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La vis expansiva dell’art. 1815, cpv c.c. al di fuori della disciplina del mutuo

Nel documento DOTTORATO DI RICERCA TITOLO TESI (pagine 103-106)

portata applicativa dell’art. 1815 c.c., che si pone sotto due profili:

a) Idoneità della norma a regolare tutte le fattispecie di mutuo;

b) Eventuale vis expansiva dell’art. 1815 cpv, c.c. rispetto a contratti diversi dal mutuo.

Sotto il primo profilo, una dottrina isolata ha escluso che la sanzione dell’art.

1815 c.c. possa trovare applicazione nei contratti di mutuo a tasso fisso. Il ragionamento è pressappoco il seguente: il rimedio in discorso mira a salvaguardare l’equilibrio contrattuale, dato che non si possono pattuire interessi eccessivi rispetto alla media dei tassi praticati sul mercato. Sempre secondo tale orientamento, i rimedi per ristabilire l’equilibrio tra le prestazioni non si applicherebbero ai contratti connotati da una forte alea – quale in tesi sarebbe il mutuo a tasso fisso – posto che ciascuna delle due parti mira ad avere un vantaggio derivante dall’eventuale innalzamento (lato debitore) o abbassamento (lato creditore) dei tassi d’interesse.244

L’approdo ermeneutico sopra esposto non ha tuttavia raccolto molti consensi, tanto che in dottrina e in giurisprudenza non viene revocato in dubbio che l’art. 1815 c.c. si riferisca tanto ai mutui a tasso fisso quanto a quelli a tasso variabile.

Il profilo sub b) è invece sicuramente più dibattuto. A tal proposito ci si domanda infatti se l’art. 1815 cpv c.c. sia idoneo a disciplinare negozi diversi dal mutuo. La quaestio in parola non sorge tanto in relazione alla collocazione sistematica della norma, ma avuto riguardo alla natura sanzionatoria della citata disposizione, che porterebbe ad escluderne un’interpretazione estensiva e, a fortiori, analogica.245

244 Pone il problema O.T.SCOZZAFAVA, Gli interessi dei capitali, cit., 191, tra l’altro richiamando ulteriori rimedi di riequilibrio contrattuale quali la rescissione per lesione e la risoluzione per eccessiva onerosità. L’argomento è sicuramente suggestivo, anche se ad avviso dello scrivente non pare corretto collegare la tipologia di tasso prescelta alla natura del contratto, in modo tale da spostare il baricentro del negozio – in caso di tasso fisso – verso i contratti aleatori.

245 A. CANDIAN,Contributo alla dottrina della usura e della lesione del diritto positivo italiano, cit., 55; allo stesso modo E.QUADRI, voce Usura (dir. civ.), cit., 1999, 4. F.REALMONTE, Stato di bisogno e condizioni ambientali: nuove disposizioni in tema di usura e tutela civilistica della vittima del reato, cit., 450, che al fine di escludere gli interessi moratori da quanto previsto dall’art. 1815, co. 2 c.c., afferma che tale norma non dovrebbe essere interpretata in maniera estensiva per via del suo carattere

In questa direzione si muove una parte minoritaria della dottrina, ponendo al centro della propria riflessione la natura eccezionale della norma in esame.246 Si è quindi sostenuto che la purgazione degli interessi opererebbe limitatamente al mutuo, mentre per gli altri contratti potrebbero trovare spazio altre soluzioni come, a titolo esemplificativo, il meccanismo integrativo di cui all’art. 117 T.U.B.247

La tesi maggioritaria propende invece per l’estensione dell’art. 1815 cpv c.c.

al di fuori della disciplina del mutuo, riconoscendo alla norma una portata generale, senza peraltro attardarsi troppo in sede di motivazione.248

La disposizione codicistica viene infatti considerata una norma di chiusura del sistema delle obbligazioni pecuniarie249, estendendone l’applicazione oltre la fattispecie del mutuo250, al fine di ricomprendere tutte quelle ipotesi contrattuali in cui si realizzi la messa a disposizione di un capitale contro un corrispettivo, anche se caratterizzati da una causa diversa da quella di credito.251

sanzionatorio. Anche in questo passaggio si evidenzia come la richiamata disciplina in tema di usura avrebbe richiesto ben altra collocazione sistematica; similmente G.TUCCI, L’usura tra autonomia privata e disciplina del mercato del credito, cit., 125, per il quale la norma ha sicuramente carattere eccezionale, dimodoché può essere interpretata in maniera estensiva, ma sicuramente non analogica. Da qui la preclusione rispetto all’ipotesi di usura reale.

246 In tal senso, F.GIORGIANNI-C.M.TARDIVO, Diritto bancario. Banche, contratti e titoli bancari, cit., 481, ove si legge “tale disposizione, che evidentemente riguarda gli interessi ab origine usurari, considerata la sua eccezionalità, non sembra possa trovare applicazione anche nei contratti di concessione di credito diversi dal mutuo, per i quali la nullità della clausola potrebbe più limitatamente comportare la sua sostituzione con il tasso soglia, quale ora è determinato dal legislatore”.

247 Per tale ricostruzione, si veda C.SILVETTI, I contratti bancari, in Trattato di dir. comm. diretto da G. Cottino, VI, Padova, 2001, 424 Contra M.CIAN, sub art. 1815, cit., 1968.

248 Tra i tanti anche P.POMPEI, La tutela “globale” dell’equilibrio contrattuale: reato di usura e rimedi civilistici, cit., 584.

249 Dà sostanzialmente per assodata la forza espansiva dell’art. 1815 c.c. anche D.SINESIO, Gli interessi, cit., 454.

250 Per l’applicazione della sanzione civilistica anche a contratti diversi dal mutuo A. RICCIO, Le conseguenze civili dei contratti usurari: è soppressa la rescissione per lesione ultra dimidium?, in Contratti e impresa, 1998, 1042-1043, per il quale troverebbe applicazione l’art. 1815 cpv c.c. in base all’art. 12 delle preleggi “trattandosi di un caso simile o di una materia analoga”. Secondo lo studioso, si potrebbe raggiungere a medesima conclusione considerando la conversione a titolo gratuito del rapporto in caso di interessi usurari come “un nuovo principio generale dell’ordinamento giuridico”. Le predette conclusioni non sono tuttavia condivisibili, in specie se si tiene conto della natura eccezionale dell’art. 1815 c.c. data la sua funzione spiccatamente sanzionatoria.

251 G.PORCELLI, La disciplina degli interessi bancari tra autonomia ed eteronomia, Napoli, 2003, 247 ss., il quale propende per un’applicazione analogica delle categorie omogenee individuate dai Decreti Ministeriali e sostiene che non sia determinante la causa del contratto, la quale potrà essere di credito, ma anche di garanzia, piuttosto che di scambio.

Per taluni, la vis expansiva dell’art. 1815 c.c. si manifesta ben oltre i confini del mutuo, fino a ricomprendere le aperture di credito in conto correte, il conto corrente medesimo, il leasing e via discorrendo.252

La dottrina più accorta non ha tuttavia mancato di sottolineare come, per ragioni di coerenza sistematica, sarebbe opportuno che la norma in discorso fosse spostata nella parte relativa alle obbligazioni o al contratto in generale.253

4.2.1 L’interpretazione civilistica della locuzione interessi usurari

L’orientamento maggioritario interpreta in senso estensivo il concetto di interessi usurari di cui all’art. 1815 cpv c.c., al fine di ricomprendervi voci di costo differenti, come le spese di assicurazione, di incasso rata o quelle di istruttoria.

Il punto d’attacco del ragionamento è costituito dal legame tra la fattispecie civilistica e quella penale, anche in relazione all’intera costruzione del sistema di contrasto all’usura.

Nello specifico, l’art. 644 co. 4 c.p. chiarisce che “per la determinazione del tasso usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate all’erogazione del credito”.

Secondo l’opinione più accreditata debbono quindi intendersi per interessi usurari tutti quei costi collegati all’erogazione del credito, che ne costituiscono in senso lato una

“remunerazione”.

In base a quanto sopra esposto, l’eventuale usurarietà del contratto dovrebbe comportare sul piano civile la nullità di tutte le pattuizioni che prevedono dei costi contrattuali: interessi, spese di assicurazione, spese di incasso rata e via discorrendo.

Una parte minoritaria della giurisprudenza si è invece mostrata di diverso avviso ed effettua una sottile distinzione tra la modalità di determinazione del tasso effettivo globale del rapporto (TEG) stabilite dalla norma penale e le conseguenze sanzionatorie sul piano civile. A tal proposito, si sostiene che l’art. 644 co. 4 c.p. orienti

252 Tra le tante, ormai pacificamente, Cass. 22 giugno 2016, n. 12965, in Nuova giur. civ. comm., 2016, I, 1593 ss., con commento di U.SALANITRO, Usura e commissione di massimo scoperto: la Cassazione civile riconosce il valore vincolante del principio di simmetria. Più recentemente anche Cass., 28 giugno 2019, n. 17447, in www.dejure.it, che si esprime su un caso di locazione finanziaria di un immobile.

253 Suggerisce questo argomento di geografia normativa V.SANGIOVANNI, Interessi di mora e clausole di salvaguardia contro il rischio usura, in I Contratti, 2016, 5, 460.

l’interprete solo ai fini dell’individuazione del costo effettivo del rapporto, il quale dev’essere poi raffrontato con il tasso soglia usura.

In questa prospettiva tutti gli oneri contrattuali collegati all’erogazione del credito – escluse le imposte e tasse – concorrerebbero a determinare il TEG del singolo finanziamento, mentre il medesimo criterio non potrebbe trovare applicazione per quanto attiene l’art. 1815 cpv c.c., norma sanzionatoria di natura eccezionale e perciò di stretta interpretazione.

Sulla scia di quanto argomentato si è sostenuto che tutti i costi contrattuali debbano essere presi in considerazione ai fini di verificare il superamento della soglia usura, ma che l’unica conseguenza sanzionatoria debba essere costituita dalla purgazione degli interessi, senza che sia intaccata la validità delle altre pattuizioni.254

Un altro isolato indirizzo ritiene infine che il TEG del rapporto debba essere costituito solamente da voci di costo validamente pattuite. Si afferma infatti che l’accertamento della nullità di una singola pattuizione ha come conseguenza che la stessa debba considerarsi tanquam non esset ai fini del regolamento contrattuale, con l’ulteriore effetto di non tenerne conto ai fini del superamento del tasso-soglia.

Tuttavia, pare più corretto sostenere che la riconosciuta nullità della clausola non comporti che la stessa sia irrilevante al fine di valutare il superamento del TSU.

Se da una parte è vero che dalla dichiarazione di nullità consegue la possibilità di ripetere quanto pagato in ragione della pattuizione invalida, è pur vero che – medio tempore, e comunque in potenza – la banca ha applicato un TEG superiore al tasso-soglia usura.255

Nel documento DOTTORATO DI RICERCA TITOLO TESI (pagine 103-106)

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