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B REVI CENNI STORICI SUL PRESTITO AD INTERESSE E GLI INTERESSI MORATORI

Nel documento DOTTORATO DI RICERCA TITOLO TESI (pagine 17-20)

In una prima fase del diritto romano il prestito di denaro era considerato un’obbligazione gratuita, dimodoché il debitore si impegnava a restituire solamente il tantundem. Forme di prestito ad interesse erano inizialmente contemplate solo per operazioni commerciali caratterizzate da una forte alea.15

Come contraltare alla tendenziale gratuità dei prestiti si era sviluppata una ricca casistica intorno agli interessi moratori, le c.d. usurae, nate per compensare il creditore

14 In dottrina si evidenzia che nelle obbligazioni pecuniarie la produzione della mora è quasi in re ipsa a seguito del ritardo nell’adempimento, in quanto il debitore dovrebbe dimostrare un’impossibilità derivante da causa a lui non imputabile, circostanza del tutto eccezionale in relazione all’obbligazione de quo. In questa direzione si sviluppa anche il pensiero di T. DALLA MASSARA, Obbligazioni pecuniarie. Struttura e disciplina dei debiti di valuta, cit., 353, per il quale l’obbligazione pecuniaria non potrebbe estinguersi per impossibilità sopravvenuta della prestazione. Più avanti, a pagina 355 si evidenzia tuttavia come l’elemento della colpevolezza possa rilevare in situazioni particolari, come nel caso in cui il debitore di un’obbligazione pecuniaria sollevi l’eccezione d’inadempimento in relazione alla controprestazione.

15 T. DALLA MASSARA, Obbligazioni pecuniarie. Struttura e disciplina dei debiti di valuta, cit., 293, cita a tal proposito il fenus nauticum che aveva alti tassi d’interesse in ordine all’obiettiva rischiosità dell’attività negoziale finanziata.

della perdita dei frutti a seguito della mancata restituzione del capitale nel giorno pattuito.16

Peraltro, il termine usurae non aveva inizialmente una connotazione negativa – come invece ha assunto successivamente – poiché andava semplicemente a identificare gli interessi prodotti. 17

A seguito della diffusione dei prestiti feneratizi veniva peraltro a sfumare la distinzione tra interessi moratori e corrispettivi, poiché entrambi accomunati dalla comune ratio di fondo rappresentata dall’esigenza di compensare la perdita del capitale.18 È stato argomentato, infatti, che i due tipi di interesse costituiscono nient’altro che la liquidazione del danno emergente derivante dalla mancata disponibilità del capitale.

L’apparentamento tra i due tipi di interessi aveva come precipitato l’applicazione di una disciplina comune, come previsto proprio in tema di usura. Nel diritto romano arcaico fu infatti previsto un tasso-soglia, che modificò il suo importo nel tempo, fino ad attestarsi nella misura del 6% sotto l’Imperatore Giustiniano.19

Le vicende storiche che seguirono, l’avvento della dottrina patristica e lo sviluppo del diritto canonico, segnarono invece una battuta d’arresto del prestito ad interesse, dal momento che i Padri della Chiesa stigmatizzavano tale pratica in base al

16 La dottrina romanistica si interroga circa la produzione di interessi moratori per tutti i contratti, ovvero solo per quelli di buona fede. In questo secondo senso E. VOLTERRA,Istituzioni di diritto privato romano, Roma, 1972, 627, che in nota richiama il passo di Marciano, D. 22, 1, 32, 2, “in bonae fidei contractibus ex mora usurae debentur”. All’atto pratico, nel processo formulare tipico dei contratti di buona fede, il giudice riconosceva le usurae a favore del creditore. In particolare, nei rapporti ex fide bona la produzione di interesse era legata a considerazioni di tipo equitativo basate sul concetto di buona fede e a prescindere dal momento della mora, così T. DALLA MASSARA, Obbligazioni pecuniarie.

Struttura e disciplina dei debiti di valuta, cit., 290-291, che riporta il passo del Digesto, 17.1.10.3, ove viene presentato il caso del mandatario che utilizza il denaro per suo interesse anziché per quello del mandante.

17 T. DALLA MASSARA, Obbligazioni pecuniarie. Struttura e disciplina dei debiti di valuta, cit., 299, riporta in nota come il termine abbia assunto un significato negativo anche a seguito di un decreto di Graziano del 1140, nel quale si affermava “quicquid ultra sortem exigitu usura est”.

18 L’argomento è stato sviluppato in maniera approfondita da una recente pronuncia della Corte di Cassazione, che ha preso posizione in merito alla rilevanza degli interessi moratori sub specie usurae. I giudici di legittimità hanno infatti osservato come gli interessi moratori e quelli corrispettivi siano accomunati dalla comune funzione di remunerare il creditore della mancata disponibilità del denaro, apparentamento funzionale da cui deriverebbe anche l’assoggettamento di entrambi gli interessi alla disciplina dell’usura. Per una lettura più approfondita, sicuramente interessante dal punto di vista storico, si rinvia a Cass., ord. 30 ottobre 2018, n. 27442, in Banca, borsa e tit. credito, 2019, 1, II, 1 e ss, con nota di P.L.FAUSTI, Luci e ombre sugli interessi moratori: tra decisioni e novità normative.

19 Si veda a tal proposito E.VOLTERRA,Istituzioni di diritto privato romano, cit., 483, che in nota ricostruisce le alterne vicende storiche del prestito ad interesse.

noto passo mutuum date, nihil inde sperantes.20 Tali concezioni trovavano un solido riscontro filosofico nel pensiero aristotelico, secondo il quale, la moneta, essendo per sua natura infertile, non poteva produrre altra moneta.

Col trascorrere del tempo, la dottrina canonistica sviluppò delle eccezioni alla regola generale della gratuità del prestito, per venire incontro alle nuove istanze sociali che traevano spunto dal rifiorire dei commerci dopo l’anno 1000. Si ammise dunque la liceità degli interessi a seguito del mancato rispetto del termine di restituzione della somma di denaro. Invero, in questo caso, le usurae non costituivano il compenso del creditore, ma il risarcimento per il danno arrecato dalla mancata disponibilità della somma a seguito dell’altrui inadempimento.

Il significato dei passi evangelici fu quindi reinterpretato, nel senso che ciò che era vietato era trarre profitto dall’attività di prestare denaro, ma non ostava ad agire per il risarcimento del danno subito, la cui liquidazione era prevista ex ante grazie agli interessi moratori. La diversa funzione risarcitoria dei secondi era quindi il punto di attacco per l’eccezione al divieto, anche se rimaneva il dato di fondo rappresentato dal fatto che tutti gli interessi tenessero in qualche modo luogo dei frutti del capitale non goduti dal creditore mutuante.21 Tale dato è sicuramente rilevante ai fini della nostra indagine, in quanto la pretesa identità di funzione tra interessi corrispettivi e moratori viene evocata al fine di ricomprendere la mora all’interno del perimetro della L.

108/1996 in tema di usura.

Lo storico sfavor per il mutuo feneratizio fu poi superato anche grazie all’influenza della dottrina protestante e in particolare di quella calvinista.22

Nel prosieguo del tempo si svilupperà intorno al prestito ad interesse un acceso conflitto anche tra diversi esponenti della dottrina francese. Da una parte, il Pothier sosteneva l’impossibilità di riconoscere interessi sul capitale se non in caso di mora,

20 Vangelo secondo Luca 6, 35.

21 La già citata ordinanza della Cassazione del 30 ottobre 2018, n. 27442, si esprime infatti così: “Anche coloro che qualificavano gli interessi corrispettivi come “frutti”, e quelli moratori come “risarcimento”, ammettevano però unanimemente che quest'ultimo aveva lo scopo di tener luogo dei frutti perduti, e venivano accordati al posto di quelli ("usura, quae propter moram infligitur, non est foenus, sed pro eo, quod interest, infligitur officio judicis ex tempore morae, ut non male idem Theodorus in hac lege ita scribat, (…), confundens cum usuris id quod interest, quia scilicet exiguntur vice eius, quod interest":

così, ancora, Cuiacio, Ad librum VII Codicis recitationes solemnes seu commentarli, ad titulum XLVII De Sententiis”.

22 Così T. DALLA MASSARA, Obbligazioni pecuniarie. Struttura e disciplina dei debiti di valuta, cit., 294, a cui si rinvia anche per i numerosi riferimenti bibliografici citati in nota.

mentre dall’altra, la scuola dei fisiocratici, tra i quali Turgot, propendeva per la produzione dei frutti civili sui capitali. Con il Code Napoleon del 1804 veniva accolta questa seconda impostazione abbandonando definitivamente il divieto di prestito ad interesse, che era rimasto vigente solo in talune zone d’oltralpe.23

3. Gli interessi moratori e l’unificazione del Codice Civile e del Codice

Nel documento DOTTORATO DI RICERCA TITOLO TESI (pagine 17-20)

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