ZONA VEGETAZIONALE 1 (ZVRI1)
ZONA POLLINICA 1 (ZPRI1) = Camp. pollinico PRI27 (US A161, sedimento argillo-limoso;
primo impianto abitativo)
Cronologia su base pollinica: parte centrale dell’Atlantico
Cronologia su base archeologica: fase iniziale del Neolitico antico; Ceramica impressa adriatica
Cronologia su radiocarbonio: 5.480 – 5.310 BC (US A 150)
Il paesaggio è composto omogeneamente da spazi aperti e da ampi boschi mesoigrofili, costituiti principalmente da Querceto misto e Igrofite arboree nei pressi della riva del fiume. Sono presenti estese aree palustri originate da apporti fluviali o marini, accompagnate da vegetazione tipica di zone umide. Probabile avvio della deforestazione attuata dall’uomo, soprattutto con l’ausilio del fuoco, che determina l’instaurarsi di estese aree adibite al pascolo e zone marginali coltivate ad orzo e avena/grano. Limitata presenza di piante antropiche spontanee o coltivate/coltivabili. Fase di primo impianto dell’abitato.
Suolo US A150 carbone 6422 ± 50 BP
5480-5310 cal BC
Il copertura vegetazionale è costituita da un rapporto similare tra formazione boschiva e prativa. Le Legnose (A+ar+L: 25 taxa; 47,9%) sono rappresentate da Latifoglie decidue (LD: 20 taxa; 45%), in particolare con Querceto misto (Q: 11 taxa; 34,2%) composto da Quercus caducifoglia,
Quercus robur, Quercus pubescens, Carpinus betulus, Ostrya carpinifolia/Carpinus orientalis,
Corylus, Acer, Fraxinus excelsior, Tilia cordata, Tilia platyphyllos e Ulmus. Tra le Latifoglie si riconoscono anche Humulus lupulus, Castanea e Fagus che si stanno espandendo sui rilievi collinari dell’Appennino. Le Conifere (Cf: 5 taxa; 2,9%), i quali granuli pollinici vengono trasportati in pianura mediante il vento, appaiono ormai esiliate sui rilievi montuosi. Si riconoscono
Pinus sylvestris, Pinus cembra, Picea excelsa e soprattutto Abies alba che si sta diffondendo sui rilievi montani dell’Appennino. Tra le Legnose si annoverano anche Igrofite arboree (I: 4 taxa; 9%), quali Alnus glutinosa, Alnus incana e in minor misura Popolus, Salix, presenti con livelli ragguardevoli che testimoniano l’attività fluviale del limitrofo torrente Rio Melo. Confermano la vicinanza del fiume o del mare anche le piante igrofite erbacee (igro: 3 taxa; 9,4%) quali Carex,
Schoenus e, in minor misura, Lythrum salicaria. Complessivamente le erbacee di ambiente umido (igro+idro+elo: 13 taxa; 14,1%) raggiungono una percentuale considerevole testimoniando una fase piuttosto umida, dovuta probabilmente a paludi e alla vicinanza della costa adriatica che in questo
periodo era collocabile a qualche centinaio di metri dal sito2. Non è chiaro se vi siano paludi di tipo
costiero o continentale, in quanto non è stato possibile identificare specie direttamente collegabili all’ambiente salmastro (ambiente che mantiene comunicazione sporadica con il mare). Una specie direttamente collegabile all’ambiente costiero, è Beta che, tuttavia, può avere anche un significato sinantropico. Rappresentano, infine, l’elevata umidità della zona, le Pteridofita (P: 5 taxa; 46,7%), in particolare Filicales monolete e trilete, che necessitano di un discreto tasso di umidità per crescere3.
Una rilevante porzione di Erbacee (E: 44 taxa; 52,1%) è rappresentata da indicatori di prato e pascolo (pp: 7 taxa; 24,7%), ovvero Cichorioideae con Taraxacum, Asteroideae, Gramineae spontanee, Leguminosae con Trifolium repens e Vicia. Dalla documentazione archeologica non è chiaro se in questa fase vi fosse già una vera e propria frequentazione da parte della popolazione neolitica. La curva dei microcarboni dimostra l’elevata presenza sia di incendi regionali (0,564 mm²/g) che locali (0,189 mm²/g), interpretabile con la presenza di focolari del villaggio, o, soprattutto, con pratiche di disboscamento per mezzo dell’incendio, attuato dall’uomo per creare spazi aperti da sfruttare per il pascolo e l’agricoltura, ipotesi rafforzata dal valore della curva che diminuisce nella fase successiva di vero e proprio abitato. Il disboscamento tramite la tecnica dello
slash and burn, ovvero con l'incendio del bosco limitrofo al sito è testimoniato anche dal
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MIARI,2010, in cds
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rinvenimento, durante lo scavo archeologico, di ampie ceppaie lasciate in posto visto che l’agricoltura non prevedeva ancora l’utilizzo dell’aratro.
In questa fase si registra anche una grande disponibilità di frutti eduli da piante legnose, da poter raccogliere per integrare la dieta umana con una percentuale di 25,6%, rappresentata da Querce, Pruno e soprattutto Nocciolo (19,8%); queste ultime due specie, tipiche del margine del bosco, ci testimoniano che il sito doveva essere inserito in una macchia prativa non lontana dal margine del bosco mesoigrofilo.
Gli Indicatori Antropici totali riportano un valore mediocre (cc+As: 15 taxa; 7,6%). Le specie appartenenti a piante naturali (As: 12 taxa; 5,5%) caratteristiche di ambienti creati dall’uomo o collegati ad esso, quali insediamenti rurali, luoghi di calpestio e terreni azotati, sono
Chenopodiaceae con Chenopodium e Beta, Urtica pilulifera) e Urtica dioica, oltre a piante indicatrici di calpestio come Plantago lanceolata, ed infine varie Compositae, Anagallis arvensis e
Amni visnaga.
Le piante coltivate/coltivabili riportano una percentuale più bassa rispetto alla fase successiva (cc: 3 taxa; 2,2%). Le analisi morfo-biometriche specifiche su granuli di cereali rinvenuti hanno evidenziato la presenza di Hordeum (0,6%) e di Avena/Triticum (1%) per un totale di 1,6%. Questo quadro vegetazionale potrebbe attestare la presenza di coltivazioni lontane dal sito. Comunque sono attestati anche dalla presenza di qualche pianta infestante dei cereali (infce: 2 taxa; 1%), ovvero papavero comune e grespino comune, interpretabili, però, anche come piante antropiche spontanee. Anche la canapa comune (0,6%) potrebbe essere interpretabile allo stesso modo, in quanto la sua coltivazione e utilizzo come pianta tessile non sono ancora stati confermati per il Neolitico.
La frequentazione umana, dipinta dagli indicatori antropici come mediamente discreta, potrebbe rappresentare una fase iniziale di insediamento o una frequentazione della zona a partire da un villaggio non lontano, ipotesi che potrebbe essere confermata dai numerosi ritrovamenti in
superficie datati al Neolitico antico avvenuti nella zona di Riccione4. Proprio la curva dei
microcarboni che presenta valori consistenti, più elevati rispetto alla successiva fase di pieno abitato, porta ad ipotizzare un disboscamento attuato dall’uomo per la preparazione della zona, creando spazi aperti per il pascolo e l’agricoltura. La presenza dell’uomo si limiterebbe principalmente all’abbattimento del bosco e all’utilizzo delle aree prative per il pascolo del bestiame.
Vista la dominanza di Abies alba sulle altre Conifere e la forte espansione del Querceto misto, si può inserire questa fase nella parte centrale dell’Atlantico, verso l’Optimum climatico. Il clima appare temperato/caldo e molto umido, caratteristica ottimale per la diffusione dell’agricoltura.
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