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ZONA VEGETAZIONALE 6 (ZVMO 6)

ZONA POLLINICA 6 (ZPMO6) = Campp. pollinici PMO14 (struttura 33 A, US 427), PMO15 (struttura 33, US 433), PMO16 (struttura 34, US 421)

Cronologia su base pollinica: seconda metà dell’Atlantico

Cronologia su radiocarbonio: 4.730-4.490 B.C. = VBQ I; 4.500-4.320 B.C. = VBQ II

Dominanza delle specie erbacee sulle arboree dovuta al disboscamento attuato dall’uomo. Conifere in continua regressione. In netto aumento gli Indicatori Antropici Totali e in particolare i cereali e le specie antropiche spontanee. Diminuzione delle piante a frutti eduli. Minor presenza di piante di ambiente umido. Clima temperato/caldo e umido.

L’ambiente che circonda l’insediamento neolitico di Le Mose sembra essere discretamente antropizzato con presenza di estesi prati e zone coltivate a cereali, mentre le specie arboree rimangono sullo sfondo del paesaggio. La bassa percentuale delle Legnose (A+ar+L: media 19 taxa; min. 16,3% - max. 17,9 - media 17%) è probabilmente causata dal disboscamento attuato dall’uomo neolitico che viene ad insediarsi in questa zona, creando ampie aree aperte da destinare all’abitato e a pascoli da sfruttare per la pastorizia.

Le Conifere (Cf: media 4 taxa; min. 3,8% - max. 5% - media 4,4%) sono in sottordine in quanto la loro presenza è da attribuire a zone di rifugio collinari e montane dell’Appennino. Permangono Pino indiff., Pino silvestre, Pino mugo, Pino cembro e Abete bianco.

Il Querceto misto (Q: media 9 taxa; min. 7,8% - max. 10,3% - media 9,3%) costituisce un’ampia parte della copertura arborea, rappresentato da Quercus caducifoglie indifferenziate, Quercus robur,

Quercus pubescens, Quercus petraea, Quercus cerris, Carpinus betulus, Ostrya carpinifolia-

Carpinus orientalis, Fraxinus, Tilia, Ulmus e Corylus avellana. Gli arbusti sono in netta diminuzione rispetto alle fasi precedenti. Tra le Lianose è confermata la presenza di Humulus

lupulus. Aumenta la percentuale di Castanea (min. 0,9% - max 1,6%) che sta iniziando la sua

diffusione sui rilievi collinari28. Tra le Latifoglie decidue (LD: media 14 taxa ; min. 10,9% - max.

13,8% - media 12,3%) sono nettamente diminuite le Igrofite arboree (I: media 2 taxa; da media 3,4% nella Fase V, a media 1,1% della fase in questione; min. 0,9% - max. 1,3%) anch’esse probabilmente intaccate dal disboscamento.

Complessivamente il valore riferito alle piante di ambiente umido (I+igro+idro+elo: media 7 taxa; min. 3,4% - max. 6% - media 5%) subisce una diminuzione anche per quel che riguarda la percentuale di piante erbacee; tra questa si segnala la presenza di igrofite erbacee (igro: media 3 taxa; min. 1,3% - max. 3,9% - media 2,7%) con Cyperaceae, Cirsium palustre, Althaea officinalis, ma la diminuzione riguarda principalmente le idrofite e le elofite che necessitano di acqua costante per tutto l’anno, testimoniando, quindi, la diminuzione delle zone acquitrinose con acque ferme. Il

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rilevante tasso di umidità è confermato anche dalla letteratura specifica in tema29, si potrebbe, quindi, ipotizzare che la bassa percentuale rilevata in questa fase sia dovuta ad una eventuale bonifica di una parte delle zone acquitrinose che attorniavano i dossi ghiaiosi su cui si era insediato l’uomo neolitico. Nonostante ciò, la rilevante percentuale delle spore di Pteridofite (P: 3 taxa; min. 28,6% - max. 34,6% - media 31,1%), in gran parte Filicales monolete, e le percentuali di

Concentrycistes (min. 13% - max. 22% - media 18,3%), documentano un ambiente umido interessato da apporti fluviali provenienti forse dalla vicina zona montuosa. L’alta percentuale di

Pteridophyta potrebbe spiegare la bassa concentrazione di piante igrofite e idro/elofite in quanto, quando le felci si espandono, possono arrivare anche a soppiantare altri tipi di piante e vivere in popolazioni quasi pure. Altra ipotesi che potrebbe giustificare l’elevata presenza delle Pteridophyta potrebbe essere collegata ad un loro utilizzo all’interno dell’abitato.

Le specie erbacee in questa fase sono predominanti nella costituzione della copertura vegetale (E: media 36 taxa; min. 82,1% - max. 83,8% - media 83%); non va dimenticato che durante la fase culturale dei Vasi a Bocca Quadrata era largamente diffuso l’allevamento e la pastorizia, seguiti da

caccia e raccolta, ed, infine, agricoltura30. Particolarmente elevata è la presenza delle specie tipiche

dei prati e dei pascoli (pp: media 5 taxa; min. 46,7% - max. 53,2 – media 49%), con Cicorioidee (min. 16,8% - max. 25,6%), Asteroidee (min. 10,9% - max. 13,5%), Graminacee spontanee (min. 12,6% - max. 14,7%), varie Labiate tra cui menta e Leguminose con il trifoglio, ononide e veccia.

La presenza dell’uomo è documentata principalmente da un’alta concentrazione di Indicatori Antropici Totali (cc+As: media 16 taxa; min. 20,5% - max. 25% - media 22,5%), in particolare di specie antropiche spontanee e, in sottordine, dalle specie erbacee Coltivate/coltivabili, rappresentate principalmente da Cerealia (ce: media 1 taxa; min. 1,5% - max 4,1% riferito alla struttura 33 – media 2,7%) appartenenti al gruppo dell’Avena/Triticum e al gruppo dell’Hordeum. Si segnala la presenza di Cannabis sativa che raggiunge una notevole percentuale (min. 1,2% - max. 1,9%), anche se la sua coltivazione e il suo utilizzo come pianta tessile nel Neolitico è tuttora oggetto di discussione.

In questa fase si insedia l’uomo neolitico che inizia a modificare l’ambiente abbattendo il bosco per creare pascoli e coltivazioni e per ricavare materiale da costruzione oltre che legname da ardere. Le specie appartenenti a questo gruppo si riferiscono a piante coltivate o a piante naturali caratteristiche di ambienti creati dall’uomo o collegati ad esso, quali insediamenti rurali, luoghi di calpestio e terreni azotati. In questa categoria (As: media 14 taxa; min. 16,7% - max. 19,2% - media 18,3%) sono state individuate specie erbacee ruderali/nitrofile quali Chenopodiacee con farinello e ortiche, piante indicatrici di calpestio come piantaggini, poligoni e romice acetosa e piante infestanti.

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ACCORSI, et alii, 1996

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Rilevanti in tutti i campioni sono gli indicatori di incolto con Cichorioideae, Asterioideae che arrivano ad elevati valori, Anthemis arvensis, Artemisia, Aster, Carduus, Cichorium intybus e

Lactuca sativa. Questo quadro vegetazionale potrebbe attestare la presenza di coltivazioni e, in particolare, la rilevante concentrazione di Centaurea nigra, considerato un infestante dei cereali coltivati, potrebbe essersi accumulato casualmente insieme ai cereali durante la fase di raccolta e il successivo trasporto nell’insediamento. Anche la curva dei microcarboni con valori notevoli sia dal punto di vista regionale, sia locale, dimostra un certo grado di antropizzazione e di frequentazione umana nell’area indagata. Mentre la curva regionale presenta valori similari (media regionale: 0,341 mm²/g), la curva locale è caratterizzata da discrepanze (locale: 0,004 – 0,085 – 0,274 mm²/g) dovute ipoteticamente ad una maggior o minor distanza dal focolare, o accumulo di frustoli carboniosi all’interno della struttura. E’ evidente, considerato il quadro climatico caratterizzato da un discreto tasso di umidità che emerge dagli spettri pollinici, che l’impiego del fattore ecologico del fuoco nelle immediate vicinanze del sito, è da imputarsi alle attività domestiche e di disboscamento, il cui intento doveva essere quello di liberare aree per il pascolo e in parte per l’agricoltura. Le piante spontanee produttrici di frutti eduli (Fe: media 6 taxa; min. 5% - max. 8,4% - media 7,2%) subiscono una progressiva diminuzione per lasciare il posto alle specie Coltivate/coltivabili, ma continuano a rivestire un importante ruolo all’interno della dieta alimentare con nocciole, ghiande, castagne e more di gelso.

L’indice di Ricchezza Floristica (IRF: min. 37% - max. 41,8% - media 40%) testimonia che in questa fase la varietà di specie doveva essere rilevante e, in particolare, sembra essere dominata essenzialmente dalle specie erbacee (40 taxa in PMO16) a differenza delle legnose che si presentano, in questo momento, con la varietà floristica più bassa dell’intera serie (20 taxa in PMO14 e PMO15).

Questi dati indicano un parziale cambiamento di destinazione dell’area e delle attività dell’uomo ad essa connessa, attestato anche dal forte incremento delle specie antropiche, soprattutto della componente delle piante antropiche spontanee. La presenza, costante, ma non elevata di cereali, porta ad ipotizzare che i campi fossero abbastanza vicini dall’insediamento.

Si nota in questa fase un netto miglioramento delle temperature e del clima corrispondente all’Optimum climatico (4.000 – 2.500 B.C.) che inizia a metà dell’Atlantico (5.500 - 2.500 B.C.),

risultato confermato anche dalla letteratura specifica in tema31.

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FASE VII - Abbandono

ZONA VEGETAZIONALE 7 (ZVMO7)

ZONA POLLINICA 7 (ZPMO7) = Camp. pollinico PMO17 (vertisuolo neolitico US 463) Cronologia su base pollinica: seconda metà dell’Atlantico

Cronologia su base archeologica: Neolitico, Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata (I: 4.730-4.490 B.C.; II: 4.500-4.320 B.C.)

Notevole ripresa delle Latifoglie Decidue, in particolare del Querceto misto, anche se gli spazi aperti caratterizzati da prato e pascolo continuano a dominare. Incremento delle Conifere, in particolare dell’Abete bianco. Netta diminuzione degli Indicatori Antropici Totali. Ritorno del Nocciolo. Aumento delle piante legate agli ambienti umidi. Livelli elevati nella curva locale dei microcarboni che presuppongono un incendio. Fase di abbandono. Clima fresco/temperato e umido.

In questa fase prevale ancora la componente erbacea e, in particolare, le specie tipiche dei prati/pascoli, ma aumenta nettamente la componente dei boschi di Latifoglie decidue, mentre le Conifere sono sempre più sullo sfondo del paesaggio vegetale, ormai ritirate nelle zone collinari e montane.

Fra le Legnose (A+ar+L: 24 taxa; 34,1%) si segnalano principalmente Latifoglie Decidue (LD: 18 taxa; 22,1%), rappresentate dalle specie tipiche del Querceto misto (Q: 12 taxa; 15,4%) con Quercia cadicifoglie, Roverella, Farnia, Rovere, Cerro, Carpino comune, Carpino orientale/nero, Frassino, Tiglio nostrano, Tiglio selvatico, Olmo. Contribuiscono alla formazione del bosco alcuni arbusti, fra cui il Nocciolo presente con il 3,9%, valore percentuale basso ma che denuncia una certa ripresa rispetto alla fase precedente.

Concorrono ad aumentare il tasso delle Legnose, anche le Conifere (Cf: 5 taxa; 11,8%) con

Pinus indiff., Pinus sylvestris, Pinus mugo, Pinus cembra e in particolare Abies alba che passa da un max di 2,2% nella Fase VI ad un 4,5% nella fase in questione. Questo fenomeno potrebbe indicare un momento di peggioramento climatico caratterizzato da un raffreddamento delle temperature. Va comunque sottolineato che sulla fascia montana degli Appennini, proprio nella seconda parte del

Atlantico, avviene una forte diffusione di Abies alba, confermata dalla bibliografia in tema32. Anche

l’aumento di Betula (da 0,3% nella Fase VI, a 1,5% nella Fase VII) sembra testimoniare una sua maggior diffusione o un abbassamento dei suoi limiti altimetrici, che potrebbe confermare ulteriormente una fase di raffreddamento climatico.

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Infine, avviene un incremento anche delle Igrofite arboree (I: 4 taxa; 4,8%) con Salix e soprattutto Alnus. Complessivamente, aumenta la componente vegetale legata all’ambiente umido anche dal punto di vista erbaceo, a dimostrare l’aumento di umidità rispetto alla fase precedente più secca (max. 3,4%). Anche l’alta percentuale di Pteridofita (P: 34,5%), in particolare di Filicales monolete, concorre ad indicare un alto tasso di umidità corrispondente. Elevati risultano anche i valori di Concentricystes (35,2%) che porterebbero ad ipotizzare ad un apporto fluviale nella zona circostante i dossi ghiaiosi, causato anche dal peggioramento climatico verso una fase a clima fresco e umido.

Le Erbacee mantengono elevati valori e una diversificata varietà floristica (E: 36 taxa; 65,9%) anche in questa fase e sono rappresentate principalmente da specie tipiche di formazione prativa (pp: 6 taxa; 41,7%), come Cichorioideae (18,1%), numerose Asteroideae (11,5%), diverse Gramineae spontanee, Lotus, Ononis e Leguminosae.

Tra gli Indicatori Antropici Totali, le specie Coltivate/coltivabili subiscono una drastica riduzione (cc+As: 14 taxa; 9,7%); non sono stati rinvenuti granuli pollinici riferibili a Cerealia del gruppo dell’Avena-Triticum, mentre è presente un minimo quantitativo di polline riferibile al gruppo dell’Hordeum.

Anche le specie antropiche spontanee (As: 12 taxa; 8,2%) hanno valori percentuali minori rispetto alla fase precedente: sono comunque presenti, piante ruderali/nitrofile quali Chenopodium,

Urtica dioica, numerose specie indicatrici di incolto, quali Artemisia, Aster, Centaurea nigra,

Carduus, Cichorium intybus, Lactuca sativa, Convolvolus arvensis, e specie indicatrici di calpestio tra cui diverse Plantaginaceae e Rumex acetosa.

Le piante produttrici di frutti eduli (Fe: 7 taxa; 10,6%) sono presenti in quantità maggiori rispetto alla fase precedente, probabilmente per il nuovo incremento del Nocciolo.

La ricchezza floristica di questa fase raggiunge valori ragguardevoli (45,6%) e va a delineare un paesaggio vegetazionale variamente composto sia da diversificate specie legnose (26 taxa) che erbacee (36 taxa).

I risultati di questa fase sembrano allontanarsi dalla precedente fase neolitica. L’incremento delle Latifoglie Decidue, l’aumento delle Conifere e delle specie legate agli ambienti umidi sembrano testimoniare un clima caratterizzato da precipitazioni piovose e da episodi di apporto fluviale che rendono l’ambiente più umido; questo quadro può corrisponde alla seconda parte dell’Atlantico. Considerando la diminuzione degli Indicatori Antropici Totali, la contrazione delle erbacee che nelle fasi precedenti costituivano ampi prati e pascoli, il ritorno del bosco di Latifoglie Decidue che comincia a colonizzare gli spazi aperti, si potrebbe ipotizzare un momento di abbandono del sito dopo la frequentazione neolitica. Un’ulteriore conferma di questa ipotesi, può essere confermata dal

nuovo incremento del Nocciolo, pianta arbustiva pioniera che si espande velocemente in zone di abbandono. Tutto ciò dimostra una mancanza di cura nei confronti dell’area abitativa lasciata ormai alla vegetazione naturale. Inoltre la curva dei microcarboni presenta valori più elevati rispetto alla fase precedente anche a livello locale (regionale: 0,745 mm²/g; locale: 0,102 mm²/g), ipotizzando un momento di incedio che potrebbe aver determinato l’abbandono, seguito dalla ripresa del bosco.