strutture. Il suolo, di colore grigio molto scuro, sembra sigillare le strutture individuate, portando,
quindi, ad ipotizzare una cronologia neolitica/post-neolitica. Secondo le deduzioni archeologiche8,
si tratta di un deposito di acque stagnanti sedimentate in una depressione, a monte del dosso ghiaioso. Le “strutture” (33a, b, c, 34, 35) appartenenti a questa fase, potrebbero riferirsi a lembi di vertisuolo antropizzato, depositati in depressioni naturali presenti al tetto del conoide. Le strutture, che possiedono forma ovale, sub-ovale in pianta, non sono caratterizzate da tagli netti e, addirittura, il limite inferiore risulta molto sfumato. All’interno delle strutture, sono stati prelevati i campioni da
sottoporre ad analisi pedologiche, polliniche e 14C 9.
Il suolo ha restituito su fondo abbondanti
frammenti di ceramica probabilmente
scaricati dall’alto o caduti in seguito al
crollo di una struttura lignea sospesa10.
Dall’analisi preliminare dei reperti, i manufatti ceramici sembrano appartenere alla seconda fase della cultura dei V.B.Q., con alcuni elementi della tradizione più recente Chassey. Per quanto riguarda l’industria litica, un’alta percentuale di
materiale è di provenienza alpina11.
Il sito risulta notevolmente interessante
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Fig. 33 - Industria litica sauveterriana, proveniente del sito Intermodale Lotto 6, Le Mose (PC)
per la presenza di un villaggio appartenente alla fase I e II della Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata, con accanto, nelle immediate vicinanze, una necropoli composta da ben 26 sepolture. Tra queste sono stati rinvenuti gruppi familiari, inumati isolati, coppie, pochissimi bambini, accompagnati da numerosi materiali di corredo, da uno a sei per tomba, tra i quali anche oggetti di notevole ricchezza e rarità: asce, punte di freccia, un presentatoio, strumenti in osso, vasi, lame di selce.
L’orientamento degli inumati non si presentava omogeneo; anche se di poco, sono presenti due orientamenti differenti che potrebbero essere creati da una diversa cronologia o da una differenza stagionale. Appare, comunque, dominante l’orientamento est - ovest, con la testa sempre verso est e
posizione flessa sul fianco sinistro, costanti in tutta la Val Padana12.
Dal cantiere IKEA, risalgono i rinvenimenti assai più modesti e ubicati più a nord, riferibili alla fase Castelnoviana, , nel cantiere IKEA, risalgono al VII – VI millennio a.C., ancora riferiti al suolo
cosiddetto “palustre”13. Di particolare importanza sono la tomba 24 (4.730 - 4.320 B.C.)
appartenente al VBQ I, con inumato adulto maschio e corredo di prestigio, composto da una punta di freccia, una lama in selce e un ascia in giadeite, la tomba 1 con giovane donna accompagnata da una punta di freccia e da una lucerna di arenaria, priva di tracce d’uso, la tomba 12 (4.450 - 4.220 B.C.) e la tomba 11, appartenente al VBQ II, con coppia di adulti, di cui la donna è accompagnata
da un corredo formato da un’olla tipo Serra d’Alto14 di ceramica depurata malcotta, un vaso a bocca
quadrata e una spatola in osso, mentre l’uomo ha due asce in pietra levigata e una lama di falcetto in selce.
.
12
BERNABO’BREA et alii, in corso di stampa
13
BERNABO’BREA et alii, 1998
14
Serra d’Alto: cultura neolitica del IV millennio a.C. che prende il nome dal giacimento sulla omonima collina presso Matera, caratterizzata da ceramica figulina giallastra o rossiccia.
Analisi antracologica15
Il sito di Le Mose, è stato oggetto anche di un’analisi antracologica realizzata dal Laboratorio di Archeobiologia dei Musei Civici di Como per la analisi antracologiche e per la selezione e preparazione di campioni, appartenenti al periodo Mesolitico, da datare con il radiocarbonio (C14). I corso di scavo sono infatti stati raccolti 5 campioni dai livelli mesolitici:
1) Campione di carboni, US 507, Plinto 1A, peso 310 g/volume di ca. 200 ml. 2) Campione di carboni, US 507, Plinto 19s, peso 250 g/volume di ca. 100 ml.
3) Campione di carboni scorporato in quattro piccoli sottocampioni, trattati e analizzati
separatamente, US 507, VII area selci.
4) Campione di carboni, US 507, Plinto 2A.
5) Trave carbonizzata, US 518, Plinto 14.
Dai primi tre campioni sono state effettuate le datazione al 14C, per cui sono stati prelevati con
estrema cura. Sono stati lavati su setaccio fine e lasciati asciugare su carta d’alluminio; una volta asciutti, sono stati vagliati sotto binoculare per separare i carboni da utilizzare per la datazione e i carboni da analizzare. Per le datazioni sono stati scelti campioni provenienti dall’US 507 “area selci” e US 507 plinto 19s.
In totale sono stati analizzati 38 carboni provenienti da quattro campioni. I risultati sono
riportati nella seguente tabella16:
Taxon Nome volgare US 507
Plinto 19 s US 507 VII area selci US 507 Plinto 2 A US 507 Plinto 14 Quercus sez. Robur Quercia caducifoglie 8 12 5 Quercus sez. Robur/Cerris Quercia caducifoglie/cerro 4 Quercus sp. Quercia? 1 Cfr. Quercus Quercia? 4 2 Latifoglia n.d. (Cfr. Quercus?) 1 1 15 CASTIGLIONI, 2006 16 CASTIGLIONI, 2006
Tab. 3 – Determinazione di reperti antracologici di quattro campioni appartenenti a US 507 del sito di Le Mose. (da: Laboratorio di Archeobiologia dei Musei Civici di Como)
L’analisi antracologica ha portato alla determinazione di un unico genere, non consentendo, quindi, una caratterizzazione della vegetazione nei dintorni del sito durante il Mesolitico. Va ricordato, comunque, che i risultati antracologici, possono non corrispondere al quadro forestale reale, in quanto è determinato da una selezione antropica per la raccolta del legno oppure è determinato da incendi naturali.
Campionamento archeobotanico nei siti di Le Mose Campionamento pollinico
Il campionamento palinologico si è concentrato in particolare in due siti ritenuti più importanti e significativi ai fini della ricostruzione dell’ambiente vegetale: Intermodale Lotto 6 e Prologis Lotto 7. Tra i numerosi campioni pollinici prelevati sono stati scelti 17 campioni ritenuti più significativi per analizzare parte della sequenza mesolitica e parte di quella neolitica e, conseguentemente, per creare un confronto della vegetazione nelle due diverse epoche e per valutarne l’impatto antropico.
Di seguito sono riportati, dal più antico al più recente, i campioni pollinici analizzati, suddivisi per sito archeologico, specificando anche le relative US, la tipologia del sedimento e dello strato:
- camp. PMO1: campione archeologico 17, Intermodale Lotto 6, Plinto 2 N-E, US 512,
suolo palustre inferiore di età indeterminata, definito in modo generico pre-mesolitico;
- camp. PMO2: campione archeologico 42, Intermodale Lotto 6, Plinto 22 S-E, US 552,
depositi alluvionali limosi con sabbia, di età indeterminata;
- camp. PMO3: campione archeologico 43, Intermodale Lotto 6, Plinto 22 S-E, US 567,
deposito alluvionale sabbio-limoso, di colore bruno, copre l’US 552, di età indeterminata;
- camp. PMO4: campione archeologico n. 14, Intermodale Lotto 6, Plinto 6 N-E, US 507,
suolo palustre superiore, superficie di frequentazione mesolitica;
- camp. PMO5: campione archeologico n. 22, Intermodale Lotto 6, Plinto 18 N-E, US 507
base; area dei manufatti mesolitici;
- camp. PMO6: campione archeologico n. 23, Intermodale Lotto 6, Plinto 16, US 507
tetto; area dei manufatti mesolitici;
- camp. PMO7: US 507, sotto trave (Assicella di legno trovata al tetto dell’US 50717),
Plinto 9 N-E, sedimento di età mesolitica;
17
- camp. PMO8: US 456, struttura 43, buca mesolitica con all’interno un manufatto (Prologis Lotto 7);
- camp. PMO9: campione archeologico n. 37 - Plinto 8 S-E, US 559, riempimento della
probabile struttura (taglio 560), argilla con limo di colore bruno-scuro (Intermodale Lotto 6);
- camp. PMO10: campione archeologico n. 29 - Plinto 8 S-E, struttura 1, US 557,
riempimento della probabile struttura (taglio 539) colluviato dalle pareti. All’interno è stata rinvenuta una limitata quantità di concotto, limo di color bruno-rossiccio (Intermodale Lotto 6);
- camp. PMO11: US 133, struttura 6, età mesolitica (Intermodale Lotto 6);
- camp. PMO12: US 112, struttura 6, età mesolitica (Intermodale Lotto 6);
- camp. PMO13: campione archeologico n. 36 - Plinto 7 S-E, US 563, riempimento della
probabile struttura (taglio 564), argilla verde giallastra (Intermodale Lotto 6);
- camp. PMO14: US 427, struttura 33 a, superficie di frequentazione di età neolitica, fase
VBQ (Prologis Lotto 7);
- camp. PMO15: US 433, struttura 33, superficie di frequentazione di età neolitica VBQ
(Intermodale Lotto 6);
- camp. PMO16: US 421, struttura 34, depressione forse naturale, di età neolitica, fase
VBQ (Prologis Lotto 7);
Fig. 35 - Sezione con il vertisuolo neolitico (US 463), con al di sotto una struttura.
- camp. PMO17: US 463, piazzale S-W, vertisuolo18 neolitico (Prologis Lotto 7).
I campioni pollinici sono stati
prelevati all’interno delle seguenti
“strutture”19:
• Struttura 6 (Mesolitico):
grande buca di forma circolare regolare, con diamentro di 220 cm, profonda 90 cm, costituita dalle US 112 (camp. PMO12), US 130, US 133 (camp. PMO11) e US 142; la struttura taglia la base dell’US 507.
• Struttura 43 (Mesolitico) nel
sito Intermodale Lotto 6: grande buca a pianta sub-ellissoidale, con diametro di
190 cm, profonda 45 cm, costituita dalle US 455 e US 457, taglia l’US 507. Il primo riempimento (US 455) risulta di formazione naturale, costituito da limo sabbioso bruno verdastro, mentre il secondo sembra essere di origine antropica (US 456, camp. PMO8) ed è formato da matrice argillo- limosa grigio bruna scura, con rari frustoli carboniosi, concotto e un manufatto in selce.
• Strutture mesolitiche nel sito Intermodale Lotto 6: taglio US 558 e US 560, tagliano le
US 551 e US 507 riempite da US 559, simile al suolo di US 507, di colore molto scuro e US 557 di colore bruno-rossiccio-scuro contenente carbone e concotto.
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Vertisuolo, detto anche “suolo antico”, è un corpo pedologico anche di notevole spessore, al di sotto di superficie topografiche esposte ad agenti meteorici e quindi ancora attivi; questi suoli hanno subito un lungo periodo di processi pedogenetici (Cremaschi, 2000).
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GUARISCO,MAFFI, Relazione di scavo
Fig. 36 - Struttura 6, grande buca di forma circolare regolare costituita dalle unità stratigrafiche 112 (campione PMO 12),
130, 133 (campione PMO 11) e 142.
Fig. 37 - Strutture mesolitiche riempite dalle
UUSS 559 e 557; Piacenza Intermodale Lotto 6, Plinto 8, Settore
• Struttura 33 (Neolitico) nel sito Prologis Lotto 7: grande fossa bilobata, di dimensioni 400 cm x 440 cm, profonda 40 cm, caratterizzata da due riempimenti di cui il primo è stato interpretato come un deposito antropico a matrice argilloso-limosa di colore grigio-nerastro, contenente frammenti ceramici, manufatti in selce, pietre, ossa (US 425) e un secondo a matrice argilloso-limosa compatta di colore bruno scuro, contenente carbone, ossa, un frammento di cranio umano, frammenti ceramici, manufatti litici, concotto, una testa di venerina e un frammento di fusaiola; dai materiali archeologici è possibile datare la struttura alla prima fase della Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata. E’ costituita dalle US 425 e US 433 (camp. PMO15) ed è tagliata dalle strutture più piccole 33 a (camp. PMO14), b, c, d. Il primo riempimento della struttura è stato considerato un residuo del suolo neolitico, disturbato dall’aratura moderna, come per le limitrofe strutture 34 e 35. La buca di forma ellissoidale in pianta, di dimensioni 160 cm x 140 cm, profonda 40 cm, è caratterizzata da pareti verticali e fondo concavo. Il riempimento, che pare abbia origine antropica, è caratterizzato da una matrice argilloso-limosa di colore grigio scuro e contiene carboni minuti, frammenti di concotto, frammenti ceramici, ossa, pietre, manufatti in selce.
• Struttura 34 (Neolitico): di forma sub-circolare in pianta, di dimensioni 130 cm x 130
cm, profonda 20 cm, non presenta un taglio netto ma un graduale passaggio del limite inferiore tra US 421 e US 4. E’ costituita da un deposito antropico argilloso-sabbioso compatto di colore bruno scuro contenente rari frustoli di carbone, frammenti di concotto e ceramici, e 3 manufatti in selce (US 421, camp. PMO16). Coperto dall’aratura (US 3) riempie l’interfaccia US 422. Per questa
Fig. 38 - Struttura 33, prima fase della Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata (Neolitico), grande fossa bilobata, tagliata dalle strutture più piccole 33 a, b, c, d.
caratteristica è probabile una formazione naturale della struttura. Grazie al materiale archeologico rinvenuto nel deposito S33, la struttura può essere datata alla prima fase della Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata (Neolitico medio iniziale).
Il campionamento palinologico si è concentrato in particolare in due siti ritenuti più importanti e significativi ai fini della ricostruzione dell’ambiente vegetale: Intermodale Lotto 6 e Prologis Lotto 7.
Le datazioni al radiocarbonio (C14), effettuate dal Poznan Radiocarbon Laboratory di Poznan
nel 2005, sul suolo denominato “suolo palustre superiore” corrispondente all’US 507 datano lo strato al 8.570 BC - 8.290 BC (= US 507, Plinto 19 s), mentre “l’area selci” sembra risalire al 7.460
BC - 7.080 BC. (= US 507, “area selci”). E’ stata sottoposta a datazione al radiocarbonio (C14)
anche una decina di ossa umane provenienti da due fasi della necropoli neolitica riferibile cronologicamente alla cultura dei “Vasi a Bocca Quadrata”. La prima fase corrisponde a 4.730 - 4.490 BC (Osso umano, Tomba 24 = VBQ I), mentre la seconda fase corrisponde a 4.500 – 4.320 BC (Osso umano, Tomba 5 = VBQ II), 4.450 – 4.220 BC (Osso umano, Tomba 12).
Di seguito si ripotano le datazioni al radiocarbonio ottenute su campioni mesolitici ed eneolitici.
Suolo mesolitico US 507 – 19s carbone 9.220±50 BP 8.560-8.300 cal BC Prob. 95,4% Suolo mesolitico US 507 Locus 7 carbone 8.250±50 BP 7.460-7.130 cal BC Prob. 95,4% Necropoli VBQ Tomba 24 Osso umano 5.900±45 BP 4.730 - 4.490 cal BC Prob. 95,4% Necropoli VBQ Tomba 5 Osso umano 5.419±55 BP 4.500 – 4.320 cal BC Prob. 95,4%