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I DIVERSI TIPI DI INTERESSE

Nel documento DOTTORATO DI RICERCA TITOLO TESI (pagine 14-17)

Le caratteristiche degli interessi sono usualmente identificate dalla dottrina nella proporzionalità, in quanto la loro concreta determinazione è effettuata applicando un saggio percentuale alla sorte capitale, nella periodicità, richiamata dall’art. 821, co. 3 c.c. nella parte in cui dispone che gli interessi maturano giorno per giorno e, infine, nell’accessorietà, poiché gli interessi sono legati a una prestazione principale.6

Nella manualistica tradizionale si suole distinguere tra interessi compensativi, corrispettivi e moratori, anche se da più parti è stata posta in dubbio l’utilità della predetta tripartizione, anche per quanto riguarda l’asserita diversità di funzione tra interessi corrispettivi e moratori.7 Quest’ultimo concetto – vale a dire l’identità di funzione tra interessi corrispettivi e moratori – ritornerà sovente nell’ambito della presente trattazione, in quanto argomento utilizzato dalla giurisprudenza di legittimità per giustificare l’estensione della normativa antiusura nei confronti della mora.

La tesi della tripartizione degli interessi a cui si è accennato è stata sviluppata in dottrina solo recentemente, dato che prima del Codice del ‘42 gli interpreti solevano per lo più distinguere tra interessi moratori e interessi corrispettivi-compensativi.8

Gli interessi corrispettivi trovano il loro principale referente normativo nell’art.

1282, co. 1 c.c., che enuclea il principio di naturale produttività del denaro.9 La norma in discorso stabilisce infatti che le obbligazioni pecuniarie producono interessi di pieno diritto salvo che la legge o il titolo dispongano diversamente. Tali interessi vengono generalmente definiti come “corrispettivi” perché vanno a compensare il creditore

6 Sulle caratteristiche delle obbligazioni pecuniarie si veda D.SINESIO, Gli interessi, in Tratt. dir. civ.

diretto da N. Lipari e P. Rescigno, Vol. III, Tomo I, Milano, 2009, 441.

7 In merito T. DALLA MASSARA, Obbligazioni pecuniarie. Struttura e disciplina dei debiti di valuta, Padova, 2012, 317, che non ritiene scorretto parlare di bi-partizione tra interessi moratori e “non moratori”, attesa la funzione analoga degli interessi corrispettivi e compensativi. Dello stesso avviso anche C.M.BIANCA, La responsabilità, 5, Milano, 1994, 194. Sul punto è interessante anche la risalente posizione di M.GIORGIANNI, L’inadempimento, Milano, 1975, 166-167, che muove da una peculiare lettura dell’art. 1282 c.c., in base alla quale gli interessi corrispettivi devono più convenientemente qualificarsi come “moratori”, nel senso che sono funzionalmente collegati a un ritardo nell’adempimento di un’obbligazione, che per stessa ammissione della norma è liquida ed esigibile.

Sulla scorta di quanto affermato, si giustificano due tipi di interessi moratori, quelli previsti dall’art.

1282 c.c. in caso di inadempimento non imputabile e quelli consacrati dall’art. 1224 c.c., che secondo la regola generale di cui all’art. 1218 c.c., hanno come presupposto l’imputabilità dell’inadempimento.

8 B.INZITARI, Delle obbligazioni pecuniarie artt. 1277 – 1284, in Comm. Codice Civ. fondato da V.

Scialoja – G. Branca continuato da F. Galgano, Bologna-Roma, 2011, 268-269.

9 Così C.M.BIANCA, L’obbligazione, 4, Milano, 2011, 179.

della mancata disponibilità del denaro, che rappresenta il bene fruttifero per eccellenza.

Gli interessi compensativi sono invece stati definiti come “compenso percentuale periodico dovuto in cambio del vantaggio della disponibilità di una somma di denaro spettante al creditore”.10

Il caso di scuola degli interessi compensativi è consacrato nell’art. 1499 c.c. in tema di vendita; la norma in parola prevede la produzione di interessi nel caso in cui la cosa fruttifera sia consegnata all’acquirente prima del pagamento del prezzo, il quale però non è ancora esigibile. In tal caso, l’accipiens non può essere considerato in mora rispetto all’assolvimento del suo obbligo circa il versamento del corrispettivo, eppure è previsto che tale somma – ancora dovuta – produca interessi proprio al fine di compensare il venditore, il quale perde anticipatamente il godimento della res senza aver ricevuto il prezzo, che come detto non è ancora esigibile. Altro esempio tratto dalla manualistica è quello dell’art. 1720 c.c., ove è previsto che il mandante rimborsi al mandatario il capitale anticipato e i relativi interessi dal giorno in cui sono state fatte le spese necessarie per l’esecuzione dell’incarico.

È stato evidenziato come gli interessi compensativi mirino a salvaguardare l’equilibrio contrattuale, introducendo un correttivo che possa rimediare all’alterazione del sinallagma che deriva dall’esecuzione differita delle obbligazioni che – secondo l’id quod plerumque accidit – dovrebbero essere eseguite immediatamente, come il rimborso di costi nel caso del mandato, ovvero il pagamento del prezzo contestualmente alla dazione della cosa fruttifera.11

Di qui la velata sfumatura rispetto agli interessi corrispettivi, posto che questi ultimi remunerano il creditore della mancata disponibilità di una somma di denaro, mentre quelli compensativi sono volti a riequilibrare il rapporto.12

10 La definizione è di C.M.BIANCA, L’obbligazione, cit., 179.

11 Sulla ratio riequilibratrice degli interessi compensativi si rinvia a O.T.SCOZZAFAVA, Gli interessi dei capitali, Milano, 2001, 109, che peraltro sottolinea come questa previsione abbia una punta di anomalia in un ordinamento come il nostro, ove l’autonomia delle parti è il motore principale della regolamentazione contrattuale.

12 La differenza tra interessi corrispettivi e compensativi è apprezzata da una parte della dottrina anche per quanto attiene i profili legati all’usura. Per O.T.SCOZZAFAVA, Gli interessi dei capitali, cit., 196, se le parti decidessero di integrare in maniera significativa l’importo degli interessi compensativi, non potrebbe comunque applicarsi la normativa in tema di usura, ma al più quella sulla rescissione, posto che l’art. 1815, co. 2 c.c. si riferisce ai soli corrispettivi, così come desumibile, tra le altre cose, dalla collocazione sistematica all’interno della disciplina del mutuo.

Per quanto attiene gli interessi moratori, invece, si è dubitato gli stessi potessero essere efficacemente sussunti nel genus degli interessi. A tal proposito, è stato osservato che pur a fronte della medesima denominazione di “interessi” sussiste una profonda distinzione tra interessi moratori e corrispettivi, laddove solo questi ultimi possono essere qualificati come un frutto civile del denaro. La mora, invece, costituirebbe esclusivamente una forma di risarcimento del danno, che nulla ha a che fare con il godimento di una determinata cosa (funzione corrispettiva-compensativa).13

A livello positivo, l’addentellato normativo degli interessi moratori è individuato nell’art. 1224 c.c., che ne delinea una chiara funzione risarcitoria in ordine al pregiudizio cagionato al creditore a seguito dell’altrui inadempimento. Come noto, infatti, l’art. 1218 c.c. stabilisce che il debitore che non esegua esattamente la prestazione dovuta è tenuto a risarcire il danno, sia in caso di inadempimento parziale che totale.

Oltre all’obbligo di risarcire il danno, l’inadempimento è foriero di ulteriori conseguenze, qual è risoluzione del rapporto contrattuale, nel caso in cui il comportamento lesivo non sia di scarsa importanza per le ragioni dell’altra parte (cfr.

artt. 1453 e 1455 c.c.). Lo scioglimento del vincolo negoziale non è tuttavia una conseguenza necessaria, poiché la scelta è rimessa alla parte adempiente che può considerare più conveniente il mantenimento in vita del rapporto.

Al contrario, il diritto a pretendere il risarcimento del danno sorge per il fatto stesso dell’inadempimento, con tutte le ulteriori conseguenze in termini di trasmissibilità dello stesso.

Il legislatore avverte infatti con particolare sensibilità il problema della tutela degli interessi del creditore e ricollega il risarcimento del danno al mancato rispetto del programma negoziale, a meno che il debitore non dimostri che l’inadempimento sia dipeso da causa a lui non imputabile.

Lasciando sullo sfondo le teorie che sono state elaborate sul concetto di non imputabilità – per quanto qui d’interesse – occorre ricordare il costante orientamento

13 In questi termini O.T.SCOZZAFAVA, Gli interessi dei capitali, cit., 79-80, per il quale il sostantivo

“interessi”, nella locuzione interessi moratori, indica esclusivamente la metodologia di calcolo del risarcimento, ma non fornisce alcuna indicazione determinante circa la natura dei predetti interessi.

pretorio e dottrinale in base al quale l’inadempimento delle obbligazioni pecuniarie è sostanzialmente sempre colpevole.14

Non rileva infatti l’impossibilità soggettiva del debitore di procurarsi il denaro da corrispondere al creditore, dimodoché l’omessa dazione di quanto pattuito costituisce inadempimento e quindi origine e causa del diritto di richiedere il ristoro del pregiudizio subito, che a norma dell’art. 1223 c.c. deve ricomprendere tanto il danno emergente quanto il lucro cessante.

Per le obbligazioni pecuniarie l’individuazione della prima posta di danno è particolarmente agevole, in quanto soccorre in prima battuta il disposto dell’art. 1224 c.c., il quale precisa che “sono dovuti dal giorno della mora gli interessi legali, anche se non erano dovuti precedentemente e anche se il creditore non prova di aver sofferto alcun danno”. Sempre a norma dell’art. 1224 c.c. il creditore ha diritto al maggior danno, salvo che sia stata fissata la misura degli interessi moratori, che costituiscono dunque una liquidazione forfettaria del pregiudizio subito dal prestatore di denaro in caso di altrui inadempimento.

Nel documento DOTTORATO DI RICERCA TITOLO TESI (pagine 14-17)

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