• Non ci sono risultati.

Benessere organizzativo e pratiche ludiche Spunti di riflessione, di Maria Luisa Iavarone

SPAZIATORE

La nostra riflessione prende spunto dall'analisi del concetto di benessere all'interno delle organizzazioni e, quindi, dalla possibilità di sostenere tale progetto anche attraverso l'introduzione di pratiche ludiche in contesti aziendali. Il tema del benessere organizzativo è fortemente legato al modo in cui una persona vive la relazione con l’organizzazione in cui lavora, in termini di riconoscimento di aspettative, valori, pratiche e linguaggi, considerati quali pilastri incontestabili della motivazione professionale. Appare intuitivo come, quanto più un’azienda è in grado di rivolgere attenzione alle necessità e alle aspettative dei dipendenti, ascoltando le loro esigenze e gestendo gli eventuali disagi, tanto più questi troveranno motivazione e significato nel proprio lavoro. Tuttavia, una generica attenzione alle richieste dei lavoratori non risulta di per sé sufficiente a garantire risposte soddisfacenti ai loro bisogni ragion per cui trattare il tema del benessere organizzativo implica lo sviluppo di un sistema gestionale complesso che presuppone una costante implementazione di competenze, nei quadri dirigenti e nell'executive management in generale, legate alla comprensione del modo in cui le persone vivono e si rappresentano l’organizzazione.

Il tema del benessere organizzativo63 può essere fatto riferire all'analisi di tre relazioni prevalenti: il rapporto lavoro-emozioni, il rapporto lavoro-identità e il rapporto lavoro- relazioni64.

63

Il benessere organizzativo costituisce un filone di studi particolarmente attento all’analisi dei fattori correlati al cosiddetto benessere nei luoghi di lavoro che, in prima approssimazione, è possibile definire come la capacità dell’organizzazione di promuovere e mantenere il benessere fisico, psicologico e sociale dei lavoratori per tutti i livelli e i ruoli. All’inizio del secolo scorso l’organizzazione lavorativa era concepita in funzione del conseguimento del miglior risultato per l’impresa non tenendo in considerazione né l’ambiente di lavoro, né lo stato di salute del lavoratore. L’individuo al lavoro era considerato come un essere passivo che rispondeva a stimoli economici e al quale era richiesto un mero adattamento al sistema tecnologico e organizzativo. Avallone F., Bonaretti M. (a cura di), Benessere

Maria Buccolo - Copia OMAGGIO

77 Copia n. XXX di NOME COGNOME

Il rapporto lavoro-emozioni si lega al concetto di benessere organizzativo in quanto tale relazione risulta fortemente implicata nel modo in cui una persona vive nell'organizzazione lavorativa, soprattutto in termini di riconoscimento di aspettative, di valori, di pratiche e di linguaggi, considerati i pilastri incontestabili della motivazione professionale. Appare intuitivo, d’altra parte, come quanto più un’azienda è in grado di rivolgere attenzione alle necessità ed alle aspettative dei dipendenti, ascoltando le loro esigenze e gestendo gli eventuali disagi, tanto più questi troveranno motivazione e significato nel proprio lavoro. Tuttavia, una generica attenzione alle richieste dei lavoratori non risulta di per sé sufficiente a garantire risposte soddisfacenti ai loro bisogni, essendo questi sottoposti a rapide trasformazioni strettamente correlate all’evoluzione del tempo presente, ragion per cui trattare il tema del benessere organizzativo implica lo sviluppo di un sistema gestionale molto complesso, che presuppone una costante implementazione, nei quadri dirigenti, di competenze legate alla comprensione del modo in cui le persone vivono l'organizzazione. Per tale ragione, sempre più spesso, la formazione al management si va arricchendo di contenuti umanistici relativi allo sviluppo della cosiddetta “intelligenza emotiva” sulla quale si costruiscono la capacità di gestire e di comprendere le proprie e le altrui emozioni utili a supportare le attività quotidiane in maniera costruttiva e produttiva. Solo attraverso il potenziamento di questo tipo di intelligenza, infatti, è possibile sviluppare competenze nell’ambito della cura dei rapporti professionali e della gestione equilibrata del cambiamento all’interno dell’organizzazione.

Oltre alla relazione lavoro-emozioni, un altro nucleo fortemente implicato nella condizione di benessere organizzativo, risulta rappresentato dal rapporto lavoro-identità. L’ambiente lavorativo è, infatti, il luogo in cui si sviluppano importanti relazioni identitarie, dove il singolo svolge la propria attività e trascorre la maggior parte della sua vita attiva, stringe buona parte delle relazioni che contano e crea quella che è la sua storia personale, la sua professionalità, la sua esperienza. Il lavoro costituisce, di fatto, un elemento dell’identità del soggetto che a sua volta con la propria presenza infonde identità al luogo stesso. A testimonianza del fatto che il rapporto lavoro-identità è vissuto in maniera così fortemente intrecciata, un recente saggio65 dimostra come, a partire dallo studio dei cambiamenti di ruolo, di luogo e di tipologia di lavoro, spesso vissuti con grande travaglio e sofferenza interiore, i soggetti sperimentano vere e proprie crisi di transizione verso la nuova identità professionale. I risultati di tale studio rendono evidente come una corretta lettura del rapporto lavoro- identità contribuisca a definire alcuni indicatori utili alla realizzazione del benessere nei luoghi di lavoro.

Il benessere nel lavoro, infatti, si realizza allorquando l’attività professionale si intreccia con le altre componenti della soggettività, ovvero quando il lavoro sviluppa analogie, simmetrie, integrazioni con le strutture di personalità e di identità dei soggetti. Un lavoro che impone troppe rinunce o troppe “prese di distanza” dal personale modo di essere e di fare, che apre delle fratture affettive o che provoca un vero e proprio conflitto socio-emozionale nel Organizzativo. Per migliorare la qualità del lavoro nelle amministrazioni pubbliche, Roma, Presidenza del Consiglio dei Ministri, 2003, p. 25.

64

Sul tema specifico si vedano in particolare: M.L. Iavarone, Il benessere nei luoghi di lavoro, in F. Sabatano (a cura di), La formazione del soggetto per lo sviluppo organizzativo, Liguori, Napoli, 2007 e Il benessere nel lavoro, in M.L. Iavarone, Educare al benessere, Mondadori, Milano, 2008.

65

H. Ibarra, Identità al lavoro. Strategie non convenzionali per trasformare la carriera (e la vita), Etas Editore, Milano, 2006. L’autrice, avvalendosi del metodo biografico, analizza numerose storie professionali in cui i soggetti descrivono la fase di transizione lavorativa come una vera e propria conversione. In questi casi, continua l’autrice, le persone vivono momenti di grande travaglio e di autentico sconcerto, come se la gestazione interiore fosse proprio quella di una creatura diversa, di un’altra parte di sé che deve trovare la luce.

Maria Buccolo - Copia OMAGGIO

78 Copia n. XXX di NOME COGNOME

soggetto determina un aggravio nelle condizioni da stress lavorativo non sostenibili e, quindi, un complessivo stato di malessere. Nel caso delle donne, in particolare, una condizione lavorativa che impone rinunce, come ad esempio una maternità negata, o troppi “aut-aut” nella conciliazione lavoro-vita privata o figli-carriera, in realtà nasconde la fatica di “fare spazio a più identità” che spesso l’organizzazione lavorativa chiede siano quanto più possibile separate l’una dall’altra. La richiesta che viene fatta al dipendente-donna di scindere, distinguere le diverse dimensioni della propria vita, oltre a procurare un atteggiamento schizofrenico nei riguardi del lavoro determina un effetto boomerang per l’azienda, in quanto esclude la possibilità che le persone si riconoscano nel loro lavoro, che mettano nella loro attività qualcosa di proprio che smettano, in ultima analisi, di avere con l’azienda un rapporto produttivo, creativo, empatico.

Un ultimo binomio fondante il benessere organizzativo risulta, naturalmente, quello incentrato sul rapporto lavoro-relazioni, lì dove una serie di studi66 dimostrano che avere un sano rapporto con i propri colleghi e stringere con questi delle relazioni amicali sembrerebbe aumentare il senso di autoefficacia professionale, oltre che la produttività. Le relazioni positive sul lavoro contribuirebbero, inoltre, a rinforzare l’idea che far parte di un team, oltre a migliorare la qualità dell’ascolto reciproco, si rivela particolarmente utile ad abbassare i livelli di conflittualità, sia nei rapporti tra colleghi che con i dirigenti.

Questo il motivo per il quale alcune delle maggiori aziende leader di mercato favoriscono rapporti di amicizia tra i dipendenti, promuovendo seminari e workshop, rafforzando il tempo ricreativo – magari con una lunga pausa pranzo e con attività extra-ufficio – o comunque adottando strumenti per aumentare la socializzazione e la conoscenza anche attraverso attività sportive, pratiche ludiche e ricreative.

Una possibile convergenza tra emozioni-identità-relazioni sembra in effetti efficacemente possibile proprio attraverso la pratiche ricreative e in particolare il gioco che d'altra parte si rivela un vero e proprio contenitore emozionale, un tipico dispositivo identitario, un efficace espediente relazionale.

Il gioco, infatti, costituisce da sempre uno “contenitore emozionale"; uno spazio privilegiato di espressione delle emozioni, ma anche di contenimento che soprattutto nella pratica educativa diviene un ottimo amplificatore della relazione di cura. L’attività ludica costituisce, inoltre, l'humus all'interno del quale cresce e si sviluppa l'identità del soggetto; il gioco, infatti, facilità una crescita identitaria autonoma, inventiva e creativa. Il gioco, infine, rappresenta un utile espediente relazionale in grado di facilitare la costruzione di “relazioni competenti” in quanto la relazione che si stabilisce per il tramite del gioco è spesso una relazione che si alimenta di reciprocità e simmetrie.

Alla luce di quanto argomentato ci sembra di poter leggere delle forti analogie tra benessere organizzativo e pratiche ludiche in virtù delle quali un atteggiamento ludico diffuso è ragionevole credere possa contribuire a rendere maggiormente strategici i nostri comportamenti nella

vita come nel lavoro.

Testimonianze di ciò provengono, d'altra parte, da una serie di documentate esperienze note in letteratura attraverso le pratiche del manager ludens67 ovvero contesti aziendali nei quali sono state sperimentale esperienze di formazione e di unusual training generalmente condotte in modalità residenziali del tipo outdoor.

In effetti, gioco e lavoro da sempre rappresentano gli estremi di una polarità archetipicamente nota che si ripropone ogni volta che osserviamo, ad esempio, un bambino giocare. Spesso i bambini mentre giocano sono attenti e concentrati come se stessero svolgendo un lavoro perché giocare è una cosa seria ! Analogamente può capitare di osservare uomini e donne al lavoro manifestare leggerezza, gratificazione, piacere, senso di autorealizzazione

66

C. Kaneklin , op.cit. 67

U.Santucci, Manager ludens, E-book, www.umbertosantucci.it.

Maria Buccolo - Copia OMAGGIO

79 Copia n. XXX di NOME COGNOME

proprio come se stessero giocando ! E ciò fa si che parole come competizione, vittoria, fortuna, allenamento, regole, squadra non siano oramai di esclusivo appannaggio del vocabolario del gioco ma siano divenute parte integrante della grammatica e della sintassi del management e della formazione aziendale.

Maria Buccolo - Copia OMAGGIO

80 Copia n. XXX di NOME COGNOME

Capitolo II.6

Outline

Documenti correlati