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G LI INTERESSI MORATORI E L ’ UNIFICAZIONE DEL C ODICE C IVILE E DEL C ODICE DEL

Nel documento DOTTORATO DI RICERCA TITOLO TESI (pagine 20-23)

Come sopra accennato, gli interessi moratori hanno incontrato storicamente meno resistenze rispetto a quelli corrispettivi, in quanto hanno come fondamento il ristoro di un pregiudizio subito dal creditore e non il lucro derivante dalla concessione del denaro. In questo senso la dottrina sviluppatasi sotto la vigenza del vecchio Codice non dubitava che gli interessi moratori fossero versati a titolo di risarcimento del danno.24

Gli stessi erano contemplati dall’art. 1231 del Codice abrogato, che così disponeva: “in mancanza di patto speciale, nelle obbligazioni che hanno per oggetto una somma danaro, i danni derivanti dal ritardo nell’eseguirle consistono sempre nel pagamento degli interessi legali, salve le regole particolari al commercio, alla fideiussione ed alla società. Questi danni sono dovuti dal giorno della mora, senza che il creditore sia tenuto a giustificare alcuna perdita”. 25

La norma andava quindi a sancire il principio della naturale produttività del denaro, anche se lo stesso trovava la sua piena realizzazione solo in materia commerciale.

Tale considerazione si trae dall’esegesi della norma, la quale – in via generale – ammetteva la prova del maggior danno solo per le obbligazioni commerciali, per la fideiussione o in materia societaria; per i rapporti di diritto civile, invece, la misura

23 Sul punto, si veda l’art. 584 del Code Napoleon, il quale è stato sostanzialmente trasfuso nell’art. 444 del Codice Civile del Regno d’Italia del 1865 e successivamente nell’art. 820 c.c.

24 G.VENZI, Manuale di diritto civile italiano, Torino, 1936, 461, osserva in nota come “non bisogna confondere questi interessi, che chiamansi moratorii, e sono dovuti a titolo di risarcimento di danno, con gl’interessi dovuti per legge allo scopo di ristabilire l’equilibrio tra i due patrimoni che chiamansi corrispettivii, quali, ad es., quelli degli artt. 1397, 1509, 865, 1013, 1755”.

25 Condivideva la ratio della norma G.D’AGUANNO, La genesi e l’evoluzione del diritto civile, Torino, 1890, 568, che su quest’abbrivio sposa la scelta dell’ordinamento di non prevedere dei termini di grazia a favore del debitore inadempiente così come invece previsti in altre legislazioni del tempo; ciò per non aggravare la posizione del creditore, il quale potrebbe aver bisogno della provvista ottenuta dal suo debitore per far fronte a sua volta ad impegni di spesa personali.

degli interessi moratori era ancorata al saggio legale, salvo diverso patto contrario tra le parti. 26

La logica della previsione normativa è da rinvenire nella considerazione empirica secondo cui gli imprenditori possono reinvestire il denaro in operazioni più redditizie rispetto a quanto farebbe un comune privato.27 Da qui, anche la diversa decorrenza degli interessi in materia civile e commerciale, posto che il predetto art.

1231 fissava il dies a quo dal giorno della mora, mentre ai sensi dell’art. 41 del Codice del Commercio “i debiti commerciali liquidi ed esigibili di somme di danaro producono interessi di pieno diritto” senza bisogno di un atto successivo.28

In materia civile, infatti, le obbligazioni pecuniarie erano considerate querable, con la conseguenza che il debitore non era costituito in mora pur a fronte di un debito liquido ed esigibile.29

Il Codice del 1942 – nella sua opera di unificazione della materia civile e commerciale – ha operato una sintesi tra le due discipline, i cui risultati sono stati variamente discussi in dottrina. In questa nuova prospettiva unitaria, la regola della naturale fecondità del denaro, ripresa dall’art. 41 del Cod. Commercio, ha trovato un

26 Non era tuttavia pacifica in dottrina la possibilità di fornire la prova del maggior danno in sede civile.

Così V.POLACCO, Le obbligazioni nel diritto civile italiano, Padova, 1898, 404-405, negava tale facoltà, salva comunque un’eventuale condanna per lite temeraria in sede processuale per il debitore che avesse resistito in giudizio in maniera infondata andando a ritardare il soddisfacimento del suo creditore.

27 Senza la possibilità di approfondire l’argomento, si evidenzia solamente come il criterio empirico recepito dal vecchio Codice sia analogo a quello utilizzato per un certo tempo dalla giurisprudenza in tema di danno da svalutazione monetaria, ove il pregiudizio subito veniva variamente individuato a seconda della categoria economica e sociale del soggetto che si trovava a subire l’altrui inadempimento, proprio in relazione alla diversa possibilità di reimpiegare il capitale da ricevere. La prospettiva in discorso è stata adottata nella nota sentenza della Cass., Sez. Un., 4 luglio 1979, n. 3776, in Foro it., 1979, I, 102, poi superata dal successivo arresto delle Sezioni Unite del 16 luglio 2008, n. 19499, in Giust. civ., 2009, I, 1937 e ss, con nota di G.DI MARTINO, Ritardato pagamento di una somma di denaro e superamento delle “categorie creditorie”: una funzione sostanzialmente punitiva del maggior danno ex art. 1224, comma 2, c.c.?, con cui è stato adottato un criterio uniforme per la determinazione del danno da svalutazione, facendo riferimento alla differenza tra il tasso legale e l’eventuale maggior reddittività media dei titoli di stato a 12 mesi.

28 G.D’AGUANNO, La genesi e l’evoluzione del diritto civile, cit., 583-584, già sul finire dell’800, a soli 8 anni dall’entrata in vigore del Codice del Commercio, ne auspicava in superamento a favore di una legislazione unica, in ragione dei numerosi punti di contatto tra le materie regolate dai due corpi normativi.

29 B. INZITARI, La moneta, in Tratt. dir. comm. e dir. pubbl. ecom., a cura di F. Galgano, IV, Padova, 1983, 198, pone l’accento sulla differenza di trattamento dei crediti commerciali e civili, in quanto, se da una parte nei primi “la produzione degli interessi si accompagnava a qualsiasi debito pecuniario liquido ed esigibile (….) nell’ambito dei rapporto civili la produzione degli interessi al contrario, rappresentava il risarcimento di un danno subito dal creditore per il ritardo del debitore nell’adempimento dell’obbligazione pecuniaria”. Per questo motivo, l’Autore conclude in maniera tranchant ritenendo che l’onerosità sia una caratteristica tipica delle sole obbligazioni pecuniarie commerciali, in quanto elemento meramente eventuale per quelle civili.

riflesso nell’art. 1282 c.c., mentre la regula sancita dall’art. 1231 del Codice del Regno d’Italia trova un referente positivo nell’art. 1224 c.c.

Il citato art. 1282, co. 1 c.c. sancisce infatti che “i crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro producono interessi di pieno diritto, salvo che la legge o il titolo stabiliscano diversamente”, previsione che entra potenzialmente in contrasto con il suddetto art. 1224 c.c., che nell’obbligazione pecuniarie sembra invece preordinare la produzione degli interessi alla costituzione in mora del debitore, nella parte in cui fissa il decorso degli interessi “dal giorno della mora”.

La questione è resa poi più spinosa dal coordinamento tra l’art. 1224 c.c., che sembra discorrere di costituzione in mora, e l’art. 1219, co. 3. c.c., il quale stabilisce che la mora opera ex re per quanto riguarda le obbligazioni che devono essere eseguite nel domicilio del creditore, quali quelle pecuniarie, così come previsto dall’art. 1182, co. 3 del Codice Civile.30

Il combinato disposto tra gli artt. 1182, co. 3 e 1219, co. 3 c.c. è dunque un elemento di discontinuità rispetto al Codice abrogato, dato che tutte le obbligazioni pecuniarie sono qualificate indistintamente come portable, quindi da eseguirsi al domicilio del creditore. Il debitore è costituito automaticamente in mora allo scadere del termine per adempiere la prestazione secondo il noto adagio dies interpellat pro homine.31 Ciò fatta salva la presenza di specifiche deroghe, come nel caso di morte del debitore, ove, per ragioni equitative, lo stesso art. 1219, co. 3 c.c. subordina la produzione degli interessi alla preventiva costituzione in mora degli eredi e contempla altresì un termine di 8 giorni a favore dei nuovi debitori, posto che gli stessi potrebbero non conoscere la situazione patrimoniale del de cuius.

In altri termini, secondo una parte della dottrina, nelle obbligazioni pecuniarie – salvo che non sia diversamente stabilito – il debitore è costituito in mora al semplice scadere del termine per adempiere, senza la necessità di un’ulteriore specifica attività da parte del creditore.32 In tal senso, è stato sostenuto che il fondamento su cui poggia

30 M.GIORGIANNI, L’inadempimento, cit., 168, salva comunque la funzione della formale costituzione in mora in taluni casi, come quello in cui il termine dell’adempimento non fosse “rigoroso”.

31 C.M.BIANCA, La responsabilità, cit., 99, in nota riferisce che tale espressione si rinviene in una glossa alla legislazione longobarda del giurista del XII secolo Carlo de Tocco, in Leges Longobardorum cum argutissimis glossis D. Caroli de Tocco, Torino, 1964, 286.

32 Così M.GIORGIANNI, L’inadempimento, cit., 139-142, il quale esclude la necessità della costituzione in mora in senso tecnico dalla portata sistematica dell’art. 1218 c.c., in base al quale il risarcimento del danno è dovuto a seguito del semplice ritardo nell’esecuzione della prestazione e non in ragione di un

l’art. 1283 c.c. è corrispondente a quello dell’art. 1224 c.c., se sol si considera che in entrambi i casi la produzione degli interessi non presuppone la prova dell’esistenza di un danno, ma è funzionalmente collegata al solo ritardo.33

Peraltro, una tale vicinanza di presupposti applicativi è stata variamente interpretata dalla letteratura. Secondo alcuni sarebbe ravvisabile una medesima funzione di fondo tra interessi moratori e corrispettivi, il che avvicinerebbe i primi ai secondi, perché entrambi sarebbero volti a remunerare il creditore della mancata disponibilità del capitale.

Un’altra parte della dottrina, sulla base dello stesso ragionamento, giunge alla conseguenza opposta, ritenendo che gli interessi di cui all’art. 1282 c.c. siano sostanzialmente qualificabili come moratori.34 Difatti dal giorno della scadenza – quando il debito diventa liquido ed esigibile – iniziano a decorrere gli interessi di mora ai sensi del combinato disposto degli artt. 1219 e 1183 del Codice Civie.

Volendo tirare le somme di quanto finora esposto, l’evoluzione della disciplina ha dato luogo a una sfumatura meno netta tra gli interessi corrispettivi ed interessi moratori, anche se la reale portata di tale affermazione è piuttosto dibattuta.

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