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Brevi cenni sull’evoluzione del divieto di anatocismo

Nel documento DOTTORATO DI RICERCA TITOLO TESI (pagine 49-52)

8. L E MODALITÀ DI CALCOLO DEGLI INTERESSI MORATORI E LE PRESUNTE INTERFERENZE CON IL

8.1 Brevi cenni sull’evoluzione del divieto di anatocismo

8.1 Brevi cenni sull’evoluzione del divieto di anatocismo

L’anatocismo ha da sempre catalizzato l’attenzione degli interpreti per via del possibile effetto moltiplicatore delle poste debitorie. La produzione di interessi sugli interessi è infatti idonea a far lievitare esponenzialmente il debito originario.

Per questo motivo la regola sulla capitalizzazione degli interessi era stata inizialmente esclusa dai lavori preparatori al Code Civil del 1804, per poi essere inserita in corso d’opera sulla base di una considerazione di ordine pratico. Si era osservato, infatti, che a fronte di un prestito ad interesse non tempestivamente onorato, sarebbe stato incongruo non riconoscere dei frutti al capitale dato a mutuo, posto che il creditore avrebbe potuto impiegare in altra maniera i predetti frutti non percepiti.97

Alla base delle alterne vicende dell’anatocismo si registra dunque una tensione tra due opposti interessi: da una parte il timore di far lievitare i debiti scaduti e dall’altra l’ovvia considerazione che il ritardo nell’adempimento delle obbligazioni pecuniarie non possa pregiudicare le ragioni creditizie.

97 Riporta il dibattito V.POLACCO, Le obbligazioni nel diritto civile italiano, cit., 414-415. L’anatocismo era stato ammesso dall’art. 1154 del Code Civil per interessi dovuti da almeno un anno, previa apposita pattuizione dopo la loro scadenza, ovvero in caso di domanda giudiziale.

Il conflitto tra i due valori si è registrato altresì nell’evoluzione della disciplina del nostro Paese. Invero, se da principio il Codice Albertino del 1837 censurava la pratica anatocistica, la stessa fu reintrodotta ad opera dell’art. 2, L. 5 giugno 1857 n.

2216, sulla falsariga del modello francese.98

Anche il Codice Civile del Regno d’Italia del 1865 riconosceva la possibilità di capitalizzare gli interessi scaduti a determinate condizioni. L’art. 1232 del Codice abrogato prevedeva infatti che gli interessi scaduti potessero produrre altri interessi dal giorno della domanda giudiziale al tasso legale, ovvero ad un tasso superiore in caso di convenzione successiva alla scadenza fissata per il loro pagamento e sempre che gli interessi fossero dovuti per un’annata intera.

La norma in parola poneva poi un’eccezione rilevantissima ai fini della nostra indagine, perché similmente al vituperato art. 1283 del Codice Civile vigente, stabiliva che “nelle materie commerciali l’interesse degl’interessi è inoltre regolato dagli usi e dalle consuetudini”.99

Da qui sorgono due considerazioni: la prima relativa alla diversa sensibilità del legislatore in materia commerciale rispetto a quella civile e, la seconda, in relazione al momento storico in cui sono sorti usi e consuetudini nella materia de qua.

In materia civile, infatti, veniva avvertito con particolare attenzione il problema della capitalizzazione degli interessi, in un’ottica di maggior tutela del debitore inadempiente. Al contrario, in materia commerciale, secondo la concezione del tempo, si tendeva a riconoscere ampi spazi all’autonomia privata dei contraenti, sul presupposto che l’imprenditore fosse in grado di valutare con più accortezza le conseguenze dei propri impegni negoziali.

A seguito dell’unificazione del Codice Civile e del Codice Commercio del 1882, la disciplina dell’anatocismo è stata trasfusa nell’art. 1283 c.c., che in maniera molto simile all’abrogato art. 1232, dispone: “In mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per

98 Così V.POLACCO, Le obbligazioni nel diritto civile italiano, cit., 415.

99 In base all’art. 1232 del Codice Civile abrogato: “Gli interessi scaduti possono produrre altri interessi o nella tassa legale in forza di giudiziale domanda e dal giorno di questa, o nella misura che verrà pattuita in forza di una convenzione posteriore alla scadenza dei medesimi.

Nelle materie commerciali l’interessi degl’interessi è inoltre regolato dagli usi e dalle consuetudini.

L’interesse convenzionale o legale d’interessi scaduti per debiti civili non comincia a decorrere, se non quando trattasi d’interessi dovuti per una annata intera, salvo però riguardo alle casse di risparmio ed altri simili istituti quanto fosse altrimenti stabilito dai rispettivi loro regolamenti”.

effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi”.

Una simile regolamentazione è peraltro presente in altri sistemi giuridici, come ad esempio quello tedesco, che si basa ancora sulla distinzione tra Codice Civile e del Commercio. Così, se in materia civile l’anatocismo è fortemente circoscritto, in quella commerciale gode di una più ampia regolamentazione.100 Invero secondo il § 248 BGB, le casse di risparmio, gli istituti di credito, oltre ai titolari di attività bancaria, possono preventivamente pattuire la capitalizzazione degli interessi non riscossi dai depositi. L’altra norma di riferimento è il § 355 HGB, il Codice del Commercio, che contempla l’anatocismo nei rapporti tra imprenditori.

Estendendo lo sguardo anche ad altri Paesi è possibile apprezzare – in specie per quanto attiene la capitalizzazione degli interessi in conto corrente – che l’anatocismo è ampiamente riconosciuto in materia commerciale e più in particolare in quella bancaria; tant’è che un’autorevole dottrina ha osservato che “la prospettiva comparata è molto facile da fornire: l’Italia è l’unico Paese al mondo chiamato (…) a vietare la capitalizzazione periodica degli interessi nei rapporti bancari”, se non nei casi previsti dall’art. 120, D.Lgs., 1° settembre 1993, n. 385 (T.U. delle Leggi in materia bancaria e creditizia, meglio noto come T.U.B.).101

Effettivamente, come rilevato dallo stesso Autore, la giurisprudenza degli altri paesi europei non si è posta i dubbi emersi invece tra gli interpreti del Bel Paese, poi sfociati nel celebre revirement della Cassazione del 1999, che ha segnato il de profundis dell’anatocismo bancario.

Invero, prima di tale arresto era opinione pacifica che in materia di conto corrente e di mutuo – in materia bancaria appunto – esistessero degli usi contrari, tali da giustificare la deroga al divieto di cui all’art. 1283 c.c.

In base al precedente orientamento non era in contestazione che gli interessi maturati sul conto corrente potessero essere successivamente capitalizzati. Invero alla fine del trimestre – o del diverso periodo di riferimento – la somma rappresentata dal saldo del conto produceva interessi creditori o debitori a seconda che il conto fosse

100 Si veda S.MELE, La funzione degli interessi moratori e la questione della capitalizzazione degli interessi bancari: spunti comparatistici ed evoluzione normativa in Italia, cit., 677 e ss, che commenta il § 248 BGB e il § 355 HGB tedeschi.

101 Con queste parole V. TAVORMINA, Anatocismo: dalla prospettiva comparatistica alla giurisprudenza di merito, 20 gennaio 2016, in www.expartecreditoris.it.

attivo o passivo. Allo scadere del periodo successivo, gli ulteriori interessi venivano poi calcolati sul saldo presente e non solo sull’originaria quota capitale originaria.

Tale sistema è universalmente accolto nella prassi bancaria internazionale, dato che permette un’agevole gestione matematico-finanziaria del conto corrente. Difatti, l’attività di scomputare la quota di interessi da quella di capitale reca in sé notevoli difficoltà e rende più complessa la tenuta del conto, come anche rilevato in una nota di richiamo all’Italia da parte della Commissione Europea nel 2015.102

Allo stesso modo – per quanto attiene il mutuo e gli interessi moratori – non si dubitava che la mora dovesse essere calcolata sull’intero importo della rata scaduta e non sulla sola quota capitale.

Nel documento DOTTORATO DI RICERCA TITOLO TESI (pagine 49-52)

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