• Non ci sono risultati.

Contesti e conservazione dei resti carpologic

20 I VERSEN , 1941 21 W ADDINGTON ,

1.4.2 Contesti e conservazione dei resti carpologic

In questi anni, i tipi di approccio seguiti dai ricercatori sono stati essenzialmente riconducibili a due scuole principali:

a) la Scuola Europea, nella quale l’attenzione è stata rivolta soprattutto alla descrizione, all’identificazione, alla classificazione dei reperti, con taglio botanico-naturalistico e una particolare attenzione rivolta alle piante coltivate e, più in generale, utili all’uomo;

b) la Scuola Americana, nella quale maggior rilievo ha avuto la problematica paletnologica (gr.

éthnos = popolo) che, nel lavoro di ricerca, attribuisce un ruolo sostanziale agli aspetti

comportamentali e culturali che entrano in gioco nel rapporto tra uomo e piante.

Nell’ultimo decennio, la diversità di approccio è divenuta meno marcata e le tematiche affrontate si completano e si integrano in un intreccio dinamico tra quelle più centrate sull’ambiente (ambientali in senso lato = descrizione floristico-vegetazionale, ricostruzione del paesaggio vegetale, mutamenti ambientali, impatto antropico) e quelle più centrate sull’uomo (antropiche in senso lato = sfruttamento delle risorse vegetali disponibili in natura, cura antropica o messa a coltura di piante utili, introduzione di specie esotiche).

I semi e i frutti hanno dei caratteri specifici che permettono di risalire alla pianta madre con risultati più specifici di quelli dei pollini.

I reperti archeocarpologici dipendono dalle trasformazioni sopraggiunte dopo l’abbandono, dal modo in cui si è originato e dai processi di subfossilizzazione che permettono ai resti di sopravvivere fino a noi. Durante la deposizione i semi ed i frutti possono essere trasportati ed inclusi nel substrato e quindi arrivano al deposito in due modi:

• Naturale: per azione dell’acqua, vento o animali;

• Antropico: dipendente dall’attività umana di tipo casuale o naturale.

Una volta nel substrato, i reperti vengono inclusi nella matrice, secondo modalità che determinano la loro conservazione. L’inclusione può essere:

• Naturale se il reperto è inglobato nella matrice organica o minerale del suolo;

• Artificiale, se avviene attraverso vettori antropici come stoccaggio in recipienti, riempimento di latrine o accumulo in silos o pozzi.

Variazioni si possono verificare anche in funzione delle modalità in base alle quali i reperti si ritrovano all’interno della stessa matrice in cui sono inglobati. I fattori costitutivi che influenzano le modalità di deposizione e che sono legati alla tipologia del substrato e alle variabili esterne dipendono da aspetti naturali quali distribuzione, diffusione ed ecologia della specie, produttività annuale di frutti e semi, vari tipi di dispersione, fenomeni esterni, ecc. e di aspetti antropici quali la raccolta preferenziale di

certe specie, lo stoccaggio di alimenti, la preparazione del cibo, l’eliminazione dei rifiuti, gli accumuli legati ad attività di culto, ecc.

La formazione e la composizione di un deposito carpologico dipendono dalle modalità secondo le quali i reperti vengono a trovarsi uniti nelle diverse facies.

Si definisce assemblaggio carpologico l’insieme di frutti e semi che entrano a far parte del substrato di deposito. Due sono i tipi di cenosi più diffusi30:

• Paleobiocenosi, naturale, formato dai semi e frutti prodotti dalle piante di una determinata area, che rappresentano l’immagine carpologica della vegetazione in prossimità del punto di campionamento nel momento in cui si è formato il deposito;

• Tanatocenosi, sia naturale che antropica, presente in aree aperte o chiuse, attraverso materiali vegetazionali depositati dopo la loro morte, come risultato dell’attività umana; riflettono e testimoniano l’attività o la frequentazione dell’area da parte dell’uomo.

L’assemblaggio può formarsi attraverso il concorso di più eventi e la sua tipologia è spesso mista, soprattutto quando si tratta di depositi all’aperto.

I fattori costitutivi, in parte correlati e dipendenti l’uno dall’altro, sono alla base di queste modalità, alcuni intrinseci e altri esterni alle piante. Tra i fattori intrinseci alle piante di origine, cioè basati su caratteri morfologici ed eco-fisiologici propri di ogni specie, si annovera la distribuzione e la diffusione della specie, la sua ecologia, la produttività annuale di frutti e di semi, la loro modalità di dispersione nell'ambiente, che può avvenire tramite vento, acqua, animali oppure per dispersione autonoma. Tale dispersione dipende dai caratteri dei semi e frutti (peso, forma, dimensioni, presenza di appendici o peli) e dall'ambiente in cui si è sviluppata la pianta madre (campi, prati, cortili, canali, stagni, boschi., ecc.). Tra i fattori esterni si ricordano eventi quali il ruscellamento, le esondazioni, le frane, le tempeste, ecc. In condizioni naturali, i frutti e i semi divengono parte integrante del deposito in quantità più o meno abbondante a seconda delle condizioni ambientali, mentre in quelle antropiche sono legate alla presenza dell’uomo e alle sue attività nel sito studiato, tra cui la raccolta preferenziale di determinate specie rispetto ad altre (a frutto edule o con utilizzi diversi), lo stoccaggio di derrate alimentari vegetali (magazzini, silos), la preparazione del cibo ed eliminazione dei rifiuti (spazzatura, residui di pasto), gli accumuli legati ad attività cultuali (sepolture, offerte votive). In queste condizioni, i frutti e i semi divengono parte integrante del substrato in quantità più o meno abbondante a seconda delle scelte operate dall’uomo.

In genere i reperti carpologici vengono ritrovati carbonizzati, ma dato che difficilmente un vegetale può aver subito un’insieme di processi quali variazione di temperatura e di pressione in tempi in genere molto brevi tali da portarlo ad una carbonizzazione naturale, si deduce che la maggior parte di questi è venuta a contatto con una fonte di calore.

30 W

L’analisi e il riconoscimento dei campioni paleocarpologici è ormai un momento significativo in uno scavo archeologico e i contesti più frequenti sono:

- canalette, canali, fossati, pozzi, aree umide sottoposte a bonifica: sono i più similari a

paleobiocenosi, in quanto includono resti della vegetazione naturale e semi-naturale presente nell’area, ma a volte presentano situazioni miste in quanto sottoposti ad interventi antropici;

- superfici abitative al chiuso: difficilmente soggetti all’apporto naturale della pioggia dei

semi, solitamente si possono trovare resti di giacigli e lettiere; avanzi di pasto e resti di processi produttivi; tra queste fanno parte anche le aie e i cortili;

- case, magazzini, silos: sono prevalentemente delle tanatocenosi, infatti per quanto riguarda magazzini e silos, i frutti eduli sono stati stoccati in strutture definite, all’interno di contenitori appositi. I reperti sono per lo più mummificati o carbonizzati, uniti a questi luoghi si contemplano anche aree utilizzate per la battitura dei cereali, prossimi all’abitazione;

- forni e focolari: contengono elementi carbonizzati, volutamente o accidentalmente;

- spazzature: si tratta generalmente piccole buche, pozzi o fosse ma anche materiale in disuso come dolii, vasche, ecc., dove si trovano scarti da mensa o di processi di trasformazione delle piante, spazzatura delle abitazioni, residui della pulizia dei focolari, dei cortili, degli orti e dei giardini. Il materiale è spesso carbonizzato e in buono stato grazie alle condizioni anaerobiche del sedimento;

- fogne, latrine: sono ricche di frutti e semi di minute dimensioni, collegate all’eliminazione delle feci e allo scarto da parte dell’uomo;

- necropoli: possono restituire semi e frutti usati come offerte votive o usati usati durante i roghi funebri;

- mattoni, vasi (con impronte), intonaci: si tratta di una tipologia di deposito totalmente differente dai precedenti, limitata nei volumi e nel tempo di costruzione; restano tracce di semi, frutti e altre porzioni vegetali quando durante la produzione/costruzione vengono a contatto in maniera casuale o volontaria lasciando così le proprie impronte su mattoni e intonaci.

La conservazione può avvenire tramite carbonizzazione (esposizione ad alte temperature, in modo lento e con sviluppo moderato di fiamma e in ambiente riducente, permettendo così di convertire le componenti organiche delle piante in carbone), sommersione (in ambienti umidi in condizioni anaerobiche, mummificazione o disseccamento (in assenza di processi di decomposizione batterica o fungina e in situazioni ambientali di secco estremo) e mineralizzazione (sostituzione/impregnazione della parete cellulare con sali minerali comuni come carbonato di calcio o silicati).