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C ENNI STORICI SULL ’ USURA

Nel documento DOTTORATO DI RICERCA TITOLO TESI (pagine 73-78)

La risposta statuale nei confronti dell’usura si è evoluta con il tempo, anche in relazione alla mutata percezione sociale del prestito ad interesse.153

In realtà, com’è stato acutamente evidenziato, la connotazione negativa del fenomeno non è scontata, ma è frutto di una precisa scelta del legislatore.154 Originariamente, infatti, il termine usurae indicava in via esclusiva l’utilità del creditore a fronte del prestito di denaro o di altre cose mobili.155

Nel diritto romano il mutuo era storicamente considerato un contratto a titolo gratuito a cui poteva accompagnarsi una stipulatio usurae, con la conseguenza di assegnare due azioni a tutela dell’accipiens, una per la restituzione del capitale e, l’altra, di origine pretoria, per le usurae, vale a dire per gli interessi.156 Successivamente i giuristi dell’epoca compendiarono il risultato negoziale voluto in un unico atto.

L’ordinamento prestava particolare attenzione al fenomeno dell’usura, poiché se da una parte era ammesso il prestito ad interesse – anche se inizialmente solo per talune fattispecie157 –, dall’altra si aveva cura di evitare che il regolamento negoziale determinasse un’improba foeneratio per il creditore. Sotto il profilo penale, la condotta usuraria era sussunta nel genus dei delitti privati, nella nota contrapposizione con i delitti pubblici; i primi si caratterizzavano per un’offesa principale contro il singolo, mentre i secondi erano in grado di porre immediatamente in pericolo la civitas. In

153 Per un approfondimento storico si rimanda a A. RICCIO, Il contratto usurario nel diritto civile, Padova, 2002, che facendo uso di varie fonti, ricostruisce la controversa storia dell’usura, con interessanti e inusuali spunti tratti dal diritto greco (che ammetteva tale pratica) e da quello orientale, (che invece condannava l’usura salvo ammetterla a precise condizioni). Si veda anche S.CICALA, Il delitto di usura, Milano, 1929, 38 e ss.

154 Cosi C.ROBUSTELLA,Usura bancaria e determinazione del “tasso soglia”, cit., 21.

155 Numerosi cenni storici e letterali rispetto si rinvengono anche in A.CERNIGLIARO, L’usura virtuosa, in Mercato del credito e usura a cura di F. Macario-A. Manna, Milano, 2002, 3 e ss, con particolare riferimento all’opera di Shakespeare Il mercante di Venezia, dove si nota la contrapposizione tra l’ebreo Shylock ed il mercante Antonio, che prende a mutuo dal primo per sopperire ai bisogni dell’amico Bassanio. Si veda anche V. MARTINO, Usura: dal misticismo alle pratiche commerciali, sempre nell’opera collettanea Mercato del credito e usura a cura di F. Macario-A. Manna, Milano, 2002, 19 e ss.

156 E. VOLTERRA, Istituzioni di diritto privato romano, cit., 483 e ss, riporta come all’inizio, la pattuizione di interessi non fosse connaturata al contratto mutuo, che comportava il solo obbligo di restituzione del tantundem. Peraltro, al fine di eludere la normativa in tema di usura, non era infrequente che il creditore facesse dichiarare al debitore una somma maggiore rispetto a quella concessa al fine di lucrarne indebitamente la differenza. Contro tali espedienti messi in piedi dai foeneratores erano concessi dei rimedi in via pretoria come l’exceptio non numeratae pecuniae.

157 A.TRIPODI, Mutuo – Interessi – Usura, cit., 45.

quest’ottica di tutela del privato, l’improba foeneratio comportava la necessità di corrispondere alla vittima il quadruplo di quanto percepito a titolo d’interesse.158

Partendo da differenti presupposti, la gratuità del mutuo veniva riaffermata nei secoli successivi, sotto l’influsso del diritto canonico. L’esegesi di alcuni passaggi biblici portava a considerare moralmente riprovevole il prestito ad interesse, in quanto contrario al principio di carità fraterna che ispira la morale cristiana.159 Il divieto di usurae non veniva ricavato dai soli insegnamenti evangelici, ma traeva direttamente spunto anche dai Libri del Vecchio testamento.160

Esprimendosi nella sua massima autorità conciliare, la Chiesa vietò la pratica dell’usura, prima solo ai consacrati e, successivamente, tramite alcuni interventi

158 È interessare notare come la sanzione del quadruplo si ritrovi anche in altre esperienze. Si pensi al celebre episodio riportato dai Vangeli, che riguarda la conversione del pubblicano Zaccheo, il quale al passare del Messia sale su un sicomoro per vederlo meglio. Accortosi dell’uomo, Gesù lo invita a scendere dall’albero e gli chiede di accoglierlo in casa sua. Zaccheo rimane colpito da questo gesto, poiché i pubblicani come lui non erano ben visti dal resto del popolo, in quanto riscuotevano le tasse per conto dell’Imperatore ed erano considerati pubblici peccatori. Zaccheo si rivolge dunque a Gesù e promette “ecco Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto” (cfr Lc 19, 8).

159 Si pensi ai tanti passi evangelici in cui il Signore invita a dare gratuitamente senza attendere nulla in cambio. Così Lc 6, 35 ove si legge: “amate i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperare nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi”; allo stesso modo Mt 5, 42: “dà a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle”. I predetti ammonimenti riguardano tuttavia la propensione del singolo verso il suo prossimo e non l’attività imprenditoriale del prestito ad interesse in sé, come dimostra la nota parabola dei talenti in cui si racconta di un uomo, che partendo per un lungo viaggio, consegnò i propri beni ai suoi servi.

Ad uno diede dieci talenti, ad un altro cinque, ad un altro ancora due e all’ultimo uno. Tutti quanti andarono a reimpiegare ed a far fruttare quanto ricevuto, tranne l’ultimo. Una volta tornato il padrone gli chiese conto del talento e sentendo che era andato a nasconderlo sottoterra, lo apostrofò così: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse.

Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti” (Mt 25, 26-30).

160 L’usura era condannata come neschek (morso) dal popolo ebreo, come riporta V.MARTINO, Usura:

dal misticismo alle pratiche commerciali, cit., 19. Si pongano a mente i seguenti passi Lv 25, 35-38 “se il tuo fratello che è presso di te cade in miseria ed è inadempiente verso di te, sostienilo come un forestiero o un ospite, perché possa vivere presso di te. Non prendere da lui interessi né utili, ma temi il tuo Dio e fa vivere il tuo fratello presso di te. Non gli presterai il denaro a interesse, né gli darai il vitto a usura, Io sono il Signore, vostro Dio, che vi ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, per darvi la terra di Canaan, per essere il vostro Dio”. Occorre tuttavia considerare che il divieto di prestito ad interesse non riguardava i goyim – gli stranieri – come dimostra il passo del Dt 23, 2 in cui si legge “non farai al tuo fratello prestiti a interesse, né di denaro né di viveri né di qualunque cosa che si presta a interesse. Allo straniero potrai prestare a interesse, ma non al tuo fratello, perché il Signore, tuo Dio, ti benedica in tutto ciò a cui metterai mano, nella terra in cui stai per entrare per prenderne possesso”.

pontifici, anche ai laici161, arrivando a prevedere la scomunica in caso di violazione del precetto.162

Sotto l’influsso della dottrina canonistica anche il potere temporale si uniformò al tendenziale divieto di prestito a interesse, come suggerisce un provvedimento riferito a Carlo Magno, che condanna la pratica di chiedere indietro più di quanto si sia ricevuto.163

Solo con il fiorire dei traffici dopo il Medio Evo incomincia a salutarsi con favore la possibilità del prestito ad interesse, operazione indispensabile per lo sviluppo dell’economia moderna.

Con il trascorrere del tempo, si consolida il principio dell’onerosità del mutuo, posto che in precedenza il denaro non veniva considerato produttivo di altra utilità, se non nella misura del danno emergente o del lucro cessante, in relazione ad una specifica operazione. Altra consistente eccezione era data dalla possibilità di richiedere gli interessi moratori sul capitale dato a mutuo e non prontamente restituito alla scadenza del prestito, come già illustrato nel I capitolo.

La prima disciplina moderna degli interessi è costituita dal decreto francese del 2 ottobre 1789164, che fissava la misura del saggio d’interesse nelle contrattazioni civili ed in quelle commerciali, unitamente a talune conseguenze sanzionatorie in caso di superamento dei predetti limiti. Sul piano civilistico era prevista la ripetizione di quanto pagato o la corrispondente diminuzione del capitale, mentre la sanzione penale entrava in gioco solo in caso di prestito usurario reiterato.165

Sotto l’influsso delle dottrine liberali si registrò un atteggiamento di maggior favore verso il prestito feneratizio, come ben rappresentato negli scritti di Geremy

161 Si veda C.ROBUSTELLA,Usura bancaria e determinazione del “tasso soglia”, cit., 25, che ricorda il I Concilio di Nicea del 325 d.C. e il III Concilio di Cartagine del 398 d.C. ed in nota riporta quanto scritto da R. SPINA, L’usura, Padova, 2008, 20, il quale cita una missiva inviata da papa Leone Magno nel 440 d.C. ad alcuni Vescovi italiani, con la quale estese il divieto di prestito ad interesse anche ai non consacrati.

162 Così G.ALPA, Usura: problema millenario, questioni attuali, in Nuova giur. civ. comm., 1996, II, 181, che riferisce la previsione della sanzione canonica al Sinodo di Elvira del IV secolo.

163 Così V.MARTINO, Usura: dal misticismo alle pratiche commerciali, cit., 31, in cui è possibile leggere che “il prestito consiste nel fornire qualcosa; il prestito è giusto quando si reclama solo ciò che si è fornito”, tratto da CARLO MAGNO, Admonitio generalis, 789.

164 Richiamata da A.TRIPODI, Mutuo – Interessi – Usura, cit., 23.

165 Per la recidiva nell’usura era previsto che “ogni individuo che sarà prevenuto di fare abitualmente usure, verrà tradotto innanzi al tribunale correzionale ed in caso di convinzione, condannato ad un’ammenda che non potrà eccedere la metà dei capitali dati a mutuo con usura (…)”. Riporta tale passo A.TRIPODI, Mutuo – Interessi – Usura, cit., 24.

Bentham, che a proposito del divieto di usura non si capacitava del perché il legislatore avrebbe dovuto limitare il guadagno che il mutuante traeva dall’impegno di un proprio bene.166

In virtù dello spirito liberale che animava la cultura del tempo ed in analogia a quanto già previsto dal Code Napoléon, l’art. 1831 del Codice Civile del 1865 non reprimeva la pattuizione di interessi (anche) sproporzionati, purché la loro misura fosse fissata per iscritto, requisito formale che era considerato sufficiente a garantire la libera scelta delle parti in merito all’assetto negoziale. Anche sotto il profilo gius-penalistico non si aveva un’adeguata forma di tutela, in quanto il Codice Zanardelli non sanzionava la condotta usuraria in quanto tale.

Il valore dell’autonomia negoziale delle parti era salvaguardato anche a scapito della tutela sostanziale della parte debole del rapporto, tutela che era affidata unicamente al medio operativo dall’art. 1831, co. 2 e 3 del Codice abrogato, che richiedeva la forma scritta per l’interesse convenzionale eccedente la misura di quello legale. A ciò si aggiungeva quanto previsto dal seguente art. 1833, secondo cui, dopo cinque anni, in caso d’interessi convenzionali ultralegali, il mutuatario poteva restituire il capitale concesso, al fine di liberarsi da quell’oneroso ammortamento.167

In questa prospettiva l’unico deterrente alla pattuizione di interessi sproporzionati era lasciato alla tutela minima della forma scritta, laddove si auspicava che il “mettere nero su bianco” il saggio degli interessi avrebbe indotto il mutuante a ridurne la misura, al fine di evitare la disapprovazione sociale derivante da praticare comportamenti usurari cristallizzati nel documento contrattuale.

166 Il passaggio viene citato in maniera evocativa da V.MARTINO, Usura: dal misticismo alle pratiche commerciali, cit., 47. Nel predetto scritto J.BENTHAM, Difesa dell’usura, Lettera II, 1787, affermava:

“non riesco proprio a capire perché un uomo che ottiene quanto più può dall’uso di una somma di denaro, sia questo il 6, il 7, l’8, o il 10 per cento, dovrebbe essere chiamato usurario e oppresso da un nome obbrobrioso, più che se con essa avrebbe comprato una casa e ne avesse ricavato un profitto adeguato”.

167 Secondo R.TETI, Profili civilistici della nuova legge sull’usura, in Riv. dir. priv., 1997, 3, 467, la norma esprimeva un favor per il debitore che avrebbe potuto liberarsi nei confronti di un’eventuale regolamentazione iniqua e permetteva altresì di ottenere un effetto simile all’odierna c.d. portabilità del mutuo, in quanto il debitore era libero di estinguere il vecchio debito concludendo un nuovo contratto di mutuo secondo gli interessi (più bassi) praticati in quel momento sul mercato. Tale impostazione si differenzia notevolmente dall’attuale regolamentazione, ove è stata generalizzata ed estesa la possibilità di ricorrere alla c.d. portabilità del mutuo, anche sottovalutando il pregiudizio arrecato alla Banca, che è vero che recupera immediatamente il proprio capitale, ma perde contestualmente la possibilità di lucrare il corrispettivo del finanziamento costituito appunto dagli interessi.

Tuttavia, la tendenza a non ingerire nelle vicende contrattuali delle parti era criticata da una parte della letteratura del tempo, dal momento che il dogma della

“libera concorrenza dei meriti e vantaggi” aveva mostrato ampiamente suoi limiti.168 In questo quadro, la giurisprudenza cercò di rinvenire delle soluzioni nell’ordito normativo al fine di contrastare la pattuizione di tali clausole contrattuali, vuoi tramite il ricorso all’illiceità del negozio per contrarietà all’ordine pubblico o al buon costume169, vuoi per mezzo del sindacato sui vizi del consenso.170

Il quadro regolamentare mutò sensibilmente con il Codice Rocco del 1930 che all’art. 644 c.p., nella parte dedicata ai delitti contro il patrimonio mediante frode, sanzionava il comportamento di chi – fuori dai casi di circonvenzione di incapace – approfittando dello stato di bisogno di una persona, si faceva dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra cosa mobile, interessi o altri vantaggi usurari. Allo stesso modo, con il secondo comma dell’art. 644 veniva punita l’attività di mediazione usuraria che non fosse qualificabile come concorso nella precedente fattispecie.

La tendenza a non ingerire nell’autonomia privata portava quindi a punire le sole condotte che si risolvevano nell’approfittamento dell’altrui stato di bisogno.

Sul versante civilistico, l’introduzione della fattispecie penale contribuì allo sviluppo di nuove dottrine per contrastare il fenomeno usurario. A quelle basate sui vizi del consenso si affiancarono infatti ulteriori posizioni che propendevano verso la nullità del negozio per illiceità della causa, in considerazione della contrarietà alla norma penale di nuovo conio171, anche se, una parte della giurisprudenza, sosteneva

168 S.CICALA, Il delitto di usura, cit., 108-109, che in maniera ancora oggi attuale affermava come “la libertà economica venga spesso a significare, nelle mani dell’uomo, libertà di sfruttamento e come la libera concorrenza possa servire a rincrudire la lotta degli interessi opposti, ad aggravare le condizioni delle minori forze ed iniziative, che molte volte si spengono immeritatamente sotto la pressione delle maggiori e delle più potenti”.

169 Per l’illiceità della clausola d’interessi usurari perché contraria al buon costume si veda M. FRAGALI, Del mutuo, in Commentario al codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Bologna, 1962, 370.

170 Sul punto è interessante la ricostruzione storica di A. CANDIAN,Contributo alla dottrina della usura e della lesione del diritto positivo italiano, Milano, 1946, 10 e ss

171 Ex pluribus Corte d’Appello di Torino, 16 maggio 1933, in Foro it., 1933, I, c. 1702. Altre sentenze, invece, ritenevano irrilevante la previsione penalistica, quantomeno in mancanza di tutti i presupposti della sua integrazione, ivi compreso l’elemento soggettivo. Invero, in linea di principio, si tendeva a non conculcare l’autonomia privata nella determinazione degli interessi; così Cass., 5 febbraio 1934, in Foro it., 1934, I, c. 471.

che la predetta invalidità fosse ravvisabile anche prima dell’introduzione dell’ipotesi delittuosa in discorso.172

Nel documento DOTTORATO DI RICERCA TITOLO TESI (pagine 73-78)

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