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La misura degli interessi legali di mora e il rapporto con l’usura

Nel documento DOTTORATO DI RICERCA TITOLO TESI (pagine 41-44)

6. L A RICONOSCIUTA IMPORTANZA DEGLI INTERESSI MORATORI NELLE D IRETTIVE EUROPEE SUI

6.3 La misura degli interessi legali di mora e il rapporto con l’usura

Oltre che sotto il profilo processuale e probatorio, la severità della disciplina comunitaria si apprezza in maniera particolare con riferimento all’elevata misura degli interessi legali di mora, che l’art. 1, lett. e), D.Lgs. 231/2002, àncora al tasso d’interesse di riferimento maggiorato di 8 punti percentuali.78

Proprio la misura significativa dei predetti interessi è stata sovente utilizzata come argomento per rafforzare la tesi dell’esclusione della mora dal vaglio dell’usura.

Tale impostazione riposa sul fatto che, in taluni periodi, gli interessi moratori legali sono stati addirittura più elevati dello stesso tasso-soglia.

Si è quindi ravvisata una possibile incoerenza di fondo all’interno dell’ordinamento che da una parte, per talune operazioni, contempla un tasso di mora

diversamente stabilito (c.d. obbligazione querable), dimodoché per questo tipo di obbligazioni si producono automaticamente gli effetti della mora.

78 Il tasso di riferimento è individuato dall’art. 2, co. 1, lett. f), D.Lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, come “il tasso di interesse applicato dalla Banca centrale europea alle sue più recenti operazioni di rifinanziamento principali”.

molto elevato e, dall’altra, sanziona – addirittura penalmente – una pattuizione contrattuale che riproduca quei medesimi effetti.79

La dottrina si è peraltro interrogata in merito ad una possibile antinomia tra le due discipline, dato che sembrano regolamentare aspetti in parte simili, posto che entrambe hanno ad oggetto la misura degli interessi.

A tal fine, pare però doversi escludere qualsiasi contrasto formale tra le norme in tema di usura e quelle sui ritardi di pagamento. Invero, la L. 106/1998 si applica ai soli interessi moratori convenzionali e non a quelli di matrice legale di cui al più volte citato D.Lgs. 231/2002.80 Questo anche in relazione al fatto che per le transazioni commerciali non avviene alcuna rilevazione del tasso-soglia e, d’altro canto, non sarebbe possibile neanche sussumerle in via analogica in una delle categorie omogenee individuate dai decreti ministeriali.81

Non si tratta di rilevare un contrasto frontale, il quale sarebbe di per sé impossibile, dal momento che le transazioni commerciali di cui al D.Lgs. 231/2002 non possono essere sussunte all’interno delle categorie omogenee individuate dai Decreti Ministeriali in materia di usura, ma di verificare se i principi ispiratori della

79 Ex pluribus, Trib. Brescia, 24 settembre 2018, n. 2552, Dr. Canali, in www.expartecreditoris.it.

80 A.RICCIO, Gli interessi moratori previsti dalla disciplina sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali e le norme sull’usura, in Contratto e impresa, 2004, 2, 557, secondo il quale la norma d’interpretazione autentica dell’art. 644 c.p. introdotta con il D.L. 394/2000, convertito con modificazioni nella L. 24/2001, stabilisce espressamente che si intendono usurari gli interessi promessi o comunque convenuti, evidenziando l’origine negoziale degli stessi. Al pensiero dell’Autore è possibile altresì aggiungere che l’esclusione della disciplina in tema d’usura deriverebbe ancor prima dai principi in tema di gerarchia delle fonti e, più in particolare, dall’applicazione del principio “lex specialis derogat generali”.

81 ID., Gli interessi moratori previsti dalla disciplina sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali e le norme sull’usura, cit., 562, osserva in nota come ostino ad un eventuale ricorso all’analogia i seguenti argomenti:

“a) che ai sensi dell’art. 14 delle preleggi non sarebbe ammessa l’analogia nel caso di specie, trattandosi sia di norma penale, sia di norma eccezionale e sanzionatoria;

b) che comunque nel caso di specie non ci sarebbe un vero e proprio vuoto normativo, in quanto troverebbe applicazione l’art. 1384 c.c. e la seconda parte dell’art. 644, comma 3°, c.p.”.

Per questo motivo, si continua a pag. 564, la pattuizione di interessi convenzionali in deroga all’art. 5 del D.Lgs. 231/2002 potrebbe al più portare ad una contestazione di usura in concreto, nel caso in cui sussistano i relativi presupposti. Dopo aver effettuato tali affermazioni, l’Autore sembra però in parte rinnegare il predetto pensiero, laddove a pag. 565 sostiene che in caso di pattuizione all’interno di transazioni commerciali di interessi usurari questi sono nulli ai sensi dell’art. 1815, co. 2, del Codice Civile. Per recuperare la coerenza del ragionamento si dovrebbe quindi chiarire che la predetta sanzione trova applicazione nella sola ipotesi in cui il giudice civile accerti incidenter tantum gli estremi della fattispecie del terzo comma dell’art. 644 c.p. e, quindi, non solo la sproporzione degli interessi pattuiti rispetto a quelli medi praticati sul mercato, ma anche l’approfittamento da parte del creditore di una situazione di difficoltà economico o finanziaria del debitore.

disciplina sui ritardi di pagamento possano fornire qualche elemento all’interprete per giustificare l’esclusione dei moratori dal vaglio dell’usura.

A tal proposito, taluni hanno sostenuto che se per ipotesi si estendesse il sindacato antiusura alle transazioni commerciali, la previsione di un tasso legale di mora molto elevato – in ipotesi superiore al TSU – non sarebbe di per sé incompatibile con la L. 108/1996, e questo perché le parti sono libere di derogare alla disciplina speciale delle transazioni commerciali, seppur nei limiti di un non apprezzabile sacrificio degli interessi del creditore.

In tal caso, non troverebbero più applicazione le norme sul saggio legale, ma al contrario quelle comuni, ivi compresa la disciplina in tema di usura. Le parti sarebbero quindi libere di determinare pattiziamente la mora, ma in quest’ultimo caso andrebbero incontro alle conseguenze dettate dall’eventuale superamento del tasso-soglia. Così ragionando non sarebbe di per sé irrazionale il fatto che in taluni momenti storici, come quello attuale, – in cui i tassi sono molto contenuti – il TSU risulti in concreto più basso del tasso di mora legale, con la conseguenza che ciò che è sanzionato con la nullità da una parte, è perfettamente lecito dall’altra, a seconda della disciplina ritenuta applicabile.82

In senso contrario si è invece affermato che la predetta contraddizione deve sicuramente avere un certo peso nell’economia del dibattito dottrinale in merito alla rilevanza degli interessi moratori ai fini dell’usura. Occorre considerare che la sanzione penale e la gratuità del mutuo ex art. 1815 c.c. costituiscono la risposta dell’ordinamento nei confronti di un fenomeno caratterizzato da un oggettivo disvalore, vale a dire la pretesa di un saggio d’interesse sproporzionato rispetto a una determinata operazione commerciale. La dazione di interessi in misura superiore a una certa soglia è dunque iniqua e il giudizio di disvalore – con tutte le sue pregnanti conseguenze – non può dipendere dalla sola circostanza che i contraenti abbiano optato per la libera determinazione del saggio di mora, ovvero siano ricorsi a quello legale.

In sintesi, non parrebbe corretto che lo stesso fatto materiale sia perfettamente lecito ove le parti facciano riferimento al tasso legale di mora, ovvero comporti l’integrazione di una fattispecie penalmente rilevante, oltre che la gratuità del mutuo,

82 Questa posizione è recentemente avallata dall’ordinanza della Cassazione del 30 ottobre 2018, n.

27442, cit.

nel caso in cui il medesimo saggio d’interesse sia individuato pattiziamente in sede negoziale.

La predetta aporia non pare quindi sanabile e dovrebbe essere spiegata in maniera più approfondita anche da chi opta per la tesi omnicomprensiva. In caso contrario sarebbe lecito dubitare della legittimità costituzionale degli artt. 644 c.p. e 1815 c.c., nella parte in cui sanzionano il superamento del tasso-soglia quando, nel medesimo periodo, il tasso di mora legale è uguale o più alto rispetto al predetto TSU, posto che in difetto il medesimo fatto storico verrebbe trattato –ingiustificatamente – in maniera diametralmente opposta.83

Nel documento DOTTORATO DI RICERCA TITOLO TESI (pagine 41-44)

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