ZONA VEGETAZIONALE 4 (ZVCA4)
ZONA POLLINICA 4 (ZPCA4) = Campp. pollinici PCA24, PCA25 (suolo neolitico, US 964) Cronologia su base pollinica: seconda metà dell’Atlantico
Cronologia su base archeologica: Neolitico antico, fase finale della cultura di Fiorano
Dominanza delle specie erbacee sulle arboree, dovuta al probabile disboscamento attuato dell’uomo. Conifere in netta regressione, mentre continua l’incremento del Querceto misto. In netto aumento gli Indicatori Antropici riferiti alle piante antropiche spontanee, e in particolare, alle piante erbacee coltivate come cereali e legumi. Persiste la presenza delle piante a frutti eduli. Mentre le piante igrofite arboree ed erbacee rimangono costanti, aumentano le elofite che segnalano l’espansione di acque stagnanti come piccole paludi o acquitrini. Il clima è temperato/caldo e umido, corrispondente all’optimum climatico dell’Atlantico.
In questa fase di registrano numerosi cambiamenti nel quadro vegetazionale avvenuti probabilmente sia per mutamenti climatici, sia per il maggior impatto antropico causato dall’avvento delle attività delle popolazioni neolitiche.
In particolare si nota una netta diffusione delle specie erbacee che predominano sulla copertura forestale. Il continuo miglioramento climatico si può osservare grazie all’ulteriore aumento delle Latifoglie decidue (LD: 18 taxa; 27,2%) e in particolare del Querceto misto (Q: 13 taxa; 21,4) che doveva circondare il sito, presentando la medesima formazione delle fasi precedenti. Aumenta
notevolmente nella Pianura Padana grazie alla maggior disponibilità di acqua, forse freatica8. L’espansione del Querceto ha ormai relegato le Conifere (Cf: 7 taxa; 4,1%) in zone montane.
Mentre le Igrofite arboree (I: 4 taxa; 5,2%) rimangono costanti attestando la presenza di corsi d’acqua, aumentano le piante erbacee collegate all’ambiente umido (igro+idro+elo: 9 taxa; 9,6%), in particolare le elofite (elo: da 2,3%, valore medio nella ZPCA3, a 5,8%), piante acquatiche ancorate sul fondo che necessitano della presenza d’acqua costante in acquitrini e piccole paludi. Tra queste sono state individuate Butomus, Typha latifolia, Sparganium erectum, Sparganium emersum e soprattutto Phragmites australis. Questo dato porta ad ipotizzare un aumento del tasso d’umidità, della piovosità o anche la presenza di primitive canalette o fossati creati dall’uomo per le coltivazioni. Le zone paludose si possono creare anche nel momento in cui si ritira l’acqua portata dai fenomeni alluvionali dei vicini corsi d’acqua, intensificati dall’aumento della piovosità. Proprio questi fenomeni possono essere testimoniati dall’innalzamento delle Concentricistes (13,1% nel camp PCA24), ovvero spore che testimoniano apporti fluviali.
Predominanti risultano essere le erbacee, interessate non solo da un aumento di percentuale ma anche da una maggior varietà floristica, la più alta di tutta la serie (E: 48 taxa; 68,4%). Tra queste spiccano le specie tipiche del prato e pascolo come cicorioidee, tra cui tarassaco, e asteroidee, graminacee spontanee, varie leguminose selvatiche e labiate tipiche del pascolo e adatte all’alimentazione al bestiame. I reperti faunistici rinvenuti in questa unità stratigrafica dimostrano che le ossa appartenevano per la maggior parte ad animali domestici con prevalenza di caprovini,
seguiti da bovini e suini9.
E’ ipotizzabile, considerato il quadro climatico caratterizzato da un discreto tasso di umidità che emerge dagli spettri pollinici, che l’impiego del fattore ecologico del fuoco nelle immediate vicinanze del sito è da imputarsi all’attività umana di disboscamento, il cui intento doveva essere quello di liberare aree per il pascolo e in parte per l’agricoltura. Dall’analisi effettuata sui microcarboni nel sito di Casalecchio, si è potuto osservare che la curva raggiunge il suo massimo proprio in questa fase neolitica (regionale: 0,133 mm²/g; locale: 0,021 mm²/g), anche se si mantiene sempre su valori bassi.
L’indice riferito agli indicatori antropici totali (cc+As: 18 taxa; 16,2%), in questa fase acquisisce maggior significato; la percentuale risulta essere la più elevata della serie di Casalecchio (As: 14 taxa; 11,3%). In particolare si verifica l’aumento di Urtica, di Plataginaceae e di
Ranunculus bulbosus, e la comparsa di Verbena e di Ornithogalum umbellatum. Le piante coltivate/coltivabili erbacee (cc: 4 taxa; 4,9%) sono presenti in discrete quantità, costituite in netta maggioranza da cereali (ce: 2 taxa; 4,3%). A livello morfo-biometrico sono stati individuati granuli
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ACCORSI,et alii, 1999; BARDELLA,et alii, 1980
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pollinici riferibili all’Hordeum gruppo e all’Avena/Triticum gruppo coltivati in campi adiacenti al sito, informazione presupposta grazie alla loro rilevante percentuale; inoltre si tratta di pollini di una certa pesantezza che non gli permetterebbe di percorrere lunghe distanze. Testimonianza indiretta delle coltivazione dei cereali, proprio un loro infestante, ovvero il Papaver rhoeas interessato da un discreto aumento in questa fase. Tra le piante coltivate, di notevole importanza è il rinvenimento di
Vicia faba (leg: 1 taxa; 0,3%), legume coltivato fin dal Neolitico antico10; si tratta di un singolo granulo pollinico appartenente ad una pianta poco pollinifera, che quindi va ad attestare con certezza la sua presenza all’interno del sito. Infine, si segnala la presenza esigua da Cannabis sativa (0,3%), la quale coltivazione e utilizzo come pianta tessile o come seme oleoso, non è ancora stata accertata per quanto concerne il Neolitico. Visto il suo rinvenimento, sempre in quantità trascurabile (0,3%) anche nel campione PCA5 della fase III appartenente al Mesolitico, si presuppone la sua presenza più come pianta sinantropica legata agli ambienti frequentati dall’uomo. Continuano a fornire un ottimo incremento nella dieta umana, i frutti eduli raccolti da piante selvatiche in particolare legnose (Fe: 6 taxa; 11,3%), quali Nocciolo, Querce, e Pruno sp. che compare in questa fase. Nonostante sia una pianta entomofila, la bassa percentuale (0,6%) con cui è stato rilevato, non è sufficiente per dimostrarne l’utilizzo (presupposto per i siti del Neolitico antico della Linearbandkeramik = LBK) come siepe per recintare i campi, tagliando il bosco alla spalle e mantenendo questa prima cintura di margine di radura: potando, piegando rami e ripiantando, si otteneva una recinzione che proteggeva i campi dagli animali selvatici e domestici e forniva frutta spontanea, rami da intreccio e legna da ardere. Rimane valida comunque la sua caratteristica di
pianta di radura e margine boschivo testimoniando un’opera di riduzione della foresta11.
Dall’analisi effettuata sui microcarboni nel sito di Casalecchio si è potuto osservare che la curva raggiunge il suo massimo proprio in questa fase neolitica (regionale: 0,152 mm²/g; locale: 0,024 mm²/g), anche se si mantiene sempre su valori bassi.
La diminuzione del Tiglio dimostra che è terminato il suo picco corrispondente alla prima metà
dell’Atlantico12; inoltre il discreto aumento dell’Olmo e della Farnia, dimostra non solo l’aumento
del tasso di umidità13, ma anche una fase avanzata dell’Atlantico, probabilmente relativa alla
seconda metà, corrispondente all’Optimum climatico, periodo temperato/caldo e umido, ideale per avviare l’agricoltura.
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ROTTOLI,2006
11
CASTELLETTI, et alii, 1994; MOTELLA DE CARLO,1995;PESSINA,TINE’,2008
12
ACCORSI, et alii, 1989
13