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SPAZIATORE Il carro di Tespi

viaggiava sei secoli prima di Cristo. La tradizione vuole che sia lui il fautore del primo spettacolo teatrale almeno nel senso classico del termine, anche se semplicemente la storia del teatro è parallela a quella dell'uomo.

Il Teatro d'impresa nasce invece nel 1980. Inevitabile, quindi, che il corpus delle tecniche che si riconoscono in questo nome sia largamente preesistente e che, il filtro sia semplicemente dato dalla scoperta di funzionalità aziendale in modalità nate, comunque, in ambito teatrale.

Le classificazioni più note delle tecniche sono riconducibili a Virginia Hume56

ed a Beatrice Aragou57; in esse si trovano le due dimensioni principali: quella del coinvolgimento diretto dei partecipanti (chiamati a realizzare una forma di rappresentazione oppure spettatori sostanzialmente passivi) e quella legata alla personalizzazione del lavoro (lavori precostituiti da scegliere su un catalogo oppure costruiti su misura secondo le esigenze dell'azienda).

Nel tempo il panorama delle tecniche si è, ovviamente, allargato e di fatto si tratta di un insieme in continua evoluzione: man mano che il Teatro d'impresa prende piede ed aumentano gli operatori e le esperienze, possono scaturire nuove varianti e nuove commistioni.

Anche le specificità culturali delle zone in cui, man mano, il Teatro d'impresa si diffonde, permettono di rendere il panorama delle tecniche sempre più variopinto.

Proprio da questo punto di vista si possono inquadrare i contributi della scuola italiana. Le due tecniche provenienti dalla penisola, e da qui diffuse anche in altri paesi sono: la Lezione Spettacolo ed il Fotoromanzo.

Due parole su questo ultimo per poi concentrarci in modo più approfondito sulla lezione spettacolo.

55

F. Orazio, Epistole ed Ars poetica, Feltrinelli, Milano, 1998. 56

V. Hume, Le théâtre d'entreprise, origines et objectifs, in "Actualité de la formation permanente", n° 120, settembre-ottobre, Centre INFFO, Paris, 1992.

57

B. Aragou-Dournon, P. Detrie, Le theatre d’enterprise, Liasons, Ruell, 1998.

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Il fotoromanzo è un mezzo espressivo nato e radicato nella cultura italiana, la paternità viene equamente divisa tra Cesare Zavattini e Damiano Damiani. Il primo fotoromanzo esce nel 1947 e acquista immediata popolarità, una popolarità che cede negli anni ottanta di fronte alla esplosione del fenomeno telenovela di cui il fotoromanzo era il precursore statico.

Nel contesto aziendale italiano, dove ancora il Teatro d'impresa non è pienamente radicato, spesso arrivano richieste di coinvolgimento dei dipendenti senza, però, lasciare il tempo sufficiente per preparare una messa in scena che superi il livello di una rappresentazione da villaggio vacanze.

Il rischio è, quindi, di squalificare la tecnica da un lato e, d'altro canto, di mettere i dipendenti in una situazione di disagio.

In questi contesti il fotoromanzo58 si rivela un'ottima alternativa. La sua realizzazione mantiene intatto il lavoro di riflessione ed analisi sulle problematiche, vincola comunque ad astrarre e a porsi il problema di come comunicare le proprie idee in modo metaforico, senza però esporre i partecipanti al rischio del ridicolo. Infatti la peculiarità del fotoromanzo, anche realizzato in ottica professionale, è quella di essere un mezzo kitsch: non si può fare un brutto fotoromanzo, tutt’al più potrà essere kitsch come lo sono quelli veri ed, in questo modo si ottiene il coinvolgimento ed il divertimento liberi da qualunque vincolo estetico e senza il timore di esporsi.

Interessante il fatto che il mezzo, intrinsecamente italiano anche nei presupposti culturali, sia stato accettato con favore e si stia rapidamente diffondendo anche in paesi con radici completamente diverse e dove la diffusione del fotoromanzo era stata molto più superficiale. In questo caso, probabilmente, a pagare sono i tempi rapidi e la relativa semplicità di esecuzione.

Veniamo ora al focus dell'articolo cioè alla lezione spettacolo. Anche in questo caso i presupposti culturali sono estremamente specifici. L'Italia ha avuto in Alberto Manzi probabilmente il prototipo di formattore. Negli anni tra il 1959 e il 1968 il maestro Manzi ha insegnato a leggere e scrivere a migliaia di italiani, con il semplice ausilio di una lavagna a fogli (qualche volta una specie di lavagna luminosa) ma soprattutto delle sue capacità didattiche. Un primo straordinario esempio di Edutainment, di insegnamento piacevole e quindi in grado di trasmettere non solo contenuti ma, ad un livello più alto, di aiutare a riscoprire il piacere dell'apprendimento stesso.

Un altro elemento di contesto che ha favorito il successo della tecnica è stato che, parallelamente, alle prime sperimentazioni di lezione spettacolo (siamo nel 1997), si stava diffondendo, in Italia, il teatro di narrazione59

. Nello stesso anno, infatti, Marco Paolini portava in televisione la tragedia del Vajont e, l'anno successivo, Laura Curino raccontava, sugli schermi nazionali, la storia di Olivetti. In questo contesto si sono inseriti, successivamente, personaggi che hanno portato nei teatri lezioni vere e proprie: Margherita Hack, Piergiorgio Odifreddi e recentemente lo stesso Saviano sono solo alcuni esempi.

In qualche modo quindi è presente nel gusto estetico della nostra nazione il trarre piacere da una lezione condotta con modalità teatrali.

In questo substrato si diffonde la lezione spettacolo che può essere definita come il secondo contributo della scuola italiana60.

La lezione spettacolo è un monologo61

, normalmente di durata tra i trenta e i novanta minuti, può essere condotto da un unico formattore o da più formattori in alternanza. Il rapporto con il pubblico è, comunque, diretto. La scena è, di norma, spoglia ma può essere arricchita da oggetti, filmati ed eventualmente dalla presenza di musicisti che dal vivo accompagnano la rappresentazione.

58

E. Rago, L'arte della formazione, Franco Angeli, Milano, 2004. 59

G. Guccini, La bottega dei narratori, Dino Audino, Roma, 2005. 60

M. Buccolo, La formazione va in scena,Giuseppe Laterza, Bari, 2008. 61

R. Borgato, P. Vergnani, Il teatro d'impresa, Franco Angeli, 2007.

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La lezione spettacolo può essere a catalogo oppure costruita direttamente sulle esigenze del cliente.

I vantaggi sono legati alla flessibilità del mezzo: può essere effettuata su qualunque argomento, in qualunque luogo ed anche la durata può essere tarata sulle esigenze del cliente con grande facilità. Altro vantaggio, non trascurabile, è che, tra le modalità di Teatro d'impresa, è una di quelle che può essere realizzata con i costi più contenuti.

I limiti della lezione spettacolo stanno nel fatto che il suo successo è fortemente legato alle capacità del formattore, essendo estremamente ridotte le altre variabili tutto dipende dal testo e dalle capacità narrative e di impatto, richiede quindi un training estremamente specifico e possibilmente una buona esperienza di insegnamento da parte di chi va in scena.

Pur essendo un sistema antico, la lezione spettacolo si inserisce perfettamente in uno dei nuovi filoni del marketing che è lo storytelling62; sono numerosi i casi di imprese che utilizzano questa modalità in occasione di anniversari importanti o del lancio di un nuovo prodotto, per diffondere la storia in un modo originale ed accattivante.

Appare evidente da queste righe che il Teatro d'impresa vive di continue contaminazioni ed impollinazioni, ed è per questo che ci si aspetta che anche la lezione spettacolo, man mano che si diffonde, arricchisca le sue possibilità in un processo di meta-apprendimento che peraltro è lecito aspettarsi da chi in questo campo opera.

L’ultima occasione di contaminazione è stata il primo Festival del Teatro d'impresa organizzato dall'Associazione Italiana Formatori a Bologna l' 11 e 12 giugno del 2011.

62

C. Salmon, Storytelling, Fazi, Roma, 2008.

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Capitolo II.4

Sviluppare l’Apprendimento Emotivo per generare valore, di Pier Sergio

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